Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32506 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 32506 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/12/2024
Oggetto: Avviso liquidazione IRPEF
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 30213/2021 proposto da
COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME con il quale è elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME giusta procura speciale in atti
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore pro tempore , rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria, n. 1620/2021, pronunciata il 2 dicembre 2020 e depositata il 12 maggio 2021, non notificata
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 10 gennaio 2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso in relazione al primo motivo, rigettato nel resto;
udita l’avv. NOME COGNOME per delega scritta dell’avv. NOME COGNOME per il ricorrente;
udito, per l’Avvocatura Generale dello Stato l’avv. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale (CTR) della Calabria, con la sentenza di cui in epigrafe all’esito di udienza fissata in camera di consiglio per la discussione della sola istanza cautelare di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado n. 303/2020 della Commissione tributaria provinciale (CTP) di Vibo Valentia, che aveva accolto, nei termini di cui in motivazione, il ricorso proposto dal sig. NOME COGNOME avverso comunicazione d’irregolarità e/o avviso bonario n. NUMERO_DOCUMENTO 71, confermando la legittimità dell’atto impugnato limitatamente al minor importo di euro 10.101,00 oltre sanzioni per euro 1.010,10 -pronunciando nel merito dell’appello proposto dall’Ufficio avverso la sentenza di primo grado, accolse il
gravame, condannando il contribuente al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio nella misura di cui in dispositivo.
Avverso detta sentenza, non notificata, il ricorrente ricorre per cassazione in forza di sette motivi, cui l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
In prossimità dell’odierna udienza pubblica fissata per la discussione, il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME ha depositato memoria, concludendo quindi come in epigrafe, preso atto dell’intervenuta rinuncia da parte del ricorrente al primo motivo di ricorso, come da memoria depositata dalla parte contribuente ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il contribuente denuncia nullità del procedimento e della sentenza di primo grado, per violazione degli artt. 61, 30, 32, 58, 33, primo comma, 34, primo comma e 61 del d.lgs. n. 546/1992, nonché dell’art. 24 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., lamentando che la decisione nel merito dell’appello proposto dall’Amministrazione finanziaria avverso la sentenza di primo grado a seguito di udienza fissata in camera di consiglio -con collegamento da remoto tra i componenti del collegio in periodo di emergenza per la pandemia da coronavirus -per la sola delibazione dell’istanza cautelare di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado, avrebbe privato la parte privata dei diritti di difesa legati al rispetto del termine per la fissazione dell’udienza destinata alla decisione nel merito, con relativa possibilità di depositare memorie o documenti nei termini previsti dalle norme richiamate in epigrafe.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546/1992, 132, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod.
proc. civ., 111 comma 6, e 24 Cost., 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. per motivazione apparente e/o perplessa ed obiettivamente incomprensibile.
Con il terzo motivo il ricorrente lamenta nullità della sentenza impugnata o del procedimento, per violazione degli artt. 112, cod. proc. civ., 56 e 57 del d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., deducendo il vizio di ultrapetizione e la violazione del giudicato interno, per avere il giudice d’appello, secondo il ricorrente, esteso il thema decidendum a statuizioni della pronuncia di primo grado non oggetto di censure nell’atto d’impugnazione, omettendo di pronunciarsi sull’eccezione di giudicato interno formulata dal COGNOME nelle proprie controdeduzioni all’avverso atto di appello.
Con il quarto motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2, comma 8 bis , del d.P.R. n. 322/1998, come modificato dall’art. 5 del d. l. n. 193/2016, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR posto a fondamento dell’accoglimento del gravame dell’Agenzia delle entrate una norma inesistente, ovvero l’art. 2, comma 8 -bis , del d.P.R. n. 322/1998, nel testo anteriore alle modifiche ad esso apportate dall’art. 5 de l d. l. n. 193/2016.
Con il quinto motivo il ricorrente denuncia nullità della sentenza o del procedimento per violazione degli artt. 7, comma 1 e comma 2 del d. lgs. n. 546/1992 e 57 del d. lgs. n. 546/1992, nonché dell’art. 115 cod. proc. civ. e dell’art. 23 del d. lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc civ., lamentando che la decisione impugnata non avrebbe rilevato la violazione, da parte dell’appellante, del divieto di proposizione d i domande nuove nell’atto di appello e sarebbe incor sa nella violazione dell’obbligo, incombente al giudice, di porre a fondamento della decisione i fatti non contestati,
posto che doveva ritenersi pacifico il fatto che il ricorrente, nelle diverse dichiarazioni integrative, si era limitato ad esporre l’eccedenza del credito di credito d’imposta senza mai utilizzarlo in compensazione.
Con il sesto motivo il ricorrente, sotto altro profilo, in relazione al medesimo fatto esposto nel motivo precedente, lamenta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e dell’art. 57 del d. lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nonché dell’art. 4, comma 1, del d.P.R. n. 42/1988, dell’art. 22, comma 2, del d.P.R. n. 917/1986, dell’art. 36 bis , comma 2, lett. b) -e) del d.P.R. n. 600/1973, dell’art. 1, comma 421, della l. n. 311/2004, dell’art. 13, commi 4 e 5, del d. lgs. n. 471/1997, dell’art. 2, comma 8 bis del d.P.R. n. 322/1998, come modificato dall’art. 5 del d. l. n. 193/2016 e dell’art. 53 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
Con il settimo motivo, infine, in via subordinata, nell’ipotesi di rigetto del quinto motivo di ricorso, il ricorrente lamenta omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., in ordine alla questione del maggior importo del credito IRPEF esposto e non compensato.
Preso atto dell’avvenuta rinuncia espressa al primo motivo di ricorso, come precisato dal ricorrente in memoria, detto motivo va dichiarato inammissibile (cfr. Cass. sez. 5, 23 ottobre 2003, n. 15962, par. 6, in motivazione). Si ritiene che analoga declaratoria debba riguardare anche il secondo motivo, col quale si denuncia un preteso difetto di motivazione, peraltro insussistente, per motivazione apparente, essendo ben chiara la ratio decidendi posta a base della pronuncia impugnata, che la pone al di sopra del c.d. ‘minimo costituzionale’, nonché i motivi terzo, nella parte in cui si è denunciato un preteso vizio di ultrapetizione della sentenza impugnata, quinto e
sesto in relazione alle denunce di violazione della legge processuale, in relazione al parametro di cui all’art. 360, primo comma. n. 4, cod. proc. civ., avuto riguardo al tenore complessivo della dichiarazione di rinuncia, tenuto conto della volontà espressa dalla parte ricorrente di «ottenere una sentenza nel merito della questione giuridica sottesa», che determina la cessazione della materia del contendere sulle questioni addotte di natura processuale che non involgano il merito della questione qui dibattuta.
Ciò posto -e rilevata altresì la palese infondatezza del terzo motivo di ricorso nella parte in cui, in modo peraltro generico, si eccepisce, da parte del ricorrente, la pretesa violazione del giudicato interno che si sarebbe formato per la mancata espressa impugnazione, da parte dell’Amministrazione finanziaria, delle statuizioni della CTP di Vibo Valentia, favorevoli al contribuente, ulteriori rispetto alla contestazione del disconoscimento del credito IRPEF oggetto di rettifica in sede di controllo della dichiarazione integrativa per l’anno d’imposta 2015, stante il tenore complessivo del ricorso in appello col quale l’Agenzia delle entrate chiedeva il riconoscimento della piena legittimità dell’atto di liquidazione impugnato il quarto ed il settimo motivo di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente, stante la loro evidente connessione, sono infondati e vanno rigettati, previa correzione in diritto della motivazione, ex art. 384, ultimo comma, cod. proc. civ., essendo il dispositivo della sentenza impugnata conforme a diritto.
9.1. Rilevato che, in effetti, al tempo della proposizione, in data 13 novembre 2017, della dichiarazione integrativa del Modello Unico 2016 per l’anno 2015, oggetto di controllo automatizzato con annessa comunicazione d’irregolarità da parte dell’Amministrazione, era già in vigore il comma 8 dell’art. 2 del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, come da ultimo modificato dall’art. 5, comma 1, lett. a) del d.l. 22 ottobre 2016,
n. 193, convertito, con modificazioni, dalla l. primo dicembre 2016, n. 225, ciò non inficia l’esattezza del rilievo, posto in evidenza dalla decisione impugnata, secondo cui «il credito esposto nella dichiarazione integrativa per l’anno 2014 è stato riportato dal contribuente nelle dichiarazioni dei diversi, successivi anni d’imposta » (ivi compreso, quindi, il 2015, per cui è causa) «aumentando, così, l’ammontare del credito opposto in compensazione» ( rectius esposto), onde consentire al contribuente l’omesso versamento dell’imposta nella misura di volta in volta contestata dall’Ufficio.
9.2. Proprio la nuova disciplina dettata in tema di dichiarazione integrativa dal successivo comma 8bis dell’art. 2 del d.P.R. n. 322/1998 , come inserito dal citato dall’art. 5, comma 1, lett. a) del d.l. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla l. primo dicembre 2016, n. 225 (si veda anche la correlativa disposizione di cui all’art. 8, comma 6 -quater, del d.P.R. n. 322/1998 in tema di IVA) avrebbe richiesto che il maggior credito richiesto dal contribuente oltre l’anno di riferime nto (nella fattispecie per cui è causa il 2015) fosse risultante dal quadro DI della dichiarazione dell’anno 2017 , laddove, invece, il contribuente ha reiterato, a cascata, come è pacifico, per gli anni successivi al 2014, l’esposizione del maggior credito di euro 725.768,00 già oggetto di contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Il ricorso va, pertanto, complessivamente rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contrib uto unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 10 gennaio 2024