Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23176 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23176 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 12/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28882/2017 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA SICILIA n. 4222/12/16 depositata il 05/12/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 4222/12/16 del 05/12/2016, la Commissione tributaria regionale della Sicilia (di seguito CTR) respingeva l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (di seguito RAGIONE_SOCIALE) nonché l’appello incidentale proposto dall’Agenzia delle entrate (di seguito AE) avverso la sentenza n. 21/07/13 della Commissione tributaria provinciale di Agrigento (di seguito CTP), che aveva accolto parzialmente il ricorso della società contribuente avverso un avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2006 .
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, l’atto impositivo riguardava l’indebita deduzione di componenti negativ i del reddito nonché l’illegittima applicazione del regime del margine.
1.2. La CTR respingeva l’appello di RAGIONE_SOCIALE e l’appello incidentale di AE, evidenziando che: a) non sussisteva la carenza di motivazione dell’atto impositivo, «atteso che costitui jus receptum il rinvio eseguito da un provvedimento amministrativo a verbali dell’Autorità di polizia tributaria conosciuti al destinatario il quale, col ricorso introduttivo, dimostra di avere contezza degli addebiti e di aver potuto contraddire ampiamente assumendo precisa posizione processuale»; b) la società contribuente non aveva « ottemperato all’onere (a suo esclusivo carico) di dimostrare cartolarmente la veridicità di quanto contenuto nei documenti denominati Kaufvertrag ritenuti sia dai Militari che dall’Ufficio e dai primi giudici falsi», né la sussistenza dei presupposti dell’applicazione del regime del margine; c) i costi sostenuti da RAGIONE_SOCIALE a seguito di operazioni soggettivamente inesistenti dovevano essere riconosciuti, in quanto attinenti ad operazioni commerciali non contestate quanto alla loro effettività e gravando l’onere probatorio sull’appellante incidentale .
AE impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Nuova Generoso resisteva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di AE è affidato a due motivi, di seguito riassunti.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si contesta la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 75 e 109 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi TUIR), nonché dell’art. 8, comma 1, del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, conv. con modif. nella l. 26 aprile 2012, n. 44 e dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR operato una sostanziale inversione dell’onere della prova ed affermato che gravi su AE la prova dei requisiti di inerenza, certezza, competenza, determinatezza e determinabilità dei costi, indispensabili per la loro deducibilità.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., nonché dell’art.2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per omesso esame degli elementi probatori dedotti da AE a sostegno della indeducibilità dei costi in ragione dell’assenza di inerenza.
Il primo motivo è fondato ed il secondo resta assorbito.
2.1. In materia di fatture emesse per operazioni inesistenti, la deducibilità dei costi va verificata alla luce dell’art. 8 del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, conv. con modif. nella l. 26 aprile 2012, n. 44.
2.1.1. Il comma 1 della menzionata disposizione ha sostituito l’art. 14, comma 4 bis , della l. n. 537 del 1993, nel modo che segue: «Nella determinazione dei redditi di cui all’art. 6, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, non sono ammessi in deduzione i costi e le spese dei beni o delle
prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo per il quale il pubblico ministero abbia esercitato l’azione penale o, comunque, qualora il giudice abbia emesso il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell’art. 424 cod. proc. pen., ovvero sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 425 del citato codice fondata sulla sussistenza della causa di estinzione del reato prevista dall’art. 157 cod. pen.. Qualora intervenga una sentenza definitiva di assoluzione ai sensi dell’art. 530 cod. proc. pen., ovvero una sentenza definitiva di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 425 c.p.p., fondata sulla sussistenza di motivi diversi dalla causa di estinzione indicata nel periodo precedente, ovvero una sentenza definitiva di non doversi procedere ai sensi dell’art. 529 cod. proc. pen., compete il rimborso delle maggiori imposte versate in relazione alla non ammissibilità in deduzione prevista dal periodo precedente e dei relativi interessi».
2.1.2. L’art. 8, comma 2, del d.l. n. 16 del 2012 prevede, altresì, che «ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, entro i limiti dell’ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese o altri componenti negativi», applicandosi in tal caso solo una sanzione amministrativa.
2.1.3. Tenuto conto del disposto del comma 3 -per il quale le disposizioni di cui al citato comma 1 «si applicano, in luogo di quanto disposto dalla L. 24 dicembre 1993, n.537, art. 14, comma 4-bis, previgente, anche per fatti, atti o attività posti in essere prima dell’entrata in vigore» dello stesso comma 1, «ove più favorevoli, tenuto conto anche degli effetti in termini di imposte o maggiori imposte dovute, salvo che i provvedimenti emessi in base al citato
comma 4-bis previgente non si siano resi definitivi» -appare evidente che le innovazioni sopra richiamate hanno portata retroattiva.
2.1.4. Le disposizioni in parola trovano applicazione nel caso di operazioni sia soggettivamente sia oggettivamente inesistenti.
2.1.5. Nel primo caso, che è quello che ci occupa, questa Corte ha già avuto occasione di rilevare, anche sulla scorta della relazione al disegno di legge di conversione del d.l. n. 16 del 2012, che, poiché nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti i beni acquistati -di regola (e salvo il caso, ad esempio, in cui il “costo” sia consistito nel “compenso” versato all’emittente il falso documento) -non sono stati utilizzati direttamente per commettere il reato ma, nella maggior parte dei casi, per essere commercializzati, non è più sufficiente il coinvolgimento, anche consapevole, dell’acquirente in operazioni fatturate da soggetto diverso dall’effettivo venditore perché non siano deducibili, ai fini delle imposte sui redditi, i costi relativi a dette operazioni; ferma restando, tuttavia, la verifica della concreta deducibilità dei costi stessi in relazione ai requisiti generali di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità (cfr. Cass. n. 10167 del 20/06/2012; Cass. n. 24426 del 30/10/2013; Cass. n. 26461 del 17/12/2014; Cass. n. 25249 del 07/12/2016; Cass. n. 27566 del 2018, cit.; Cass. n. 32587 del 12/12/2019; Cass. n. 4645 del 21/02/2020).
2.2. Nel caso di specie, contrariamente al principio di diritto più sopra affermato, la CTR, pur avendo correttamente evidenziato che anche i costi sostenuti per operazioni soggettivamente inesistenti sono deducibili (ovviamente ove non afferiscano direttamente al reato), ha tuttavia erroneamente ritenuto che l’onere di provare la deducibilità di questi costi spetti all’Amministrazione finanziaria e non alla società contribuente, sulla quale grava per legge.
In conclusione, il primo motivo di ricorso va accolto, con assorbimento del secondo motivo; la sentenza impugnata va cassata e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, anche per le spese del presente procedimento. Così deciso in Roma, il 26/03/2025.