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Credito di imposta ricerca: i requisiti del partner

La Corte di Cassazione ha chiarito le condizioni per ottenere l’aliquota maggiorata del credito di imposta ricerca. La sentenza analizza la natura giuridica dell’ente di ricerca partner, che deve rispettare i rigidi criteri europei sugli aiuti di Stato. La Corte ha inoltre confermato la validità della motivazione “per relationem” dell’atto di recupero, specificando che il “nulla osta” ha solo valore di copertura finanziaria e non sostanziale.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Credito di Imposta Ricerca: la Cassazione sui Requisiti degli Enti Partner

Il credito di imposta ricerca e sviluppo è uno strumento fondamentale per le imprese che investono in innovazione. Tuttavia, per beneficiare delle aliquote maggiorate, è cruciale prestare attenzione alla natura giuridica dei partner scientifici. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti essenziali su questo punto, analizzando anche la validità degli atti di recupero del Fisco e il valore del cosiddetto “nulla osta”.

I Fatti di Causa

Una società operante nel settore manifatturiero aveva usufruito del credito di imposta ricerca per gli anni 2007, 2008 e 2009, in relazione ai costi sostenuti per un contratto con un Parco Scientifico e Tecnologico. L’azienda aveva applicato l’aliquota maggiorata del 40%, prevista per i contratti stipulati con “università ed enti pubblici di ricerca”.

Successivamente, l’Agenzia delle Entrate notificava un atto di recupero, riducendo l’agevolazione all’aliquota base del 10%. La motivazione del Fisco si basava sul fatto che il Parco Scientifico, pur essendo una società consortile partecipata da università, non poteva essere qualificato come “organismo di diritto pubblico” secondo la stringente definizione prevista dalla normativa comunitaria sugli aiuti di Stato.

La Decisione della Commissione Tributaria Regionale

In secondo grado, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva dato ragione all’azienda. I giudici di appello avevano ritenuto illegittimo l’atto di recupero per due ragioni principali:

1. Difetto di motivazione: L’atto non conteneva una motivazione esauriente.
2. Contraddittorietà: L’atto era in contrasto con un precedente “nulla osta” che la stessa Agenzia aveva rilasciato all’impresa.

La CTR, inoltre, aveva ritenuto che l’attività oggetto del contratto fosse specifica attività di ricerca e non una semplice commessa interna.

Le Motivazioni della Cassazione sul credito di imposta ricerca

L’Agenzia delle Entrate ha impugnato la decisione della CTR dinanzi alla Corte di Cassazione, che ha accolto il ricorso, cassando la sentenza di secondo grado. Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su due pilastri.

Sulla Natura dell’Organismo di Ricerca per il Credito di Imposta Maggiorato

La Cassazione ha stabilito che la CTR ha errato nel non verificare in modo approfondito la natura del Parco Scientifico. Per ottenere l’aliquota del 40%, non è sufficiente che l’ente partner sia una generica società a partecipazione universitaria. È necessario, invece, che esso rispetti i criteri stabiliti dalla Comunicazione della Commissione Europea (2006/C 323/01) per essere definito “organismo di ricerca”. Tali criteri sono:

* Avere come scopo unico o principale l’attività di ricerca.
* Reinvestire integralmente i propri utili nelle attività di ricerca, nella diffusione dei risultati o nell’insegnamento.
* Non consentire alle imprese che ne sono socie (o membri) di avere un accesso preferenziale ai risultati della ricerca.

La CTR, secondo la Corte, non ha condotto questa analisi, limitandosi a constatare la partecipazione universitaria. Era invece onere del contribuente dimostrare la sussistenza di tali requisiti per beneficiare dell’agevolazione maggiorata.

Sulla Motivazione dell’Atto di Recupero e il Valore del “Nulla Osta”

La Corte ha ritenuto fondato anche il secondo motivo di ricorso dell’Agenzia. In primo luogo, ha ribadito il principio consolidato secondo cui un atto impositivo può essere motivato per relationem, ossia facendo riferimento a un altro atto già noto al contribuente. Nel caso di specie, l’atto di recupero richiamava un precedente processo verbale di constatazione (p.v.c.) notificato all’azienda, e ciò era sufficiente a soddisfare l’obbligo di motivazione.

In secondo luogo, la Cassazione ha smontato l’argomento della contraddittorietà basato sul “nulla osta”. La Corte ha spiegato che, nel sistema normativo applicabile, il nulla osta aveva un’esclusiva valenza ai fini della copertura finanziaria. Si trattava di un atto procedurale, necessario a monitorare la spesa pubblica, che non implicava alcuna valutazione di merito sulla spettanza sostanziale del credito. Pertanto, tale atto non poteva generare alcun legittimo affidamento nel contribuente riguardo alla correttezza del beneficio fiscale usufruito.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Corte di Cassazione offre due importanti lezioni per le imprese. Primo, per accedere alle agevolazioni fiscali maggiorate in materia di credito di imposta ricerca, è indispensabile una rigorosa due diligence sui partner scientifici, verificando che essi rispettino non solo formalmente, ma anche sostanzialmente, i requisiti europei di “organismo di ricerca”. Secondo, gli atti procedurali emessi dall’amministrazione finanziaria, come i nulla osta per la copertura finanziaria, non devono essere interpretati come una validazione definitiva del diritto al beneficio, che rimane soggetto a successivi controlli di merito.

Quando un’impresa ha diritto all’aumento del credito d’imposta per ricerca e sviluppo?
L’impresa ha diritto all’aliquota maggiorata (dal 10% al 40%) quando il contratto di ricerca è stipulato con università o con un “organismo di ricerca” che soddisfi i rigidi criteri della normativa comunitaria. Tali criteri includono lo scopo non lucrativo, il reinvestimento totale degli utili in attività di ricerca e l’assenza di accesso preferenziale ai risultati per i soci.

Un atto di recupero dell’Agenzia delle Entrate può essere motivato facendo riferimento a un precedente verbale di constatazione (p.v.c.)?
Sì. Secondo la Corte, la motivazione è valida se l’atto di recupero si riferisce alle conclusioni contenute in un processo verbale di constatazione (p.v.c.) che è stato precedentemente notificato al contribuente. Questa prassi, nota come motivazione per relationem, è considerata legittima perché non pregiudica il diritto di difesa del contribuente.

Il “nulla osta” ricevuto dall’Agenzia delle Entrate garantisce la spettanza del credito d’imposta?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che, nel contesto della normativa analizzata, il cosiddetto “nulla osta” aveva l’esclusiva finalità di confermare la disponibilità della copertura finanziaria per l’agevolazione. Non costituiva una valutazione di merito né una garanzia sulla spettanza sostanziale del credito, che può essere comunque oggetto di controllo e recupero da parte dell’amministrazione finanziaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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