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Costi non certi: Cassazione rigetta il ricorso

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società e dei suoi soci contro un avviso di accertamento fiscale. L’Agenzia delle Entrate aveva recuperato a tassazione alcuni costi ritenuti non certi e non inerenti all’attività. La Corte ha confermato la decisione, escludendo la violazione del litisconsorzio necessario e l’omesso esame di fatti decisivi, ribadendo che la prova della certezza dei costi è un onere del contribuente.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Costi non certi: la Cassazione conferma l’accertamento fiscale

L’ordinanza in commento affronta due questioni cruciali nel contenzioso tributario: l’integrità del contraddittorio processuale e l’onere della prova in merito alla deducibilità dei costi non certi. La Suprema Corte, con una decisione chiara, ha rigettato il ricorso di una società, confermando la legittimità di un avviso di accertamento che contestava la deducibilità di spese per lavori edili ritenuti fittizi.

I Fatti di Causa

Una società a responsabilità limitata e i suoi soci si vedevano notificare un avviso di accertamento per IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2007. L’Agenzia delle Entrate contestava la deducibilità di alcuni costi per lavori edili, asseritamente pagati in contanti e documentati da fatture emesse da un fornitore. Secondo l’amministrazione finanziaria, tali costi non erano inerenti all’attività sociale e, soprattutto, non erano stati effettivamente sostenuti.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano respinto i ricorsi del contribuente. In particolare, i giudici d’appello avevano sottolineato come le fatture non avessero attinenza con l’oggetto sociale dell’impresa, rendendo i costi non certi e quindi indeducibili.

I motivi del ricorso in Cassazione

La società e i soci hanno proposto ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:
1. Violazione del litisconsorzio necessario: I ricorrenti lamentavano che la Corte d’Appello avesse omesso di integrare il contraddittorio nei confronti dei soci, considerati litisconsorti necessari pretermessi.
2. Omesso esame di fatti decisivi: Sostenevano che i giudici di merito non avessero esaminato adeguatamente le questioni e i fatti da loro posti a fondamento della difesa, in particolare riguardo alla prova della certezza e inerenza dei costi.

Le motivazioni sulla certezza dei costi e il litisconsorzio

La Corte di Cassazione ha ritenuto entrambi i motivi infondati, rigettando integralmente il ricorso.

L’infondatezza della violazione del litisconsorzio necessario

Sul primo punto, la Corte ha chiarito che non vi è stata alcuna violazione del principio del litisconsorzio necessario. I giudici hanno osservato che sia il giudizio di primo grado che quello di secondo grado si erano svolti regolarmente nei confronti sia della società che dei soci. La circostanza che i procedimenti relativi agli avvisi di accertamento notificati direttamente ai soci fossero rimasti autonomi non inficiava in alcun modo l’integrità del contraddittorio nel giudizio riguardante l’accertamento notificato alla società. Il contraddittorio era stato, quindi, pienamente rispettato.

L’insussistenza dell’omesso esame di fatti decisivi e dei costi non certi

Anche il secondo motivo è stato disatteso. La Cassazione ha evidenziato che non si può parlare di omessa pronuncia, poiché la Commissione Tributaria Regionale aveva fornito una motivazione chiara e specifica sulla non riconoscibilità dei costi, ritenendoli, appunto, non certi.

Inoltre, la Corte ha affrontato il vizio di motivazione alla luce delle più recenti riforme processuali, inclusa la regola della “doppia conforme” (art. 348-ter c.p.c.). Sebbene tale regola non si applichi in caso di totale omissione dell’esame di un fatto decisivo, nel caso di specie i fatti rilevanti (la certezza e l’inerenza dei costi) erano stati ampiamente esaminati sia in primo che in secondo grado. La doglianza dei ricorrenti si traduceva, in realtà, in una richiesta di riesame del merito della valutazione probatoria, attività preclusa al giudice di legittimità. I fatti dedotti dal contribuente non erano stati omessi, ma valutati e ritenuti insufficienti a provare la deducibilità dei costi non certi.

Le conclusioni

L’ordinanza ribadisce due principi fondamentali del diritto processuale e tributario:
1. Il litisconsorzio necessario tra società e soci in materia di accertamenti fiscali non è violato se entrambi hanno partecipato ai gradi di merito, anche se i procedimenti restano formalmente distinti.
2. L’onere di provare la certezza, l’inerenza e l’effettività di un costo deducibile grava interamente sul contribuente. Fatture generiche o non attinenti all’oggetto sociale non sono sufficienti a superare le contestazioni dell’amministrazione finanziaria.

In conclusione, la Suprema Corte ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, confermando la piena legittimità dell’operato dell’Agenzia delle Entrate e delle decisioni dei giudici di merito. Questa pronuncia serve da monito per le imprese sull’importanza di una documentazione contabile precisa e inequivocabile per giustificare la deducibilità dei costi.

Quando si viola il principio del litisconsorzio necessario in un processo tributario tra società e soci?
Secondo questa ordinanza, non c’è violazione se sia la società che i soci hanno partecipato ai giudizi di primo e secondo grado, anche qualora i procedimenti relativi agli avvisi di accertamento emessi nei confronti dei singoli soci siano rimasti autonomi.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione dei costi se le due sentenze precedenti sono conformi?
No, non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una nuova valutazione dei fatti. Il ricorso per omesso esame di un fatto decisivo è ammissibile solo se il giudice di merito ha completamente ignorato un fatto specifico e cruciale, non se lo ha semplicemente valutato in modo sfavorevole al ricorrente.

Qual è il requisito fondamentale per la deducibilità di un costo secondo questa ordinanza?
Il costo deve essere ‘certo’. Nel caso specifico, le fatture relative a lavori non attinenti all’oggetto sociale e all’attività svolta sono state ritenute insufficienti a dimostrare la certezza del costo, rendendolo quindi non deducibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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