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Costi presunti: sì alla deduzione forfettaria

Una società e i suoi soci hanno impugnato avvisi di accertamento fondati su indagini finanziarie. La Corte di Cassazione, accogliendo parzialmente il ricorso, ha stabilito un principio fondamentale in materia di costi presunti. In caso di accertamento basato su prelevamenti bancari non giustificati, considerati ricavi occulti, il contribuente ha il diritto di vedersi riconosciuta una deduzione forfettaria dei costi di produzione. La Corte ha cassato la sentenza di merito che negava tale possibilità, rinviando il caso per una nuova determinazione del reddito imponibile.

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Pubblicato il 4 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Costi Presunti e Accertamenti Bancari: La Cassazione Apre alla Deduzione Forfettaria

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affermato un principio di cruciale importanza per i contribuenti sottoposti ad accertamenti fiscali basati su indagini finanziarie. La sentenza chiarisce che, a fronte di ricavi non contabilizzati presunti da prelevamenti bancari, è sempre possibile per l’imprenditore eccepire l’incidenza percentuale di costi presunti, che devono essere detratti dall’ammontare accertato. Questa decisione, in linea con un precedente intervento della Corte Costituzionale, rafforza le garanzie difensive del contribuente.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da tre avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società a responsabilità limitata e dei suoi soci. Gli accertamenti, relativi agli anni 2012, 2013 e 2014 per imposte dirette e IVA, scaturivano da indagini finanziarie avviate a seguito dell’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi per il 2012. L’Ufficio aveva ricostruito il reddito della società basandosi principalmente sulle movimentazioni bancarie, presumendo che i prelevamenti non giustificati costituissero ricavi non dichiarati.

Il Percorso Giudiziario

La Commissione Tributaria di primo grado aveva accolto parzialmente i ricorsi, riconoscendo la deducibilità dei soli costi del personale per un’annualità. La Commissione Tributaria Regionale, invece, aveva riformato la decisione, respingendo l’appello principale dei contribuenti. Secondo i giudici di secondo grado, la società non aveva fornito alcuna prova documentale idonea a superare le presunzioni legali a favore dell’amministrazione finanziaria, negando la possibilità di riconoscere la deduzione di “costi occulti” in assenza di documentazione che ne comprovasse certezza, effettività e inerenza.

L’Analisi della Cassazione sui costi presunti

I contribuenti hanno presentato ricorso per cassazione, affidandolo a quattro motivi. La Corte ha rigettato i primi tre, relativi a vizi formali della notifica e difetti di motivazione della sentenza d’appello. Il quarto motivo, tuttavia, è stato accolto. Con esso, i ricorrenti lamentavano la violazione del principio della capacità contributiva (art. 53 Cost.) e di altre norme tributarie, per non aver la Corte di merito considerato l’incidenza percentuale dei costi nella ricostruzione induttiva del reddito.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha ritenuto fondato questo motivo, richiamando l’orientamento consolidato inaugurato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 10 del 2023. Secondo tale principio, anche nell’ambito di un accertamento analitico-induttivo, a fronte della presunzione legale di ricavi occulti derivanti da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente può sempre opporre una prova presuntiva contraria. In particolare, può eccepire una incidenza percentuale forfettaria di costi di produzione, che devono essere detratti dall’ammontare dei maggiori ricavi presunti.

Il Giudice delle leggi ha chiarito che negare questa possibilità creerebbe un trattamento irragionevolmente più severo per il contribuente con una contabilità complessivamente attendibile (soggetto ad accertamento analitico-induttivo) rispetto a chi ha omesso del tutto la contabilità (soggetto ad accertamento induttivo puro), per il quale la giurisprudenza ammette da tempo la determinazione induttiva anche dei costi.

Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha giudicato errata la decisione della Commissione Tributaria Regionale nella parte in cui affermava l’impossibilità di riconoscere, in mancanza di idonea documentazione, la sussistenza di costi presunti in misura percentuale a fronte dei maggiori ricavi.

Conclusioni

In sintesi, la Suprema Corte ha accolto il quarto motivo di ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado. Quest’ultima, in diversa composizione, dovrà ricalcolare il reddito imponibile della società, riconoscendo una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi in relazione ai ricavi accertati. Questa ordinanza rappresenta un’importante vittoria per i diritti del contribuente, confermando che la presunzione di ricavi da prelevamenti bancari non può mai tradursi in una tassazione sul lordo, dovendosi sempre tenere conto, anche in via presuntiva, dei costi sostenuti per produrre quel reddito.

È possibile dedurre i costi se un’azienda subisce un accertamento fiscale basato sui prelevamenti bancari non giustificati?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che, a fronte di ricavi presunti da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente ha diritto a una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi di produzione, che vanno detratti dai maggiori ricavi accertati.

La notifica di un avviso di accertamento firmato digitalmente è valida se avviene tramite posta tradizionale invece che via PEC?
Sì. Secondo la Corte, per gli atti emessi nel 2017, la notifica di una copia cartacea conforme all’originale informatico era valida anche se effettuata tramite il servizio postale tradizionale, specialmente prima che la notifica via PEC per tali atti diventasse una possibilità generalizzata.

Cosa succede se il giudice d’appello ritiene che il giudice di primo grado abbia omesso di pronunciarsi su un motivo di ricorso?
Il giudice d’appello deve decidere nel merito il motivo che era stato omesso in primo grado. Il processo d’appello, anche in ambito tributario, ha un carattere sostitutivo, quindi non comporta la retrocessione del processo al grado inferiore ma impone al giudice superiore di pronunciarsi sulla questione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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