Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32272 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32272 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18330/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE
-intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della PUGLIA n. 464/2020 depositata il 21/02/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
1. La DP di Taranto notificava a RAGIONE_SOCIALE previa verifica fiscale effettuata da propri funzionari, conclusasi con processo verbale di constatazione consegnato al legale rappresentante, l’avviso di accertamento n. TVP031100945/2013, relativo all’anno d’imposta 2008, recuperando a tassazione costi indeducibili, in quanto riferiti ad operazioni soggettivamente e, in parte, oggettivamente inesistenti per un importo pari a € 932.162,00; costi non inerenti per un importo pari a € 125.000,00; costi non documentati per un importo pari a € 6.414,00; IVA indetraibile per un importo pari a € 25.000,00. L’Ufficio accertava quindi una maggiore IRES pari a € 292.484,00; una maggiore IRAP pari a € 51.264,00; una maggiore IVA pari a € 28.089,00.
‘In particolare’, come da ricorso, ‘con il recupero dei costi relativi ad operazioni inesistenti, l’Ufficio contestava la falsità soggettiva delle fatture emesse dalla società RAGIONE_SOCIALE con sede in Hong Kong (per un importo di € 143.004,000) e dalla società RAGIONE_SOCIALE con sede nel Regno Unito (per un importo di € 789.158,00), ritenendo che esse fossero in realtà riferite a transazioni avvenute tra la società RAGIONE_SOCIALE e la società cinese RAGIONE_SOCIALE contestava altresì la parziale falsità oggettiva delle fatture, essendo il costo reale della transazione rappresentato dal prezzo corrisposto alla società cinese relativamente alle fatture emesse direttamente dalla stessa ‘costituendo l’importo indicato nelle fatture emesse dalle due società non cinesi in realtà un costo fittizio”.
La CTP di Taranto, adita impugnatoriamente dalla contribuente, con sentenza n. 320/2/2015 del 19.01.2015 accoglieva in parte il ricorso e compensava le spese, ‘rideterminando’, come nuovamente da ricorso, ‘l’importo dei costi relativi alle operazioni inesistenti nella misura proposta dall’Ufficio
in sede di accertamento con adesione, nuovamente formulata nelle controdeduzioni. Il Collegio invece confermava la legittimità del recupero a tassazione dei costi non documentati per un importo pari a € 131.414,00, ritenendo che la società ricorrente non avesse fornito alcuna prova contraria ‘se non la generica contestazione della carenza di motivazione”.
‘L’Ufficio’, prosegue il ricorso, ‘con provvedimento del 14 luglio 2015, prot. n. 1075, prestava acquiescenza alla sentenza della Commissione tributaria provinciale, in quanto sostanzialmente conforme alla rideterminazione della pretesa tributaria proposta dall’Ufficio in sede di accertamento con adesione, non andato a buon fine. Infatti in sede di adesione, l’Ufficio riconosceva – a fronte del recupero a tassazione di costi relativi ad operazioni inesistenti per € 932.162,00 -la deducibilità dell’importo di € 340.154,00 per le importazioni del fornitore RAGIONE_SOCIALE e di € 143.004,13 per le importazioni del fornitore RAGIONE_SOCIALE. L’importo residuo ritenuto indeducibile, pari ad € 449.003,00, corrispondeva al surplus applicato dalla società inglese RAGIONE_SOCIALE sugli acquisti della stessa effettuati dalla RAGIONE_SOCIALE; più precisamente, il surplus di prezzo applicato dalle due società in questione (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE) rispetto al prezzo dalle stesse riconosciuto al fornitore reale della merce (la società cinese RAGIONE_SOCIALE ltd surplus che era relativo a prestazioni di servizi inesistenti’.
Avverso la sentenza della CTP proponeva appello la contribuente, nella resistenza dell’Agenzia.
4.1. La CTR della Puglia, con la sentenza in epigrafe, così decideva: ‘n accoglimento dell’appello ed in riforma della sentenza impugnata, annulla l’atto di accertamento’.
4.2. In motivazione osservava:
Questo Collegio ritiene vi siano giusti motivi per accogliere l’appello e annullare l’atto di accertamento.
Già il primo Giudice della TP di Taranto ha statuito che: “… la società ricorrente non svolge attività illecita, perché comprare dalla Cina, costituire società sparse per il mondo, crearsi una scatola di partecipazioni, comprare a prezzi ‘cinesi’ e vendere a prezzi italiani, cercare di realizzare un tax plnning, di ridurre il carico fiscale, non è attività illecita, rientra nella logica economica dell’imprenditore, e dalle possibilità che offre il mercato globale’.
La società RAGIONE_SOCIALE ha dimostrato -dalla documentazione esaminata nel corso della verifica fiscale (bollette doganali di importazione, ecc.) – che i componenti negativi sottenono operazioni commerciali effettive, al fine di determinare il reddito imponibile.
Infatti tutte le operazioni commerciali intercorse sia con la RAGIONE_SOCIALE e con la RAGIONE_SOCIALE sono state accertate nella loro esistenza attraverso il riscontro con le bollette doganali di importazione e nessun rilievo è stato eccepito con riferimento alle quantità acquistate, alle modalità di trasporto e consegna delle merci, ecc. Pertanto il costo sostenuto dalla RAGIONE_SOCIALE deve essere considerato interamente deducibile.
Anche la Suprema Corte di Cassazione sposa la tesi che ‘l’indeducibilità non trova applicazione per i costi e le spese esposti in fattura o altri documenti aventi analogo rilievo probatorio che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi …’; pertanto, ove del caso, l’indeducibilità dei costi rappresentati in documenti emessi da soggetti che in tutto o in parte non hanno effettivamente posto in essere l’operazione, sarà, comunque, rilevabile per effetto delle altre disposizioni normative eventualmente applicabili e connesse ai requisiti generali di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità dei componenti negativi’. ‘La deducibilità dei costi per beni non utilizzati per commettere il reato – nelle frodi carosello – non è contestabile se i beni acquistati non sono stati utilizzati direttamente per commettere il reato, ma, per essere commercializzati, venduti’ .
Sicché non è più sufficiente il coinvolgimento (anche consapevole) dell’acquirente in operazioni che siano fatturate da soggetto diverso dall’effettivo venditore perché non siano deducibili, ai fini delle imposte sui redditi, i costi relativi alle predette operazioni.
Come nel caso in questione.
Propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate con tre motivi. La contribuente resta intimata.
Considerato che:
Il primo ed il secondo motivo, per comunanza di censure, possono essere esaminati congiuntamente.
Primo motivo: ‘ Violazione dell’art. 36 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4) c.p.c. – nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione’.
2.1. Il motivo, ripercorse le posizioni dell’Agenzia in appello, recita: ‘La sentenza della Commissione tributaria regionale si appalesa nulla in quanto non è identificabile il percorso logico giuridico che ha indotto il Collegio a ritenere interamente deducibili i costi sostenuti dalla RAGIONE_SOCIALE I Giudici si sono limitati ad affermare che ‘tutte le operazioni commerciali intercorse sono state accertate nella loro esistenza attraverso il riscontro con le bollette doganali di importazione e nessun rilievo è stato eccepito con riferimento alle quantità acquistate, alle modalità di trasporto e consegna delle merci ‘; ma tale apodittica affermazione si risolve in un assunto privo di motivazione e di indicazione degli elementi di prova dai quali – a fronte della analitica ricostruzione delle risultanze istruttorie fornita dall’Ufficio attraverso il richiamo al PVC – il Collegio ha inferito la deducibilità dei costi ritenuti oggettivamente inesistenti dall’Ufficio per l’importo di € 449.003,00. A ciò deve aggiungersi che il Collegio ha annullato integralmente l’avviso di accertamento impugnato – vale a dire anche in riferimento agli ulteriori costi recuperati a tassazione dall’Ufficio in quanto non inerenti e non documentati, per un importo pari a € 131.414,00, nonché in riferimento all’IVA per un importo pari a € 28.089,00 -senza alcuna motivazione ‘.
Secondo motivo: ‘ Violazione dell’art. 112 cpc in relazione all’art. 360, n. 4, cpc’.
3.1. Il motivo ripropone, anche alla lettera, lo sviluppo argomentativo del motivo precedente.
Il primo motivo è fondato, con assorbimento del secondo.
Occorre rammentare che il catalogo contestativo è complesso, constando di una ripresa principale, riguardante le operazioni soggettivamente ed in parte oggettivamente inesistenti, in conseguenza dell’interposizione di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE, e di riprese ulteriori (‘ulteriori costi recuperati a tassazione dall’Ufficio in quanto non inerenti e non documentati, per un importo pari a € 131.414,00, nonché in riferimento all’IVA per un importo pari a € 28.089).
Con riferimento alla ripresa principale, è sufficiente una semplice lettura della sentenza impugnata per rilevare come la stessa esibisca una motivazione che esiste, bensì, dal punto di vista grafico, ma non dal punto di vista contenutistico, in tal guisa violando il requisito del cd. minimo costituzionale, non rispettato il quale rileva il denunciato vizio di omessa od apparente motivazione (Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 -01).
Invero, la motivazione della sentenza impugnata in punto di ‘ operazioni commerciali intercorse sia con la RAGIONE_SOCIALE che con la RAGIONE_SOCIALE‘, affermando che esse ‘sono state accertate nella loro esistenza attraverso il riscontro con le bollette doganali di importazione’, oltreché incorrere (come subito si vedrà in appresso) nel vizio di violazione di legge denunciato con il terzo motivo, al cospetto della contestazione, si risolve in un asserto privo di reale consistenza giustificativa, pregiudizialmente, senza cioè spiegazione alcuna, squalificante la tesi della parte pubblica e gli indizi addotti a supporto di essa.
Inoltre, con riferimento alle riprese ulteriori, coglie nel segno il rilievo per cui l’integrale annullamento dell’avviso di accertamento avvince anche le medesime, ‘senza’, tuttavia, ‘che nessuno l’avesse richiesto’. In effetti, alla luce del pur assai succinto
resoconto dei motivi d’appello compiuti dalla sentenza impugnata, emerge come essi riguardassero solo la ripresa principale, nelle sue due articolazioni (operazioni soggettivamente ed in parte oggettivamente inesistenti), mai attingendo anche le riprese ulteriori.
Talché, in relazione a queste ultime, sfuggite alla CTR anche laddove (fg. 2 della sentenza impugnata) sintetizza l’avviso di accertamento, è fondato anzitutto il secondo profilo, essendo la CTR incorsa in ultrapetizione, ed altresì, ‘ad abundantiam’, il primo, essendo la medesima incorsa in totale omissione, finanche grafica, della motivazione sul relativo annullamento.
Terzo motivo: ‘Violazione e falsa applicazione dell’articolo 109 del TUIR, in relazione all’articolo 360, primo comma, n, 3) c.p.c.’.
5.1. ‘Il Collegio ha ritenuto idoneamente giustificate tutte le operazioni commerciali della RAGIONE_SOCIALE intercorse sia con la RAGIONE_SOCIALE sia con la RAGIONE_SOCIALE, perché accertate nella loro esistenza attraverso il riscontro con le bollette doganali di importazione; in altri termini, a parere del Collegio, la società appellante ha dimostrato che i costi recuperati a tassazione dall’Ufficio si riferiscono ad operazioni commerciali effettivamente poste in essere e tale circostanza è stata ritenuta sufficiente ad ammetterne la totale deducibilità’. Così statuendo, i Giudici di seconde cure hanno totalmente omesso di valutare quanto ampiamente illustrato e chiarito nel PVC, allegato agli atti di causa, dal cui esame emerge che la RAGIONE_SOCIALE ha acquistato merce prodotta e spedita direttamente dalla RAGIONE_SOCIALECina ricevendo le relative fatture: 1. da società con sede a Hong Kong (Cudos); 2. da società ltd con sede a Londra (Decoy). L’interposizione fittizia dei soggetti RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE è lo step finale di un lungo e complesso processo di ristrutturazione societaria perfezionatosi con la creazione della
RAGIONE_SOCIALE ltd di proprietà NOME COGNOME quale ‘contenitore’ delle partecipazioni RAGIONE_SOCIALE ltd e RAGIONE_SOCIALE ltd La società RAGIONE_SOCIALE è risultata essere un soggetto fittizio artatamente interposto al solo fine di spostare base imponibile al di fuori del territorio italiano, eludendo parzialmente la tassazione dello stesso (tale considerazione è scaturita sia dall’analisi delle transazioni commerciali effettuate tra la società RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, sia dall’analisi più complessa sviluppata sui diversi soggetti giuridicamente distinti ma tutti riconducibili al Sig. COGNOME NOME, dalla quale si denota la pianificazione fiscale intrapresa dal ‘gruppo COGNOME‘). I Giudici di seconde cure non hanno attentamente valutato le circostanze evidenziate nel PVC a pag. 22, laddove si rileva che: la società londinese svolge un ruolo di intermediazione cartolare tra la società produttrice cinese Ningbo e la RAGIONE_SOCIALE visto che la merce viene prodotta e spedita direttamente dalla Cina per conto della società cinese; è il fornitore cinese ad indicare di volta in volta quale soggetto provvederà alla fatturazione; la società londinese ha nella denominazione sociale il nome del marchio RAGIONE_SOCIALE commercializzato dalla società italiana di proprietà della società RAGIONE_SOCIALE; il solo azionista della società londinese è la società RAGIONE_SOCIALE, anch’essa di proprietà di COGNOME Domenico che, pertanto, contrariamente a quanto dichiarato in sede di verifica, riveste la qualifica di Socio di maggioranza sia della società RAGIONE_SOCIALE sia della società londinese; il margine dichiarato dalla società londinese in merito alle operazioni intercorse tra la stessa e la RAGIONE_SOCIALE è pari al 132%. L’importo ritenuto indeducibile, pari ad € 449.003 00 corrisponde quindi al surplus applicato dalla società inglese RAGIONE_SOCIALE sugli acquisti dalla stessa effettuati dalla RAGIONE_SOCIALE; più precisamente, l’importo considerato indeducibile è pari al surplus di prezzo applicato dalle due società in questione (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE)
rispetto al prezzo dalle stesse riconosciuto al fornitore reale della merce (la società cinese RAGIONE_SOCIALE); tale surplus è stato quindi ritenuto dall’Ufficio relativo a prestazioni di servizi oggettivamente inesistenti . Inoltre l’Ufficio non aveva alcun interesse ad eccepire rilievi ‘con riferimento alle quantità acquistate, alle modalità di trasporto e consegna merci, ecc.’, perché trattasi di fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti. Detto elemento è stato chiarito nella motivazione dell’avviso di accertamento impugnato laddove è indicato ‘.
6. Il motivo è fondato e merita accoglimento.
A fronte della contestazione di operazioni oggettivamente inesistenti tra la contribuente e RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE per avere in realtà la prima -in un quadro complessivo composito di soggettiva e, in funzione di essa, giust’appunto altresì di parzialmente oggettiva inesistenza -acquistato la merce direttamente dalla fornitrice cinese RAGIONE_SOCIALE, ragion per cui la merce non ha mai seguito (secondo la tesi agenziale) un effettivo percorso triangolare coinvolgente anche le due interposte, in grado di sostenere un flusso di fatturazione rappresentativo di attività loro propria, è illogica l’affermazione della CTR secondo cui, invece, ‘le operazioni commerciali intercorse sia con la RAGIONE_SOCIALE e con la RAGIONE_SOCIALE sono state accertate nella loro esistenza attraverso il riscontro con le bollette doganali di importazione’: ‘il riscontro con le bollette doganali di importazione’ non offre prova del sostanziale -ossia reale -compimento delle ‘operazioni commerciali’, ma solo documentazione formale del predetto flusso di fatturazione (cfr. Sez. 5, n. 28628 del 18/10/2021, Rv. 662471 -01: ‘In tema di IVA, una volta che l’Amministrazione finanziaria dimostri, anche mediante presunzioni semplici, l’oggettiva inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni
contestate, non potendo tale onere ritenersi assolto con l’esibizione della fattura, ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia’; analogamente, più di recente, Sez. 5, n. 9723 del 10/04/2024, Rv. 670825 -01).
Talché, al cospetto di operazioni ‘in parte qua’ oggettivamente inesistenti, per un verso, è privo di pregio il rimprovero mosso all’Agenzia dalla CTR per non aver nulla ‘eccepito con riferimento alle quantità acquistate, alle modalità di trasporto e consegna delle merci’, assorbendo la contestazione in sé dell’oggettiva inesistenza ogni ulteriore profilo; per altro verso, è decentrata la conclusione della deducibilità dei costi, sul rilievo che ‘la derivazione dei costi da una attività che è espressione di distrazione verso finalità ulteriori e diverse da quelle proprie dell’attività dell’impresa, come in caso di operazioni oggettivamente inesistenti per mancanza del rapporto sottostante, comporta il venir meno dell’indefettibile requisito dell’inerenza tra i costi medesimi e l’attività imprenditoriale, inerenza che è onere del contribuente provare, al pari dell’effettiva sussistenza e del preciso ammontare dei costi medesimi; tale ultima prova non può, peraltro, consistere nella esibizione della fattura, in quanto espressione cartolare di operazioni commerciali mai realizzate, né nella sola dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, i quali vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia’ (Sez. 5, n. 33915 del 19/12/2019, Rv. 656602 -01).
7. In definitiva, in accoglimento del primo e del terzo motivo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio, per nuovo esame e per le spese, comprese quelle del grado.
P.Q.M.
In accoglimento del primo e del terzo motivo, assorbito il secondo, cassa in relazione la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 24 ottobre 2024.