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Costi presunti: sì alla deduzione forfettaria

In un caso di accertamento fiscale basato su movimentazioni bancarie, la Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale: i costi presunti devono essere dedotti in via forfettaria. Accogliendo il ricorso di un contribuente, la Corte ha chiarito che, anche in un accertamento analitico-induttivo, è necessario riconoscere una quota di costi correlati ai maggiori ricavi accertati, in linea con una recente sentenza della Corte Costituzionale. Tuttavia, ha negato la possibilità di scorporare l’IVA dai versamenti bancari considerati come ricavi.

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Pubblicato il 31 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Costi presunti: la Cassazione apre alla deduzione forfettaria

L’ordinanza in esame affronta un tema cruciale per molti contribuenti: la gestione degli accertamenti fiscali basati sulle movimentazioni bancarie. La Corte di Cassazione, con una decisione innovativa, stabilisce che anche negli accertamenti di tipo analitico-induttivo è obbligatorio riconoscere la deduzione dei costi presunti in misura forfettaria. Questa sentenza rappresenta una vittoria significativa per i diritti del contribuente, allineando la giurisprudenza a un importante principio costituzionale.

I Fatti di Causa

Un contribuente si è visto recapitare un avviso di accertamento per maggiori imposte (Irpef, Irap e Iva) relative all’anno 2012. L’Agenzia delle Entrate basava le sue pretese interamente sull’analisi dei conti correnti bancari del soggetto, presumendo che i versamenti non giustificati costituissero ricavi non dichiarati. Il contribuente ha impugnato l’atto, contestandolo su tre fronti principali: un vizio di procedura relativo all’autorizzazione per le indagini bancarie, il mancato riconoscimento dei costi correlati ai presunti maggiori ricavi e l’errato calcolo della base imponibile, che non scorporava l’IVA.

L’Analisi della Corte di Cassazione e i motivi della decisione

La Corte Suprema ha esaminato i tre motivi di ricorso, accogliendone uno e rigettando gli altri due, con argomentazioni che chiariscono importanti aspetti procedurali e sostanziali dell’accertamento tributario.

Il Primo Motivo: L’autorizzazione alle indagini bancarie

Il ricorrente lamentava la nullità dell’avviso di accertamento perché l’autorizzazione alle indagini bancarie non era stata allegata né il suo contenuto era stato riportato nell’atto. La Cassazione ha respinto questa doglianza, confermando il suo orientamento consolidato. L’autorizzazione è considerata un atto con funzione meramente organizzativa interna, che regola i rapporti tra gli uffici. La sua mancata allegazione non invalida l’accertamento, a meno che il contribuente non dimostri che l’autorizzazione non sia mai stata rilasciata e che da ciò sia derivato un concreto pregiudizio ai suoi diritti.

Il Secondo Motivo: La deducibilità dei costi presunti (Accolto)

Questo è il punto centrale e vincente del ricorso. Il contribuente chiedeva il riconoscimento di costi e spese correlati ai maggiori compensi accertati, da determinarsi in via forfettaria. La Commissione Tributaria Regionale aveva negato tale possibilità, sostenendo che la deduzione forfettaria fosse ammessa solo negli accertamenti puramente induttivi (art. 39, c. 2, d.P.R. 600/73) e non in quelli analitico-induttivi basati su indagini bancarie, dove spetterebbe al contribuente provare analiticamente ogni costo.

La Cassazione ha ribaltato questa conclusione. Richiamando la fondamentale sentenza della Corte Costituzionale n. 10/2023, ha affermato che il principio di capacità contributiva impone di tassare il reddito al netto dei costi sostenuti per produrlo. Di conseguenza, anche quando i ricavi sono determinati presuntivamente tramite le movimentazioni bancarie, è necessario riconoscere in deduzione una quota forfettaria di costi presunti. Negare questa possibilità porterebbe a tassare il ricavo lordo anziché l’utile netto, violando i principi costituzionali. La presunzione legale di ricavi derivanti dai versamenti bancari non può precludere la deducibilità dei relativi costi.

Il Terzo Motivo: Lo scorporo dell’IVA

Il ricorrente sosteneva che dall’ammontare dei versamenti bancari dovesse essere scorporata l’IVA, per evitare una duplicazione d’imposta. La Corte ha rigettato anche questo motivo. Ha chiarito che, in base alla presunzione legale, i versamenti si considerano ricavi. L’IVA, per le operazioni non fatturate, non può essere detratta dalla base imponibile dei redditi. L’art. 99 del TUIR, infatti, sancisce l’indeducibilità delle imposte per le quali è prevista la rivalsa. Il contribuente, anche a seguito di accertamento, conserva la facoltà di esercitare la rivalsa, ovvero di richiedere l’IVA al cliente, recuperando così l’imposta versata.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un bilanciamento tra le esigenze dell’erario e la tutela dei diritti del contribuente. La motivazione principale, che ha portato all’accoglimento del secondo motivo, risiede nell’adeguamento ai principi sanciti dalla Corte Costituzionale. Tassare il reddito d’impresa significa tassare un utile, ovvero la differenza tra ricavi e costi. Anche quando i ricavi sono ricostruiti presuntivamente, ignorare i costi correlati snaturerebbe il concetto stesso di reddito imponibile. Per gli altri motivi, la Corte si è attenuta a principi consolidati: la natura interna degli atti autorizzativi e la regola generale dell’indeducibilità dell’IVA ai fini delle imposte dirette, data la possibilità di rivalsa.

Le Conclusioni

L’ordinanza segna un punto fermo a favore dei contribuenti sottoposti ad accertamenti bancari. La principale implicazione pratica è che, d’ora in poi, l’Amministrazione Finanziaria e i giudici tributari dovranno sempre riconoscere una deduzione forfettaria per i costi presunti correlati ai maggiori ricavi accertati tramite indagini sui conti correnti. La sentenza è stata cassata con rinvio alla Corte di giustizia di secondo grado, che dovrà ricalcolare le imposte dovute tenendo conto di questa fondamentale deduzione, assicurando una tassazione più equa e aderente alla reale capacità contributiva.

Un avviso di accertamento è nullo se non viene allegata l’autorizzazione alle indagini bancarie?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’autorizzazione ha una funzione organizzativa interna all’amministrazione. La sua mancata allegazione non rende nullo l’accertamento, a meno che il contribuente non provi che l’atto non sia mai esistito e che ciò gli abbia causato un danno concreto.

In un accertamento basato sui conti correnti, è possibile dedurre i costi in via forfettaria?
Sì. La Corte, in linea con una recente sentenza della Corte Costituzionale, ha stabilito che anche negli accertamenti analitico-induttivi basati su movimentazioni bancarie è necessario riconoscere e dedurre i costi presunti in misura percentuale forfettaria, per garantire che la tassazione avvenga sul reddito netto e non sui ricavi lordi.

L’IVA può essere scorporata dai ricavi accertati tramite analisi dei versamenti bancari?
No. La Corte ha stabilito che i versamenti bancari sono presunti come ricavi. L’IVA su operazioni non fatturate non può essere dedotta dalla base imponibile ai fini delle imposte sui redditi, in quanto vige il principio di indeducibilità delle imposte per le quali è prevista la rivalsa sul cliente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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