Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32328 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32328 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
Atto di recupero credito di impostamotivazione per relationem
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21376/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura a margine del ricorso, elettivamente domiciliata in Roma al INDIRIZZO
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, n. 1675/2016 depositata in data 23 febbraio 2016, non notificata;
udita la relazione tenuta nell’adunanza camerale del 13 novembre 2024 dal consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di recupero del credito di imposta, emesso a seguito di p.v.c., l’Agenzia delle Entrate recuperava parzialmente nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE il credito di imposta per ricerca e sviluppo previsto dall’art. 1, commi 280 e ss., della legge n. 296 del 2006, di cui la società aveva usufruito per gli investimenti realizzati negli anni 2007, 2008 e 2009, in relazione ai costi sostenuti per un contratto con il Parco Scientifico e Tecnologico di Salerno e delle Aree interne della RAGIONE_SOCIALE volto al progetto per la realizzazione dell’investimento di ricerca e sviluppo nell’utilizzo di polietilene additivato per la realizzazione di film plastici destinati alla realizzazione di packaging .
La Commissione tributaria provinciale di Salerno rigettava il ricorso.
La Commissione tributaria regionale di Napoli, sezione staccata di Salerno, accoglieva l’appello della società contribuente. In particolare i giudici di appello ritenevano che i costi non concernessero commesse interne ma specifiche attività di ricerca e che l’Agenzia delle Entrate aveva emesso preventivo nulla osta mai revocato per il credito di imposta maturato; ciò premesso, circa la riduzione del credito il collegio riteneva che il provvedimento di recupero non conteneva alcuna motivazione esauriente e fosse contraddittorio con il precedente provvedimento, per cui era illegittimo in riferimento all’art. 7 della legge n. 212 del 2000.
L ‘Agenzia delle Entrate propone ricorso affidato a due motivi. La società resiste con controricorso.
Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 13 novembre 2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente Agenzia deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 280, della legge n. 296 del 2006 come modificato dall’art. 1, comma 66, della legge n. 244 del 2007.
In particolare, premesso che il recupero parziale fondava sulla natura del RAGIONE_SOCIALE, società consortile, e dunque soggetto di diritto privato e non ente pubblico per lo svolgimento dell’attività di ricerca, condizione al ricorrere della quale la legge prevede l’incremento del credito dal 10 al 40 per cento dell’investimento, evidenzia l’errore della CTR laddove ha ritenuto spettante l’agevolazione nella maggior misura, posto che la definizione di organismo di diritto pubblico, nella specie università ed enti pubblici di ricerca, che dà diritto all’innalzamento della misura del credito, deve essere coordinata con la nozione di soggetto pubblico che a livello comunitario viene intesa per la disciplina degli aiuti di stato, cui la normativa in questione fa espresso riferimento. La lett. d) del paragrafo 2.2. della Comunicazione della Commissione europea n. 2006/C 323/01 dispone che si deve intendere per organismo di diritto pubblico quello che ha come unico scopo l’attività di ricerca e i cui proventi vanno reinvestiti nella ricerca stessa, senza che eventuali imprese che possono esercitare una influenza nell’ente pubblico, quali azionisti o membri, possano accedere a tale ricerca né utilizzare i risultati ottenuti, circostanze non indagate dalla CTR.
1.1. In fatto occorre premettere che viene in rilievo il costo del contratto con il RAGIONE_SOCIALE, società, afferma la CTR, partecipata da Università di Salerno e Università del Sannio.
1.1. La legge n. 296 del 2006 (Legge Finanziaria 2007) , all’art. 1, commi da 280 a 283 (abrogati per il disposto del d.l. n. 83 del 2012, art. 23, comma 7, convertito con la l. n. 134 del 2012, e del numero
42 del relativo Allegato 1, ma applicabili ratione temporis alla fattispecie in esame), aveva attribuito alle imprese – a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2006 e fino alla chiusura del periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2009 – un credito d’imposta, fruibile in compensazione nel modello F24, pari al 10 per cento dei costi sostenuti per attività di ricerca e sviluppo precompetitivo, in conformità alla vigente disciplina comunitaria degli aiuti di Stato in materia, secondo le modalità dei commi da 281 a 285. La misura del 10 per cento era elevata al 40 per cento qualora i costi di ricerca e sviluppo siano riferiti a contratti stipulati «con università ed enti pubblici di ricerca».
La difesa erariale correttamente evidenzia che occorre fare riferimento anche alla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione (n. 2006/C 323/01) come suggerito peraltro dal richiamo effettuato dal medesimo comma 280 alla «conformità alla vigente disciplina comunitaria degli aiuti di Stato in materia», fermo che si debba trattare di università o enti pubblici di ricerca. La lettera d) del paragrafo 2.2 di detta disciplina considera organismo di ricerca un «soggetto senza scopo di lucro, quale università o un istituto di ricerca, indipendentemente dal suo status giuridico (costituito secondo il diritto privato o pubblico) o fonte di finanziamento, la cui finalità principale consiste nello svolgere attività di ricerca di base, di ricerca industriale o di sviluppo sperimentale e nel diffonderne i risultati, mediante l’insegnamento, la pubblicazione o il trasferimento di tecnologie; tutti gli utili sono interamente reinvestiti nelle attività di ricerca, nella diffusione dei loro risultati o nell’insegnamento; le imprese in grado di esercitare un’influenza su simile ente, ad esempio in qualità di azionisti o membri, non godono di alcun accesso preferenziale alle capacità di ricerca dell’ente medesimo
né ai risultati prodotti»; in tal senso anche la stessa Circ. 13 giugno 2008, n. 46/E a proposito di un ‘ università privata.
Da quanto sopra rappresentato emerge che ai fini dell’applicazione della maggiore aliquota occorre verificare (e dimostrare) che l’università o l’ente pubblico di ricerca con cui si intende stipulare un contratto abbia le caratteristiche sopra indicate, analisi non compiuta dalla CTR.
Col secondo motivo, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Agenzia deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 42 d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 7, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, censurando il ritenuto difetto di motivazione dell’atto di recupero, pur preceduto dalla notifica del p.v.c. redatto in contraddittorio e da esso richiamato, nonché l’assunta contraddittorietà con il nulla osta espresso dalla stessa Agenzia, avendo questa disconosciuto non il credito ma solo la sua misura.
2.1. Premesso che il riferimento in rubrica all’art. 7 della legge n. 546 del 1992 deve considerarsi frutto di un evidente errore materiale, in quanto nel corpo del motivo è dedotta la violazione dell’art. 7 della legge n. 212 del 2000, disposizione cui fa riferimento la CTR nel ritenere nullo l’atto di recu pero per difetto di motivazione, il motivo è ammissibile e fondato.
2.2. Il motivo è ammissibile, poichè, a differenza di quanto prospettato dalla controricorrente, esso, complessivamente considerato, non mira alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, bensì a far valere una precisa violazione di legge, relativa alla possibilità che l’obbligo di motivazione dell’atto sia assolto anche con il rinvio ad altri atti già portati a conoscenza del contribuente.
2.3. Il motivo è altresì fondato.
2.3.1. Quanto alla ritenuta contraddizione con il previo nulla osta, si deve osservare quanto segue.
Per l’agevolazione in parola la legge in origine non fissava alcun tetto globale alla erogazione dei crediti di imposta né prevedeva limiti di copertura del minor gettito fiscale derivante dalla relativa fruizione da parte dei contribuenti; conseguentemente, il singolo contribuente non era tenuto alla presentazione di alcuna istanza preventiva di ammissione al beneficio e poteva fruire del credito con la mera indicazione dello stesso nella dichiarazione dei redditi. Successivamente, con il d.l. 29/11/2008, n. 185, art. 29, convertito con la l. n. 2 del 2009 (c.d. decreto anticrisi, adottato nell’intento, enunciato nell’epigrafe, di fronteggiare l’eccezionale situazione di crisi internazionale , provvedendo, tra l’altro, a potenziare le misure fiscali e finanziarie occorrenti per garantire il rispetto degli obiettivi fissati dal programma di stabilità e crescita approvato in sede Europea ), il legislatore, nel primo comma, estese anche al credito di imposta di cui si tratta la disciplina sul monitoraggio dei crediti di imposta dettata dal d.l. 8/07/2002, n. 138, art. 5, commi 1 e 2, convertito con la l. n. 178 del 2002, e conseguentemente, nel comma 2, introdusse un tetto massimo al credito di imposta fruibile da parte delle imprese, definendo i relativi stanziamenti nel bilancio dello Stato. La procedura di selezione dei crediti, resasi quindi necessaria alla luce di tale sopravvenienza, era prevista nella seconda parte del comma 2 nonché nel comma 3 dell’art. 29. Con tali disposizioni si stabiliva che, a decorrere dall’anno 2009, per la fruizione del credito d’imposta le imprese dovessero inoltrare, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla data di attivazione della procedura di cui al comma 4, per via telematica all’Agenzia delle entrate un apposito formulario, valevole come prenotazione dell’accesso alla fruizione del credito d’imposta ; che poi i formulari venissero acquisiti ed evasi
dall’Agenzia delle entrate rispettandone rigorosamente l’ordine cronologico di arrivo; che l’Agenzia delle entrate provvedesse, in via telematica e con procedura automatizzata, a rispondere alle imprese che avevano presentato il formulario, comunicando alle stesse, ove si trattasse di attività già avviate prima del 29 novembre 2008, esclusivamente un nulla-osta, ai soli fini della copertura finanziaria e, ove invece si trattasse di attività avviate a partire dal 29 novembre 2008, la certificazione dell’avvenuta presentazione del formulario, l’accoglimento della relativa prenotazione nonché, nei successivi novanta giorni l’eventuale diniego, in ragione della capienza .
In tale sistema pertanto il cd. nulla osta aveva una esclusiva valenza ai fini della copertura finanziaria.
Ciò è del resto reso chiaro dalla previsione dell’art. 7 (rubricato Recupero del credito) del d.m. 28/03/2008 n. 76 (Regolamento concernente disposizioni per l’adempimento degli obblighi di comunicazione a carico delle imprese, per le modalità di accertamento e verifica delle spese per il credito d’imposta inerente le attività di ricerca e di sviluppo, di cui ai commi 280, 281 e 282 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296), che prevede che qualora venga accertato il mancato rispetto dei presupposti e delle condizioni previste per la fruizione del credito d’imposta, l’Agenzia delle entrate procede al recupero dell’importo indebitamente fruito, dei relativi interessi e delle sanzioni applicabili, secondo le disposizioni previste dall’articolo 1, commi da 421 a 423, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 .
2.3.2. Quanto al contenuto motivazionale dell’atto di recupero, occorre osservare quanto segue.
Questa Corte ha ripetutamente ritenuto che l’avviso di recupero del credito d’imposta indebitamente compensato, oltre ad avere una funzione informativa dell’insorgenza del debito tributario, costituisce
manifestazione della volontà impositiva da parte dello Stato al pari degli avvisi di accertamento o di liquidazione (Cass. 20/12/2013, n. 28543; Cass. 17/09/2014, n. 19561; Cass. 29/07/2015, n. 16006).
Ai fini che rilevano, l’art. 1 , comma 421, della legge n. 311 del 2004 (richiamato come visto dall’art. 7 del d.m. 76/2008) prevede espressamente che esso debba essere motivato.
Svolgendo l’atto di recupero una funzione analoga a quella propria dell’avviso di accertamento, appare del tutto logico estendere gli stessi principi validi per la motivazione di quest’ultimo.
Questa Corte ha già affermato che in tema di avviso di accertamento, l’onere di allegazione di cui all’art. 7 della legge n. 212 del 2000 è limitato ai documenti non conosciuti né ricevuti dal contribuente e costituenti il presupposto dell’atto impositivo al fine di evitare il pregiudizio del diritto di difesa di quest’ultimo (Cass. 10/07/2020, n. 14723), ossia atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza (Cass. 19/11/2019, n. 29968).
Costante orientamento di questa Corte evidenzia inoltre che in tema di avviso di accertamento la motivazione per relationem, con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio (Cass. 20/12/2018, n. 32957; Cass. 20/12/2017, n. 35060).
Pertanto deve ritenersi che anche in tema di motivazione dell’atto di recupero del credito di imposta l’onere di allegazione dei documenti sia limitato ai soli documenti non conosciuti dal contribuente e che
l’amministrazione possa richiamare le conclusioni contenute in un previo p.v.c. notificato al medesimo.
2.4. Alla luce di tali principi deve ritenersi quindi che la CTR abbia errato laddove ha ritenuto viziato per difetto di motivazione l’atto di recupero del credito di imposta: a) dando rilievo, al fine di una ritenuta contraddittorietà, al nulla osta valevole solo a fini finanziari; b) non valutando la preventiva notifica del p.v.c. di cui essa stessa, in motivazione, dava atto, esponendone anche il contenuto (spettanza del credito nella minor misura del 10 per cento), tanto da pronunciarsi anche sul merito del ricorso.
Concludendo il ricorso va accolto, in entrambi i motivi, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, sezione staccata di Salerno, in diversa composizione, cui è demandato di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, sezione staccata di Salerno, in diversa composizione, cui demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 13 novembre 2024.