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Costi sponsorizzazione: deducibilità assoluta per ASD

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha stabilito un principio fondamentale riguardo i costi di sponsorizzazione sostenuti da un’impresa a favore di un’associazione sportiva dilettantistica (ASD). Il caso riguardava una società a cui l’Agenzia delle Entrate aveva contestato la deducibilità di tali costi, ritenendoli eccessivi e antieconomici. La Corte ha accolto il ricorso del contribuente, affermando che la legge prevede una presunzione legale assoluta di inerenza e deducibilità per queste spese, a condizione che rispettino determinati requisiti (soggetto beneficiario, scopo promozionale, attività svolta e limite di importo). Di conseguenza, l’Amministrazione finanziaria non può sindacare la congruità o l’economicità della scelta imprenditoriale, rendendo i costi pienamente deducibili.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Costi di sponsorizzazione: Deducibilità Assoluta per le ASD

I costi di sponsorizzazione rappresentano un importante strumento per le imprese che desiderano promuovere la propria immagine e i propri prodotti. Quando il beneficiario è un’associazione sportiva dilettantistica (ASD), la normativa fiscale prevede un regime di favore di notevole interesse. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con forza i contorni di questa agevolazione, chiarendo i limiti del potere di accertamento dell’Amministrazione Finanziaria e offrendo certezza agli operatori economici. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Una società di persone si vedeva notificare alcuni avvisi di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate contestava la deducibilità dei costi di sponsorizzazione erogati in favore di una ASD per l’anno d’imposta 2013. Secondo il Fisco, tali costi, pari a 47.500 euro, erano da considerarsi esagerati e antieconomici, in quanto sproporzionati rispetto al fatturato della società (quasi il 50%) e al totale dei componenti negativi (67%).

Inizialmente, la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della società. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale ribaltava la decisione, dando ragione all’Agenzia delle Entrate. I giudici d’appello sostenevano che l’impresa, pur avendo provato l’effettiva avvenuta sponsorizzazione, non aveva dimostrato l’aspettativa di un ritorno commerciale adeguato a fronte di un così elevato esborso economico. Contro questa sentenza, la società proponeva ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il motivo di ricorso principale del contribuente, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa a un nuovo esame. Il cuore della decisione si fonda sull’interpretazione dell’art. 90, comma 8, della Legge n. 289/2002. Questa norma qualifica come spese di pubblicità, e non di rappresentanza, i corrispettivi fino a 200.000 euro erogati a favore di società e associazioni sportive dilettantistiche.

Secondo la Corte, questa disposizione introduce una presunzione legale assoluta circa la natura e l’inerenza di tali spese. Ciò significa che, una volta rispettate le condizioni previste dalla legge, il Fisco non può contestare la deducibilità del costo basandosi su valutazioni di congruità, economicità o proporzionalità. La scelta imprenditoriale di investire in questo tipo di pubblicità non è sindacabile nel merito.

I requisiti per la piena deducibilità dei costi di sponsorizzazione

La presunzione assoluta di deducibilità opera a condizione che siano soddisfatti specifici requisiti:
1. Soggetto beneficiario: Deve trattarsi di una compagine sportiva dilettantistica.
2. Limite quantitativo: L’importo annuo complessivo non deve superare i 200.000 euro.
3. Scopo: La sponsorizzazione deve mirare a promuovere l’immagine o i prodotti dello sponsor.
4. Attività promozionale: Il soggetto sponsorizzato deve aver effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale.

Se queste condizioni sono rispettate, come nel caso di specie, il costo è integralmente deducibile.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale. Il legislatore, con la norma in esame, ha voluto creare una presunzione iuris et de iure (assoluta) sulla natura di spesa pubblicitaria, rendendo non sindacabile la scelta dell’imprenditore di promuovere il proprio marchio attraverso il settore sportivo dilettantistico.

Di conseguenza, è errata la tesi della Commissione Tributaria Regionale che aveva negato la deducibilità sulla base di un giudizio di “antieconomicità” e “sproporzione” della spesa. Tali valutazioni, afferma la Corte, sono inammissibili. Nel campo delle sponsorizzazioni, è intrinsecamente difficile, se non impossibile, predeterminare con certezza il ritorno economico di un investimento. L’obiettivo è aumentare i ricavi nel tempo, senza alcuna garanzia di successo immediato.

La presunzione legale assoluta di inerenza, sia qualitativa che quantitativa, esclude quindi qualsiasi contestazione sulla congruità del costo. L’Amministrazione finanziaria può verificare l’effettiva esistenza dell’operazione e il rispetto dei requisiti formali e sostanziali previsti dalla norma, ma non può sostituire la propria valutazione a quella dell’imprenditore circa l’opportunità economica della spesa.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio di grande rilevanza per le imprese che investono nello sport dilettantistico. Essa conferma che, entro il limite di 200.000 euro annui e nel rispetto delle condizioni di legge, i costi di sponsorizzazione verso le ASD sono pienamente deducibili senza che il Fisco possa metterne in discussione l’entità o l’utilità economica. Si tratta di una garanzia di certezza giuridica che incentiva il sostegno al mondo dello sport, riconoscendo il valore promozionale di tali iniziative e proteggendo le legittime scelte strategiche delle imprese.

I costi di sponsorizzazione a favore di associazioni sportive dilettantistiche sono sempre deducibili?
Sì, sono considerati spesa di pubblicità e quindi deducibili a condizione che il beneficiario sia una compagine sportiva dilettantistica, la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine o i prodotti dello sponsor, vi sia un’effettiva attività promozionale e l’importo annuo non superi i 200.000 euro.

L’Agenzia delle Entrate può contestare la deducibilità di un costo di sponsorizzazione perché lo ritiene “troppo alto” o “antieconomico”?
No. Se le condizioni previste dalla legge sono rispettate, l’ordinanza chiarisce che l’Amministrazione Finanziaria non può contestare la deducibilità sulla base di un giudizio di incongruità o antieconomicità. La scelta imprenditoriale non è sindacabile sotto questo profilo.

Cosa significa “presunzione assoluta di inerenza” in questo contesto?
Significa che la legge presume in modo definitivo, e senza possibilità di prova contraria, che la spesa di sponsorizzazione sia inerente all’attività d’impresa e quindi deducibile. Una volta verificati i presupposti di legge, il costo si considera automaticamente correlato all’attività economica dello sponsor.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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