Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7732 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 7732 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO è domiciliata ex lege ;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende, per procura in calce al ricorso, unitamente agli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME che ha indicato indirizzo p.e.c.
-controricorrente – avverso la sentenza n.615/1/2021 della Commissione tributaria regionale del Piemonte, depositata il 26 luglio 2021;
TRIBUTIAccertamento IRAP cuneo fiscale-IRES svalutazione crediti
udita la relazione svolta alla pubblica udienza del giorno 8 marzo 2024 dal AVV_NOTAIO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale, AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi per la ricorrente l’AVV_NOTAIO e per la controricorrente gli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME.
Fatti di causa
A seguito della risposta fornita dalla RAGIONE_SOCIALE al questionario inviatole dall ‘Ufficio questi le contestò, con avviso di accertamento, relativo a IRES e IRAP dell’anno di imposta 2013 :
l’indeducibilità della quota di ammortamento al fondo svalutazione crediti, nella parte in cui si era tenuto conto dei crediti ceduti pro solvendo;
l’illegittima deduzione del costo del lavoro dipendente dalla base imponibile dell’IRAP.
Il ricorso proposto dalla Società avverso l’atto impositivo venne accolto, nel merito, dall’adita Comissione tributaria provinciale.
La decisione, appellata dall ‘RAGIONE_SOCIALE e dalla Società sul capo relativo alle spese, è stata integralmente confermata, con la sentenza indicata in epigrafe, dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte.
In particolare, il Giudice di appello riteneva, in ordine alla svalutazione dei crediti ceduti pro solvendo, che non ne fosse certa la loro realizzazione e che la Società non avesse trasferito integralmente il rischio alla cessionaria. In ordine alla deducibilità del costo del lavoro ai fini Irap, la C.T.R. riteneva che il rapporto posto in essere tra la Società e le pubbliche amministrazioni fosse inquadrabile nel contratto di appalto onde ben potesse dedurre il costo del lavoro dalla base imponibile IRAP .
Avverso la sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione, articolando due motivi.
Resiste la Società con controricorso ulteriormente illustrato con il deposito successivo di memoria.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso l’RAGIONE_SOCIALE deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num.3 cod. proc. civ., la violazione degli artt.101 e 106 del TUIR laddove la C.T.R. aveva affermato che la quota di ammortamento sul fondo svalutazione crediti relativi a crediti ceduti pro solvendo potesse essere legittimamente dedotta non essendo certa la loro realizzazione né avendo la società cedente trasferito definitivamente il relativo rischio alla cessionaria. Secondo la prospettazione difensiva solo il cessionario avrebbe dedurre i crediti.
1.1 La censura è infondata. Invero, come questa Corte ha gi à chiarito :« In tema di determinazione del reddito d’impresa, la deduzione degli accantonamenti iscritti nel fondo rischi su crediti, prevista dall’art. 71 (art. 106 secondo la numerazione introdotta dal d.lgs. 30 dicembre 1993, n. 344) del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, si applica ai crediti ceduti “pro solvendo” se, e nella misura in cui, essi, nonostante la cessione, determinino una situazione di rischio per il cedente.» (Cass. 30/06/2011, n. 14337, 14338 e 14339).
Ed è stato ulteriormente precisato che « in tema di imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito d’impresa, gli accantonamenti iscritti nel fondo di copertura di rischi su crediti sono deducibili, ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 71, anche nell’ipotesi in cui il credito sia stato oggetto di cessione “pro solvendo”, come accade nello sconto bancario di titoli rappresentativi di crediti: se è vero, infatti, che in tal caso il cedente non è pi ù titolare del credito, è altrettanto vero, per ò , che il trasferimento dello stesso in favore del cessionario è risolutivamente condizionato all’inadempimento del
debitore ceduto, il quale comporta la retrocessione del credito nessun rilievo, in proposito, assume il carattere solo eventuale della retrocessione, bastando il relativo rischio a dar rilevanza al momento economico dell’operazione, in ossequio alla “ratio” dell’alt. 71 cit., che esclude la deducibilit à per i soli crediti coperti da garanzia assicurativa, in quanto assicurati contro il rischio dell’insolvenza, e non anche per quelli per i quali tale rischio rimane a carico esclusivo del cedente (Cass., 23 ottobre 2006, n. 22785).» (Cass. 12-08-2021, n. 22763, in motivazione).
Pertanto non è fondata la censura della ricorrente nella parte in cui si fonda sulla constatazione che il credito ceduto, anche se pro solvendo, non è pi ù un credito del cedente. N é è fondata la stessa censura, nella parte in cui assume la violazione dell’onere probatorio gravante sulla contribuente, poich é che la C.T.R. non avrebbe valutato se la contribuente avesse dato o meno la prova del rischio di inadempimento del credito in questione
Infatti, come gi à rilevato, « In tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 2697 c.c. si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione RAGIONE_SOCIALE fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni mentre, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunziare che il giudice, contraddicendo espressamente o implicitamente la regola posta da tale disposizione, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attivit à̀ consentita dall’art. 116 c.p.c.» (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 26769 del 23/10/2018).
Nel caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata rende invece conto di tale verifica, rilevando in fatto (con valutazione non sindacata in questa sede, n é sindacabile, atteso il limite della c.d. doppia conforme di cui all’art. 348 ter , quinto comma, cod. proc. civ.) che la realizzazione del credito non era certa e che il rischio non era stato trasferito definitivamente alla cessionaria.
Con il secondo motivo di ricorso, l’RAGIONE_SOCIALE denuncia, ai sensi dell’art.360, primo comma, num . 4 cod.proc.civ., la sentenza impugnata di difetto di motivazione e di motivazione apparente per non avere la C.T.R. esplicitato le ragioni per le quali, nel caso di specie, aveva, da un canto, qualificato il rapporto in essere tra la Società e gli enti pubblici come appalto e, d’altro , ritenuto che il corrispettivo non compensava i costi dei pubblici servizi. In sintesi, secondo la prospettazione difensiva, mancherebbe un contenuto decisorio fondato su una motivazione idonea a sostenerlo.
2.1 Il motivo è, all’evidenza , infondato come desumibile dalla mera lettura della sentenza impugnata. La C.T.R., infatti, ha esplicitato compiutamente il percorso logico giuridico che l’ha condotta alla sua decisione richiamando non solo i precedenti giurisprudenziali resi da questa Corte e dal Consiglio di Stato ma, soprattutto, il precedente reso tra le parti dalla stessa C.T.R. per una diversa annualità esplicitandone le ragioni di condivisione. In tal caso la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 29017 del 20/10/2021; id. n. 2861 del 31/01/2019) che la sentenza di merito può essere motivata mediante rinvio ad altro precedente dello stesso ufficio (nella specie, reso tra le stesse parti), in quanto il riferimento ai “precedenti conformi” contenuto nell’art. 118 disp. att. c.p.c. non deve intendersi limitato ai precedenti di legittimità, ma si estende anche a quelli di merito, ricercandosi per tale via il beneficio di schemi decisionali già compiuti per casi identici o per la risoluzione di identiche questioni, nell’ambito
di un più ampio disegno di riduzione dei tempi del processo civile; in tal caso, la motivazione del precedente costituisce parte integrante della decisione, sicché la parte che intenda impugnarla ha l’onere di compiere una precisa analisi anche RAGIONE_SOCIALE argomentazioni che vi sono inserite mediante l’operazione inclusiva del precedente, alla stregua dei requisiti di specificità propri di ciascun modello di gravame, previo esame preliminare della sovrapponibilità del caso richiamato alla fattispecie in discussione.
3.In conclusione, alla stregua RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, sono a carico della ricorrente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE alla refusione in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE spese liquidate in complessivi euro 10.000,00 (diecimila) per compensi, oltre euro 200 per esborsi, rimborso forfetario nella misura del 15% e accessori di legge.
Così deciso, in Roma, il giorno 8 marzo 2024.