Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2755 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 2755 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/01/2024
SENTENZA
sul ricorso n. 593/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, anche disgiuntamente, per procura speciale in calce alla memoria di costituzione con nomina di nuovi difensori, dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso l’AVV_NOTAIO, in Roma, alla INDIRIZZO.
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO.
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della CAMPANIA, n. 4278/19, depositata in data 20 maggio 2019, non notificata; udita la relazione della causa udita svolta nella pubblica udienza del 6 dicembre 2023, dal Consigliere NOME COGNOME; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore RAGIONE_SOCIALE, AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito, per la parte ricorrente, l’AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso per cassazione; NOME COGNOME, che ha udito per la parte controricorrente, l’AVV_NOTAIO. chiesto il rigetto del ricorso per cassazione;
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE, con ricorso depositato il 3 agosto 2017, aveva impugnato l’avviso di pagamento dell’importo di euro 5.740.478,29 per indebita compensazione del credito di accise relativo agli anni dal 2012 al 2016 notificato, a mezzo pec, in data 8 maggio 2017.
La Commissione tributaria provinciale di Napoli, con sentenza n. 2659/15/18, depositata il 13 marzo 2018, aveva rigettato il ricorso, compensando le spese.
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello proposto dalla società contribuente, per quel che rileva in questa sede, sulla base RAGIONE_SOCIALE seguenti considerazioni:
-) l’accertamento prendeva le mosse dal processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza del 9 febbraio 2017 e l’RAGIONE_SOCIALE fficio della RAGIONE_SOCIALE, in applicazione dell’art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000 aveva emesso l’avviso di pagamento in contestazione per il recupero del beneficio non spettante in considerazione RAGIONE_SOCIALE false dichiarazioni rese, nonché per il recupero di somme indebitamente compensate;
-) il richiamo alla nota n. 35900/RU del 29 marzo 2018 dell’RAGIONE_SOCIALE era del tutto inconferente posto che essa riguardava la questione della decadenza del beneficio sui consumi di gasolio prelevato da impianto di distribuzione per uso privato, non soggetto a denuncia ai sensi dell’art. 25 TUA, dichiarato dall’esercente all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dogane e purtuttavia sprovvisto dell’autorizzazione della competente autorità amministrativa: in questo caso, infatti, l’assenza del titolo autorizzatorio per la suddetta nota non produceva di per sé la decadenza dal beneficio fiscale ed il conseguente recupero dell’imposta quando la stessa non influenzava le condizioni di consumo prescritte per poter usufruire dell’aliquota ridotta di accise;
-) nel caso di specie, invece, si era pervenuti alla decadenza dal beneficio su consumi di gasolio prelevato da impianto di distribuzione per uso privato, in quanto la società appellante, quale esercente di apparecchi di distribuzione automatica di carburanti per usi privati, agricoli ed industriali, collegati a serbatoi la cui capacità globale superava di 10 metri cubi, non aveva mai provveduto alla denuncia ai sensi dell’art. 25 del TUA, né aveva adempiuto agli obblighi tributari connessi e tale circostanza non era stata contestata dalla società appellante;
-) anche a voler considerare l’utilizzo del terzo serbatoio solo a far data dal 20 ottobre 2016 (e questo pur se il contratto di comodato prodotto non risultava registrato con la conseguenza che non era possibile attribuirvi data certa), la capacità complessiva dell’impianto restava superiore ai 10 metri cubi, profilo relativo all’omessa denuncia di serbatoio con capacità di stoccaggio superiore a dieci metri cubi;
-) come rilevato già dai primi giudici, la contestazione riguardava la fattispecie di cui al comma 2 lettera c), atteso che nell’atto di irrogazione di sanzioni amministrative si contestava l’utilizzazione di distributore di carburante con capacità di stoccaggio superiore a 10
metri cubi, circostanza sulla quale nulla di specifico aveva riferito la società ricorrente;
-) il motivo sull’errata applicazione dell’art. 25 TU sulle accise, (con il quale la società appellante aveva osservato che, non ponendo la legge regionale n. 8 del 30 luglio 2013 alcun limite alla capacità per un impianto ad uso privato se non quello previsto dall’art. 13, ne doveva derivare la legittimità dell’utilizzo RAGIONE_SOCIALE agevolazioni previste dal TU accise), era stato posto solo in sede di appello ed era dunque inammissibile; in ogni caso non era pertinente vertendosi non della capacità di un impianto ad uso privato, ma di agevolazioni previste dalla normativa statale indebitamente fruite;
-) il profilo ribadito nell’atto di appello in cui si prospettava la formazione del silenzio assenso era generico e non pertinente e, in ogni caso, se era vero che l’art. 4 del d.P.R. n. 277 del 2000 delineava una sorta di silenzio -assenso, esso si riferiva alle dichiarazioni veridiche e non alle ipotesi, quale quella in esame, in cui si contestava alla ricorrente la falsità RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni.
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a otto motivi.
RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
La società RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo mezzo deduce la violazione del primo comma dell’art. 57 del decreto legislativo n. 546 del 1992, dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, dell’art. 7 legge n. 212 del 2000, dell’art. 112 cod. proc. civ. e conseguente nullità della sentenza e del procedimento ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. La sentenza impugnata aveva
motivato l’avviso di pagamento impugnato sulla base del disposto di cui all’art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000 e per effetto della sentenza impugnata l’originaria motivazione dell’atto impugnata (assenza di requisiti asseritamente necessari per ottenere l’agevolazione) era stata inammissibilmente sostituita da altra motivazione (decadenza ex art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000) in sede di appello.
1.1 In disparte il profilo di non autosufficienza della censura, laddove non riporta il contenuto dell’avviso di accertamento impugnato , non essendo, a tali fini, sufficiente il richiamo degli allegati al fascicoletto costituito dall’allegato 2 al ricorso per cassazione (cfr. Cass., Sez. U., 18 marzo 2022, n. 8950), il motivo è infondato.
1.2 Ed invero, per quel che emerge dalla sentenza impugnata:
-) l’RAGIONE_SOCIALE aveva contestato alla società l’attribuzione di accise non spettanti e la compensazione con crediti inesistenti, l’utilizzo di un distributore interno di carburante di capacità superiore a 10 mc senza autorizzazione, l’utilizzazione del credito prima che fossero decorsi 60 giorni dal silenzio assenso (pag. 2) e, in applicazione dell’art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000, aveva emesso l’avviso di pagamento in contestazione per il recupero del beneficio non spettante in considerazione RAGIONE_SOCIALE false dichiarazioni rese, nonché per il recupero di somme indebitamente corrisposte (pag. 11);
-) la società ricorrente, a sostegno del ricorso, aveva dedotto che: ai sensi dell’art. 14, comma 2 del T.U. sulle accise n. 504 del 1995, il rimborso dell’accisa indebitamente pagata doveva essere richiesto entro 2 anni dalla data di pagamento-compensazione e, quindi, per il periodo dal 2012 al 2015 il credito doveva ritenersi prescritto; con riferimento al profilo relativo agli impianti – numero dei serbatoi – ed al loro utilizzo di avere presentato istanza per il parere di conformità, il RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE aveva espresso parere favorevole e che, successivamente, non vi era stata alcuna comunicazione dall’amministrazione e quindi, vigente nella consuetudine
giurisdizionale la prassi del silenzio assenso aveva ritenuto valido a tutti gli effetti il progetto di installazione; i verificatori avevano ipotizzato la presenza dei tre serbatoi già dall’anno 2012; era illegittima l’ applicazione della violazione dell’art. 48 TUA in quanto l’art. 25, comma 2, lett. a), non prevedeva l’obbligo di denuncia all’ufficio competente per gli esercenti depositi ad uso privato, agricolo e industriale di capacità inferiore a 25 mc, con la conseguenza che non vi era stata violazione dell’art. 48 TUA (pag. 2 e 3);
-) l’RAGIONE_SOCIALE, costituitasi in primo grado aveva affermato che la prescrizione invocata dal ricorrente si riferiva al rimborso RAGIONE_SOCIALE accise, mentre nel caso di specie, trattandosi di omesso versamento RAGIONE_SOCIALE somme dovute a titolo di imposta per illegittima compensazione, l’avviso di pagamento andava notificato entro cinque anni dalla data dell’omissione, ed, essendovi obbligo di denuncia, la prescrizione era decennale; quanto alla questione della mancanza di autorizzazione, l’RAGIONE_SOCIALE controdeduceva che non aveva alcun rilievo la presentazione di istanza di parere di conformità, mancando le autorizzazioni di legge. Inoltre, la discordanza tra le informazioni fornite dalla ricorrente con quanto accertato in sede di controllo, con la presenza di serbatoi non dichiarati, vanificava il presupposto per ottenere le agevolazioni previste dal T.U. sulle accise (pag. 3).
1.3 Ciò posto, i giudici di secondo grado, dopo avere premesso che, nella vicenda oggetto di giudizio, si contestava alla società appellante, esercente l’attività di trasporti merci su strada , di essersi indebitamente avvalsa dell’agevolazione fiscale di cui all’art. 3, commi 1 e 2, del d.P.R. n. 277 del 2000 (cfr. pag. 7 del provvedimento impugnato), ha affermato che, nel caso di specie, si era pervenuti alla decadenza dal beneficio su consumi di gasolio prelevato da impianto di distribuzione per uso provato, in quanto la società appellante, quale esercente di apparecchi di distribuzione automatica di carburanti per usi privati, agricoli ed industriali, collegati a serbatoi la cui capacità
globale superava di 10 metri cubi, non aveva mai provveduto alla denuncia ai sensi dell’art. 25 del TUA, né aveva provveduto ad adempiere agli obblighi tributari connessi (pagine 11 e 12).
1.4 Non vi è stata, dunque, alcuna «sostituzione» della motivazione sostenuta nell’avviso di accertamento, in quanto l’avviso di pagamento era stato emesso anche per il recupero del beneficio non spettante in mancanza dell’adempimento degli obblighi tributari previsti specificamente dalla legge.
1.5 Ciò, peraltro, in conformità ai principi statuiti da questa Corte secondo cui « Nel giudizio tributario, il divieto di proporre nuove eccezioni in sede di gravame, previsto all’art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, concerne tutte le eccezioni in senso stretto, consistenti nei vizi d’invalidità dell’atto tributario o nei fatti modificativi, estintivi o impeditivi della pretesa fiscale, mentre non si estende alle eccezioni improprie o alle mere difese e, cioè, alla contestazione dei fatti costitutivi del credito tributario o RAGIONE_SOCIALE censure del contribuente, che restano sempre deducibili » (Cass., 22 settembre 2017, n. 22015; Cass., 29 dicembre 2017, n. 31224; Cass., 31 maggio 2016, n. 11223) e che « In tema di contenzioso tributario, l’art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 preclude in appello esclusivamente le nuove eccezioni “in senso tecnico” dalle quali, cioè, deriva un mutamento degli elementi materiali del fatto costitutivo della pretesa ed il conseguente ampliamento del “thema decidendum ‘ ; conseguentemente, l’Amministrazione finanziaria può difendersi dall’impugnazione, da parte del contribuente, del silenzio-rifiuto su un’istanza di rimborso d’imposta eccependo, anche in appello, il mancato versamento degli importi richiesti o la loro utilizzazione in compensazione, poiché il rilievo integra una mera difesa o un’eccezione “in senso improprio”, ammissibile in quanto mera contestazione RAGIONE_SOCIALE censure avanzate col ricorso, non introduttiva di nuovi elementi d’indagine » (Cass., 28 aprile 2023, n., 11284).
1.6 Soccorre nello stesso senso anche il principio statuito da questa Corte secondo cui « Nel giudizio tributario è inammissibile la deduzione, nella memoria ex art. 32 del D.Lgs. n. 546 del 1992, di un nuovo motivo di illegittimità dell’avviso di accertamento, in quanto il contenzioso tributario ha un oggetto rigidamente delimitato dai motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo dedotti nel ricorso introduttivo, i quali costituiscono la “causa petendi” entro i cui confini si chiede l’annullamento dell’atto e la cui formulazione soggiace alla preclusione stabilita dall’art. 24, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992 » (Cass., 24 maggio 2021, n. 14165; Cass., 4 dicembre 2019, n. 31605; Cass., 24 luglio 2018, n. 19616).
1.7 Nella specie, dunque, la Commissione tributaria regionale non ha affatto ecceduto i confini della «causa petendi» delimitati dai motivi di impugnazione formulati dalla società contribuente nel ricorso introduttivo, né è stata alterata la sostanza dell’accertamento, rimanendo gli stessi i fatti sui quali lo stesso è stato fondato, né sono state avanzate pretese diverse, sul piano del fondamento giustificativo, da quelle recepite nell’atto impositivo.
Il secondo mezzo deduce la violazione del combinato disposto dagli artt. 20 e 21 nonies , comma 1 e comma 2 bis , della legge n. 241 del 1990 e dall’art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000, dell’art. 113 cod. proc. civ. e conseguente nullità della sentenza e del procedimento ai sensi dell’art. 360 primo comma, n. 4, cod. proc. civ..Il giudice della sentenza impugnata aveva inammissibilmente applicato l’art. 75 del d.P.R. n. 445/2000 ad ipotesi di provvedimento formatosi attraverso il silenzio assenso, non annullato nei 18 mesi successivi, senza che risultasse alcuna sentenza passata in giudicato che avesse accertato che le dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà fossero false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato e così facendo non aveva seguito, come prescriveva l’art. 113 cod. proc. civ., le norme di diritto, e non aveva rilevato che l’RAGIONE_SOCIALE poteva annullare il silenzio assenso
formatosi solo entro diciotto mesi dal suo formarsi, formazione realizzatasi con il decorso di 60 giorni dalla presentazione della dichiarazione trimestrale.
Il terzo mezzo deduce la falsa applicazione dell’art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000 e la violazione del combinato disposto dell’art. 71, comma 3, e dall’art. 75 del d. P.R. n. 445 del 2000, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. L’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non aveva mai svolto un controllo ex art. 71 del d.P.R. n. 445 del 2000 e, dunque, la fattispecie in esame, era estranea alla fattispecie astratta prevista dall’art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000. Inoltre, la società contribuente non aveva mai reso false dichiarazioni, ontologicamente necessarie ai fini dell’applicazione dell’art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000, né con riferimento al numero di serbatoi contenenti carburante destinato al rifornimento di autoveicoli non aventi titolo al beneficio, né avuto riguardo alla denuncia ex art. 25, comma 4, del TUA del decreto legislativo n. 504 del 1995.
Il quarto mezzo deduce la violazione dell’art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. La norma era chiara nel richiedere per la sua applicazione che il provvedimento venisse emanato sulla base della dichiarazione non veritiera. Il provvedimento in esame era costituito dal silenzio assenso formatosi con il decorso di 60 giorni dalla presentazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni trimestrali presentate negli anni dal 2012 al 2016 e detto silenzio assenso non si era affatto formato sulla base RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni ritenute non veritiere dall’RAGIONE_SOCIALE ma per l’inerzia dell’RAGIONE_SOCIALE e per il mero decorso del tempo stabilito dalla legge. Inoltre, l’art. 75 del D.P.R. n. 445 del 2000 non aveva natura sanzionatoria, mirando a tutelare il buon andamento e lo spedito svolgimento dell’attività amministrativa e, dunque, l’effetto decadenziale previsto trovava applicazione nel caso in cui la dichiarazione mendace fosse ex se suscettibile di arrecare un pregiudizio -quantomeno potenziale -al corretto svolgimento del
relativo procedimento amministrativo e che tra il beneficio conseguito dal dichiarante e l’attestazione non veritiera vi fosse un rapporto di stretta correlazione. In ultimo, appariva incostituzionale un’eventuale interpretazione dell’art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000 che prescindesse totalmente da qualsiasi valutazione dell’elemento soggettivo del dichiarante. A tal fine, la società ricorrente chiedeva la sospensione del giudizio in attesa che la Corte Costituzionale si pronunciasse sull’ordinanza n. 1346 del 17 settembre 2018 del TAR Puglia che aveva sollevato il problema della costituzionalità dell’art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000 per la violazione del principio «di proporzione, che è alla base della razionalità che, a sua volta, informa il principio di uguaglianza sostanziale ex art. 3 della Costituzione».
5. Il quinto mezzo deduce la violazione del l’art. 61, comma 4, del decreto legge n. 1 del 2012, dell’art. 25 TUA e dell’art. 3 del d.P.R. n. 277 del 2000, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, cod. proc. civ.. La normativa richiamata non contemplava, come ritenuto dal giudice della sentenza impugnata, che le contestazioni riscontrate dai verificatori fossero validi motivi di diniego/revoca/recupero dell’agevolazione. L’assenza di denuncia ex art. 25 TUA, così come l’assenza di autorizzazioni amministrative, non erano affatto stabilite come un requisito per l’ottenimento dell’agevolazione di cui all’art. 61, comma 4, del decreto legge n. 1 del 2012. Né l’erronea indicazione nel quadro B1 RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni trimestrali del numero dei serbatoi utilizzati era prevista come un ostacolo all’agevolazione, essendo invero stabilito dalla legge che in sede di controllo RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni l’RAGIONE_SOCIALE, in caso di riscontro di elementi o documenti mancanti, doveva invitare il dichiarante ad integrare gli elementi o documenti (commi 1 e 2 dell’art. 4 del d.P.R. n. 277 del 2000) e non che potesse procedere al disconoscimento del credito formatosi con il silenzio assenso.
Il secondo, terzo, quarto e quinto motivo, che vanno trattati unitariamente in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati.
6.1 Le censure sono inammissibili nella parte in cui non si confrontano con il provvedimento impugnato, laddove i
la disciplina applicabile al caso in esame (artt. 3 e 4 del d.P.R. n. 277 del 2000) e hanno messo in evidenza che la Guardia di Finanza, a fronte della indicazione da parte della società ricorrente, nel quadro B, di un solo distributore collegato con serbatoio avente capacità inferiore o pari a 10 metri cubi ubicato presso la sede aziendale, aveva accertato che erano in funzione tre serbatoi per lo stoccaggio di gasolio per autotrazione della capacità di 9 metri cubi cadauno e che si trattava di una situazione risalente di certo all’anno 2012 (tenuto conto RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni della parte, della corrispondenza con il RAGIONE_SOCIALE intrattenuta nel 2011 e dei DAS rilevati in contabilità che attestavano scarichi di carburante quasi sempre eccedenti i 9 metri cubi); che la società appellante aveva utilizzato in compensazione crediti inesistenti, in quanto considerati in misura eccedente rispetto al maturato e crediti non spettanti, in quanto impiegati prima del decorso del termine per la formazione del silenzio assenso; in tal modo dando rilievo all’assenza dei requisiti previsti al fine di ottenere la riduzione dell’imposte, piuttosto che alla falsità della dichiarazione della società ricorrente; i giudici di secondo grado, poi, con un accertamento in fatto non censurabile in sede di legittimità, hanno posto in evidenza, alle pagine 11 e 12 della sentenza impugnata, che, nel caso di specie, si era pervenuti alla decadenza dal beneficio su consumi di gasolio prelevato da impianto di distribuzione per uso privato, in quanto la società appellante, quale esercente di apparecchi di distribuzione automatica di carburanti per usi privati di 10 metri cubi, non aveva mai adempiuto agli obblighi tributari connessi.
6.2 Le censure sono, inoltre, infondate, nella parte in cui affermano che il provvedimento in esame era costituito dal silenzio assenso formatosi con il decorso di 60 giorni dalla presentazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni trimestrali presentate negli anni dal 2012 al 2016 e che detto silenzio assenso non si era affatto formato sulla base RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni ritenute non veritiere dall’RAGIONE_SOCIALE, ma per l’inerzia dell’RAGIONE_SOCIALE e per il mero decorso del tempo stabilito dalla legge.
6.3 In proposito, infatti, deve richiamarsi l’orientamento di q uesta Corte secondo cui « la permanenza del potere di controllo da parte dell’Amministrazione – oltre a rispondere ad un principio generale in tema di autocertificazioni: v. art. 71 d.P.R. n. 445 del 2000 – si giustifica in relazione alla finalità di consentire il riconoscimento di un beneficio fiscale solo in presenza dei presupposti e requisiti di legge, ponendosi una diversa soluzione in conflitto la stessa disciplina unionale (v. Corte di Giustizia, sentenza 2 giugno 2016, in C-418/14, COGNOME, che, nell’esaminare le condizioni di riconoscimento RAGIONE_SOCIALE esenzioni in materia di prodotti energetici in relazione alla Direttiva 2003/96/CE, ha precisato che «tanto l’impianto sistematico quanto la ratio della direttiva 2003/96 si basano sul principio secondo cui i prodotti energetici sono tassati in relazione al loro effettivo utilizzo»)« e che « L’improprietà linguistica dell’art. 4, comma 2, d.P.R. n. 277 del 2000 si coglie nella previsione che prefigura l’annullamento del silenzio-assenso, il quale – come pure rilevato dalla stessa RAGIONE_SOCIALE ricorrente – è un fatto giuridico e non un atto, sicché, di per sé, non può essere oggetto di annullamento. Tale locuzione, allora, non può essere intesa come sdoppiamento di un potere di annullamento distinto dal potere di accertamento impositivo, tenuto conto che – in assenza di un formale atto viziato emesso dall’Amministrazione – manca lo stesso oggetto dell’annullamento ed il «provvedimento motivato» di annullamento deve coincidere con lo stesso “avviso di accertamento” con il quale l’Amministrazione è legittimata a procedere al recupero del
credito d’imposta indebitamente compensato o rimborsato (v. Cass. n. 30220 del 22/11/2018) » (Cass., 3 marzo 2020, n. 5812, in motivazione).
6.4 Così è stato precisato che « In tema di rimborso RAGIONE_SOCIALE accise su gasolio per autotrazione, l’avviso di pagamento è atto accertativoimpositivo del tributo idoneo alla revoca del silenzio assenso maturato, per effetto del decorso di 60 giorni, di cui all’art. 14 del d.lgs n.504 del 1995, dalla ricezione da parte dell’Amministrazione finanziaria dell’istanza di rimborso presentata dal contribuente, il quale non può utilmente invocare un affidamento tutelabile in ragione del mero decorso del termine, in quanto esso non esaurisce, né impedisce, l’esercizio del potere di controllo ed impositivo della Amministrazione finanziaria, essendo egli stesso l’autore dell’istanza e, dunque, a conoscenza dell’assenza del presupposto qualificante per fruire dell’aliquota ridotta dell’accisa » (Cass., 13 luglio 2023, n. 20042) e che « In tema di agevolazioni fiscali (nella specie sul consumo di gasolio), a fronte della presentazione di una dichiarazione documentata contenente l’opzione per la compensazione in luogo del credito d’imposta, la mancata comunicazione, nel termine di 60 giorni, del provvedimento di diniego da parte dell’Amministrazione finanziaria determina l’implicito accoglimento dell’istanza ai sensi dell’art. 4, comma 2, del d.P.R. n. 277 del 2000, sicché il contribuente può utilizzare l’importo del credito spettante in compensazione ex art. 17 del d.lgs. n. 247 del 1997, fermo restando il potere impositivo e di controllo dell’RAGIONE_SOCIALE che può annullare il silenzio-assenso illegittimamente formatosi con provvedimento motivato coincidente con lo stesso avviso di accertamento con cui procede al recupero del credito d’imposta indebitamente compensato o rimborsato » (Cass., 10 settembre 2020, n. 18712; Cass., 8 ottobre 2019, n. 25095) ed ancora che « Ove il contribuente abbia effettuato la compensazione del credito di imposta in costanza di silenzio-assenso dell’Amministrazione, che lo
abbia tuttavia in seguito annullato perché formatosi in difetto dei requisiti di legge, è legittima l’applicazione della sanzione di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997, perché l’errata utilizzazione della compensazione in sede di liquidazione periodica comporta il mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste » (Cass., 22 novembre 2018, n. 30220).
6.5 In altri termini, come questa Corte ha già affermato, l’Amministrazione nel momento in cui « annulla» il silenzio-assenso (o, più correttamente, provvede sull’originaria istanza, valutando che non sussistono le condizioni per confermare, anche implicitamente, il riconoscimento positivo intervenuto per il decorso del tempo), adotta, contestualmente, il provvedimento impositivo per il recupero RAGIONE_SOCIALE somme che non potevano essere riconosciute e che, invece, sono state indebitamente compensate. In tale fase, tuttavia, il provvedimento ha necessariamente – sia pure a termini invertiti avendo il contribuente già fruito per l’intero dell’agevolazione richiesta, sicché l’atto assume la forma della ripresa di quanto indebitamente goduto, con irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni per l’inesistenza del credito – il medesimo contenuto e si concretizza nelle medesime decisioni che sarebbero state adottate originariamente » (Cass., 3 marzo 2020, n. 5812, in motivazione).
6.6 Per quanto esposto, le censure formulate non appaiono dirimenti ai fini della soluzione della questione in giudizio, in quanto al silenzio assenso (fatto giuridico) ha fatto seguito l’avviso di accertamento con il quale l’Amministrazione ha proceduto al recupero del credito d’imposta indebitamente compensato , così come previsto dall’art. 4 , comma 2, del d.P.R. n. 277 del 2000; i giudici di secondo grado, inoltre, conformemente ai principi esposti, hanno posto in evidenza che la dichiarazione doganale, nella parte in cui conteneva dati non veritieri in ordine al reale consumo di gasolio per l’attività di autotrasporto, comportava la decadenza dalla riduzione degli oneri gravanti sugli esercenti le attività di autotrasporto merci, con la conseguente indebita
utilizzazione in compensazione del credito di accise relativo agli anni 2012 – 2016. Ed invero, la questione, ben circoscritta dall’atto impositivo e richiamata dallo stesso giudice regionale, è che il contribuente, per compensare un debito, ha utilizzato un credito d’imposta (rispondente alla riduzione RAGIONE_SOCIALE accise sul gasolio da autotrasporto) mai maturato, in ragione dell’omesso adempimento agli obblighi dichiarativi prescritti dall’art. 3 del d.P.R. n. 277 del 2000 a pena di decadenza dal conseguimento del beneficio.
6.7 La sentenza impugnata ha, quindi, fatto corretta applicazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni normative previste ai fini della agevolazione di cui si tratta, così come interpretate dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui «In tema di accise la presentazione periodica della dichiarazione prescritta dall’art. 3 del d.P.R. n. 277 del 2000 costituisce condizione formale ed essenziale per il riconoscimento del beneficio previsto dall’art. 1 della medesima disciplina, così che, nel caso di omessa presentazione, la compensazione, eventualmente ed ugualmente operata dal contribuente, di un debito, anche non di natura fiscale o di altra pubblica amministrazione, con un presunto credito d’imposta non dichiarato, importa l’utilizzo di un beneficio mai maturato» (Cass., 20 settembre 2023, n. 26869) e che « La presentazione di una dichiarazione incompleta, ovvero mancante dei documenti e dei dati prescritti per ottenere il beneficio di cui all’art. 1, comma 1, D.P.R. n. 277 del 2000, impedisce il riconoscimento dell’agevolazione fiscale. Il diritto a detta agevolazione non può, invero, ritenersi sussistente prescindendo dall’adempimento degli oneri volti al suo conseguimento, giacché detti oneri non hanno una natura soltanto formale, ma sono finalizzati alla dimostrazione della pretesa del contribuente » (Cass., 8 ottobre 2019, n. 25096).
6.8 E’ stato anche affermato che « L’art. 3, comma 3, del d.P.R. n. 277 del 2000, nel prescrivere l’indicazione in fattura della targa dell’automezzo rifornito ai fini della fruizione del beneficio della
riduzione dell’imposta, non prevede espressamente la decadenza in caso di mancanza di tale indicazione, ma pone pur sempre uno specifico requisito formale (evidentemente non facoltativo, stando alla lettera della norma: “Nella dichiarazione sono riportati i seguenti ulteriori elementi: il numero di autoveicoli … in ordine ai quali compete il beneficio e, con riferimento ai dati RAGIONE_SOCIALE fatture di acquisto contenenti anche gli estremi della targa dell’autoveicolo rifornito, il numero totale dei litri di gasolio consumati per i quali si richiede il rimborso, nonché l’importo RAGIONE_SOCIALE stesso espresso in lire italiane ed in euro”), che il contribuente deve osservare se intende avvalersi del beneficio fiscale » (Cass., 28 febbraio 2023, n. 5994).
6.9 La disposizione agevolatrice invocata evidenzia, dunque, l’univoca volontà del legislatore di non consentire al contribuente, che non abbia osservato tutte le prescrizioni imposte, di godere dei benefici previsti dalla legge in relazione al carburante acquistato, venendo a mancare la certezza sull’identità del veicolo effettivamente rifornito e, dunque, l’effettiva riferibilità del costo all’attività d’impresa, e ciò a prescindere dalla contabilizzazione dell’operazione nelle scritture contabili, in qua nto l’adempimento imposto dalla norma, proprio perché di carattere eccezionale, non ammette equipollenti (Cass., 12 marzo 2020, n. 7072; Cass., 30 giugno 2021, n. 18575; Cass., 9 luglio 2019, n. 18361).
6.10 Ne deriva che anche se la denuncia ex art. 25 TUA e l’autorizzazione amministrazione non sono stabiliti come requisiti per ottenere l’agevolazione di cui all’art. 61, comma 4, del decreto legge n. 1 del 2012 e che, in mancanza di detti requisiti, il legislatore non ha previsto espressamente la decadenza dell’agevolazione richiesta, tuttavia, nella vicenda in esame, correttamente i giudici di secondo grado hanno rilevato che la società ricorrente non aveva osservato tutte le prescrizioni imposte al fine di godere dei benefici previsti dalla legge in relazione al carburante acquistato, essendo stato indicato un
solo distributore collegato con serbatoio avente capacità inferiore o pari a 10 metri cubi ubicato presso la sede aziendale, a fronte dell’esistenza di altri tre serbatoi, in funzione, per lo stoccaggio di gasolio per autotrazione della capacità di 9 metri cubi cadauno e che si trattava di una situazione risalente di certo all’anno 2012 , tenuto conto RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni della parte, della corrispondenza con il RAGIONE_SOCIALE intrattenuta nel 2011 e dei DAS rilevati in contabilità che attestavano scarichi di carburante quasi sempre eccedenti i 9 metri cubi.
6.11 Va, dunque, rilevato che, per quanto esposto, nessun rilievo assume nella vicenda in esame, la sentenza della Corte Costituzionale 7 ottobre 2021, n. 190, che ha dichiarato (ancora una volta) l’i nammissibilità del la questione di legittimità costituzionale dell’art. 75 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, con l’ordinanza del 30 genn aio 2020, che ha fatto seguito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 199 del 24 luglio 2019, che aveva ritenuto inammissibile, per insufficiente motivazione in ordine alla rilevanza, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 75 del d.P.R. n. n. 445 del 2000, nella parte in cui prevedeva, in caso di false dichiarazioni sostitutive di atto notorio o di certificazioni, la decadenza dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera, in riferimento all’art. 3 Cost., che era stata sollevata dal T.A.R. Puglia, sezione staccata di Lecce, con quattro ordinanze del 17 settembre, del 23 ottobre, del 25 ottobre e del 24 ottobre 2018 e tra queste anche l’ordinanza richiamata dalla società ricorrente, 17 settembre 2018, n. 1346.
7. Il sesto mezzo deduce l’e rronea e falsa applicazione dell’art. 2727 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. Dal fatto certo che nel 2017 esistessero fisicamente 3 serbatoi (tra
l’altro 1 privo di carburante) poteva presumersi al massimo che nello stesso anno di cui al fatto certo (2017) essi ( rectius : due di essi) potevano essere stati anche in uso (oltre che esistere fisicamente) ma non poteva poi ancora presumersi, sulla base di tale uso presunto nel 2017, anche l’uso negli anni precedenti al 2017 in quanto ciò rappresentava un praesumptum de praesumpto vietata dall’art. 2927 cod. civ.
8. Il settimo mezzo deduce la falsa applicazione dell’art. 2729 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. Il giudice della sentenza impugnata aveva fondato la presunzione su fatti indiziari privi di gravità, di precisione e di concordanza ai fini della inferenza da essi della conseguenza ignota, così sussumendo sotto la norma dell’art. 2729 cod. civ., fatti privi di quelle caratteristiche e, quindi, incorrendo in una sua falsa applicazione, giacché il giudice aveva dichiarato di applicarla assumendola esattamente nel suo contenuto astratto, ma lo aveva fatto con riguardo ad una fattispecie concreta che non si prestava ad essere ricondotta sotto tale contenuto, cioè sotto la specie della gravità, precisione e concordanza («1. la presenza della corrispondenza del 2011 intercorsa tra la contribuente ed il RAGIONE_SOCIALE (che indica la presenza di un solo serbatoio) è indice dell’inesistenza nel 2011, e non dell’esistenza, di un numero di serbatoi superiore ad 1; 2. la circostanza che il carico medio attestato dai DAS relativi agli anni 2012-2016 sia stato talvolta di circa 10.000 lt, e quindi eccedente i 9.000 lt di cui al serbatoio dichiarato, è circostanza che non supera la prova di resistenza consistente nel fatto che l’odierna ricorrente, onde ottimizzare la gestione del proprio magazzino carburante e dei costi di trasporto dei carichi RAGIONE_SOCIALE stesso, in sede di approvvigionamento provvedeva banalmente a ricaricare di carburante l’intero proprio parco automezzi ed a conservare solo l’eccedenza nel serbatoio avente capacità di 9.000 metri cubi; 3. il fatto certo rappresentato dal fatto che il serbatoio avente matricola 2009455 fosse privo di carburante al momento del controllo dell’RAGIONE_SOCIALE induce a ritenere che il serbatoio non fosse in uso nello stesso 2017 e non che fosse in uso negli anni precedenti; 4. la circostanza che la conta litri relativa al serbatoio avente matricola 2009-455 misurasse un parziale di lt 506 ed un totale di lt 866702 è
una circostanza neutra rispetto all’utilizzo o meno della stessa negli anni dal 2012 al 2016 in quanto ciò trova ovvia spiegazione nella circostanza che la conta litri sia stata utilizzata da terzi prima dell’installazione presso l’odierna ricorrente, installazione avvenuta nel 2016 sulla base di un contratto di comodato depositato agli atti la cui incertezza della data rilevata d’ufficio dal primo giudice è irrilevante rispetto al fine di provare che il bene dato in comodato sia stato precedentemente utili zzato da terzi (non essendo stata tra l’altro contestata la scrittura prodotta); 5. resta comunque certo e provato che il serbatoio matricola 2009-455 era in comodato d’uso alla data della verifica (2017) e quindi è ragionevole indurre da ciò che il serbatoio era in comodato d’uso anche prima della data della verifica e che quindi si trattasse di un serbatoio di proprietà di terzi che ben hanno potuto utilizzarlo prima dell’inizio del comodato d’uso all’odierna ricorrente; 6. la circostanza che in sede di verifica è stato rilevato che il totale misurato dalla conta litri collegata con il serbatoio avente matricola 2009-350 misurasse un totale litri pari ai 8245 induce a ritenere che il suo utilizzo debba essere iniziato in epoca prossima alla data della verifica del 2017 e non certo a partire dal 2012») .
Il sesto e settimo motivo sono inammissibili.
9.1 Ed invero, in sede di legittimità è possibile censurare la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. solo allorché ricorra il cd. vizio di sussunzione, ovvero quando il giudice di merito, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli indizi raccolti, li ritenga, però, inidonei a fornire la prova presuntiva oppure qualora, pur avendoli considerati non gravi, non precisi e non concordanti, li reputi, tuttavia, sufficienti a dimostrare il fatto controverso (Cass., 13 febbraio 2020, n. 3541), evenienza che, nel caso in esame, non è stata dedotta dalla società ricorrente.
9.2 Inoltre, la valutazione RAGIONE_SOCIALE prove raccolte, anche se si tratta di presunzioni, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito (Cass., 19 luglio 2021, n. 20553) e il giudizio di merito non può essere ulteriormente revisionato in sede di legittimità, tenuto conto del principio di diritto secondo cui: « Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno
difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione » (Cass., 26 ottobre 2021, n. 30042).
10. L’ottavo mezzo , che deduce la falsa applicazione dell’art. 25 del TUA, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, cod. proc. civ. , in quanto il giudice aveva erroneamente sussunto nell’ipotesi di cui alla lettera c) del primo comma dell’art. 25 TUA la diversa concreta circostanza del mero possesso (tra l’altro presunto per gli anni dal 2012 al 2016) di serbatoi la cui capacità supera i 10 metri cubi, deve ritenersi assorbito, in ragione della ritenuta infondatezza del quinto motivo.
11. Per quanto esposto, il ricorso va rigettato e la società ricorrente va condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali, sostenute dalla società controricorrente e liquidate come in dispositivo, nonché al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento, in favore dell ‘RAGIONE_SOCIALE c ontroricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 30.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis , RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2023.