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Costi infragruppo: onere della prova e utilità

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8010/2024, ha affrontato il tema della deducibilità dei costi infragruppo per l’uso di marchi e know-how. Ha stabilito che il contribuente ha l’onere di provare l’utilità effettiva e aggiuntiva di tali costi, specialmente se esistono già accordi di cost-sharing. In assenza di tale prova, i costi sono considerati una duplicazione e quindi indeducibili. La decisione ha anche confermato che, in regime di trasparenza fiscale, l’esito dell’accertamento sulla società partecipata vincola direttamente i soci.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Costi Infragruppo e Deducibilità: L’Onere della Prova Ricade sul Contribuente

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 8010 del 25 marzo 2024) ha ribadito un principio fondamentale in materia di fiscalità d’impresa: la deducibilità dei costi infragruppo non è automatica. Per poter detrarre le spese sostenute per servizi ricevuti da altre società del medesimo gruppo, non basta esibire un contratto, ma è necessario dimostrare in modo concreto l’utilità effettiva e aggiuntiva della prestazione. Questo principio diventa ancora più stringente quando tali costi si sovrappongono a preesistenti accordi di ripartizione delle spese, come i contratti di cost-sharing.

I Fatti di Causa: Duplicazione di Costi e Accertamento Fiscale

Il caso esaminato dalla Corte nasce da un accertamento fiscale con cui l’Amministrazione Finanziaria contestava a una società la deducibilità di alcuni costi. La società, operante nel settore della distribuzione, aveva pagato corrispettivi a consociate dello stesso gruppo per l’utilizzo di marchi e know-how. L’Agenzia Fiscale, tuttavia, ha ritenuto che tali costi costituissero una mera duplicazione di oneri già coperti da precedenti accordi di cost-sharing, finalizzati a ripartire le spese per la produzione e lo sviluppo dei marchi. Di conseguenza, l’Amministrazione ha considerato i nuovi costi come indeducibili, in quanto privi di un’utilità reale e aggiuntiva per la società contribuente.

L’Analisi della Corte sui Costi Infragruppo

La Corte di Cassazione ha confermato la posizione dell’Amministrazione Finanziaria, respingendo il ricorso della società. I giudici hanno sottolineato che, per giustificare la deducibilità dei costi infragruppo, il contribuente ha l’onere di provare la certezza e l’oggettività dei costi stessi, ma soprattutto la loro utilità. Nel caso specifico, la società non è riuscita a dimostrare quale vantaggio ulteriore avesse ottenuto dai nuovi contratti rispetto a quelli di cost-sharing già in essere. La Corte ha osservato che la difesa della società si era limitata a una “evanescente distinzione” tra il know-how acquisito e quello generato nel tempo, senza fornire prove concrete. Inoltre, è emerso che i contratti contestati si riferivano principalmente alla fase di produzione, un segmento di attività non di competenza della società ricorrente, che si occupava esclusivamente di distribuzione.

La Questione della Trasparenza Fiscale e il Giudicato

La vicenda si complicava per la presenza di un ricorso connesso, proposto dall’Agenzia Fiscale contro la società controllante (holding). Poiché la società controllata operava in regime di trasparenza fiscale, l’accertamento sul suo reddito era stato esteso pro-quota anche alla controllante. La Corte ha colto l’occasione per chiarire che, in tale regime, l’esito del giudizio che definisce il reddito della società partecipata vincola necessariamente anche i soci. La controversia è unica e la decisione presa nei confronti della società “trasparente” si riflette automaticamente sui soci cui il reddito viene imputato, confermando così la legittimità dell’azione di recupero nei confronti della holding.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su principi consolidati del diritto tributario:

1. Onere della prova rafforzato: Per i costi infragruppo, non è sufficiente l’esibizione del contratto e la fatturazione dei corrispettivi. Il contribuente deve fornire una “specifica allegazione” degli elementi necessari a determinare l’utilità effettiva o potenziale che ha tratto dalla prestazione.
2. Principio di inerenza: I costi devono essere strettamente correlati all’attività d’impresa. La Corte ha ritenuto che i costi per la produzione non fossero inerenti all’attività di una società distributrice.
3. Divieto di duplicazione dei costi: La pronuncia è chiaramente fondata sulla “coincidenza oggettiva” tra i nuovi contratti e i precedenti accordi di cost-sharing. Questa sovrapposizione ha portato a qualificare i nuovi oneri come costi privi di giustificazione economica e, pertanto, indeducibili.
4. Effetto vincolante in regime di trasparenza: Il giudizio sul reddito della società partecipata si estende ai soci, creando un legame inscindibile tra le posizioni fiscali.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Imprese

La sentenza rappresenta un importante monito per tutte le aziende che operano all’interno di gruppi societari. La gestione dei costi infragruppo richiede una documentazione non solo formale, ma sostanziale, capace di dimostrare in modo inequivocabile il valore aggiunto e la specificità di ogni servizio scambiato tra consociate. È fondamentale evitare sovrapposizioni e definire chiaramente l’oggetto delle prestazioni per non incorrere in contestazioni di indeducibilità. Le imprese devono essere pronte a provare, con elementi concreti, che ogni costo sostenuto corrisponde a un beneficio reale o potenziale, essenziale per la propria attività d’impresa.

Per dedurre i costi infragruppo è sufficiente presentare il contratto che li giustifica?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha stabilito che, oltre all’esibizione del contratto, il contribuente ha l’onere di fornire la prova specifica dell’utilità effettiva o potenziale del servizio ricevuto dalla consociata, dimostrando che non si tratta di una duplicazione di oneri.

Cosa succede se i costi per l’uso di un marchio sembrano duplicare un accordo di cost-sharing già esistente?
Se i nuovi costi non apportano un’utilità ulteriore e distinta rispetto a quanto già coperto da un accordo di cost-sharing, l’Amministrazione Finanziaria può legittimamente contestarne la deducibilità. La sentenza conferma che costi che costituiscono una mera duplicazione non sono deducibili in quanto privi di giustificazione economica.

In un regime di trasparenza fiscale, la decisione sul reddito della società partecipata ha effetti anche sui soci?
Sì. La sentenza chiarisce che la decisione relativa all’accertamento del reddito della società ‘trasparente’ si estende e vincola anche i soci ai quali il reddito viene imputato, poiché la controversia è considerata unitaria e la posizione dei soci dipende direttamente da quella della società.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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