Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34912 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34912 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
Oggetto: Accertamenti IRES, IRAP IVA anni 2009-2010
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 14293/2018, proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, congiuntamente e disgiuntamente, da ll’ avv. NOME COGNOME e dall’avv. Prof. NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio della prima, giusta procura speciale a margine del ricorso
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore pro tempore , rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria, n. 66/3/2018, pronunciata il 17 gennaio 2018 e depositata il 18 gennaio 2018, non notificata;
nonché
sul ricorso iscritto al n. R.G. 14295/2018, proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, congiuntamente e disgiuntamente, dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. Prof. NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio della prima, giusta procura speciale a margine del ricorso
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore pro tempore , rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato.
-controricorrente-
Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria, n. 65/3/2018, pronunciata il 17 gennaio 2018 e depositata il 18 gennaio 2018, non notificata;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 gennaio 2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE (di seguito, per brevità, RAGIONE_SOCIALE), esercente attività nel settore del recupero per ‘riciclaggio dei rifiuti solidi e biomasse’ (prevalentemente rottami ferrosi) fu oggetto di verifica fiscale per gli anni dal 2007 al 2010. Con riferimento agli anni 2009 e 2010, oggetto del presente contenzioso, furono emessi rispettivamente dall’Agenzia delle entrate avvisi di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO per l’anno 200 9 e n. NUMERO_DOCUMENTO, per l’anno 2010, per IRES, IRAP ed IVA, sulla base di processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza.
Con il primo furono accertati costi non deducibili relativi a fatture per operazioni oggettivamente inesistenti per euro 470.240,00. Era altresì contestata l’omessa dichiarazione di ricavi per retribuzioni elargite ‘fuori busta’ per euro 45.283,00 e l’omessa effettuazione e versamento delle ritenute dovute su tali somme.
Con il secondo atto impositivo, riferito all’anno 20 10, furono accertati costi non deducibili relativi a fatture per operazioni oggettivamente inesistenti per euro 1.350.000,00. Era altresì contestata l’omessa dichiarazione di ricavi per retribuzioni elargite ‘fuori busta’ per euro 84.449,83 e l’omessa effettuazione e versamento delle ritenute dovute su tali somme, nonché l’indebita deduzione di componenti negativi non di competenza, per euro 26.258,20 e l’indebita deduzione di costi non inerenti, per euro 9.609,00.
Entrambi gli atti impositivi furono separatamente impugnati dalla società dinanzi alla Commissione tributaria provinciale (CTP) di Savona . Quest’ultima, con riferimento all’accertamento per l’annualità 2009, con sentenza n. 586/2015, accolse parzialmente il ricorso della contribuente, ritenendo provato il versamento di somme a titolo di trasferte esenti per euro 17.415,00, con parziale annullamento quanto
alla ripresa conseguente all’omissione delle ritenute per retribuzioni elargite fuori busta.
Anche con riferimento all’accertamento per l’anno 2010 la CTP di Savona, con sentenza n. 588/2015, accolse parzialmente il ricorso della contribuente, ritenendo provato il versamento di somme a titolo di trasferte esenti per euro 26.528,00, con parziale annullamento della ripresa riguardante i maggiori ricavi conseguenti alle retribuzioni corrisposte fuori busta.
Entrambe le sentenze furono oggetto rispettivamente, per le parti di reciproca soccombenza, di appello principale da parte della società e di appello incidentale, da parte dell’Ufficio, dinanzi alla Commissione tributaria regionale (CTR) della Liguria.
Le cause, trattate separatamente, furono decise dalla CTR della Liguria rispettivamente con le sentenze n. 66/2018 e 65/2018, che respinsero entrambe gli appelli principali della società, accogliendo viceversa gli appelli incidentali dell’Ufficio, con condanna della società alle spese di entrambi i giudizi.
Avverso ciascuna sentenza, non notificata, la società ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di cinque motivi del tutto analoghi, cui l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso .
La ricorrente ha altresì depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis . 1, c.p.c.
Le cause sono state fissate, a seguito di ordinanza interlocutoria n. 13829/22, ove ne era disposta la riunione, anche ad altra controversia RG 26768/2016, riguardante l’ ulteriore accertamento per le precedenti annualità d’imposta 2007 e 2008, per la trattazione in camera di consiglio all’adunanza del 26 gennaio 2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Giova premettere che, effettivamente, diversamente da quanto adombrato nell’ordinanza interlocutoria n. 13829/22, nel
presente giudizio, pur vertendosi in tema di acquisto di materiali ferrosi, si esula dalla problematica relativa all’ambito di applicazione dell’art. 6, comma 9 bis. 3, del d. lgs. n. 471 del 1997 in tema di IVA, quanto al regime sanzionatorio più favorevole per le operazioni inesistenti soggette al regime contabile del reverse charge (su cui cfr. Cass. SU, 26 luglio 2022, n. 22727), l’unica contestazione in tema di IVA, essendo riferita, negli avvisi di accertamento per le annualità 2009 e 2010, ai maggiori ricavi imputati induttivamente in capo alla società con riferito alle retribuzioni elargite fuori busta.
1.1. Va tuttavia confermata, per evidenti ragioni di connessione, la già disposta riunione, per le due controversie, iscritte ai nn. RG 14293/2018 e 14295/2018, concernenti le due annualità d’imposta 2009 e 2010, basate su motivi assolutamente uguali in ragione dell’impugnazione di due sentenze rese in pari data dallo stesso collegio della CTR della Liguria con motivazioni del tutto sovrapponibili, restando invece autonomamente definita, in ragione del diverso esito, la causa iscritta al n. RG 26768/2016, riguardante le impugnazioni originariamente proposte avverso gli accertamenti notificati alla società per gli anni d’imposta 2007 e 2008. Con riferimento alle due cause ancora riunite in questa sede, i motivi di ricorso di seguito riportati sono riferiti, pertanto, tanto al ricorso iscritto al n. RG 14293/2018, quanto al ricorso rubricato al n. RG 14295/2018.
Con il primo motivo di ricorso, la società denuncia violazione degli artt. 18, 57 e 58 del d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. censurando ciascuna delle sentenze impugnate nella parte in cui – pur formalmente assumendo di rigettare il motivo di appello col quale la contribuente confermava che le fatture contraffatte, formalmente intestate a terzi clienti occasionali, coprivano acquisti reali di materiali ferrosi presso la fornitrice RAGIONE_SOCIALE (di seguito, per brevità, RAGIONE_SOCIALE) – ritenevano sostanzialmente il
motivo inammissibile in quanto basato su una diversa prospettazione rispetto a quanto dedotto da COGNOME nel ricorso di primo grado, in cui la ricorrente si era limitata a dedurre l’assenza di elementi idonei a dimostrare, con certezza, che i documenti relativi all’acquisto di rottami fossero stati emessi per operazioni inesistenti sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo, incorrendo quindi nella preclusione dell’innovazione della doma nda in grado di appello.
2.1. Il motivo è fondato.
Parte ricorrente, in ossequio all’onere di autosufficienza del ricorso per cassazione, ha chiarito di avere, sin dal ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, eccepito la deducibilità dei costi riferiti ad operazioni che, diversamente dalla prospet tazione dell’Ufficio, avrebbero dovuto ritenersi solo soggettivamente inesistenti, allegando anche perizia di parte a sostegno della tesi addotta. L’allegazione, in grado di appello, della circostanza relativa al contenzioso sopravvenuto tra l’Ufficio e la RAGIONE_SOCIALE concernente la contestazione a quest’ultima di maggiori ricavi conseguiti all’omessa fatturazione da parte di quest’ultima di operazioni di vendita di rottami ferrosi a Comet per gli anni in contestazione non comporta, pertanto, diversamente da quanto affermato dalla sentenza impugnata, modifica non consentita della causa petendi, costituendone mera ulteriore specificazione, non comportando un indebito allargamento del thema decidendum rispetto a quanto oggetto del primo grado di giudizio, dovendosi ribadire che, secondo quanto affermato dalla giurisprudenza di questa Corte si ha domanda nuova – inammissibile in appello – per modificazione della causa petendi solo quando il diverso titolo giuridico della pretesa, dedotto innanzi al giudice di secondo grado, essendo impostato su presupposti di fatto e su situazioni giuridiche non prospettate in primo grado, comporti il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato e, introducendo nel processo un nuovo tema di indagine e di decisione,
alteri l’oggetto sostanziale dell’azione e i termini della controversia, in modo da porre in essere una pretesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si è svolto in quella sede il contraddittorio (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, ord. 23 luglio 2020, n. 15730).
L’accoglimento del primo motivo di ricorso determina l’assorbimento del secondo, solo in via espressamente subordinata dedotto dalla contribuente, con il quale, in ipotesi di mancato accoglimento del primo, la contribuente ha denunciato, con riferimento ad entrambe le sentenze impugnate, il vizio di motivazione apparente, con conseguente nullità delle sentenze per violazione degli artt. 36 del d. lgs. n. 546/1992 e 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.
Con il terzo motivo la ricorrente lamenta violazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 324 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., nella parte in cui le sentenze impugnate, disattendendo le conclusioni, sostanzialmente favorevoli alla contribuente, della consulenza tecnica di ufficio pure ammessa in ciascuno dei giudizi conclusi con le due pronunce qui oggetto d’impugnazione, avrebbe -per giustificare il proprio giudizio d’irrilevanza degli esiti della consulenza tecnica di ufficio in punto di deducibilità dei costi, da riferire ad operazioni solo soggettivamente inesistenti -finito erroneamente con l’attribuire efficacia di giudicato a sentenze della CTP di Genova, sezione 14, del 24 marzo 2015, con le quali erano stati annullati gli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle entrate nei confronti di RAGIONE_SOCIALE per gli stessi anni d’imposta, emessi sulla base dei medesimi accertamenti compiuti dalla Guardia di Finanza, trattandosi di sentenze rese in giudizi non svolti tra le medesime parti.
4.1. Il motivo è inammissibile, non cogliendo la ratio decidendi delle sentenze impugnate. Diversamente da quanto prospettato da
parte ricorrente, la CTR non risulta avere affermato l’efficacia preclusiva del giudicato esterno derivante dall’annullamento degli accertamenti riferiti agli stessi anni d’imposta emessi nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, essendosi limitata ad indicare le menzionate pronunce della CTP di Genova, rese nel contenzioso RAGIONE_SOCIALE contro Agenzia delle Entrate, come elementi di convincimento del fatto che le fatture contestate fossero attinenti ad operazioni oggettivamente e non quindi soggettivamente inesistenti, ciò che ne impediva la deducibilità dei relativi costi richiesta dalla ricorrente COGNOME.
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia omesso esame di fatti controversi e decisivi, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.
La ricorrente rileva che, per ciascun anno di accertamento, con riguardo alla contestata deducibilità dei costi, la CTP di Savona aveva respinto i ricorsi della contribuente, prendendo in considerazione la documentazione allegata al pvc della Guardia di Finanza, affermando di condividere in base ad essa le conclusioni dell’Ufficio circa l’in esistenza oggettiva delle operazioni, né ritenendo sufficiente a fondare l’assunto della contribuente le perizie di parte depositate, fondate sul raffronto tra merci vendute e merci acquistate, non avendo la contribuente indicato la provenienza degli acquisti.
In grado di appello la contribuente aveva tuttavia prodotto ulteriori documenti, tra i quali, oltre ai già ricordati avvisi di accertamento nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, soprattutto i documenti raccolti nel processo penale svoltosi nei confronti del legale rappresentante di Comet, geom. COGNOME, conclusosi con sentenza di assoluzione della Corte d’appello di Genova del 5.4/ 4.7.2017, n. 1080, passata in giudicato, ignorando sostanzialmente i fatti ivi emersi a comprova della tesi difensiva addotta dalla società e l’ulteriore sentenza, parzialmente
favorevole, ad essa contribuente, della CTR della Liguria per gli anni di accertamento 2007 e 2008, basati sulla stessa verifica ispettiva.
I fatti, in particolare, emersi nel giudizio penale e come accertati dalla sentenza penale di assoluzione, erano i seguenti: a) il legale rappresentante di Comet era stato ‘taglieggiato’ dal legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, suo cliente quasi esclusivo, che gli aveva imposto di pagare le forniture quasi esclusivamente in nero; b) la Guardia di Finanza, con la quale lo COGNOME aveva collaborato, aveva potuto incrociare i prelievi di contanti del legale rappresentante di Comet con i viaggi, in parte monitorati dagli stessi verbalizzanti, presso il COGNOME, legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE verificandone la corrispondenza; c) i pagamenti in contanti in nero fatti a COGNOME risultavano molto superiori ai valori indicati nelle dichiarazioni di acquisto false.
Trattandosi di fatti aventi valenza decisiva e sostanzialmente ignorati dalla CTR della Liguria nelle due pronunce impugnate, la ricorrente insiste per l’accoglimento del mezzo d’impugnazione.
6. Con il quinto motivo di ricorso la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c., violazione degli artt. 115, 116 c.p.c. e 2729 c.c., nella parte in cui ciascuna delle sentenze impugnate, nel respingere la ricostruzione della società, secondo cui le operazioni coperte dalle dichiarazioni di acquisto contestate erano state realizzate da RAGIONE_SOCIALE aveva affermato che, avendo dimostrato l’Agenzia delle entrate la falsità delle dichiarazioni di acquisto, la società avrebbe dovuto fornire la prova non solo dell’esistenza delle operazioni, ma anche del loro «ammontare effettivo» e che detta prova avrebbe dovuto «essere fornita dal soggetto utilizzatore tramite scritture diverse dalle fatture false».
7. I due motivi possono essere trattati congiuntamente, in quanto tra loro strettamente connessi, dovendo in primis rilevarsi
l’ammissibilità del quarto motivo, avendo parte ricorrente dimostrato, nel rispetto dell’onere di specificità, che le pronunce pur ugualmente di rigetto -sulla questione della deducibilità dei costi -tra primo e secondo grado di giudizio, non possono dirsi basate su doppia conforme (cfr., tra le altre, Cass. sez. 3, ord. 28 febbraio 2023, n. 5947; Cass. sez. 1, 22 dicembre 2016, n. 26774).
Ugualmente se ne deve rilevare l’ammissibilità in quanto la censura non si limita a denunciare l’omesso esame e/o valutazione dei nuovi documenti prodotti in grado di appello, ma si duole dell’omesso esame dei fatti storici indicati nel paragrafo 5) della presente pronuncia, che, ove debitamente presi in considerazione, avrebbero potuto determinare un esito diverso del giudizio (cfr. Cass. SU, 7 aprile 2014, n. 8053 e successiva giurisprudenza conforme), almeno anche in parte sotto il profilo del quantum.
7.1. Va ancora in questa sede opportunamente premesso che la sentenza della Corte d’appello di Genova n. 1080 del 5.4./4.7.2017, passata in giudicato, come da attestazione prodotta, ha mandato assolto, perché il fatto non costituisce reato, lo COGNOME quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, in relazione ai fatti oggetto anche del contenzioso tributario, dall’imputazione di cui agli artt. 81 cpv. c.p. e 2 del d. lgs. n. 74/2000, per avere, al fine di evadere le imposte dirette, indicato nelle relative dichiarazioni dal 2007 al 2010 elementi fittizi per operazioni inesistenti.
7.2. Tuttavia, trattandosi di sentenza assolutoria per difetto del requisito del dolo specifico proprio del reato ascritto allo Scocca in sede penale, a detta pronuncia, neppure alla stregua dello ius superveniens di cui all’art. 21 bis del d.lgs. n. 74/2000, quale inserito dall’art. 1, comma 1 bis , lett. m) del d.lgs. 14 giugno 2024, n.87, entrato in vigore nelle more della pubblicazione della presente decisione, può attribuirsi efficacia di giudicato riguardo ai medesimi fatti oggetto del
giudizio tributario, restandosi, quindi, pur sempre, nell’ambito di differenti valutazioni dei rispettivi elementi di prova addotti nei diversi giudizi che mantengono, quindi, nei termini sopra chiariti, la loro autonomia, dovendo quindi il giudice tributario di merito, in sede di rinvio, valutare criticamente i fatti e gli elementi di prova emersi nel giudizio penale, sostanzialmente ignorati nell’ambito delle due sentenze rese dalla CTR per gli anni 2009 e 2010 qui oggetto di ricorso per cassazione.
Ciò posto, entrambi i motivi sono fondati.
8.1. Ricorre il vizio dedotto della legge processuale nel quinto motivo di ricorso allorché la CTR, in ciascuna delle due sentenze impugnate, ha omesso di dare ingresso nel contrastare gli accertamenti dell’Ufficio, alla prova presuntiva contraria basata sui medesimi fatti addotti nel processo penale e che hanno indotto il giudice penale (pag. 7, in motivazione, della citata sentenza della Corte d’appello di Genova ) a ritenere finanche ««altamente probabile che tutte le operazioni soggettivamente imputate a terzi siano in realtà state eseguite in favore del COGNOME e pagate in nero allo stesso», donde «il carattere oggettivamente reale e non fittizio, finalizzato ad attività d’impresa e non ad attività delittuosa, delle operazioni fittiziamente attribuite a terzi».
8.2. Che la prova presuntiva contraria agli esiti dell’accertamento analitico -induttivo sia ammissibile è stato affermato da questa Corte anche al fine del riconoscimento di una percentuale forfetaria quanto ai costi deducibili riferiti ad operazioni esistenti sul piano oggettivo e riferite all’attività d’impresa (cfr. Cass. sez. 5, ord. 3 luglio 2023, n. 18653, nel solco di Corte cost. n. 10 del 2023).
8.3. Ne consegue che, al fine della valutazione della prova presuntiva, il giudice di merito, in sede di rinvio, dovrà procedere all’esame di quei fatti storici controversi, sopra indicati, che ne
costituiscono il contenuto, che ove debitamente esaminati, avrebbero potuto condurre ad un esito diverso, anche se del caso parzialmente, in ordine al quantum da riconoscere, dei costi deducibili con riferimento a ciascuna delle annualità 2009 e 2010.
In conclusione, entrambi i ricorsi riuniti vanno accolti nei termini di cui in motivazione e le sentenze impugnate cassate in relazione al primo, quarto e quinto motivo accolti di ciascun ricorso, assorbito il secondo e dichiarato inammissibile il terzo, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, in diversa composizione, affinché proceda a nuovo esame nel rispetto dei principi sopra espressi, e provveda anche in ordine alla disciplina delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, riunito il giudizio n. RG 14295/2018 al n. RG 14293/2018, accoglie entrambi i ricorsi proposti nei termini di cui in motivazione.
Cassa le sentenze impugnate in relazione ai motivi primo, quarto e quinto di ciascun ricorso, assorbito il secondo e dichiarato inammissibile il terzo, e rinvia le cause riunite alla Corte di Giustizia tributaria della Liguria in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere in ordine alle spese dei giudizi riuniti di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 26 gennaio 2024