Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16307 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16307 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16236/2017 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE GENERALE DELLO STATO. (P_IVA) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della BASILICATA n. 243/2016 depositata il 17/05/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/05/2024 dal Co: COGNOME NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con avviso di accertamento notificato il 20 novembre 2003, l’Ufficio recuperava tassazione nei confronti della società in nome collettivo RAGIONE_SOCIALE l’importo di €.17.334,22 oltre a sanzioni ed interessi, quale credito d’imposta non spettante per l’anno 2002, ai sensi dell’articolo 8 della legge numero 388 del 2000.
Nello specifico, l’amministrazione finanziaria riteneva non spettante il credito d’imposta quindi indebitamente utilizzato in compensazione, perché dichiarato in violazione e assenza dei presupposti normativi. Segnatamente l’investimento era avvenuto in data anteriore al 14 Marzo 2001, e non riportava la dicitura di ‘bene acquistato con credito d’imposta di cui all’articolo 8 della legge numero 388 del 2000’, appunto.
La parte contribuente adiva il giudice di prossimità, affermando il consolidarsi del beneficio, cui l’amministrazione finanziaria opponeva non trattarsi di ipotesi di silenzio-assenso e, soprattutto, che l’avviamento rimane escluso dai benefici, poiché non può essere considerato bene immateriale iscrivibile al registro beni ammortizzabili.
I gradi di merito erano favorevoli alla parte contribuente donde ricorre per Cassazione il Patrono erariale, affidandosi ad un unico motivo cassatorio, ancorché suddiviso in diversi profili. La parte contribuente ha spiegato tempestivo controricorso.
CONSIDERATO
Viene proposto unico motivo di ricorso.
Devesi esaminare in via preliminare l’eccezione di tardività del ricorso erariale, notificato oltre il termine lungo semestrale. L’eccezione non può esser accolta. Il giudizio, iniziato in primo grado nel 2003, proviene da pronuncia resa in sede di giudizio rinvio. Disponendo la precedente sentenza della Corte (n. 5317/14) un
rinvio prosecutorio, continua ad applicarsi pacificamente il termine lungo di un anno cui si aggiungono 31 giorni di sospensione feriale: in questo senso, tra le altre, Cass. II, 17 aprile 2012, 6007; Cass. V, ord. 27 luglio 2018, n. 19979). Il ricorso è quindi tempestivo e può essere esaminato.
Con l’unico motivo di ricorso si profila censura ai sensi dell’articolo 360 numero 3 del codice di procedura civile per violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 8 della legge numero 388 del 2000.
Nel particolare si contesta che il collegio di appello abbia trasformato l’avviamento da costo in un bene immateriale quindi acquistabile ed ammortizzabile, così da farne rientrare l’importo nell’agevolazione in discorso; sotto altro profilo rappresenta che l’operazione debba essere riferita alla stipulazione dell’atto, avvenuta il 25 gennaio 2001, e non al sostenimento del relativo costo (pagamento del prezzo). Se ne deduce quindi il perfezionamento in data antecedente al 14 Marzo 2001, prima cioè della copertura dell’agevolazione in scrutinio.
Entrambi i profili sono fondati e meritano accoglimento. Infatti, quanto al profilo della rilevanza dell’avviamento, questa Corte è già intervenuta statuendo che in tema di agevolazioni fiscali per le aree svantaggiate, ai fini del riconoscimento del credito d’imposta previsto dall’art. 8, comma 7, l. n. 388 del 2000 per i soggetti titolari di reddito d’impresa che, nel periodo ivi indicato abbiano effettuato nuovi investimenti, costituisce prescrizione essenziale l’individuazione specifica nel registro cespiti dei beni fiscalmente ammortizzabili dei beni agevolabili – che devono comunque essere destinati ad una struttura produttiva e non possono essere trasferiti, a pena di decadenza, entro i quinto periodo d’imposta successivo a quello nel quale sono entrati in funzione – nonché la distinzione dagli altri beni posseduti dall’impresa (Cass. V, n. 15208/2021). Fra i cespiti dei beni fiscalmente ammortizzabili non rientra l’avviamento,
la cui natura è un costo e non un bene (immateriale), non potendo avere circolazione autonoma rispetto al bene-azienda cui afferisce e di cui è una qualità.
Più radicalmente, non è controverso che il negozio relativo all’operazione de qua sia stato stipulato in data 25 gennaio 2001, quasi due mesi prima del momento di entrata in vigore della disciplina agevolativa invocata che dev’essere individuato in un momento oggettivo, quanto più possibile sottratto alla disponibilità delle parti che non possono guardare all’adempimento successivo quale strumento per dilatarne l’applicazione fino al periodo previsto dalla norma. Ed infatti, questa Corte ha ritenuto che in tema di agevolazioni per investimenti in aree svantaggiate, l’art. 8 della l. n. 388 del 2000 deve essere interpretato nel senso che può riconoscersi il credito di imposta solo per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2000, con decorrenza successiva al 14 marzo 2001, ossia dalla data di approvazione del detto regime agevolativo da parte della Commissione europea, non potendosi viceversa riconoscere per investimenti avviati prima di suddetta data (nei vari anni di imposta, purché successivi al 2000), ostandovi il tenore letterale della disposizione, nonché ragioni di logica e ragionevolezza (cfr. Cass. V, n. 2476/2020).
Pertanto, il ricorso è fondato, la sentenza merita di essere cassata e, non residuando alcun ulteriore accertamento in fatto, il giudizio può essere definito con il rigetto del ricorso originario della parte contribuente.
Le spese sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della parte contribuente.
Compensa integralmente fra le parti le spese dei gradi di merito e pone le spese del presente giudizio di legittimità a carico della parte
contribuente, liquidandole in €.duemilatrecento/00, oltre a spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 22/05/2024.