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Costi interest rate swap: quando sono deducibili?

Una società si vede negare la deducibilità dei costi interest rate swap dall’Agenzia delle Entrate. La Cassazione accoglie il ricorso dell’Agenzia, stabilendo che spetta alla società provare la finalità di copertura e l’inerenza dei contratti, ribaltando la decisione di merito.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Costi Interest Rate Swap: La Guida alla Deducibilità Fiscale

La deducibilità dei costi interest rate swap per le imprese non operanti nel settore finanziario è un tema complesso e spesso oggetto di contenzioso. Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: l’onere della prova. L’impresa che stipula tali contratti deve dimostrare la loro finalità di copertura dal rischio e non speculativa. Analizziamo insieme questa importante decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche per le aziende.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda una società per azioni, attiva nella produzione e commercializzazione di beni industriali, che si è vista notificare un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate per l’anno d’imposta 2007. L’Amministrazione finanziaria contestava la deducibilità dei costi derivanti da alcuni contratti di Interest Rate Swap (IRS), ritenendoli non inerenti all’attività d’impresa.

La società ha impugnato l’atto, sostenendo, tra le altre cose, che gli stessi contratti erano stati oggetto di un precedente accertamento con adesione per l’anno 2003, in cui l’Agenzia ne aveva riconosciuto l’inerenza. I giudici di primo e secondo grado hanno dato ragione alla contribuente, annullando l’avviso di accertamento. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione, portando la questione dinanzi alla Suprema Corte.

L’Onere della Prova sui Costi Interest Rate Swap

Il punto centrale della decisione della Cassazione ruota attorno al principio dell’onere della prova. La Corte ha stabilito che, per le imprese che non operano nel settore creditizio o finanziario, la deducibilità degli oneri derivanti da strumenti finanziari come gli IRS non è automatica. È il contribuente a dover dimostrare che tali operazioni sono state poste in essere con una specifica finalità di copertura del rischio (hedging) e non con intenti puramente speculativi.

La Corte ha chiarito che il requisito dell’inerenza, previsto dall’art. 109 del TUIR, deve essere inteso come una correlazione tra il costo sostenuto e l’attività imprenditoriale volta a produrre reddito. Non basta che l’operazione sia astrattamente idonea a generare un profitto; deve essere funzionale all’attività caratteristica dell’impresa. Nel caso degli IRS, questa funzionalità si concretizza nella protezione da rischi finanziari specifici, come la fluttuazione dei tassi di interesse su un finanziamento.

Il Principio di Legittimo Affidamento e l’Accertamento con Adesione

La società contribuente aveva invocato il principio del legittimo affidamento, sostenendo che l’accordo raggiunto con l’Agenzia per un’annualità precedente (2003) dovesse valere anche per gli anni successivi, dato che i contratti erano i medesimi. La Cassazione ha respinto questa argomentazione, ribadendo un principio consolidato: l’autonomia dei periodi d’imposta. Ogni annualità fiscale è indipendente dalle altre. Un accertamento con adesione, pur avendo natura transattiva, esaurisce i suoi effetti nell’ambito del periodo d’imposta per cui è stato stipulato e non crea alcun vincolo per l’Amministrazione finanziaria per le annualità future.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza di secondo grado. I giudici di legittimità hanno ritenuto che la Commissione Tributaria Regionale avesse errato nel ripartire l’onere probatorio. Non spetta all’Amministrazione dimostrare la natura speculativa dei contratti, ma è l’impresa che deve fornire la prova positiva della loro finalità di copertura. Questa prova deve basarsi su documenti concreti (delibere, note integrative, correlazione tra le caratteristiche dello strumento derivato e la passività da coprire) che dimostrino l’intento di hedging.

Inoltre, la Corte ha sottolineato che la tesi del legittimo affidamento non poteva essere accolta. L’azione dell’Amministrazione Finanziaria deve essere coerente, ma l’autonomia di ciascun periodo d’imposta prevale, impedendo che un accordo relativo a un anno possa vincolare le valutazioni per gli anni successivi.

Infine, la Corte ha accolto la richiesta subordinata della società relativa all’applicazione dello ius superveniens in materia di sanzioni. Ha demandato al giudice del rinvio il compito di valutare l’applicazione della disciplina sanzionatoria più favorevole eventualmente introdotta dopo la commissione della violazione.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza ribalta la decisione dei giudici di merito e stabilisce principi chiari sulla deducibilità dei costi interest rate swap. L’onere di dimostrare la finalità di copertura dei contratti derivati ricade interamente sul contribuente. Un precedente accordo con il Fisco su un’annualità non è sufficiente a creare un legittimo affidamento per il futuro. La causa è stata rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, che dovrà riesaminare il caso attenendosi a questi principi e valutare l’applicazione di sanzioni più miti alla luce delle normative sopravvenute.

A chi spetta l’onere di provare che i costi di un contratto “interest rate swap” sono deducibili per un’impresa non finanziaria?
Secondo la sentenza, l’onere della prova spetta interamente alla società contribuente. Essa deve dimostrare che il contratto è stato stipulato con una finalità di copertura da un rischio specifico (hedging) e non con intenti speculativi, e che il costo è quindi inerente all’attività d’impresa.

Un accertamento con adesione favorevole per un anno d’imposta vincola l’Agenzia delle Entrate per gli anni successivi?
No. La Corte ha stabilito che, in base al principio di autonomia dei periodi d’imposta, un accertamento con adesione relativo a una specifica annualità non crea alcun vincolo per l’Amministrazione finanziaria né un legittimo affidamento per il contribuente riguardo ad accertamenti futuri, anche se relativi ai medesimi contratti.

I costi dei contratti derivati sono sempre deducibili se l’operazione è astrattamente idonea a produrre un reddito?
No. Per le imprese non operanti nel settore creditizio o finanziario, non è sufficiente che l’operazione possa produrre un reddito. È necessario dimostrare la correlazione tra il costo e l’attività imprenditoriale. Per i derivati, ciò significa provare che servono a coprire rischi effettivi legati all’attività d’impresa e non a mere finalità speculative.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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