Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5181 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5181 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29508/2015 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma alla INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE dello Stato,
AVVISO DI ACCERTAMENTO IRES IRAP
RIMBORSO
presso i cui uffici è elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO;
-controricorrente –
Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA – MILANO, n. 2198/2015, depositata in data 20/5/2015;
Udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta dal AVV_NOTAIO nella camera di consiglio del 21 dicembre 2023;
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE, notificò alla società RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi, anche ‘la società ricorrente’ o ‘la contribuente’ ), in data 20 giugno 2011, l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO relativo all’annualità 2002 e in data 28 ottobre 2011 l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO/NUMERO_DOCUMENTO relativo all’annualità 2003 , contenenti rispettivamente le riprese a tassazione Ires e Irap.
Sulla base di un processo verbale di constatazione , l’Ufficio contestò alla società odierna ricorrente l’indeducibilità di taluni costi da essa sostenuti in ragione RAGIONE_SOCIALE loro asserita riferibilità a operazioni soggettivamente inesistenti.
I detti costi erano stati sostenuti dalla società ricorrente in relazione a servizi che, benché alla stessa effettivamente resi, erano stati tuttavia ad essa fatturati dalla società estera RAGIONE_SOCIALE, risultata poi una società schermo priva di operatività e struttura. In realtà, secondo i verificatori, le cui conclusioni sono state incorporate negli avvisi di accertamento, i detti servizi sarebbero stati resi dalla società italiana RAGIONE_SOCIALE
Pertanto, l’ Ufficio accertò ai fini Ires una minore perdita di 9.786 euro, con riferimento all’anno 2002, e di 114.000 euro, con riferimento all’anno 2003 , irrogando le consequenziali sanzioni.
Contro gli avvisi di accertamento la società propose due distinti ricorsi alla C.T.P. di Milano che, previa riunione, li rigettò.
La RAGIONE_SOCIALE confermò la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza d’appello la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
Resiste l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
La società ha depositato memoria in vista dell’adunanza camerale.
Considerato che:
1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione, falsa applicazione degli artt. 43 del d.P.R. n. 600/1973 e 2 del d.lgs. n. 74/2000 , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’ , la società contribuente ha dedotto che aveva eccepito che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non poteva avvalersi del raddoppio del termine di accertamento fiscale previsto dall’art. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 per le violazioni che comportano l’obbligo di denuncia penale, in quanto nella fattispecie i presupposti legittimanti sarebbero stati del tutto assenti. In particolare, la trasmissione alla Procura RAGIONE_SOCIALE Repubblica RAGIONE_SOCIALE notitia criminis , effettuata in data 7/2/2011, sarebbe stata pretestuosa. La doglianza RAGIONE_SOCIALE contribuente ha ad oggetto la parte RAGIONE_SOCIALE sentenza d’appello in cui la C.T.R. ha affermato che l’illecito contestato alla società trovava il suo fondamento nell’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti , e quindi nel reato di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000. Secondo la contribuente, la notizia di reato sarebbe stata un mero espediente per far apparire legittimo l’esercizio del potere impositivo nel più lungo termine di accertamento previsto dall’art. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973.
Nel caso in esame non si sarebbe realizzata la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000.
Quest’ultima, sostiene la contribuente, non riguarderebbe l’esposizione di elementi passivi previa l’utilizzazione di fatture per prestazioni solo soggettivamente inesistenti.
Quand’anche si volesse sostenere che anche l’esposizione in dichiarazione di elementi passivi previa l’utilizzazione di fatture per prestazioni solo soggettivamente inesistenti avesse rilevanza penale, nel caso di specie, la trasmissione RAGIONE_SOCIALE notitia criminis all’organo requirente sarebbe avvenuta quando il reato era già prescritto, con la conseguente impossibilità di fruire del raddoppio dei termini per l’accertamento.
1.1. Il motivo è infondato.
Secondo la giurisprudenza consolidata RAGIONE_SOCIALE Sezione, il raddoppio dei termini di notificazione degli avvisi di accertamento di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, stabilito dal comma 3 dello stesso art. 43, vigente ratione temporis , scatta al compimento di una RAGIONE_SOCIALE violazioni astrattamente configuranti una RAGIONE_SOCIALE fattispecie incriminatrici previste dal d.lgs. n. 74 del 2000, a prescindere dalla verifica di tutti i suoi elementi costitutivi (cfr. Cass., sez. 5, n. 27250/2022; Cass., sez. 6-5, n. 9322/2017).
Inoltre, secondo la giurisprudenza penale, la configurabilità del reato di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000 si verifica anche quando alla base di dichiarazioni infedeli siano poste fatture per operazioni solo soggettivamente inesistenti (Cass. pen., sez. 3, n. 16576/2023).
2. Con il secondo motivo, rubricato ‘ Violazione, falsa applicazione dell’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3 c.p.c.’ , la società contribuente ha dedotto di avere sin dal primo grado eccepito l’illegittimità RAGIONE_SOCIALE riprese a tassazione ai fini Irap in ragione dell’intervenuta decadenza dell’Ufficio dal potere impositivo.
In particolare, la contribuente ha dedotto che nel nostro ordinamento non esistono norme incriminatrici relative all’Irap, con la conseguenza che con riferimento a tale imposta il raddoppio dei termini per l’accertamento non potrebbe mai operare.
2.1. Il motivo è fondato.
La giurisprudenza RAGIONE_SOCIALE sezione è consolidata nel senso di ritenere che ‘in tema di accertamento, il cd. raddoppio dei termini, previsto dall’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, non può trovare applicazione anche per l’Irap, poiché le violazioni RAGIONE_SOCIALE relative disposizioni non sono presidiate da sanzioni penali’ (Cass., sez. 6-5, n. 10483/2018; Cass., sez. 6-5, n. 4742/2020).
Ne consegue l’erroneità in diritto dell’affermazione RAGIONE_SOCIALE C.T.R. secondo la quale ‘il raddoppio del termine di decadenza dall’azione accertatrice, in presenza di denuncia penale, si applica in materia di accertamento Irap, purché in presenza RAGIONE_SOCIALE condizioni dell’art. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973′ .
Con il terzo motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione, falsa applicazione degli artt. 109, comma 5, del Tuir e 8 del d.l. n. 16 del 2012 (conv. con modificazioni dalla legge n. 44 del 2012) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’ , la società contribuente ha contestato l’indeducibilità dei costi scaturenti da fatture emesse non dall’effettivo soggetto prestatore dei servizi .
Ha dedotto che l’art. 109, comma 5, Tuir dispone che le spese e gli altri componenti negativi sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano i ricavi o gli altri proventi che concorrono a formare il reddito.
Secondo la prospettazione RAGIONE_SOCIALE contribuente, l’elemento dirimente ai fini RAGIONE_SOCIALE deducibilità dei costi sarebbe l’inerenza di questi ultimi rispetto all’attività d’impresa, senza che assuma rilevanza l’elemento
riferito al soggetto che cede il bene o presta il servizio al quale il costo si ricollega.
L’art. 8 del d.l. n. 16 del 2012, convertito in l. n. 44 del 2012, infatti, avrebbe espressamente previsto, al comma 1, l’indeducibilità dei soli costi sostenuti per l’acquisto di beni o per prestazioni di servizi ‘direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo’ , ipotesi estranea al caso di specie.
3.1. Il motivo è fondato.
Il Collegio ritiene di dover dare continuità al principio secondo il quale ‘in tema di imposte sui redditi, ai sensi dell’art. 14, comma 4 bis, RAGIONE_SOCIALE legge 24 dicembre 1993, n. 537 (nella formulazione introdotta con l’art. 8, comma 1, del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, conv. in legge 26 aprile 2012 n. 44), che opera, in ragione del precedente comma 3, quale ius superveniens con efficacia retroattiva in bonam partem, sono deducibili i costi RAGIONE_SOCIALE operazioni soggettivamente inesistenti (inserite, o meno, in una frode carosello), per il solo fatto che siano stati sostenuti, anche nell’ipotesi in cui l’acquirente sia consapevole del carattere fraudolento RAGIONE_SOCIALE operazioni, salvo che si tratti di costi in contrasto con i princìpi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità oppure di costi relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di un delitto non colposo’ (Cass., sez. 5, n. 26461/2014; Cass., sez. 6-5, n. 17788/2018; Cass., sez. 5, n. 8480/2022; Cass., sez. 6-5, n. 25249/2016).
Dall’accoglimento del secondo e del terzo motivo di ricorso consegue la cassazione dell’impugnata sentenza, con rinvio RAGIONE_SOCIALE causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE che si adeguerà ai princìpi di diritto sopra richiamati e provvederà anche alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21 dicembre