Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19148 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19148 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 8162/2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso per cassazione.
PEC: EMAIL
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
PEC: EMAIL
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della CAMPANIA n. 4293/10/2020, depositata in data 28 settembre 2020, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso presentato dalla società RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto l’avviso di accertamento, relativo all’Iva 2012, con il qu ale veniva contestata l’emissione di fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti e, in particolare, le fatture di acquisto emesse dalle società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e U.G. RAGIONE_SOCIALE
I giudici di secondo grado hanno rilevato la tardività della costituzione in appello della società RAGIONE_SOCIALE e, nel merito, hanno rilevato che i giudici di primo grado non avevano tenuto in considerazione la circostanza che le società fornitrici erano dei meri soggetti interposti, coinvolti in un sistema di operazioni commerciali finalizzate ad una vasta e articolata frode architettata ai danni dell’Erario e che la circostanza che la società appellata avesse ricevuto la merce descritta nelle fatture non era oggetto di contestazione, discutendosi invece di operazioni soggettivamente inesistenti; a tal proposito, la società non aveva fornito la prova che la merce fosse stata consegnata mediante trasporto dalla sede delle società fornitrici o comune da luogo ad esse comunque riferibili; la società non aveva adottato un’adeguata diligenza nella scelta delle ditte fornitrici e non aveva dato un’adeguata prova della sua buona fede della società, operante nel settore da diversi anni, alla luce di consistenti acquisti effettuati dalla società appellata nei confronti delle società fornitrici
(tanto da raggiungere un volume d’affari di oltre dieci milioni di euro) e la RAGIONE_SOCIALE non aveva adoperato la dovuta diligenza ed accortezza non accorgendosi del fatto che le ditte fornitrici erano del tutto prive di adeguate strutture produttive e commerciali, non avevano presentato le dichiarazioni dei redditi ed Iva, non erano dotate di locali idonei per lo svolgimento dell’attività e di dipendenti e non avevano istituito alcuna contabilità, nonostante formalmente avessero effettuato acquisti milionari da altri paesi comunitari e nazionali; la società, peraltro, aveva ripetuto per diverse annualità tale genere di operazioni e aveva effettato acquisti da diverse ditte fornitrici; né la stessa poteva ricavarsi dal fatto che le fatture fossero state contabilizzate e i pagamenti realmente eseguiti; come rilevato anche dalla motivazione della sentenza della CTR di Napoli n. 10985 del 2018 (avente ad oggetto la indebita detrazione Iva per operazioni soggettivamente inesistenti fatturate dalla RAGIONE_SOCIALE il legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE aveva anche dichiarato con riferimento ai rapporti commerciali intercorsi con la società RAGIONE_SOCIALE di non essere in grado di dimostrare documentalmente l’esistenza di o rdinativi o di qualsiasi altra corrispondenza epistolare intercorsa con detto fornitore.
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a sette motivi, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
La società RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
In via preliminare occorre rilevare che la società ricorrente ha depositato la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, Sezione penale, n. 198/23, del 24 marzo 2023, divenuta irrevocabile in data 11 giugno 2023, giusta attestazione di cancelleria del 5 settembre 2023, che ha assolto NOME COGNOME rappresentante legale della società RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 530, cpv. c.p.p. dai reati a lui ascritti perché il fatto non costituisce reato (commessi il 29 settembre della del d.lgs. n. 74 del 2000, il giudicato della sentenza penale di assoluzione.
2012 e il 29 settembre 2013, data di presentazione dichiarazione), facendo valere, agli effetti del novello art. 21 bis 1.1 Siffatta prospettazione della memoria deve essere disattesa, in quanto, a prescindere da ogni considerazione circa la portata applicativa dell’art. 21 bis del d.l.gs. n. 74 del 2000 (introdotto dall’art. 1 del d.lgs. n. 87 del 2024 e poi recepito nell’art. 119 del T.U. della giustizia tributaria), la disposizione in esame è inapplicabile al caso di specie in quanto con la stessa si attribuisce efficacia di giudicato nel giudizio tributario alle sole sentenze penali irrevocabili di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso.
2. Passando all’esame dei motivi, il primo motivo deduce la violazione dell’art. 23 e dell’art. 54 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché dell’art. 24 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. La CTR non aveva tenuto conto della costituzione in giudizio della società contribuente, perché tardiva. Ma la disciplina del processo tributario e del codice di rito non impedivano la costituzione delle parti fino all’udienza orale di trattazione, fatte s alve le preclusioni eventualmente maturate. Le controdeduzioni di secondo grado della contribuente contenevano, tra l’altro, difese ed eccezioni già sollevate in primo grado ed accolte dal giudice di primo grado, per le quali, dunque, non poteva essere maturata alcuna preclusione. Sia pure tardiva, la costituzione della società appellata poteva servire per esercitare le mere difese o per proporre eccezioni rilevabili, anche d’ufficio, o, comunque, per riproporre eccezioni in senso stretto già dedotte con i motivi del ricorso e ques to al fine di resistere al gravame. L’atto di controdeduzioni della società contribuente conteneva argomentazioni non soggette a preclusioni o decadenze deducibili sino all’udienza di trattazione.
3. Il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 19 del d.P.R. n. 633 del 1972 e dell’art. 2697 c.c. e dei principi di riparto degli oneri probatori, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c .p.c. Nell’ambito delle operazioni soggettivamente fittizie, la CTR aveva ritenuto che l’acquirente, se voleva vedersi riconosciuto la detrazione Iva, aveva l’onere di probare la propria buona fede , così ribaltando sulla società contribuente l’onere di provare la propria buona fede e l’inconsapevolezza di parte cipare ad un meccanismo di frode fiscale.
4. Il terzo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 19 del d.P.R. n. 633 del 1972 e dell’art. 2697 c.c. e dei principi sul riparto degli oneri probatori, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c. La prova degli elementi di fatto della frode (natura di cartiera propria dei fornitori) secondo il Giudice regionale, consentiva di affermare, quale conseguenza automatica, che la RAGIONE_SOCIALE aveva tenuto un comportamento negligente, per non essersi resa conto dell’attivi tà fraudolenta perpetrata dai fornitori. In tal modo, la CTR non aveva verificato se l’Ufficio avesse effettivamente provato la mala fede dell’odierna ricorrente. La sentenza impugnata aveva ritenuto che vi fosse la prova degli elementi di fatto della frode e da questa prova aveva desunto in maniera automatica la negligenza della società ricorrente, la quale avrebbe dovuto accorgersi che le quattro società fornitrici erano cartiere. La sentenza, poi, rimproverava un comportamento negligente senza precisare quale canone di diligenza professionale era stato violato, in tal modo, mancando il parametro in base al quale si era potuta giudicare negligente la condotta della società contribuente.
5. Il quarto motivo deduce la violazione dell’art. 111, comma 6, Cost. e dell’art. 36, comma 2, n. 4, c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. La sentenza impugnata aveva escluso la buona fede della ricorrente dal momento che questa era stata poco diligente nella scelta delle imprese fornitrici. Questo giudizio, però, si basava su
assunti contraddittori e sulla valorizzazione di circostanze del tutto inconferenti suscettibili, comunque, di diverse interpretazioni, anche di segno opposto. Pertanto, la sentenza è illegittima perché fondata su motivazione apparente. Era illogico assumere che la malafede della società ricorrente era desumibile in re ipsa nella (presunta) prova della natura di cartiera propria dei fornitori. La CTR, nel dare rilievo all’importo degli acquisti effettuati dai quattro fornitori in esame, aveva valorizzato una circostanza suscettibile anche di una interpretazione di segno opposto a quello voluta dalla stessa CTR, nel senso che la società contribuente non avrebbe effettuato l’81% dei propri acquisti da fornitori corretti se fosse stata consapevolmente partecipe di una operazione fraudolenta. Il ragionamento della CTR era contraddittorio avendo assunto che la contribuente, nel periodo d’imposta accertato (2012) si sarebbe dovuto accorgere di una circostanza, secondo gli atti dello stesso Ufficio, poteva essere provata a far data dal 2014 e il cui accertamento era stato compiuto nel 2014. Anche il fatto che gli acquisti oggetto del recupero fossero stati effettuati da una pluralità di fornitori era anch’essa una circostanza suscettibile di interpretazioni soggettive di segno diverso, in quanto non era diligente anche colui che intratteneva tutti i rapporti con un solo fornitore senza accorgersi della sua reale natura di cartiera. Il giudizio della CTR sulla colpevole negligenza era inficiato da una motivazione solo apparente, in quanto gli elementi valorizzati non erano in grado di supportare, con il grado minimo di univocità richiesta, il giudizio sulla colpevole negligenza della società contribuente. Peraltro, tutte le 95 forniture si erano concluse con la puntuale consegna della merce.
6. Il quinto motivo deduce la violazione dell’art. 111, comma 6, Cost. e dell’art. 36, comma 2, n. 4, c.p.c. La sentenza impugnata aveva escluso la buona fede della società ricorrente dal momento che questa sarebbe stata poco diligente nella scelta delle imprese fornitrici. Si trattava di un giudizio inficiato da un grave deficit motivazionale, atteso
che la CTR aveva trascurato di valutare le numerose e specifiche circostanze di fatto, addotte dalla società contribuente a sostegno della propria buona fede, prima fra tutte la dimostrazione della congruità del prezzo di acquisto corrisposto ai quattro fornitori rispetto ai prezzi di mercato. La società contribuente aveva eccepito che l’Ufficio non aveva mai fornito alcuna prova del presunto «sottocosto» (acquisti compiuti a prezzi inferiori rispetto a quelli di mercato). La società, poi, aveva proceduto ad eseguire una ricostruzione sui prezzi dalla quale emergeva la congruità dei prezzi praticati, esibendo le fatture di acquisto emesse per prodotti similari da fornitori diversi da quelli in esame. La CTR aveva omesso di considerare che non vi era nessuna connivenza fra la società ricorrente e le società accertate dall’Ufficio. La società contribuente, poi, a veva sin dall’inizio dei rapporti commerciali, nel 2012, eseguito una visura camerale rilevando l’esistenza delle quattro società fornitrice. La CTR, d unque, aveva pretermesso argomenti di prova a favore della contribuente.
7. Il sesto motivo deduce la violazione dell’art. 2909 c.c. e dei principi in tema di giudicato esterno espresso dalle SS.UU. n. 13916/06 e della disciplina eurounitaria in materia Iva, nell’interpretazione data dalla Corte di Giustizia il 3 settembre 2009, caso C2/08, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. La CTR, nell’attribuire rilievo ad una sentenza pronunciata per una diversa annualità (2011) aveva violato il principio per cui l’estensione del giudicato tributario era possibile per i soli elementi della fattispecie di carattere permanente, nonché il principio UE per il quale la disciplina eurounitaria in materia di Iva era composta da norme imperative la cui applicazione non poteva essere ostacolata dal carattere vincolante del giudicato nazionale.
8. Il settimo motivo deduce la violazione dell’art. 19 del d.P.R. n. 633 del 1972 e dell’art. 2697 c.c. e dei principi sul riparto degli oneri probatori, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. La CTR aveva dato per scontato la natura di cartiera in capo alle fornitrici senza
verificare se l’Ufficio avesse assolto ai propri oneri probatori ed aveva falsamente applicato i principi sul riparto dell’onere della prova ritenendo che la sola esistenza del PVC, indipendentemente dalla significatività del suo contenuto, potesse concret are l’assolvimento degli oneri probatori a carico dell’amministrazione finanziaria, in particolare sulla natura di cartiere dei quattro fornitori.
L’esame delle esposte censure porta all’accoglimento del primo motivo, con assorbimento dei restanti motivi.
9.1 Ed invero, questa Corte, in merito alla questione controversa, ha, con consolidata giurisprudenza, chiarito che la tardività della costituzione in giudizio del resistente, disciplinata dall’art. 23 del d.lgs. n. 546 del 1992, richiamato, per il giudizio di appello, dall’art. 54, non comporta, sia in base alle norme indicate, sia alla stregua delle disposizioni contenute nel codice di procedura civile (alle quali rinvia l’art. 1 del d.lgs. n. 546 del 1992), alcun tipo di nullità, stante la mancata previsione di simile sanzione ed il principio di tassatività delle relative cause, ex art. 156 c.p.c., ma determina soltanto la decadenza dalla facoltà di chiedere o svolgere attività processuali eventualmente precluse (Cass., 16 gennaio 2019, n. 947; Cass., 15 marzo 2006, n. 5645; Cass., 5 novembre 2004, n. 21212).
9.2 La Corte ha pure affermato che nel processo tributario è ammissibile la costituzione dell’appellato in udienza, senza l’osservanza dei termini e dei modi indicati nell’art. 23 del d.lgs. n. 546 del 1992, atteso che la sanzione processuale dell’inammissibilità non è prevista dalla norma e la sua applicazione impedirebbe alla parte, in violazione dell’art. 24 Cost., di partecipare alla discussione orale della causa all’udienza e di esercitare il diritto fondamentale alla difesa, confutando le ragioni della controparte e la ricorrenza delle norme da questa invocate, facoltà esercitabile anche in appello ai sensi del l’art. 58 del d.lgs. n. 546 del 1992 ( Cass., 2 aprile 2015, n. 6734).
9.3 Dunque, qualora la parte appellata non si costituisce tempestivamente, nessuna altra conseguenza sfavorevole può derivarne, sicché deve escludersi qualsiasi sanzione di nullità per il solo fatto della tardiva costituzione della parte appellata, cui deve riconoscersi il diritto, garantito dall’art. 24 Cost., di difendersi confutando le ragioni della controparte appellante e di partecipare alla discussione orale della causa.
9.4 E tuttavia, nel caso di specie, i giudici di secondo grado hanno affermato, errando, che, stante la tardività della costituzione in appello della società RAGIONE_SOCIALE non avrebbero tenuto conto di detta costituzione, così non esaminando, come era necessario fare, le argomentazioni spiegate nel l’atto di controdeduzioni , ivi comprese quelle specificate alle pagine 25, 26 e 27 del ricorso per cassazione, debitamente trascritte nel rispetto del principio dell’autosufficienza , con cui si contestava, fra l’altro, l’inammissibilità dell’appello sotto diversi specifici profili e l’atto di appello n ella parte in cui aveva fatto riferimento ad elementi decisivi del giudizio con deduzioni difensive che erano state esposte nel ricorso introduttivo del giudizio ed erano state accolte dal giudice di primo grado.
Per le ragioni di cui sopra, va accolto il primo motivo, con assorbimento dei restanti motivi; la sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto, e la causa va rinviata alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di primo grado.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo e dichiara assorbiti i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di primo grado.
Così deciso in Roma, in data 14 maggio 2025.