Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26312 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26312 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 29/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22257/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-resistente- avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO LAZIO n. 5061/04/23 depositata il 04/09/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 5061/04/23, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio (di seguito CGT2) accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate (di seguito, AE) avverso la sentenza n. 9691/02/19 della Commissione tributaria provinciale di Roma (di seguito CTP), che aveva accolto parzialmente il ricorso della società RAGIONE_SOCIALE (di seguito, RAGIONE_SOCIALE) avverso un avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2014.
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, l’atto impositivo era stato emesso in ragione di talune irregolarità nell’applicazione delle disposizioni tributarie che avevano riverberato i loro effetti nelle dichiarazioni fiscali. In particolare, l’Amministrazione finanziaria evidenziava la contabilizzazione e l’indebita deduzione di costi quali quote di ammortamento per un importo complessivo pari ad euro 217.017,08.
1.2. La CGT2 accoglieva l’appello di AE evidenziando, per quanto ancora interessa, che, con riferimento ai costi infragruppo giuste fatture di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, «l’appellata non provato che i servizi asseritamente prestati dalle varie controllate avessero influito direttamente e positivamente sull’andamento societario, diminuito eventuali costi, favorito il miglioramento della produzione, oppure diminuito costi precedentemente assunti per servizi similari, o anche che la prestazione dei nuovi servizi avesse, anche in via previsionale, accresciuto le potenzialità delle strutture stesse».
COGNOME impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
AE si costituiva al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione orale ai sensi dell’art. 370 primo comma, cod. proc. civ.
Con decreto datato 15/01/2024, questa Corte formulava proposta di definizione anticipata ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.
Con istanza datata 07/02/2024 COGNOME chiedeva la decisione del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di COGNOME è affidato a due motivi, di seguito riassunti.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si contesta , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 7 , comma 5 bis , del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per avere la CGT2 illecitamente ritenuto essere esclusivo onere del contribuente provare l’esistenza e l’inerenza dei costi sopportati ai fini delle deduzioni e delle detrazioni previste dalla normativa vigente, accogliendo l’appello di AE nonostante l’insufficienza e la contraddittorietà delle prove fornite da parte di quest’ultima a sostegno dell’avviso di accertamento impugnato .
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 109, comma 5 , del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR), per avere la CGT2 accolto l’appello promosso da AE sull’ assunto che la società contribuente non avrebbe dimostrato che i servizi prestati dalle società controllate dalla medesima non abbiano influito direttamente e positivamente sull’andamento societario.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile in ragione della novità della questione.
2.1. Invero, il motivo si fonda essenzialmente sulla violazione di una disposizione di legge, l’art. 7, comma 5 bis , del d.lgs. n. 546 del 1992, che è entrata in vigore solo in data 16 settembre 2022 e che,
non avendo efficacia retroattiva, è applicabile solo ai giudizi introdotti successivamente alla data indicata (Cass. n. 20816 del 25/07/2024).
2.2. Né risulta che nei giudizi di merito la società contribuente abbia in qualche modo contestato la legittimità della motivazione dell’avviso di accertamento impugnato.
Il secondo motivo di ricorso, che riguarda la ripresa concernente i costi sostenuti per i servizi espletati da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, è infondato.
3.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il principio di inerenza, pur con le dovute precisazioni derivanti dall’applicazione della giurisprudenza della Corte di giustizia della UE per l’imposta armonizzata, è unico per le imposte dei redditi e per l’IVA (Cass. n. 18904 del 17/07/2018), si ricava dalla nozione di reddito d’impresa (e non dall’art. 109, comma 5, del medesimo d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, riguardante il diverso principio della correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili) (Cass. n. 450 del 11/01/2018) ed è espressione della necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’impresa, anche in via indiretta, potenziale o in proiezione futura, escludendo i costi che si collocano in una sfera ad essa estranea (Cass. 30030 del 21/11/2018; Cass. n. 27786 del 31/10/2018; Cass. n. 13882 del 31/05/2018; Cass. n. 450 del 2018, cit. ; Cass. n. 18904 del 2018, cit. ).
3.1.1. Lo stesso si traduce in un giudizio di carattere qualitativo, che prescinde, in sé, da valutazioni di tipo utilitaristico (o di vantaggio economico) ovvero quantitativo (Cass. n. 27786 del 2018, cit. ; Cass. n. 22938 del 26/09/2018; Cass. n. 18904 del 2018, cit. ), sicché « il costo attiene o non attiene all’attività d’impresa a prescindere dalla sua entità » (così espressamente, in motivazione, Cass. n. 18904 del 2018, cit. ).
3.1.2. Peraltro, secondo il medesimo orientamento (si veda sempre la motivazione di Cass. n. 18904 del 2018, cit. ), il giudizio quantitativo o di congruità non è del tutto irrilevante, collocandosi, invece, su un diverso piano logico e strutturale rispetto al giudizio di inerenza (cfr. Cass. 27786 del 2018, cit. ).
3.1.3. Quest’ultimo implica che la prova debba investire i fatti costitutivi del costo, sicché, per quanto riguarda il contribuente, egli è tenuto a provare (e documentare) l’imponibile maturato e, dunque, l’esistenza e la natura del costo, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, ovvero che esso è in realtà un atto d’impresa perché in correlazione con l’attività d’impresa; prova che è tanto più complessa quanto complessa, atipica e originale è l’operazione posta in essere.
3.1.4. A sua volta, l’Amministrazione finanziaria, ove ritenga gli elementi dedotti dal contribuente mancanti, insufficienti od inadeguati ovvero riscontri ulteriori circostanze di fatto tali da inficiare la validità e/o la rilevanza di quelli allegati a fondamento dell’imputazione del costo alla determinazione del reddito, può contestare la valutazione di inerenza.
3.1.5. Ciò si traduce: a) in tema di imposte dirette, nella possibilità che l’Amministrazione finanziaria, nel negare l’inerenza di un costo, contesti anche l’incongruità e l’antieconomicità della spesa, che assumono rilievo, sul piano probatorio, come indici sintomatici della carenza di inerenza pur non identificandosi in essa (cfr. Cass. n. 13588 del 30/05/2018); b) in tema di IVA, nella possibilità per l’Amministrazione finanziaria di dimostrare la macroscopica antieconomicità del costo, rilevando questa quale indizio dell’assenza di connessione tra costo e l’attività d’impresa.
3.2. Peraltro, il concetto di inerenza si pone in termini non del tutto similari in relazione ai contratti infragruppo. Invero, secondo
un’impostazione ampiamente condivisa da questa Corte, in materia di costi cd. infragruppo (da ultimo Cass. n. 2599 del 27/01/2023), affinché il corrispettivo, riconosciuto alla società incaricata del servizio a beneficio di altra consociata, sia deducibile da quest’ultima , occorre che la beneficiaria tragga dal servizio remunerato un’effettiva utilità e che detta utilità sia obiettivamente determinabile ed adeguatamente documentata (Cass. n. 32422 del 14/12/2018; Cass. n. 23164 del 04/10/2017; Cass. n. 23027 del 23/11/2015; Cass. n. 6820 del 04/03/2020), anche se a quei costi non corrispondano direttamente ricavi in senso stretto (Cass. n. 31405 del 05/12/2018; Cass. n. 10062 del 01/08/2000).
3.2.1. Ciò significa che l’onere della prova in ordine all’esistenza e all’inerenza dei costi sopportati grava sul contribuente che affermi di aver ricevuto il servizio, in base alle regole generali in tema di costi deducibili (Cass. n. 24880 del 18/08/2022; Cass. n. 8293 del 04/04/2013; e con riguardo alle operazioni infragruppo Cass. n. 12268 del 10/05/2021; Cass. n. 439 dell’11/01/2018).
3.3. Tenuto conto dei superiori principi di diritto, la statuizione della CGT2 deve ritenersi corretta. Il giudice di appello ha, infatti, affermato che «Nell’ipotesi in esame, l’appellata non ha provato che i servizi asseritamente prestati dalle varie controllate avessero influito direttamente e positivamente sull’andamento societario, diminuito eventuali costi, favorito il miglioramento della produzione, oppure diminuito costi precedentemente assunti per servizi similari, o anche che la prestazione dei nuovi servizi avesse, anche in via previsionale, accresciuto le potenzialità delle strutture stesse».
3.4. In altri termini, con accertamento in fatto insindacabile in sede di legittimità, la sentenza impugnata ha ritenuto l’inesistenza agli atti della prova (gravante sulla ricorrente) che il servizio ricevuto dalla RAGIONE_SOCIALE -indipendentemente da una generica inerenza
all’attività di impresa abbia avuto per la beneficiaria un’utilità obiettivamente apprezzabile e determinabile.
In conclusione, il ricorso va rigettato. Nulla per le spese non avendo AE depositato controricorso.
4.1. La società contribuente va condannata, ai sensi dell’art. 96 , quarto comma, cod. proc. civ., richiamato dall’art. 380 bis cod. proc. civ., al pagamento dell’ulteriore somma liquidata in dispositivo a favore della cassa delle ammende.
4.2. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento della somma di euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 13/03/2025.
Il Presidente NOME COGNOME