LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Costi operazioni inesistenti: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19245/2024, ha rigettato il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, confermando la deducibilità dei costi per operazioni inesistenti dal punto di vista soggettivo. Il caso riguardava un imprenditore a cui era stata contestata la deduzione di costi per lavori edili fatturati da una società, ma eseguiti da un’altra. La Corte ha stabilito che se i costi sono effettivi, inerenti all’attività d’impresa e provati, sono deducibili ai fini delle imposte dirette. Per la detrazione IVA, invece, spetta all’Amministrazione Finanziaria dimostrare la consapevolezza del contribuente di partecipare a una frode, prova che nel caso di specie non è stata fornita.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Costi Operazioni Inesistenti: la Cassazione stabilisce i limiti della deducibilità

La gestione dei costi per operazioni inesistenti rappresenta una delle aree più complesse e dibattute del diritto tributario. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione, l’ordinanza n. 19245 del 12 luglio 2024, offre chiarimenti cruciali sulla deducibilità di tali costi, delineando con precisione l’onere della prova tra Fisco e contribuente. La decisione analizza il caso di un’impresa individuale a cui erano state contestate fatture per prestazioni effettivamente ricevute, ma emesse da un soggetto diverso da quello che le aveva eseguite.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato a un imprenditore individuale per l’anno d’imposta 2006. L’Amministrazione Finanziaria contestava la deduzione di costi derivanti da fatture considerate soggettivamente inesistenti. In pratica, i lavori edili erano stati realmente eseguiti a vantaggio dell’impresa del contribuente, ma chi aveva emesso le fatture non era il reale esecutore delle prestazioni.

Inizialmente, la Commissione Tributaria Provinciale aveva dato ragione al Fisco. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) dell’Abruzzo, in accoglimento dell’appello del contribuente, aveva annullato l’avviso di accertamento. La CTR aveva ritenuto che le prestazioni, sebbene eseguite da un soggetto diverso dall’emittente formale delle fatture, fossero state effettivamente realizzate e i relativi costi sostenuti, basando la sua decisione su diversi elementi, tra cui i pagamenti, i contratti d’appalto e l’esito di un procedimento penale che aveva prosciolto l’imprenditore.

I motivi del ricorso e la questione dei costi per operazioni inesistenti

L’Amministrazione Finanziaria ha impugnato la sentenza della CTR dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando due motivi principali.

La violazione del principio di inerenza

Con il primo motivo, il Fisco lamentava che la CTR avesse riconosciuto la deducibilità dei costi sulla base della sola effettività delle prestazioni, omettendo di verificare il rispetto dei requisiti di inerenza, certezza, determinatezza e congruità della spesa, come previsto dalla normativa fiscale.

L’onere della prova per la detrazione IVA

Con il secondo motivo, l’Agenzia contestava la decisione della CTR in materia di IVA, sostenendo che non fosse stata fornita la prova dell’assenza di consapevolezza da parte del contribuente di partecipare a una frode fiscale. Secondo il Fisco, per negare la detrazione IVA non basta provare la fittizietà del fornitore, ma anche la conoscenza o conoscibilità di tale circostanza da parte dell’acquirente.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato entrambi i motivi del ricorso, confermando la decisione dei giudici di secondo grado e fornendo importanti principi sulla gestione dei costi per operazioni inesistenti.

La deducibilità ai fini delle imposte dirette

La Corte ha ribadito un principio ormai consolidato: ai sensi dell’art. 14, comma 4-bis, della legge n. 537/1993, i costi relativi a operazioni soggettivamente inesistenti sono deducibili se effettivamente sostenuti. Questo vale anche se l’acquirente è consapevole del carattere fraudolento dell’operazione, a meno che non si tratti di costi in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza e certezza, o di costi legati a un delitto non colposo.

Nel caso specifico, la CTR aveva correttamente accertato che i lavori erano stati eseguiti e che i costi erano correlati all’attività d’impresa. L’Amministrazione Finanziaria, nel suo ricorso, si è limitata a contestare l’effettività delle prestazioni, senza però sollevare specifiche obiezioni sulla corretta quantificazione o congruità dei costi. La Corte ha chiarito che il principio di inerenza è un giudizio qualitativo sulla correlazione tra costo e attività, e spetta all’Amministrazione dimostrare, tramite indizi, un’eventuale antieconomicità o sproporzione della spesa che possa rivelare un difetto di inerenza.

L’onere della prova in materia di IVA

Anche sul secondo motivo, la Corte ha dato torto al Fisco. Richiamando la giurisprudenza nazionale e unionale, ha ricordato che, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, l’Amministrazione Finanziaria ha l’onere di provare non solo la fittizietà del fornitore, ma anche che il destinatario della fattura sapeva o avrebbe dovuto sapere, usando l’ordinaria diligenza, che l’operazione si inseriva in un’evasione dell’IVA. Solo una volta che l’Amministrazione ha assolto a tale onere probatorio, la palla passa al contribuente, che deve dimostrare di aver agito con la massima diligenza per non essere coinvolto nella frode. Nel caso di specie, la CTR aveva accertato in fatto l’assenza di consapevolezza da parte del contribuente, una valutazione che rientra nel perimetro del giudizio di merito e non è sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata.

Le motivazioni

La Corte ha fondato la sua decisione su una chiara ripartizione dell’onere probatorio. Per le imposte dirette, una volta che il contribuente dimostra l’effettività della prestazione e la sua correlazione con l’attività d’impresa, il costo è deducibile. Se l’Amministrazione intende contestare l’inerenza sotto il profilo della congruità o dell’economicità, deve fornire elementi concreti che dimostrino l’inattendibilità della condotta imprenditoriale. Non è sufficiente una contestazione generica.
Per quanto riguarda l’IVA, l’onere della prova a carico dell’Amministrazione è ancora più gravoso: non basta dimostrare l’esistenza di un meccanismo fraudolento, ma è necessario provare, anche tramite presunzioni gravi, precise e concordanti, il coinvolgimento psicologico (doloso o colposo) del cessionario. La decisione della CTR, che aveva escluso tale coinvolgimento sulla base degli elementi acquisiti, è stata ritenuta correttamente motivata e incensurabile.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un importante orientamento giurisprudenziale a tutela del contribuente in buona fede. Si ribadisce la netta distinzione tra la disciplina delle imposte dirette e quella dell’IVA in materia di costi per operazioni inesistenti. Per le imposte sui redditi, ciò che conta è la realtà economica: se un costo è stato realmente sostenuto ed è funzionale all’attività, esso è deducibile. Per l’IVA, invece, entra in gioco la tutela del sistema fiscale europeo, che richiede di provare la partecipazione, anche solo a livello di negligenza, del contribuente alla frode. Questa sentenza rappresenta un monito per l’Amministrazione Finanziaria a condurre accertamenti fondati su prove concrete e non su mere supposizioni, specialmente quando si contesta la buona fede del contribuente.

È possibile dedurre i costi relativi a fatture per operazioni soggettivamente inesistenti?
Sì, ai fini delle imposte sui redditi, i costi sono deducibili a condizione che siano stati effettivamente sostenuti e rispettino i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza e determinatezza, anche se l’acquirente è consapevole del carattere fraudolento dell’operazione (salvo che i costi non siano legati a un delitto).

A chi spetta l’onere di provare la non inerenza di un costo quando l’Amministrazione Finanziaria ne contesta la congruità?
Spetta all’Amministrazione Finanziaria dimostrare, anche tramite indizi, che il costo è antieconomico o sproporzionato al punto da far presumere un difetto di inerenza. Il contribuente deve inizialmente provare i fatti che riconducono il costo all’attività d’impresa; dopodiché, l’onere di contestare specificamente la congruità passa all’Amministrazione.

In caso di operazioni soggettivamente inesistenti, cosa deve provare l’Amministrazione Finanziaria per negare la detrazione dell’IVA?
L’Amministrazione Finanziaria deve provare non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario della fattura che l’operazione si inseriva in un’evasione dell’imposta. Tale prova può essere fornita anche in via presuntiva, sulla base di elementi oggettivi e specifici che dimostrino che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere della frode usando l’ordinaria diligenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati