Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11192 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11192 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , sedente in Perugia, con avv.
NOME COGNOME;
ricorrente principale e controricorrente incidentale -contro
, ;
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato – controricorrente e ricorrente incidentale –
Avverso la sentenza della CTR dell’UMBRIA, n. 407/1/16 depositata il 20 settembre 2016.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5 marzo 2025 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La presente controversia ha ad oggetto un avviso di accertamento emesso relativamente tra l’altro al recupero a tassazione di reddito derivante dal disconoscimento di costi dedotti in assunta violazione del principio di inerenza per manutenzioni su beni di terzi. Sul punto la CTP accoglieva il ricorso ritenendo la correttezza dell’ammortamento quinquennale anche in relazione alla residua durata del rapporto locatizio, in applicazione dell’art.
COSTI PLURIENNALI
2426 c.c., e la rispondenza comunque del comportamento a buona fede a fronte delle incertezze in argomento.
Solo in relazione al capo suddetto della sentenza di primo grado, l’Agenzia proponeva appello, e la CTR invece confermava sul punto la deducibilità sulla base dei criteri OIC, secondo cui il costo pluriennale su beni altrui andrebbe ripartito sul minor periodo fra quello di utilità del bene e la residua durata del contratto di locazione, incluso il periodo di ri-conduzione se previsto.
La stessa invece confermava la decisione in punto buona fede in ragione delle obiettive incertezze giurisprudenziali e dispositive.
Ricorre quindi la contribuente con un motivo, mentre l’Agenzia resiste con controricorso e inoltre con lo stesso atto spiega ricorso incidentale a sua volta fondato su un unico motivo, avverso il quale la contribuente resiste con apposito controricorso.
La contribuente ha altresì depositato memoria ex art. 380 -bis 1., c.p.c.
CONSIDERATO CHE
1.Con l’unico motivo del ricorso principale si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 108 TUIR, 2426 c.c., 12 preleggi e 24 O.I.C. (art. 360, n. 3, c.p.c.), ritenendo che, in base alla citata norma del TUIR, le spese relative a più esercizi debbono ripartirsi nei limiti della quota imputabile a ciascun esercizio; e così andrebbe applicato, come fatto dal primo giudice, l’art. 2426 c.c., per costi di impianto ed ampliamento, ricerca e pubblicità, dunque nell’ambito di un quinquennio. Tale disposizione regolerebbe un ‘caso simile’, e pertanto non v’era luogo al ricorso ai principi contabili O.I.C., come invece fatto dalla CTR, che rappresenterebbero mere regole tecniche prive di valore normativo.
1.1. Va premesso che nell’interpretazione del portato dell’art. 108, comma 1, TUIR, assume rilievo l’art. 2426, primo comma, n. 2, c.c. il quale prevede che l’ammortamento dei costi di immobilizzazione,
materiale ed immateriale, la cui utilizzazione è limitata nel tempo, avvenga ‘in ogni esercizio in relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione’.
Mentre l’art. 2426, primo comma, n. 5, c.c., invocato dalla ricorrente limita il periodo di ammortamento in un periodo non superiore a cinque anni, ma si riferisce a ‘costi di impianto ed ampliamento… aventi utilità pluriennale’.
Orbene deve rilevarsi come in effetti, trattandosi nella specie di un impianto antincendio relativo ad un bene in locazione, sia ben evidente la sussunzione dell’ipotesi oggetto del presente giudizio nell’art. 2426, primo comma, n. 2, piuttosto che nel successivo n. 5, come preteso dalla ricorrente.
Infatti, la prima delle disposizioni, applicata dalla CTR, da un lato si riferisce a un costo di immobilizzazione materiale (appunto l’impianto antincendio) e non (come il n. 5) a tutt’altro (impianto, ampliamento e costi di sviluppo), e fa riferimento espresso all’ammortamento ‘in relazione alla…residua possibilità di utilizzazione’.
Fin troppo evidente che tale residua possibilità di utilizzazione, in caso di beni di terzi, non possa che essere ricollegata alla vigenza del titolo in virtù del quale lo stesso è detenuto dall’imprenditore, nei termini indicati dai principi contabili, ovvero in quello minore della residua utilità futura, sempre in virtù dei ridetti principi contabili.
Sotto tale profilo gli invocati principi contabili non fanno quindi che porsi come applicativi del criterio legale, nei limiti della loro utilizzabilità riconosciuta, peraltro, nella stessa relazione al d.lgs. n. 139/2015, ove si legge che «ai principi contabili nazionali occorrerà fare riferimento per quanto riguarda la necessaria declinazione pratica, ivi compresa la descrizione delle possibili casistiche, di norme di carattere generale che, per loro intrinseca natura e finalità (quali ad esempio quelle relative ai principi della rilevanza e
della sostanza economica), recano criteri generali e non una descrizione di dettaglio che, inevitabilmente, non potrebbe essere esaustiva delle diverse fattispecie e dei fatti gestionali a cui sono rivolte».
Va dunque affermato il seguente principio di diritto:
‘In tema di deduzione di costi pluriennali, quelli derivanti da impianti realizzati su beni altrui risultano disciplinati, ai sensi dell’art. 108 TUIR, sulla base del criterio sancito dall’art. 2426, num. 5., cod. civ., e lo stesso va declinato alla luce del relativo principio contabile nazionale, utile per l’inquadramento delle singole casistiche nelle norme di carattere generale. In particolare, la durata dell’ammortamento andrà regolata sulla base della relativa utilità futura dell’impianto, avendosi in ogni caso come limite massimo quello della residua vigenza del titolo in base al quale il contribuente dispone del bene cui l’impianto stesso accede’.
Così stando le cose emerge però come la CTR si sia sottratta alla verifica dettata dalle richiamate disposizioni, essendosi limitata all’automatica applicazione della durata del contratto, senza verificare la sussistenza di una diversa durata dell’utilità futura residua del bene in esame.
Il motivo allora dev’essere entro tali limiti accolto, ed il giudice d’appello, in sede di rinvio, dovrà conformarsi a quanto qui stabilito, procedendo ad una verifica circa l’effettiva, residua utilità futura del bene, applicando tale criterio ove la durata stessa risulti inferiore a quella derivante dal contratto, come stabilito dal principio contabile.
Col motivo di ricorso incidentale si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 10, d.lgs. n. 212/2000, rilevandosi l’errore della CTR nell’aver ritenuto la natura scusabile del comportamento del contribuente, considerato in buona fede attese le incertezze sul punto, e dunque esentandolo dal pagamento delle sanzioni.
2.1. Il motivo è assorbito dall’accoglimento di quello precedente.
Conclusivamente il ricorso principale merita accoglimento e, dichiarato assorbito il ricorso incidentale, la sentenza impugnata dev’essere cassata con rinvio al giudice d’appello, il quale provvederà altresì alla liquidazione delle spese processuali.
P. Q. M.
La Corte in accoglimento del ricorso principale, assorbito il motivo del ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Umbria che, in diversa composizione, provvederà altresì a determinare le spese di lite del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 5 marzo 2025