Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26321 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26321 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/10/2024
Oggetto: deduzione costo sponsorizzazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE – operazione insussistente conseguenze
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21073/2016 R.G. proposto da COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (PEC: EMAIL), con il quale è domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in forza di procura speciale in calce al ricorso
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, in persona del Direttore RAGIONE_SOCIALE pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, nei cui uffici domicilia in Roma, alla INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio -Roma, depositata il 16 febbraio 2016, n. 789/16;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 settembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DELLA CAUSA
COGNOME NOME riceveva, per l’anno di imposta 2008, la notifica dell’avviso di accertamento con il quale l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE recuperava a tassazione la somma di euro 6.000, quale costo dichiarato come sostenuto per la sponsorizzazione dell’RAGIONE_SOCIALE, essendo risultato -all’esito di una verifica fiscale condotta su tale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE , che aveva condotto all’emissione di un processo verbale di constatazione -che tale ente aveva stipulato contratti di sponsorizzazione al solo fine di consentire alle controparti, nei confronti RAGIONE_SOCIALE quali emetteva fatture per operazioni inesistenti, la deduzione dei costi e la detrazione dell’IVA.
Contro tale atto il contribuente proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale, deducendo: 1) il difetto di motivazione dell’atto impugnato e la violazione del suo diritto di difesa, per non essere stato allegato all’avviso di accertamento il processo verbale di constatazione, di cui l’atto impositivo non riproduceva neppure il contenuto essenziale ; 2) la nullità dell’atto impositivo, perché sottoscritto da soggetto non appartenente alla carriera direttiva e privo di delega; 3) l’effettiva es istenza dell’operazione di sponsorizzazione sottostante alla fattura emessa dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
La CTP rigettava il ricorso, con decisione contro la quale il contribuente proponeva appello.
La RAGIONE_SOCIALE rigettava l’appello.
Richiamando giurisprudenza di legittimità, riteneva, in particolare, che l’art. 7 della legge n. 212 del 2000, nei casi in cui la motivazione dell’atto impositivo richiam i un altro atto (nella specie, un processo verbale di constatazione redatto nei confronti di un soggetto terzo), impone, alternativamente, la relativa allegazione o la riproduzione del suo contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti del documento necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato e la cui indicazione consente
al contribuente di esercitare il proprio diritto di difesa. Ciò premesso, osservava -conformemente al giudizio espresso dalla CTP -che l’avviso di accertamento appariva adeguatamente motivato, avendo indicato gli elementi oggettivi alla base della pretesa tributaria, che avevano consentito di ritenere operazione inesistente quella sottesa al contratto di sponsorizzazione contestato, quali: l’indicazione nel contratto di prestazioni generiche a carico dell’RAGIONE_SOCIALE a fronte del contributo economico ricevuto e, dunque, la sproporzione nei corrispettivi pattuiti; l’omessa presentazione, da parte dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, della dichiarazione dei redditi e l’omesso versamento RAGIONE_SOCIALE relative imposte ; la presenza, negli estratti conto dell’RAGIONE_SOCIALE, di movimenti in uscita, nei giorni successivi, per importi tendenzialmente corrispondenti al versamento effettuato dal contribuente ricorrente.
Quanto al secondo motivo di ricorso, rilevava che l’ufficio aveva depositato in primo grado l’ordine di servizio da cui emergeva che il capo ufficio controlli che aveva sottoscritto l’avviso di accertamento era in possesso di delega idonea per la sottoscri zione dell’atto impositivo e che nessun effetto sulla validità dell’avviso di accertamento poteva conseguire dalla sentenza della Corte costituzionale n. 37 del 2015.
Infine, riteneva che le circostanze di fatto evidenziate in precedenza costituivano prova sufficiente a considerare inesistente l’operazione economica di sponsorizzazione indicata nella fattura contestata, non bastando a smentire tale conclusione la possib ilità che all’epoca potesse essere eseguito un pagamento in contanti per l’intero importo indicato in fattura.
Contro questa sentenza il contribuente propone ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi.
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 42, commi 1 e 3, del d.P.R. n. 600 del 1973.
Con il motivo in esame il ricorrente ripropone la censura relativa al difetto di valida delega in favore del funzionario che aveva sottoscritto l’atto impositivo.
Dalla lettura dell’ordine di servizio indicato dalla sentenza impugnata -che viene integralmente trascritto in ricorso -emergerebbe la mancata indicazione sia RAGIONE_SOCIALE ragioni della delega sia del termine di validità di essa sia, infine, del nominativo del soggetto delegato
Con il secondo motivo, sempre proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 42, commi 2 e 3, del d .P.R. n. 600 del 1973.
Secondo il contribuente, il processo verbale di constatazione, emesso nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e richiamato nella motivazione dell’avviso di accertamento, non era stato allegato a quest’ultimo e non ne era stato neppure riprodot to il contenuto, almeno nei punti necessari a consentire l’adeguato esercizio del diritto di difesa.
Con il terzo motivo, ancora una volta proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.
Secondo il contribuente, i giudici di entrambi i gradi di merito non avrebbero adeguatamente valutato le circostanze gravi, precise e concordanti evidenziate nei propri ricorsi in primo grado e in appello da parte del contribuente, quali: l’effettiva neces sità del Muratori di pubblicizzare la propria attività alberghiera; la convenienza dell’operazione in relazione all’ubicazione dell’albergo, situato nelle immediate vicinanze del campo sportivo utilizzato dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; la congruità del l’esborso di euro 6.000 rispetto al volume di affari prodotto dal contribuente; la legittimità del pagamento in contanti di tale somma rispetto alla normativa all’epoca vigente.
Il primo motivo di ricorso non è fondato, alla luce della giurisprudenza di legittimità ormai consolidatasi in materia.
La delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento ad un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente ex art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 ha natura di delega di firma – e non di funzioni – poiché realizza un mero decentramento burocratico senza rilevanza esterna, restando l’atto firmato dal delegato imputabile all’organo delegante, con la conseguenza che, nell’ambito dell’organizzazione interna dell’ufficio, l’attuazione di detta delega di firma può avvenire anche mediante ordini di servizio, senza necessità di indicazione nominativa, essendo sufficiente l’individuazione della qualifica rivestita dall’impiegato delegato, la quale consente la successiva verifica della corrispondenza tra sottoscrittore e destinatario della delega stessa (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 11013 del 19/04/2019, Rv. 653414-01; conforme Sez. 6-5, Ordinanza n. 28850 del 08/11/2019, Rv. 655599 -01). Neppure è richiesta la temporaneità della delega (Sez. 5, Sentenza n. 8814 del 29/03/2019, rv. 653352 -01; Sez. 5, Sentenza n. 11013 del 19/04/2019, rv. 653414-01; Sez. 6-5, Ordinanza n. 28850 del 08/11/2019, rv. 655599-01). Quanto, infine, alle ragioni RAGIONE_SOCIALE delega, contrariamente a quanto asserito in ricorso, dalla stessa trascrizione dell’ordine di servizio effettuata dal ricorrente emerge (pag. 22 del ricorso) come tali ragioni siano state esplicitate dal direttore provinciale firmatario dell’ atto.
Anche il secondo motivo è infondato.
Nel processo tributario, ai fini della validità dell’avviso di accertamento, non rilevano l’omessa allegazione di un documento o la mancata ostensione RAGIONE_SOCIALE stesso al contribuente se la motivazione, anche se resa per relationem , è comunque sufficiente, dovendosi distinguere il piano della motivazione dell’avviso di accertamento da quello della prova della pretesa impositiva e, corrispondentemente, l’atto a cui l’avviso si riferisce dal documento che costituisce mezzo
di prova (Sez. 5, Ordinanza n. 8016 del 25/03/2024, rv. 67085801).
La pronuncia da ultimo citata ha ribadito che l’obbligo legale di motivazione degli atti tributari può essere assolto per relationem , tramite il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione, però, che questi ultimi siano allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente (ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale) di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento – o, ancora, che gli atti richiamati siano già conosciuti dal contribuente per effetto di precedente notificazione (Cass. n. 6914 del 2011; Cass., n. 13110 del 2012; Cass. n. 4176 del 2019; Cass., n. 29968 del 2019; Cass. n. 593 del 2021; Cass. n. 33327 del 2023).
7.1. Questo orientamento, avente riscontro normativo nell’art. 42, comma 2, ultimo periodo, d.P.R. n. 600 del 1973, come modificato dall’art. 1, comma 1, lettera c), D.Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, secondo cui “Se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale”, trova ulteriore conferma nella novella di cui al d.lgs. 30 dicembre 2023, n. 219, che ha modificato l’art. 7 della legge n. 212 del 2000, stabilendo, al comma 1, che “Gli atti dell’amministrazione finanziaria, autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria, sono motivati, a pena di annullabilità, indicando specificamente i presupposti, i mezzi di prova e le ragioni giuridiche su cui si fonda la decisione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, che non è già stato
portato a conoscenza dell’interessato, lo stesso è allegato all’atto che lo richiama, salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale e la motivazione indica espressamente le ragioni per le quali i dati e gli elementi contenuti nell’atto ri chiamato si ritengono sussistenti e fondati”.
Questa interpretazione, secondo cui non è nullo l’accertamento la cui motivazione fa riferimento ad un altro atto ad esso non allegato, ma conoscibile agevolmente dal contribuente, realizza un adeguato bilanciamento tra le esigenze di economia dell’azione amministrativa (e quindi di buon andamento dell’amministrazione, ex art. 97 Cost.) -che giustificano l’ammissibilità, anche normativa, della motivazione per relationem (cfr. Cass. n. 1906 del 2008, in motivazione) – ed il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente (rilevante ex artt. 24 e 111 Cost.) nel giudizio di impugnazione dell’atto impositivo.
La CTR ha fatto buon governo di questi principi, ritenendo -con congrue argomentazioni -che l’avviso di accertamento fosse adeguatamente motivato, avendo indicato gli elementi oggettivi alla base della pretesa tributaria, che avevano consentito di ritenere operazione inesistente quella sottesa al contratto di sponsorizzazione contestato, quali l’indicazione nel contratto di prestazioni generiche a carico dell’RAGIONE_SOCIALE , a fronte del contributo economico ricevuto e dunque la sproporzione nei corrispettivi pattuiti, nonché l’omessa presentazione, da parte dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, della dichiarazione dei redditi e l’omesso versamento RAGIONE_SOCIALE relative imposte, oltre alla presenza, negli estratti conto dell’RAGIONE_SOCIALE, di movim enti in uscita, nei giorni successivi, per importi tendenzialmente corrispondenti al versamento effettuato dal contribuente ricorrente.
Il terzo motivo è inammissibile.
La violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura solo nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una asseritamente incongrua
valutazione RAGIONE_SOCIALE acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto, magari erroneamente, che la parte onerata avesse assolto tale onere, poiché in questo caso vi sarebbe, al più, un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità s olo per il vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. (Sez. L, Sentenza n. 17313 del 19/08/2020, rv. 658541-01) e nei ristretti limiti nei quali è oggi ammesso il controllo sulla motivazione della sentenza impugnata.
E, a tale ultimo proposito, è appena il caso di ricordare che non può pretendersi che la Corte di legittimità, esorbitando dai compiti che le sono propri, sovrapponga una diversa valutazione del medesimo compendio probatorio già esaminato dalla CTR: il momento dell’individuazione RAGIONE_SOCIALE informazioni probatorie che dal dato probatorio possono desumersi, infatti, è affare del giudice di merito, ed è per questo sottratto al giudizio di legittimità, a condizione, beninteso, che la sentenza impugnata -come in questo caso -abbia in proposito speso una motivazione eccedente la soglia del ‘minimo costituzionale’ (così, da ultimo, Cass. S.U. Sentenza n. 5792 del 05/03/2024, rv. 670391-01).
Nel caso di specie, prospettando una violazione e/o falsa applicazione di legge, si censura piuttosto la valutazione RAGIONE_SOCIALE prove non legali che – secondo un consolidato orientamento di legittimità è un tipico accertamento di fatto rimesso alla valutazione del giudice di merito e sottratto allo scrutinio di legittimità, eccetto che sotto il profilo del difetto di motivazione (Sez. 2, 17/05/2024, n.13792; Sez. 3, 15/05/2024, n. 13444), nella specie non ravvisabile.
Ne deriva l’inammissibilità del motivo con il quale in maniera inconferente rispetto al vizio di violazione e/o falsa applicazione di legge – ci si dolga del modo in cui il giudice di merito abbia compiuto le proprie valutazioni discrezionali, in ordine ai diversi significati in astratto ricavabili dai mezzi di prova acquisiti al giudizio e certamente valutati per l’assunzione della decisione.
11. Il ricorso va in definitiva rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
PQM
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, che si liquidano in euro 1.200, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso, in Roma, il 19 settembre 2024.