LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Costi infragruppo: la Cassazione sulla deducibilità

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6100 del 2024, ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando la deducibilità dei costi infragruppo e di quelli derivanti da operazioni con imprese in paesi ‘black list’. La Corte ha stabilito che, per i costi infragruppo, il contribuente deve fornire prova documentale dell’effettiva utilità del servizio ricevuto. Per le operazioni con paradisi fiscali, è sufficiente dimostrare l’effettivo interesse economico dell’operazione, quale condizione alternativa allo svolgimento di un’attività commerciale da parte del partner estero. La sentenza sottolinea l’importanza di una documentazione robusta e dettagliata per difendersi dalle contestazioni fiscali.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Costi infragruppo e Black List: la Cassazione fissa i paletti per la deducibilità

La gestione dei costi infragruppo rappresenta una delle sfide più complesse per le aziende multinazionali, trovandosi spesso al centro di verifiche da parte dell’Amministrazione Finanziaria. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 6100 del 6 marzo 2024, offre chiarimenti fondamentali sui requisiti di deducibilità di tali costi e di quelli sostenuti per operazioni con partner commerciali in paesi a fiscalità privilegiata. La pronuncia ribadisce un principio cardine: la solidità della prova documentale è l’arma più efficace per il contribuente.

I Fatti di Causa

Una società italiana, attiva nella produzione di macchinari industriali, si vedeva recapitare un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate contestava la deducibilità di diverse tipologie di costi per l’anno d’imposta 2008. In particolare, i rilievi si concentravano su tre aree:
1. Una sopravvenienza attiva derivante dall’errato utilizzo di un fondo svalutazione crediti.
2. I costi di regia (management fees) addebitati dalla capogruppo estera.
3. I costi per operazioni commerciali con diverse imprese situate in paesi a fiscalità privilegiata (cosiddetti ‘black list’).

Dopo un iter giudiziario che vedeva i giudici di primo e secondo grado esprimersi in maniera parzialmente o totalmente favorevole alla società, l’Agenzia delle Entrate decideva di ricorrere per Cassazione.

L’Analisi della Corte sui Costi Infragruppo

Il punto focale del contendere riguardava la deducibilità dei cosiddetti costi infragruppo, addebitati alla società italiana dalla controllante americana. L’Agenzia lamentava la genericità della documentazione, ritenendola insufficiente a provare l’inerenza e l’effettiva utilità dei servizi ricevuti.

La Corte di Cassazione, respingendo il motivo di ricorso, ha chiarito che l’onere della prova grava sul contribuente. Quest’ultimo deve dimostrare che la consociata ha tratto un’effettiva utilità dal servizio remunerato, secondo il cosiddetto ‘benefit test’. Non è sufficiente la mera contabilizzazione del costo, ma occorre una documentazione di supporto da cui si possano evincere l’importo, la ragione e la coerenza economica dell’operazione.

Nel caso di specie, la società aveva prodotto un solido compendio probatorio, tra cui:
* Il contratto di servizi (cost sharing agreement).
* Le fatture emesse dalla capogruppo.
* I report della società di revisione.
* I prospetti di suddivisione dei costi (corporate charges) con i relativi criteri di ripartizione.
* Le schede contabili.

La Corte ha ritenuto tale documentazione idonea a dimostrare la natura del servizio, l’effettività dei costi e la loro funzionalità all’attività d’impresa, confermando così la loro piena deducibilità.

Il Valore della Relazione di Revisione

Un aspetto interessante toccato dalla sentenza riguarda il valore probatorio della relazione della società di revisione. La Cassazione ha precisato che, sebbene non sia un atto pubblico, essa costituisce un mezzo di prova rilevante, in ragione dei profili di controllo pubblicistico e della responsabilità civile e penale del revisore. Tale relazione può essere confutata solo con la produzione di documenti che dimostrino l’errore o l’inadempimento del revisore stesso.

La Questione delle Operazioni in Paesi Black List

Altro tema cruciale era la deducibilità dei costi per operazioni con imprese residenti in paesi a fiscalità privilegiata. La normativa vigente all’epoca dei fatti (art. 110, commi 10 e 11, T.U.I.R.) stabiliva una presunzione di indeducibilità, che il contribuente poteva superare fornendo una specifica prova contraria.

La Corte ha ribadito che le condizioni per vincere tale presunzione sono due, tra loro alternative:
1. Dimostrare che l’impresa estera svolge prevalentemente un’attività commerciale effettiva.
2. Oppure, dimostrare che le operazioni poste in essere rispondono ad un effettivo interesse economico per l’impresa italiana e che hanno avuto concreta esecuzione.

La società contribuente, anche in questo caso, è riuscita a fornire prove dettagliate per ciascuna operazione contestata, dimostrando l’effettivo interesse economico. Ad esempio, ha provato che certi interventi erano giustificati da finalità di fidelizzazione della clientela e consentivano un risparmio su costi di trasferta e trasporto, o che il fatturato generato dal partner estero giustificava ampiamente la convenienza economica delle operazioni.

Le Motivazioni

La decisione della Corte si fonda su principi consolidati in materia di onere della prova nel diritto tributario. Per i costi infragruppo, viene confermato l’approccio sostanzialistico del ‘benefit test’: il contribuente deve dimostrare, con un corredo documentale specifico e non generico, il vantaggio concreto ricevuto dalla propria attività imprenditoriale. La Corte ha valorizzato l’insieme delle prove fornite, ritenendole sufficienti a superare le contestazioni di genericità avanzate dall’Agenzia. Per quanto riguarda i costi ‘black list’, la sentenza ha correttamente applicato il principio dell’alternatività delle esimenti. Avendo il contribuente fornito ampia prova della seconda condizione (l’interesse economico effettivo), la Corte ha ritenuto superata la presunzione di indeducibilità, giudicando le valutazioni di merito compiute dai giudici di appello logiche, coerenti e non sindacabili in sede di legittimità.

Le Conclusioni

La sentenza 6100/2024 della Cassazione è un importante promemoria per tutte le imprese che operano in contesti internazionali. La deducibilità dei costi infragruppo e di quelli derivanti da operazioni con soggetti in paradisi fiscali non è automatica, ma dipende interamente dalla capacità dell’azienda di documentare in modo analitico e puntuale la sostanza economica delle transazioni. La creazione e conservazione di una documentazione adeguata (contratti, report, analisi dei costi, giustificazioni economiche) non è un mero onere burocratico, ma il principale strumento di difesa per prevenire e gestire con successo le contestazioni del Fisco.

Quali prove deve fornire un’azienda per dedurre i costi infragruppo?
L’azienda deve dimostrare che il servizio ricevuto dalla società del gruppo è stato effettivamente utile per la propria attività e ha generato un vantaggio concreto (‘benefit test’). Per farlo, è necessario produrre una documentazione dettagliata che includa il contratto di servizi, le fatture, i report di revisione e, soprattutto, i criteri specifici e congrui di ripartizione dei costi.

È possibile dedurre i costi per operazioni con imprese in paradisi fiscali (black list)?
Sì, è possibile. La legge prevede una presunzione di indeducibilità, ma il contribuente può superarla dimostrando una delle due seguenti condizioni, che sono alternative tra loro: 1) che l’impresa estera svolge un’effettiva e prevalente attività commerciale; oppure 2) che le singole operazioni rispondono a un reale interesse economico per l’impresa italiana e sono state concretamente eseguite.

La relazione di una società di revisione è una prova sufficiente per i costi infragruppo?
Da sola potrebbe non essere sufficiente, ma rappresenta un elemento probatorio molto rilevante. La Corte di Cassazione afferma che, pur non essendo un atto pubblico, la relazione di revisione ha un peso notevole, dato il ruolo e le responsabilità del revisore. Essa fa parte del complesso di prove che il giudice deve valutare e può essere contestata efficacemente solo dimostrando un errore o un’inadempienza da parte del revisore stesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati