Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3993 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3993 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/02/2024
ATTO RECUPERO CREDITO IMPOSTA
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11201/2015 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende,
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t., domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende,
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. PUGLIA, n. 2211/2014, depositata il 10/11/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26 gennaio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
NOME COGNOME ricorre nei confronti d ell’RAGIONE_SOCIALE, che resiste con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe. Con quest’ultima la C.t.r. ha rigettato l’appello del la contribuente avverso la sentenza della C.t.p. di Bari che, a propria volta, aveva rigettato il ricorso avverso l’ atto, notificato il 23 novembre 2012, con il quale l’Ufficio aveva recuperato, per gli anni di imposta 2006, 2007, 2008, il credito di imposta ex art. 8 legge 23 dicembre 2000, n. 388, assumendone l’indebita compensazione.
L’Ufficio riteneva che la contribuente fosse decaduta dai benefici fiscali previsti per gli investimenti in aree svantaggiate d all’art. 62, comma 1, legge 27 dicembre 2002, n. 289 di cui aveva usufruito, portandoli in compensazione, in ragione della costruzione di un opificio industriale, in quanto, dopo il completamento dei lavori, iniziati nel 2004 e terminati nel 2006, aveva concesso l’immobile in locazione a terzi, così venendo meno la condizione dell’effettiva destinazione alle strutture produttive dell’impresa. L’Ufficio, in particolare, dopo aver precisato che in caso di locazione dell’immobile il contribuente decadeva dal beneficio salvo che gli immobili costituissero «un complesso unitario polifunzionale destinato allo svolgimento di un’attività di impresa» ri levava che la contribuente non poteva concedere in locazione l’intero immobile realizzato per lo svolgimento della propria attività.
La C.t.r., a conferma della sentenza di primo grado, per quanto ancora di rilievo, disattendeva le ragioni della contribuente sia in ordine alla natura polifunzionale del bene , compatibile con l’ag evolazione di cui aveva beneficiato, sia alla decadenza, quanto al 2006, del diritto al recupero.
Considerato che:
Con il primo motivo la contribu ente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.
Censura la sentenza impugnata per aver omesso di valutare i fatti di causa e gli elementi offerti a dimostrazione della destinazione polifunzionale dell’immobile ad attività commerciale, con particolare riferimento alla perizia giurata versata in atti.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ.
Censura la sentenza impugnata per aver ritenuto legittimo il recupero, sebbene l’Ufficio, su cui gravava l’onere della prova, non avesse offerto alcun riscontro alla mancanza della natura polifunzionale del bene concesso in locazione, mentre essa deducente non avrebbe potuto offrire alcuna prova ulteriore rispetto alla perizia giurata.
Aggiunge che l’atto di recupero si era fondato sull’erroneo presupposto che la locazione avesse avuto ad oggetto unicamente «l’opificio industriale», restando così a fortiori esclusa la condizione, compatibile con il beneficio, della locazione di un complesso unitario polifunzionale; che, invece, la locazione non aveva avuto ad oggetto «il solo capannone» ma «l’intero complesso immobiliare insistente sull’area acquisita dalla contribuente»; che successivamente l’Ufficio aveva contestato una presunta mancanza di polifunzionalità del bene.
Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248 e dell’art. 8, comma 7, legge 23 dicembre 2000, n. 388.
Censura la sentenza impugnata per aver escluso la natura polifunzionale del bene sebbene «formato da diversi corpi di fabbrica autonomi destinati allo svolgimento di più attività legati da un vincolo funzionale», come rilevato nella perizia di parte, nella quale si era evidenziato che l’investimento aveva interessato «una struttura complessa, articolata con vari ambienti aventi destinazione varie e autonomamente utilizzabili».
Con il quarto motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 27, comma 16, d.l. 29 novembre 2008 n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009 n. 2, e dell’art. 43 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600
Censura la sentenza impugnata per avere la C.t.r. erroneamente ritenuto che l’Amministrazione finanziaria non fosse decaduta dal recupero del credito di imposta con rife rimento all’anno d’imposta 2006, sebbene l’ applicabilità del termine di decadenza «lungo» ovvero di otto anni, introdotto dal comma 16 dell’art. 27 d.l. n. 185 del 2008 anziché di quello ordinario, previsto dell’art. 43, terzo comma, d.P.R. . 600 del 1973 per l’esercizio della potestà accertativa da parte dell’Amministrazione finanziari a in caso di indebita compensazione dovesse essere limitata alle ipotesi di crediti «inesistenti» e non in quella, ricorrente nella fattispecie, di crediti «ritenuti non spettanti dall’Ufficio» .
Il primo motivo è infondato.
5.1. Questa Corte ha chiarito che, per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la
possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. La doglianza circa la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato -in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento (Cass. Sez. U. 30/09/2020, n. 20867)
5.2. Si è anche chiarito che in tema di valutazione RAGIONE_SOCIALE prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione RAGIONE_SOCIALE predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., nella nuova formulazione (Cass. 12/10/2017, n. 23940).
5.3. La questione controversa è se la contribuente potesse beneficiare del credito di imposta di cui all’art. 8 legge n. 388 del 2000 nonostante la locazione a terzi dell’immobile .
La RAGIONE_SOCIALE ha escluso il beneficio assumendo che non vi fosse prova della sussistenza di tutti i requisiti previsti dalla norma e, nel farlo, ha illustrato le caratteristiche del contratto di locazione dalla medesima stipulato e dell’immobile oggetto del medesimo che erano di ostacolo all’applicazione della norma.
La contribuente, se pure deduce la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. mira, in realtà a sollecitare un diverso apprezzamento RAGIONE_SOCIALE prove assumendo che sarebbero stata valutate parzialmente non essendo stata presa in considerazione, in particolare la perizia di parte. Trattasi, pertanto, di critica estranea al perimetro di cui alle norme invocate.
Il secondo motivo è infondato.
6.1. La Corte ha chiarito che l’art. 8, comma 7, legge n. 388 del 2000 ha natura antielusiva, volta ad evitare l’immissione solo temporanea dei beni nell’impresa all’unico fine di fruire dell’agevolazione, con loro successiva destinazione (nell’arco temporale preso a riferimento dalla legge) ad una diversa struttura produttiva (Cass. 20411/14).
La sussistenza, in presenza di locazione a terzi, dei presupposti per godere del beneficio attiene agli elementi costitutivi per usufruire del beneficio del credito d’imposta con onere della prova a carico del contribuente (Cass. 14/10/2020, n. 22174, Cass. 30/06/2016, n. 13422).
6.2. La C.t.r. nel ritenere che spettasse al contribuente provare i presupposti per continuare a godere del beneficio, nonostante la locazione a terzi, si è attenuta a questi principi.
6.3. Per la parte residua il motivo, che censura la sentenza impugnata per aver escluso la polifunzionalità del bene resta assorbito dall’accoglimento del terzo motivo.
Il terzo motivo è fondato.
5.1. L ‘ art. 8, comma 1, legge n. 388 del 2000 attribuisce un credito d’imposta ai titolari di reddito di impresa che abbiano effettuato investimenti in beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nei territori di cui alle deroghe previste dall’articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c), Trattato UE. La disciplina agevolativa prevede , all’art. 8 comma 7, che il credito maturato in relazione agli investimenti realizzati venga rideterminato se entro il quinto periodo d’imposta successivo a quello nel quale sono entrati in funzione, i beni sono dismessi, ceduti a terzi, destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero destinati a strutture produttive diverse da quelle che hanno dato diritto all’agevolazione, escludendo dagli investimenti agevolati il costo dei beni anzidetti. In simili ipotesi, pertanto, il soggetto perde il diritto a fruire del credito d’imposta per la parte corrispondente al valore dei beni per i quali viene meno il requisito della destinazione alla struttura produttiva originaria.
L ‘art. 7, comma 1 -bis , d.l. n. 203 del 2005, convertito con modificazioni dalla legge n. 248 del 2005, ha introdotto una norma di interpretazione autentica del l’art. 8, comma 7, cit., prevedendo che gli immobili strumentali per natura, ai sensi dell’articolo 43, comma 2, secondo periodo t.u.i.r. «i quali costituiscono un complesso immobiliare unitario polifunzionale destinato allo svolgimento di attività commerciale, qualora siano locati a terzi, non si intendono destinati a struttura produttiva diversa, a condizione che gli stessi vengano destinati allo svolgimento di attività d’impresa ai sensi dell’articolo 55 del citato testo unico».
Alla luce di tale norma interpretativa, pertanto, la locazione ad altro soggetto di un bene immobile non comporta necessariamente decadenza dal beneficio previsto dall’articolo 8 legge n. 388 del 2000.
5.2. In ragione di quanto disposto dal legislatore, questa Corte ha chiarito che non contrasta con la disciplina in esame la circostanza che
la locazione del complesso sia totale o parziale e/o intervenga con più locatori, né impone che le attività produttive, che questi debbono svolgervi, siano la stessa di quella svolta dal locatore/beneficiario (Cass. 23/12/2020, n. 29340).
5.3. Quanto, poi, alla individuazione di cosa si intenda per «complesso immobiliare unitario polifunzionale destinato allo svolgimento di attività commerciale», occorre che si sia in presenza di un insieme di unità immobiliari le quali, pur avendo una propria autonomia, in quanto idonee ad essere utilizzate in modo indipendente le une dalle altre, tuttavia, mantengano con le altre unità un collegamento economico-funzionale . Quest’ ultimo è ravvisabile sia in caso di condivisione di servizi comuni laddove l’esercizio RAGIONE_SOCIALE singole attività nel medesimo complesso immobiliare crei sinergie ed economie di scopo. (Cass. 14/10/2020, n. 22174).
5.3. Va pertanto, affermato il seguente principio di diritto: « In tema di agevolazioni per le aree svantaggiate, ai fini dell’applicazione dell’art. 7, comma 1-bis, d.l. 30 settembre 2005 n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248 -e quindi ai fini della persistenza del diritto al credito di cui all’art. 8 legge 23 dicembre 2000, n. 388 -perché sussista ‘un complesso unitario polifunzionale destinato allo svolgimento di attività commerciale ‘ occorre che si sia in presenza di un insieme di unità immobiliari le quali, pur avendo una propria autonomia, mantengano con le altre unità un collegamento economico-funzionale che è ravvisabile sia nell’ipotesi di condivisione di servizi comuni sia nel fatto che l’esercizio RAGIONE_SOCIALE singole attività nel medesimo complesso crei sinergie ed economie di scopo ».
5.4. La RAGIONE_SOCIALE non si è attenuta a questi principi.
Quanto alle caratteristiche dell’immobile ne ha descritto la conformazione (capannone, separata palazzina per uffici commerciali, due piazzali di sosta) senza, tuttavia, dare conto della sussistenza o meno di un rapporto funzionale tra le singole componenti e con la restante parte, e ciò sebbene la contribuente avesse allegato che il complesso immobiliare non poteva ridursi ad un «mero capannone», trattandosi di distinti corpi di fabbrica destinati ad ospitare più attività di impresa e collegati in modo tale da poter usufruire di servizi comuni.
Ha dato rilevanza, infine, alla diversità di attività di impresa tra locatore e locatario che, invece, è da considerarsi irrilevante.
6. Il quarto motivo è fondato.
6.1. La questione controversa è stata risolta dalle Sezioni Unite della Corte che hanno affermato il seguenti principio di diritto «in tema di compensazione di crediti o eccedenze d’imposta da parte del contribuente, all’azione di accertamento dell’erario si applica il più lungo termine di otto anni, di cui all’art. 27, comma 16, d.l. n. 185 del 2008, quando il credito utilizzato è inesistente, condizione che si realizza -alla luce anche dell’art. 13, comma 5, terzo periodo, d.lgs. n. 471 del 1997, come modificato dal d.lgs. n. 158 del 2015 -allorché ricorrano congiuntamente i seguenti requisiti: a) il credito, in tutto o in parte, è il risultato di una artificiosa rappresentazione ovvero è carente dei presupposti costitutivi previsti dalla legge ovvero, pur sorto, è già estinto al momento del suo utilizzo; b) l’inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter d.P.R. n. 600 del 1973 e all’art. 54 -bis d.P.R. n. 633 del 1972; ove sussista il primo requisito ma l’inesisten za sia riscontrabile in sede di controllo formale o automatizzato, la compensazione indebita riguarda crediti non spettanti e si applicano i termini ordinari per l’attività di accertamento» (Cass. Sez. U. 11/12/2023, n. 34419).
Le Sezioni Unite hanno chiarito in motivazione che, al di là dell’ipotesi in cui la condotta sia palesemente connotata da fraudolenza, come tale mirata a fornire solo una fittizia rappresentazione dei presupposti di fatto e normativi del credito e/o dell’eccedenza, tra gli elementi strutturali idonei ad assumere natura costitutiva del credito assume una particolare rilevanza l’esistenza di un obbligo di facere o di non facere .
L’adempimento di un obbligo di tal genere, infatti, se, da un lato, condiziona l’esistenza e/o il mantenimento dell’agevolazione (e del diritto di credito), dall’altro si traduce nel compimento di una attività da parte del contribuente che, più di altre, non necessariamente è suscettibile di rilevazione in sede di controllo formale.
Osservano le Sezioni Unite che «Ad esempio, in tema di agevolazioni per gli investimenti nelle aree svantaggiate, il mantenimento del beneficio è condizionato dalla materiale adibizione del bene oggetto dell’investimento alla funzione produttiva sua propria entro due anni da quando lo stesso si è reso disponibile all’impresa, situazione la cui verificabilità si sottrae, di norma, ad un riscontro meramente formale. In tale ipotesi, peraltro, la condotta rilevante potrà riguardare l’uso in compensazione del credito successivo all’inutile scadenza del biennio e non anche l’utilizzo del credito per il periodo anteriore, quando, sia pure condizionato, era esistente».
6.2. Applicando detti principi deve ritenersi che nella fattispecie in esame si è in presenza di un credito, eventualmente, non spettante in quanto il credito, se pure condizionato a quanto previsto dall’art. 8, comma 7, legge n. 388 del 2000 e dall’art. 7, comma 1 -bis , d.l. n. 203 del 2005, era comunque esistente.
Deve ritenersi, pertanto, che, per l’anno 2006 , l’Ufficio fosse decaduto dalla potestà di recupero.
La C.t.r., pertanto, ha errato laddove ha ritenuto che dovesse applicarsi il più lungo termine di cui all’art. 27, comma 16, d.l. n. 185 del 2018.
7. In conclusione, il ricorso va accolto limitatamente al terzo ed al quarto motivo, rigettati il primo ed il secondo; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, che si pronuncerà -con esclusione del credito relativo all’anno 2006 per i l quale è maturata la decadenza -attenendosi ai principi sopra espressi e fornendo congrua motivazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo ed il quarto motivo del ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2024.