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Costi pluriennali: quando l’Agenzia può accertare?

Una società si vede contestare la deduzione di quote di ammortamento relative a costi pluriennali. I giudici di merito ritengono l’accertamento illegittimo per decadenza, calcolata dall’anno in cui il costo è sorto. La Corte di Cassazione, con una importante ordinanza, ribalta la decisione. Viene stabilito che, in caso di contestazione sull’esistenza del costo originario, la decadenza va calcolata per ogni singolo anno in cui la quota di ammortamento viene dedotta, in virtù del principio di autonomia dei periodi d’imposta. La Corte censura inoltre la sentenza d’appello per difetto di motivazione e chiarisce che l’obbligo di contraddittorio preventivo, all’epoca dei fatti, non era generalizzato per gli accertamenti “a tavolino” sui tributi non armonizzati.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Costi Pluriennali e Accertamento Fiscale: la Cassazione Fa Chiarezza

La gestione dei costi pluriennali rappresenta un aspetto cruciale e spesso complesso della contabilità aziendale e della fiscalità. Questi costi, la cui utilità si estende su più esercizi, vengono dedotti attraverso il meccanismo dell’ammortamento. Ma cosa succede se l’Amministrazione Finanziaria contesta la legittimità del costo originario anni dopo? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione interviene su questo tema, delineando principi fondamentali in materia di termini di accertamento, contraddittorio e obblighi di motivazione del giudice tributario.

Il Fatto: la contestazione dei costi pubblicitari

Una società e i suoi soci ricevevano avvisi di accertamento per gli anni d’imposta 2010 e 2011. L’Agenzia delle Entrate contestava la deduzione di quote di ammortamento relative a ingenti costi per pubblicità e sponsorizzazioni sostenuti a partire dal 2009. Secondo il Fisco, tali costi erano oggettivamente inesistenti o comunque privi dei requisiti di legge per essere dedotti.

I contribuenti impugnavano gli atti, e sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale davano loro ragione. In particolare, i giudici d’appello ritenevano che il potere di accertamento dell’Agenzia fosse ormai decaduto, poiché i termini andavano calcolati con riferimento all’anno 2009, in cui il costo era stato originariamente sostenuto. Inoltre, la sentenza d’appello criticava l’Agenzia per non aver attivato un contraddittorio prima di emettere gli avvisi.

L’Analisi della Cassazione sui costi pluriennali

L’Agenzia delle Entrate ha presentato ricorso in Cassazione, che ha accolto le sue ragioni, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa a un nuovo esame. I principi affermati dalla Corte sono di grande importanza pratica.

Il Principio dell’Autonomia dei Periodi d’Imposta

Il punto centrale della decisione riguarda i termini di decadenza. La Corte, richiamando un precedente delle Sezioni Unite (sent. n. 8500/2021), ha stabilito un principio cardine: quando la contestazione non riguarda un errore nel calcolo della singola quota di ammortamento, ma l’esistenza stessa o la deducibilità del costo originario, il termine di decadenza per l’accertamento non decorre dall’anno in cui il costo è sorto. Al contrario, esso decorre da ciascun periodo d’imposta in cui la relativa quota di ammortamento viene portata in deduzione.

Questo si fonda sul principio di autonomia dei periodi d’imposta, secondo cui ogni annualità fiscale è indipendente dalle altre. Pertanto, l’Amministrazione finanziaria ha il diritto di verificare la legittimità di un costo dedotto in un dato anno, anche se il “fatto generatore” di tale costo risale a un’annualità i cui termini di accertamento sono ormai scaduti.

Il Contraddittorio Preventivo: Non Sempre Obbligatorio

Un altro motivo di censura riguardava il presunto obbligo di contraddittorio endoprocedimentale. La Cassazione ha chiarito che, all’epoca dei fatti, un obbligo generalizzato di contraddittorio preventivo per gli accertamenti “a tavolino” era previsto solo per i tributi armonizzati a livello europeo (es. IVA). Per i tributi non armonizzati, come le imposte sui redditi, tale obbligo non sussisteva. La legge che ha introdotto un obbligo generalizzato (art. 6-bis dello Statuto del Contribuente) è entrata in vigore solo il 30 aprile 2024 e non ha efficacia retroattiva. Pertanto, la critica mossa dai giudici d’appello all’Agenzia era infondata.

Le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia anche per un terzo, fondamentale motivo: il difetto di motivazione della sentenza d’appello. I giudici di secondo grado si erano limitati a un mero richiamo alla sentenza di primo grado, senza esaminare in modo specifico e approfondito le censure mosse dall’Ufficio. Avevano affermato che la prima sentenza fosse “ampiamente motivata” sull’inerenza dei costi, ma, come ha verificato la Cassazione, essa non conteneva alcuna reale argomentazione in merito. Una motivazione ‘per relationem’ è ammissibile solo se il giudice d’appello dimostra di aver vagliato criticamente i motivi di gravame, cosa che in questo caso non è avvenuta. Questa carenza rende la decisione nulla perché impedisce di comprendere l’iter logico-giuridico seguito per arrivare alla conclusione.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre tre importanti lezioni. Primo, rafforza il principio di autonomia dei periodi d’imposta, confermando che l’Amministrazione può contestare la deduzione di una quota di ammortamento anche se il costo originario è “datato”. Secondo, delimita l’ambito di applicazione dell’obbligo di contraddittorio preventivo per il passato, escludendolo per accertamenti a tavolino su tributi non armonizzati. Terzo, ribadisce il dovere del giudice di fornire una motivazione effettiva e non apparente, che dia conto delle ragioni della decisione e del confronto con le argomentazioni delle parti. Per le imprese, ciò significa prestare la massima attenzione alla documentazione a supporto dei costi pluriennali, poiché la loro deducibilità può essere messa in discussione per tutto il periodo di ammortamento.

Se il Fisco contesta l’esistenza di un costo pluriennale, da quale anno decorre il termine per l’accertamento?
Il termine di decadenza per l’accertamento decorre dall’anno in cui viene dichiarata ogni singola quota di ammortamento dedotta, e non dall’anno in cui il costo è stato originariamente sostenuto. Ogni periodo d’imposta è autonomo.

Il contraddittorio preventivo con l’Agenzia delle Entrate è sempre obbligatorio in caso di accertamento “a tavolino”?
No. Secondo la sentenza, all’epoca dei fatti di causa, l’obbligo generalizzato di contraddittorio preventivo per gli accertamenti a tavolino era previsto solo per i tributi armonizzati (es. IVA), non per quelli non armonizzati come le imposte sui redditi. Un obbligo generalizzato è stato introdotto solo di recente senza efficacia retroattiva.

Una sentenza d’appello può limitarsi a confermare la decisione di primo grado senza fornire una propria motivazione?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che una motivazione che si limita a richiamare la sentenza precedente (motivazione ‘per relationem’) è insufficiente e causa la nullità della sentenza, se non dimostra che il giudice d’appello ha effettivamente esaminato e valutato i motivi di gravame proposti dalla parte appellante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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