Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12672 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12672 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9407/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata nello studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 5158/2016, depositata in data 10 ottobre 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7 marzo 2025 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
La società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, con tre differenti ricorsi, impugnava dinanzi la C.t.p. di Milano avviso di accertamento ai fini
Avv. Acc. IRES IRAP 2006
–
IRES -IRAP per il 2006 ed atti di contestazione sanzioni per il 2005 e il 2006. Con i suddetti atti l’Agenzia delle Entrate -direzione provinciale di Milano I -contestava alla ricorrente operazioni soggettivamente inesistenti, relative all’anno d’imposta 2005, per € 660.190,00, per l’anno d’imposta 2006, operazioni soggettivamente inesistenti per € 427.850,00 ed oggettivamente inesistenti per € 28.504,52, con conseguente disconoscimento dei componenti negativi dedotti per l’anno 2005 per € 660.190,00 e per l’anno 2006 per € 456.354,32; si costituiva anche l’Ufficio, che chiedeva la conferma del proprio operato.
La RAGIONE_SOCIALE di Milano, previa riunione, con sentenza n. 4929/35/2015, accoglieva integralmente i ricorsi della contribuente.
Contro tale sentenza proponeva appello l’Agenzia delle Entrate dinanzi la C.t.r. della Lombardia; si costituiva anche la contribuente, chiedendo la conferma della sentenza emessa in primo grado.
Con sentenza n. 5158/27/2016, depositata in data 10 ottobre 2016, la C.t.r. adita accoglieva il gravame dell’Ufficio.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Lombardia, la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi e l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 7 marzo 2025.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: « Ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. – violazione del principio del contraddittorio art. 101 cod. proc. civ. – violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost.» la contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha dichiarato inammissibile la costituzione della stessa in giudizio, nonostante la costituzione tardiva abbia come conseguenza solo la decadenza dal
proporre eccezioni processuali e di merito, così come l’impossibilità di chiamare in causa terzi, essendo esclusa invece qualsiasi sanzione di inammissibilità della costituzione.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: « Ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. – violazione del principio dell’onere della prova ex art. 2697 cod. civ., violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato art. 112 cod. proc. civ. – errata interpretazione e valutazione da parte del giudice di secondo grado delle prove documentali prodotte dalla ricorrente RAGIONE_SOCIALE in liquidazione» la contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha mancato di valutare tutto il compendio probatorio prodotto dalla stessa contribuente, incorrendo in un’omissione di pronuncia.
Il primo motivo di ricorso proposto è fondato.
2.1. Invero, il giudizio di appello innanzi alla C.t.r. è disciplinato dal Capo III, Sezione II, del d.lgs. n. 546/1992, articoli da 52 a 61. Avverso l’appello proposto dalla parte soccombente la parte vittoriosa in primo grado può costituirsi in giudizio proponendo, ai sensi dell’art. 54, comma 1, d.lgs. suddetto, apposito atto di controdeduzioni, il quale viene depositato presso la segreteria adita in tante copie quante sono le parti in giudizio corredato dagli eventuali allegati. Nello specifico, la norma prevede che: «…le parti diverse dall’appellante debbono costituirsi nei modi e nei termini di cui all’art. 23 depositando apposito atto di controdeduzioni».
Nell’atto di controdeduzioni e costituzione in giudizio l’appellato espone le proprie difese avverso i motivi dedotti dall’appellante.
La circostanza che il comma 1 dell’art. 54 del d.lgs. n. 546 del 1992 faccia riferimento alle modalità e termini di costituzione del resistente (art. 23), comporta che il termine ivi previsto (sessanta giorni dalla no- tifica dell’atto introduttivo) conservi la sua natura ordinatoria anche per le controdeduzioni. Ne consegue che parte resistente può costituirsi anche posteriormente ai sessanta giorni.
2.2. In caso di ritardo della costituzione della parte appellata non è prevista alcuna sanzione dalla disposizione richiamata, sicché la parte che non si costituisca in giudizio entro il sessantesimo giorno dalla conoscenza legale del ricorso, non incorrerà nella irricevibilità delle sue difese e delle sue produzioni. Rimane, comunque, applicabile anche per il giudizio di appello il disposto dell’art. 32 del d.lgs. 546/1992, che prevede una serie di termini entro i quali, a pena di decadenza, le parti possono produrre memorie, documenti o repliche alle deduzioni. Se, infatti, parte resistente per la sua costituzione è soggetta solo ad un termine ordinatorio, rimane tenuta al rispetto di tutti gli altri termini previsti, a pena di decadenza, per la proposizione delle deduzioni e produzioni e documentazione.
Riguardo il termine finale, infatti, entro il quale le controdeduzioni con allegata documentazione possono essere depositate, vale quanto stabilito dall’art. 32 del d.lgs. n. 546 del 1992, con le specifiche differenze riguardanti la trattazione dei ricorsi in pubblica udienza o in camera di consiglio. Pertanto, la parte resistente potrà costituirsi depositando documenti e controdeduzioni entro il ventesimo giorno precedente la trattazione, e soltanto controdeduzioni entro il decimo giorno precedente la trattazione, se trattasi di trattazione in camera di consiglio. In caso di trattazione in pubblica udienza, la parte potrà costituirsi non oltre la data fissata per l’udienza, la quale potrà essere richiesta anche da una sola parte, e fatte salve comunque le decadenze nel frattempo maturate.
2.3. Nel caso di specie, è lo stesso ricorrente ad evidenziare come la sua costituzione in appello si sia posta al di fuori dei termini processuali innanzi ricordati. Tuttavia, questa Corte ha chiarito che: «Nel processo tributario, la tardiva costituzione in giudizio della parte resistente non comporta alcuna nullità, stante il principio di tassatività delle relative cause, determinando soltanto la decadenza
dalla facoltà di chiedere e svolgere attività processuali eventualmente precluse» (Cass. n. 30388/2024 e Cass. n. 14638/2019).
E’ stato, altresì, precisato che: «Nel processo tributario, la violazione del termine previsto dall’art. 23 del d.lgs. n. 546 del 1992 per la costituzione in giudizio della parte resistente comporta esclusivamente la decadenza dalla facoltà di proporre eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio e di fare istanza per la chiamata di terzi, sicché permane il diritto dello stesso resistente di negare i fatti costitutivi dell’avversa pretesa, di contestare l’applicabilità delle norme di diritto invocate e di produrre documenti ai sensi degli artt. 24 e 32 del detto decreto» (Cass. n. 2585 del 2019). Il d.lgs. n. 546/1992, infatti, non prevede alcuna espressa sanzione processuale in caso di inosservanza del termine di sessanta giorni per la costituzione in giudizio della parte resistente, ma comporta la decadenza di facoltà processuali, nel senso che la parte, che si è costituita tardivamente, deve accettare il processo nello stato in cui si trova.
2.4. A parte le preclusioni cui fanno riferimento la summenzionata giurisprudenza, «nessuna altra conseguenza sfavorevole può derivarne al resistente, sicché deve escludersi qualsiasi sanzione di inammissibilità per il solo fatto della tardiva costituzione della parte resistente, cui deve riconoscersi il diritto, garantito dall’art. 24 della Costituzione, sia di difendersi, negando i fatti costitutivi della pretesa attrice o contestando l’applicabilità delle norme di diritto invocate dal ricorrente, sia di produrre documenti ai sensi degli artt. 24 e 32 del d.lgs. n. 546 del 1992, facoltà esercitabile anche in appello ai sensi dell’art. 58 del d.lgs. medesimo» (Cass. n. 2585/2019, Cass. n. 6734/2015 e Cass. n. 18962/2005).
Del resto, nel processo tributario, come sopra si è specificato, è altresì ammissibile la costituzione dell’appellato in udienza, senza l’osservanza dei termini e dei modi indicati nell’art. 23 del d.lgs. n.
546/1992, atteso che la sanzione processuale dell’inammissibilità non è prevista dalla norma e la sua applicazione impedirebbe alla parte, in violazione dell’art. 24 Cost., di partecipare alla discussione orale della causa e di esercitare il diritto fondamentale alla difesa, confutando le ragioni della controparte e la ricorrenza delle norme da questa invocate, facoltà esercitabile anche in appello ai sensi dell’art. 58 del d.lgs. n. 546/1992 (Cass. n. 6734/2015).
2.5. Ne consegue che la C.t.r. non si è attenuta ai suddetti principi, omettendo di valutare il contenuto delle controdeduzioni proposte dalla società contribuente e, quindi, di delibare sulle ragioni dalla stessa prospettate per contrastare le deduzioni difensive dell’appellante e il fondamento dell’azione.
L’accoglimento del primo motivo di ricorso determina l’assorbimento del secondo.
In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso e, assorbito il secondo motivo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio del giudizio innanzi al giudice a quo affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio innanzi alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 7 marzo 2025.