Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8010 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 8010 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/03/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 20869/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, sedente in Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, e RAGIONE_SOCIALE, sedente in Barcellona (Spagna), rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, presso di lui domiciliato in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrenti – contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, n. 604/49/17, depositata il 16 febbraio 2017 nonché sul ricorso iscritto al n. 23228/2017 R.G., riunito al presente, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
contro
RAGIONE_SOCIALE , sedente in Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, presso di lui domiciliato in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, n. 984/17/17, depositata il 2 marzo 2017.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 21 febbraio 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Dato atto che il AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso RG 20869/17, e l’accoglimento del RG n. 23228/2017.
L’Avvocatura Generale dello Stato ha chiesto a sua volta il rigetto del primo ricorso e l’accoglimento di quello riunito.
Il difensore delle contribuenti NOME COGNOME (NUMERO_DOCUMENTO), sostituito dall’AVV_NOTAIO, ha concluso per l’accoglimento del ricorso
Il difensore della sola RAGIONE_SOCIALE nella controversia RG 23288/17, AVV_NOTAIO, ha concluso per il rigetto.
Rilevato che:
L’Agenzia con quattro avvisi, conseguenti ad un verbale di constatazione del 22 aprile 2008, accertava maggior reddito (anno d’imposta luglio 2006/giugno 2007) in quanto contestava l’indeducibilità del corrispettivo, pagato ad altre società dello stesso gruppo in virtù di quattro contratti per l’uso del marchio e del know how , nonché quota ammortamento sui marchi, ritenendo in particolare che tali costi costituissero una mera duplicazione, avendo già la società stipulato altri contratti e versato altri corrispettivi inerenti alle medesime prestazioni. La CTP accoglieva il ricorso, e la CTR, in sede di gravame, riformava la prima sentenza
ed accoglieva quindi l’appello confermando il contenuto degli accertamenti impugnati.
Ricorrono dunque le contribuenti in cassazione, affidandosi a tre motivi. L’Agenzia resiste a mezzo di controricorso.
Le contribuenti hanno successivamente depositato memoria illustrativa.
Con riferimento al ricorso riunito, per la medesima vicenda di cui sopra, l’Agenzia, poiché la RAGIONE_SOCIALE (ora incorporata nella controricorrente RAGIONE_SOCIALE) aveva esercitato l’opzione per la trasparenza fiscale, intraprendeva l’azione di recupero anche nei confronti della stessa qual socia della società oggetto di accertamento, nella misura del 50 %. La CTP accoglieva il ricorso, e la CTR confermava la sentenza di primo grado.
Ricorre dunque l’Agenzia in cassazione, affidandosi a tre motivi. La contribuente resiste a mezzo di controricorso; la stessa ha successivamente depositato memoria illustrativa.
Considerato che:
1.Pregiudizialmente deve procedersi alla riunione dei due procedimenti, attesa la connessione oggettiva e soggettiva fra le due controversie, attenendo l’una all’avviso di accertamento portante, inerente quindi la società; l’altra l’avviso dipendente, effettuato a carico della società partecipante che aveva optato, come detto, per il regime di trasparenza.
2.Va premesso che, nella prima controversa, risultano in giudizio due società, una, la RAGIONE_SOCIALE, incorporante la RAGIONE_SOCIALE, già partecipata di RAGIONE_SOCIALE, anch’essa incorporata nell’odierna controricorrente; nonché NOME COGNOME NOME, incorporante fra l’altro di RAGIONE_SOCIALE che aveva a suo tempo incorporato RAGIONE_SOCIALE, socia al 50 % unitamente a RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE, quest’ultima oggetto dell’accertamento tributario in causa.
Nella seconda invece è presente come controricorrente la RAGIONE_SOCIALE (ora incorporata nella controricorrente RAGIONE_SOCIALE).
3.Venendo ora all’esame dei motivi inerenti il ricorso RG 20869/2017, con il primo motivo si denuncia violazione degli artt. 109, comma 5, TUIR e 2697, cod. civ., sul presupposto che i giudici d’appello avrebbero omesso di verificare il collegamento dei costi sostenuti con l’attività della società, limitandosi a osservare che la contribuente non avrebbe provato la certezza ed oggettività degli stessi e non avrebbe spiegato l’utilità ulteriore ritratta dai quattro contratti rispetto quelli precedenti aventi ad oggetto il cost sharing.
3.1. Il motivo è infondato.
Invero la sentenza impugnata ritiene -sulla base delle motivazioni dalla stessa rese -che a fronte dell’oggetto dei due contratti di cost-sharing (accordo finalizzato alla suddivisione dei costi per la realizzazione di un bene o di un servizio la cui utilità si riflette sulle parti dell’accordo stesso) non emerge la prova di un’ulteriore utilità ritraibile dai contratti poi stipulati per lo sfruttamento del knowhow e del marchio.
In altri termini la sentenza precisa che ‘non è in contestazione che attraverso i contratti in questione la ricorrente tragga un’utilità concreta da questa allocazione dei costi di produzione e sviluppo dei marchi e del know-how, così come non è contestata la congruità delle spese sostenute, tale titolo. Infatti, la partecipazione agli oneri inerenti alla produzione consente alla società italiana impegnata nella distribuzione di porsi sul mercato come b rench concessionaria di vendita del gruppo stabilmente insediata in Italia, grazie all’assistenza tecnica, amministrativa assicurata dalla casa madre e praticata in sede di costsharing.’
Invece oggetto di contestazione è il fatto che sia giustificato ‘l’ulteriore costo sostenuto dalla consociata italiana odierna appellata per l’acquisizione del know -how per la fabbricazione, imballaggio, vendita e distribuzione dei prodotti e l’utilizzo del relativo marchio’.
E la pronuncia specifica che -a fronte dell’identità di oggetto dei contratti non vengono fornite le prove dell’ulteriore utilità, mentre viene argomentata solo un’evanescente distinzione tra know -how al momento dell’acquisizione del marchio e quello generato in via continuativa.
Tutto ciò, precisa sempre la stessa, a fronte della circostanza per cui gli elementi oggetto dei quattro contratti in contestazione si riferiscono in modo esclusivo alla fase della produzione, segmento non di competenza della ricorrente.
Come si vede dal raffronto del ricorso con la motivazione richiamata, la censura proposta dalla ricorrente finisce per incentrarsi su una non condivisa valutazione delle prove e sul contenuto e l’oggetto degli accordi intercorsi fra le parti, piuttosto che sull’erronea applicazione della norma che si assume violata, venendo così a sostanziarsi nella sottoposizione a questa Corte una revisione dell’accertamento di merito già compiuto dal giudice d’appello.
Del resto, proprio nel censurare l’assenza di prova circa l’utilità ulteriore, la pronuncia impugnata si sottrae alla censura di non aver considerato che l’inerenza non sia condizionata dalla immediata e concreta utilità, ma sia giustificata anche in un’ottica indiretta, potenziale o in proiezione futura, perché neppure risulta allegata una simile prospettiva.
E ancora va sottolineato che riguardo ai costi infragruppo derivanti da accordi di “cost sharing agreements”, non può ritenersi sufficiente l’esibizione del contratto riguardante le prestazioni di servizi – quali es. le attività direzionali, amministrative e tecniche
(marchi, know-how, etc.) – e la fatturazione dei corrispettivi, richiedendosi, al contrario, la specifica allegazione di quegli elementi necessari per determinare l’utilità effettiva o potenziale conseguita dalla consociata che riceve la prestazione (Cass. n. 8001 del 22/03/2021).
Col secondo motivo, sempre inerente al primo ricorso, si denuncia motivazione parvente per contraddittorietà e mancata indicazione del percorso logico che avrebbe portato i secondi giudici a ritenere identico l’oggetto dei quattro contratti di sfruttamento di marchio e know-how rispetto a quelli di cost-sharing.
4.1. Il motivo è infondato, in quanto da un lato a pag. 4 della sentenza i giudici d’appello rassegnano distintamente l’oggetto dei contratti di car-sharing e quelli di sfruttamento del marchio e del knowhow, dall’altro chiariscono che i costi ulteriori devono rispondere a criteri di utilità effettiva e, interpretando gli oggetti dei vari contratti riportati, rilevano invece l’identità degli stessi e dunque l’insussistenza di elementi ulteriori, lamentando l’assenza di prova in argomento.
Non può dunque sostenersi l’insussistenza di una motivazione, nel senso della sua apparenza o contraddittorietà, perché il percorso logico appare del tutto afferrabile sulla base delle superiori osservazioni.
Né si ravvisa nella sentenza un insanabile contrasto, dal momento che la pronuncia è chiaramente fondata sulla coincidenza oggettiva dei quattro contratti successivi con i precedenti due contratti di cost-sharing, con conseguente non utilità dei relativi costi, che finiscono per gravare senza giustificazione sul reddito. L’addebito di mancata prova non è contraddittorio, perché con ciò la CTR ha mostrato di aver preso in esame gli aspetti concreti oggetto dei singoli contratti, traendo dalla mancata prova conferma circa la relativa coincidenza oggettiva.
Quanto, infine, al riferimento al ‘transfer pricing’, la questione non è affatto inerente ad un aspetto di mancanza di motivazione, ma con ciò la CTR ha voluto chiaramente alludere alla presenza di un costo, a seguito di un versamento non giustificato in favore di una consorella, che ha evidentemente aumentato l’utile della stessa a detrimento di quella del cui reddito si tratta.
Infine, con riferimento all’i.v.a. non occorreva di certo un’ulteriore specifica motivazione, volta che la RAGIONE_SOCIALE aveva già, come sopra detto, motivato la propria decisione circa l’indeducibilità dei costi addebitati.
Col terzo motivo del ricorso in esame si deduce omesso esame di fatti decisivi, non avendo esaminato l’attività effettivamente svolta dalla società ricorrente ed il contenuto dei contratti di licenza d’uso del marchio e del know -how.
4.1. Il motivo è inammissibile.
In effetti qui non si denuncia l’omesso esame di un fatto storico, ma semmai si ripropone in altri termini le questioni già esaminate negli altri motivi, ed in particolare le valutazioni in fatto compiute dal giudice d’appello in ordine al contenuto dei contratti in rapporto anche all’attività svolta dalla società ricorrente.
Che poi la RAGIONE_SOCIALE abbia esaminato sia i contratti che l’attività svolta dalla società emerge per quanto riguarda i primi da pag. 4 della sentenza, già richiamata; mentre per l’oggetto dell’attività dell’impresa da pag. 6, primo periodo.
Venendo ora all’esame del ricorso riunito RG n. 23228/2017, pregiudizialmente va disattesa l’eccezione di nullità della notifica del ricorso, in quanto notificato presso il difensore in sede d’appello presso il quale la controricorrente non elesse domicilio.
Intanto va sottolineato che l’art. 330, cod. proc. civ., stabilisce che se nell’atto di notificazione della sentenza la parte non abbia eletto domicilio, la notifica dell’impugnazione va effettuata a norma
dell’art. 170 cod. proc. civ., presso il procuratore costituito o nella residenza dichiarata o ancora nel domicilio eletto.
Poiché pacificamente la notifica avvenne via pec presso il procuratore costituito in appello, la notifica è valida.
L’eccezione viene poi spiegata, oltre che infondatamente, anche senza costrutto, poiché la controricorrente si è costituita, e la giurisprudenza di questa Corte insegna che tale comportamento è atto già di per sé a sanare l’eventuale nullità, anche ove ciò avvenisse al solo scopo di eccepire la prefata ritenuta nullità (Cass. 28/03/2018, n. 7703).
Col primo motivo relativo al secondo ricorso, si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2909, cod. civ., e 324, cod. proc. civ., in quanto erroneamente la sentenza d’appello avrebbe ritenuto precluso l’accoglimento del ricorso dell’Agenzia dal momento che la CTP di Milano aveva annullato l’avviso di accertamento presupposto, emesso nei confronti della partecipata, i cui esiti erano stati riversati ‘per trasparenza’ in capo alla contribuente in causa.
6.1. Il motivo è fondato, non solo perché come allegato dalla difesa erariale la sentenza suddetta della CTP di Milano è stata impugnata, e dunque non era passata in giudicato, né la CTR ha svolto alcuna delibazione in base al ricorrere dei presupposti di cui all’art. 337, secondo comma, cod. proc. civ., sostanzialmente attenendosi all’accertamento di primo grado che definiva la causa assunta pregiudicante, ma perché la medesima è stata altresì riformata dalla sentenza della CTR Lombardia n. 604/49/17, avverso la quale è stato proposto il primo ricorso oggetto della presente sentenza, ed essendo lo stesso qui respinto, ne consegue la conferma della pronuncia d’appello e il definitivo annullamento dell’accoglimento in primo grado.
Per vero deve in generale escludersi che un giudizio che veda coinvolti soggetti diversi possa riverberarsi con efficacia di giudicato su un rapporto che coinvolge un altro soggetto.
In particolare, nel caso della trasparenza fiscale, e nello specifico in quella opzionale di cui all’art.115, TUIR, la definitività della sentenza inerente al provvedimento ‘portante’, laddove veda come parti la sola società di capitali, non può riflettersi con effetto di giudicato sul giudizio relativo ai provvedimenti conseguenti inerenti ai soci, per i limiti soggettivi del giudicato stesso. Invero l’accertamento contenuto nella sentenza non estende i suoi effetti e non è vincolante rispetto ai terzi, ma il relativo giudicato può quale affermazione obiettiva di verità – spiegare efficacia riflessa anche nei confronti di soggetti estranei al rapporto processuale, salvo che il terzo sia titolare di un rapporto autonomo ed indipendente rispetto a quello in ordine al quale il giudicato interviene (Cass. 33425/2023).
La diversa conclusione cui talora è giunta anche questa Corte (cfr. Cass. 26/01/2021, n. 1574) non può essere seguita, piuttosto dovendosi ritenere, appunto ove sia stata fatta opzione per la trasparenza ai sensi del prefato art. 115 TUIR, la configurabilità di un litisconsorzio necessario, discendente dalla comunanza necessaria della lite proprio discendente dal meccanismo optato (analogamente a quanto accade nell’ipotesi di trasparenza ex lege nel rapporto tra società di persone e soci, ai sensi dell’art. 5, TUIR).
Nella specie però siffatto ostacolo non si frappone, proprio in ragione dell’osservazione per cui in realtà il giudizio ‘pregiudicante’ vedeva come parte anche l’odierna controricorrente, che dunque risulta vincolata dal giudicato suddetto.
In particolare per effetto di successive fusioni, la stessa odierna controricorrente risulta in giudizio anche nell’altra controversia, ove l’avviso di accertamento ‘portante’ (finali 0163/2011) era stato
peraltro per trasparenza notificato anche ai soci (nel caso che rileva, in allora, RAGIONE_SOCIALE poi incorporata appunto in RAGIONE_SOCIALE, oltre all’altro socio RAGIONE_SOCIALE, del resto al pari dell’originaria partecipata RAGIONE_SOCIALE), per cui quantomeno la pretesa portata nell’avviso di accertamento oggetto di quel giudizio si riverbera ormai definitivamente, in ragione del richiamato regime di trasparenza, in proporzione in capo all’odierna controricorrente.
Col secondo motivo, sempre inerente al secondo ricorso, si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2909, cod. civ., e 324, cod. proc. civ., in relazione all’art. 9, TUIR, in quanto poi erroneamente la CTR avrebbe affermato la forza vincolante della sentenza CTR Lazio n. 143/34/00, che si riferirebbe ad altre annualità d’imposta, facendo difetto il requisito della comunanza dell’elemento costitutivo della fattispecie a carattere permanente.
Col terzo motivo si denuncia violazione degli artt. 109, comma 5, TUIR e 115 e 116, cod. proc. civ., in quanto la CTR avrebbe deciso la controversia prescindendo dalle incontestate allegazioni della Società controricorrente, che non ha mai negato che siano state pagate royalties alle società produttrici, deducendo, per contro, che tale pagamento aveva ad oggetto utilità diverse da quelle derivanti dai contratti di cost sharing.
Entrambi i motivi sono inammissibili poiché il giudice d’appello, dopo aver rilevato una preclusione pro iudicato , si è spogliato della potestas iudicandi , procedendo apertamente ad esaminare il merito della controversia solo ‘per completezza di trattazione’.
Al postutto con riferimento al ricorso RG 20869/2017. precisato che sul rilievo sub 2) non vi è controversia in quanto lo stesso, come ne dà atto la pronuncia d’appello, risulta essere stato oggetto di acquiescenza da parte della contribuente, il ricorso dev’essere respinto, con aggravio di spese in capo alla ricorrente soccombente.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto. Con riferimento invece al secondo ricorso, RG 23228/2017, dall’accoglimento del relativo primo motivo discende la cassazione della sentenza impugnata e, precisato che sul rilievo relativo alla quota di ammortamento marchi risulta l’accettazione dello stesso come accertato dalla pronuncia di primo grado non impugnata sul punto, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., decidendo nel merito, preso atto del giudicato intervenuto sul rapporto pregiudicante, respinge il ricorso introduttivo.
In relazione alle spese, le stesse seguono la soccombenza della parte controricorrente.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso distinto al RG 20869/2017, condanna le ricorrenti RAGIONE_SOCIALE, sedente in Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, e RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO, sedente in Barcellona (Spagna), al pagamento delle spese liquidate in € 20.000 oltre spese prenotate a debito.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Con riferimento al ricorso RG 23228/2017, accoglie lo stesso, cassa la sentenza impugnata n. 984/17/17 della CTR Lazio e, decidendo nel merito, respinge il ricorso introduttivo e condanna la controricorrente RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese liquidate in € 20.000,00 oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2024