Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6584 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 6584 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 12/03/2024
Contratti infragruppo: spese di regia-inerenza Iva- documento doganale
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 12253/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, in forza di procura in calce al controricorso, ed elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’AVV_NOTAIO;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE Venezia-Giulia n. 212/2017, pubblicata in data 27/11/2017, notificata in data 14/02/2018; udita la relazione della causa svolta nella udienza del 12/01/2024 dal consigliere AVV_NOTAIO. NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; , che ha udita l’AVV_NOTAIO per l’Avvocatura dello Stato concluso per l’accoglimento del ricorso .
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE Venezia -Giulia, a seguito di p.v.c., emetteva nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, esercente l’attività di fabbricazione di gru, argani, verricelli, elevatori e simili, un avviso di accertamento per l’anno di imposta 2007 con cui effettuava i tre seguenti rilievi:
riprendeva a imposizione, a fini Irap, costi di regia imputati alla RAGIONE_SOCIALE dalla RAGIONE_SOCIALE capogruppo RAGIONE_SOCIALE, costi rubricati in fattura come Corporate management charges -general allocation e other charge , ritenendo che la documentazione RAGIONE_SOCIALE proAVV_NOTAIOa dalla RAGIONE_SOCIALE non forniva alcun valido elemento per il capitolo di spesa denominato RAGIONE_SOCIALE, i cui costi, a differenza di altri, risultavano imputati genericamente, senza indicazione RAGIONE_SOCIALE attività svolte, del personale addetto e RAGIONE_SOCIALE ore impiegate, e senza documentazione aggiuntiva rispetto alla relazione della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, che tali elementi pure non indicava, genericità che rendeva impossibi le verificare l’effettiva utilità per la RAGIONE_SOCIALE italiana e anche se le spese sostenute fossero deducibili nell’ordinamento italiano;
-applicava sanzioni per assenza di prova dell’avvenuta esportazione di alcune merci (due gru) in Islanda per violazione degli
obblighi relativi alla documentazione, registrazione e individuazione RAGIONE_SOCIALE operazioni soggette all’IVA, ex art. 6 d.lgs. n. 471 del 1997;
r ilevava l’omessa fat turazione IVA di alcune prestazioni che per natura dovrebbero ritenersi territorialmente rilevanti in Italia ai sensi del l’art. 17, comma 3, d.lgs. n. 633 del 1972.
La CTP di Trieste rigettava il ricorso della RAGIONE_SOCIALE contribuente, ad eccezione del motivo relativo al terzo rilievo.
La CTR del RAGIONE_SOCIALE Venezia-Giulia rigettava l’appello principale dell’RAGIONE_SOCIALE e accoglieva l’appello incidentale della RAGIONE_SOCIALE, annullando integralmente l’accertamento .
In particolare, i giudici dell’appello , per quanto in questo grado di giudizio ancora rileva, ritenevano:
che la RAGIONE_SOCIALE avesse provato la certezza e determinabilità dei costi di regia, producendo il contratto di servizi, il report della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, le fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE, gli estratti conto, i prospetti di suddivisione RAGIONE_SOCIALE Corporate Charges e, con specifico riferimento al centro di costo in discussione, la certificazione della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE che evidenziava la natura del servizio reso, i criteri di ripartizione e l’effettività dei costi sostenuti con annesse schede contabili; che la relazione della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, in forza dei profili di controllo pubblicistico e di responsabilità penale e civile del revisore, poteva essere privata dalla forma dimostrativa dei fatti attestati solo con una prova contraria documentale idonea a provare che il revisore fosse incorso in errore o inadempimento; che i costi RAGIONE_SOCIALE management fees risultavano da un accordo scritto che conteneva il dettaglio RAGIONE_SOCIALE prestazioni rese e il criterio di ripartizione il che doveva far ritenere quindi l’inerenza, ai sensi dell’art. 109, comma 5, t.u.i.r., che non può ritenersi limitata alla presenza di un nesso di causa/effetto tra costi e ricavi ma va riferita all’oggetto dell’impresa; richiamava la
giurisprudenza di legittimità sull ‘ idoneità della relazione della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a fornire la prova della certezza e determinabilità dei costi;
-che la prova dell’avvenuta esportazione in Islanda RAGIONE_SOCIALE merci, in assenza di DAU, potesse esser data con ogni mezzo che avesse requisiti di certezza e incontrovertibilità, di provenienza pubblica, mentre non sono idonei documenti di origine privata; nel caso di specie, tale prova era integrata da fatture di vendita, lettere di vettura del trasportatore, nota di consegna alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e manifesti di carico timbrati dalla dogana di Rotterdam , posto che l’esportazione era avvenuta a cura dell’esporta tore estero e quindi sia il messaggio di uscita conclusa che la procedura di follow up erano stati notificati al cliente estero.
Contro tale sentenza propone ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE con tre motivi di ricorso.
La RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
AVV_NOTAIO, procuratore della RAGIONE_SOCIALE, ha depositato atto di rinuncia al mandato.
Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte per il rigetto del ricorso.
La causa è stata discussa alla pubblica udienza del 12/01/2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., l’RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione degli artt. 23 e 53 della Costituzione, degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., degli artt. 2697, 2699, 2700, 2727 e 2729 cod. civ., degli artt. 95, comma 3, 102, comma 9, e 109 t.u.i.r. nonché 4, 5, 11 e 25 d.lgs. n. 446 del 1997; la difesa erariale premette che, in tema di cost sharing agreement , l’onere dalla prova in ordine all’esistenza dei servizi svolti e all’inerenza e congruità dei costi sopportati incombe sulla RAGIONE_SOCIALE che affermi di aver ricevuto il servizio, occorrendo che la controllata tragga dal servizio remunerato un ‘effettiva utilità e che quest’ultima sia
obiettivamente determinabile e adeguatamente documentata, non essendo sufficiente la contabilizzazione del costo ma occorrendo documentazione di supporto da cui ricavare l’importo, la ragione e la coerenza economica della stessa.
Alla luce di tale premessa essa formula tre diverse doglianze.
Con la prima assume che la CTR non abbia valutato la coerenza e l’utilità economica dei costi e la loro congruità rispetto a quelli che sarebbero stati riconosciuti tra imprese indipendenti bensì deciso sulla base del dato formale rappresentato dalla presenza dell’accordo infragruppo e dei criteri di ripartizione nonché in considerazione dell ‘ effettività RAGIONE_SOCIALE prestazioni.
Con la seconda deduce che la CTR non abbia considerato che nei costi in esame erano presenti anche spese, quali costi RAGIONE_SOCIALE ricariche telefoniche, spese di trasferta, vitto e alloggio del personale, la cui deduzione in Italia non è integrale ma limitata.
Con la terza lamenta che la CTR abbia attribuito valore fidefaciente al documento elaborato dalla RAGIONE_SOCIALE, in violazione degli artt. 2699 e 2700 cod. civ. e dei principi di diritto affermati dalla Suprema Corte, anche tenendo conto del fatto che la RAGIONE_SOCIALE è stata effettuata in nome e per conto della RAGIONE_SOCIALE statunitense e in dichiarata applicazione della legislazione statunitense, sicchè mancherebbe il pre supposto fattuale, iscrizione all’albo e vigilanza della RAGIONE_SOCIALE, che nella giurisprudenza della Corte è posto a base del riconoscimento del valore RAGIONE_SOCIALE relazioni della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE del bilancio; il documento inoltre costituirebbe una mera perizia di parte, priva di autonomo valore probatorio.
Con il secondo motivo di ricorso, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 ) cod. proc. civ., l’RAGIONE_SOCIALE deduce violazione degli artt. 115, 116 e 132, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ., 32, 36, comma 2, n. 4, 53, 54 e 61 d.lgs. n. 546
del 1992, lamentando l ‘ apparenza della motivazione laddove la CTR ha ritenuto che il giudice di primo grado non avesse fatto buon governo della documentazione in atti e laddove ha ritenuto che le procedure previste dagli artt. 796sexies e 787 Reg. Cee n. 2454/93 si sarebbero perfezionate nei confronti dell’ esportatore estero che aveva curato il trasporto per conto dell’ac quirente islandese; nonché la contraddittorietà della stessa laddove la CTR ha dato rilievo a documenti che, a tutto concedere, possono provare che la merce è pervenuta alla Dogana di Rotterdam ma non anche la sua materiale fuoriuscita dal territorio comunitario.
Con il terzo motivo, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 ) cod. proc. civ., l’RAGIONE_SOCIALE deduce violazione degli artt. 115, 116 cod. proc. civ., 2697, 2727, 2729 cod. civ., 8 e 54 d.P.R. n. 633 del 1972, 146 della Direttiva 2006/112/CE, 786, 787, 792 e 796quinquies Reg. CE 2 luglio 1993, n. 2454, deducendo in particolare che l’art . 8, comma 1, lett. b) del d.P.R. n. 633 del 1972 prevede la irrilevanza di documentazione privata.
Il primo motivo deve essere esaminato alla luce dei seguenti principi elaborati da questa Corte e si rivela infondato.
2.1. La valutazione dell’inerenza, nel caso di specie, deve essere conAVV_NOTAIOa in base ai principi affermati in relazione ai contratti infragruppo, ove il tema si pone in termini non del tutto simili a quelli generali e ove le questioni dell’inerenza del costo e del suo valore normale, in base alla disciplina del transfer pricing, spesso si pongono insieme, pur rimanendo distinte sul piano logico e giuridico.
Va premesso che il fenomeno giuridico ed economico dei gruppi aziendali può astrattamente comportare il diffondersi di operazioni aziendali di tipo difensivo che, nate per la più conveniente allocazione dell’imponibile tra le RAGIONE_SOCIALE associate, sono spesso sfociate in vere e proprie operazioni elusive, il che comporta una particolare rigore, in
linea AVV_NOTAIO, nella valutazione RAGIONE_SOCIALE operazioni intercompany che hanno destato anche l’attenzione dell’OCSE (Cass. 24/07/2013, n. 17955, seguita da molte altre, tra cui di recente Cass. 06/07/2021, n. 19166).
Secondo un’impostazione ampiamente condivisa da questa Corte, in materia di costi c.d. infragruppo, affinché il corrispettivo, riconosciuto alla capogruppo o alla RAGIONE_SOCIALE incaricata del servizio a beneficio di altra consociata, sia deducibile dalla RAGIONE_SOCIALE che lo riceve, occorre che la controllata tragga dal servizio remunerato un’effettiva utilità e che quest’ultima sia obiettivamente determinabile ed adeguatamente documentata (Cass. 30/01/2023, n. 2689; Cass. 27/01/2023, n. 2599; Cass. 04/03/2020, n. 6820; Cass. 14/12/2018, n. 32422; Cass. 04/10/2017 n. 23164; Cass. 23/11/2015, n. 23027; Cass. 18/07/2014, n. 16480; Cass. 21/12/2009, n. 26851), anche se a quei costi non corrispondano direttamente ricavi in senso stretto (Cass. 05/12/2018, n. 31405; in precedenza Cass. 01/08/2000, n. 10062).
Peraltro, è stata ritenuta legittima la prassi amministrativa (C.M. n. 32/9/2267 del 22 settembre 1980) che, al di là della forfettizzazione percentuale dei costi addebitati dalla capogruppo alle controllate, subordina la deducibilità dei costi derivanti da accordi contrattuali sui servizi all’effettività e all’inerenza della spesa all’attività di impresa esercitata dalla controllata ed al reale vantaggio che deriva a quest’ultima (Cass. 11/11/2015, n. 23027); va evidenziato che la stessa circolare precisa espressamente che il controllo sull’utilità (e sull’inerenza) è pregiudiziale all’accertamento del valore normale (e quindi alla congruità del corrispettivo).
Tale approccio è in linea con quegli orientamenti dell’OCSE, secondo cui, in tema di prestazione di servizi infragruppo, occorre procedere al cd. benefit test , ovverosia a verificare se l’attività
considerata conferisca all’impresa un vantaggio inteso a migliorare la posizione economica o commerciale della stessa ( Guídelines Ocse , 18 luglio 2010, capitolo VII) e con l’approccio rigoroso, in tema di arbitraggi di derivazione OCSE, di cui v’è ampia – e non contraddetta traccia nel formante giurisprudenziale sezionale (Cass. 06/07/2021, n. 19001).
Esistenza del costo, sua inerenza e utilità, ed infine determinabilità del medesimo sono questioni quindi diverse e tutte antecedenti alla sua rettifica secondo il valore normale.
Per consolidata giurisprudenza di questa Corte l’onere della prova in ordine all’esistenza e all’inerenza dei costi sopportati grava sul contribuente che affermi di aver ricevuto il servizio, in base alle regole generali in tema di costi deducibili (Cass. 18/08/2022, n. 24880; Cass. 04/04/2013, n. 8293; e con riguardo alle operazioni infragruppo Cass. 30/01/2023, n. 2689; Cass. 27/01/2023, n. 2599; Cass. 18/07/2022, n. 22564; Cass. 10/05/2021, n. 12268; Cass. 11/01/2018, n. 439).
Alla stregua di tale premessa, questa Corte ha ritenuto che, ove i costi della cui deducibilità si controverte scaturiscano da accordi infragruppo, non può ritenersi sufficiente l’esibizione del contratto riguardante le prestazioni di servizi forniti dalla controllante alle controllate e la fatturazione dei corrispettivi, richiedendosi, al contrario, la specifica allegazione di quegli elementi necessari per determinare l’utilità effettiva o potenziale conseguita dalla consociata che riceve il servizio (Cass. 14/12/2018, n. 32422; Cass. 11/11/2015, n. 23027; Cass. 18/07/2014, n. 16480; Cass. 01/06/2012, n. 8808; Cass. 13/07/2012, n. 11949, richiamate da Cass. 28/06/2019, n. 17535).
2.2. Alla luce di tali principi le tre censure di cui si compone il motivo sono infondate.
La prima censura attiene al profilo dell’inerenza, che deve essere intesa secondo quanto esposto in premessa; sul punto, non
corrisponde al vero che la CTR non abbia valutato l’esistenza di un ‘ utilità per la RAGIONE_SOCIALE, ritenendo invece esplicitamente che le management fees addebitate dalla capogruppo estera alla consociata italiana siano deducibili laddove risultino da un accordo scritto che contenga il dettaglio RAGIONE_SOCIALE prestazioni e specifichi un criterio di riparto congruo, tanto più se la struttura organizzativa della controllata non appare idonea all’espletamento in proprio dei servizi ricevuti dalla controllante , correttame nte evidenziando che l’inerenza non derivasse da un nesso tra costi e ricavi ma occorresse valutare se i primi fossero stati funzionali all’attività di impresa.
La seconda censura, relativa all’eventuale presenza di poste di costo indeducibile, è inammissibile poiché non si confronta con la specifica ratio della decisione intervenuta sul punto, avendo la CTR espressamente evidenziato l’infondatezza di tale doglianza poiché non si tratta di un mero ribaltamento di costi sostenuti dalla capogruppo per conto della RAGIONE_SOCIALE ma il costo di un servizio di regia direzionale la cui quantificazione deve essere oggettivamente determinabile .
La terza censura è infondata, in quanto la RAGIONE_SOCIALE non ha affatto attribuito efficacia fidefaciente alla relazione della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, anzi espressamente affermando che essa non determinava neanche una presunzione relativa della veridicità RAGIONE_SOCIALE scritture, e richiamando l’orientamento di questa Corte secondo il quale le spese e gli altri componenti negativi (i costi) sono ammessi in deduzione, se e nella misura in cui risultano imputati al conto dei profitti e RAGIONE_SOCIALE perdite relativo all’esercizio di competenza, che, specie quando si tratti di accertare fatti che non possono essere dimostrati analiticamente, costituisce, quale parte del bilancio, fonte rilevante di informazioni e può essere verificato dall’Amministrazione finanziaria secondo i criteri di congruità e di coerenza, tenendo conto, altresì, della relazione della
RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, a sua volta mezzo di prova rilevante, in ragione dei profili del controllo pubblicistico e della responsabilità civile e penale del revisore, e confutabile soltanto mediante la produzione di documenti che dimostrino l’errore o l’inadempimento del revisore (Cass. 12/03/2009, n. 5926; Cass. 26/02/2010, n. 4737).
Ma soprattutto la CTR non ha affatto utilizzato, neanche in concreto, la relazione della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE come unica fonte del proprio convincimento, attribuendo rilevanza complessiva all’intero compendio probatorio proAVV_NOTAIOo dalla RAGIONE_SOCIALE, ed in particolare dando atto dell’esame del cost sharing agreement , RAGIONE_SOCIALE fatture emesse dalla capogruppo, degli estratti conto, RAGIONE_SOCIALE specifiche dei criteri di ripartizione RAGIONE_SOCIALE corporate charges , del report annuale della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ed inoltre della certificazione della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE schede contabili, che, secondo quanto emerge dallo controricorso, erano state proAVV_NOTAIOe con l’indicazione del nominativo di ciascun dipendente cui andavano riferiti i servizi in contestazione, evidentemente al fine di superare il primo, ed invero unico, esplicito motivo di contestazione contenuto nell’avviso di accertamento.
All’esito dell’esame di tali documenti, con motivazione, sebbene concisa, sicuramente sufficiente e coerente, la CTR ha ritenuto che essi evidenziassero la natura del servizio reso, i criteri di ripartizione, l’effettività dei costi sostenuti dalla capogru ppo, operando una valutazione di merito non sindacabile in sede di legittimità.
Giova precisare che è pacifico in causa, perché ammesso dalla stessa ricorrente, che la certificazione della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE era peraltro stata accettata dai verificatori per gli altri 21 centri di costo e quindi ampiamente ritenuta valida dalla stessa RAGIONE_SOCIALE e che questa inoltre avesse recuperato a imposizione solo una parte dei costi del centro di costo n. 160 oggetto di contestazione.
Né pare rilevante il riferimento alla legislazione statunitense in quanto, oltre che costituire una doglianza di cui non è indicata la proposizione nel giudizio di merito, si tratta di assunto del tutto generico perché non ne è precisata la rilevanza, posto che nel caso di specie veniva in rilievo la corretta ripartizione dei costi tra le RAGIONE_SOCIALE del gruppo in base all’utilità per ciascuna di esse.
3. Il secondo motivo è infondato.
La mancanza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 132 n. 4 cod. proc. civ. (e nel caso di specie dell’art. 36, secondo comma, n. 4, d.lgs. 546/1992) e riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, si configura quando la motivazione manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione ovvero… essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum . Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata (Cass., Sez.U., 07/04/2014, n. 8053 che ha chiaramente affermato che il sindacato sulla motivazione deve essere interpretato, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione; successivamente tra le tante Cass. 25/09/2018, n. 22598; Cass. 01/03/2022, n. 6626).
In particolare si è in presenza di una motivazione apparente allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture. L’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (Cass., Sez. U., 03/11/2016, n. 22232 e le sentenze in essa citate).
Nel caso di specie, la CTR ha espresso un principio di diritto, per cui in assenza dello specifico documento doganale indicato, la prova dell’esportazione al di fuori del territorio comunitario potesse essere data con altri documenti di provenienza pubblica, e ritenuto che tale prova fosse integrata dai documenti in atti, tutti richiamati, con un percorso motivazionale che è quindi pienamente individuabile.
Il terzo motivo , che attiene al recupero dell’IVA per euro 23.942,55, e con cui l’ufficio aveva disconosciuto l’ esenzione per mancanza di prova dell ‘ esportazione in Islanda di due gru, è infondato.
4.1. L’a rt. 8 d.P.R. n. 633 del 1972 prevede alla lett. a) l’esenzione per le cessioni, anche tramite commissionari, eseguite mediante trasporto o spedizione dei beni fuori del territorio della Comunità economica europea, a cura o a nome dei cedenti o dei commissionari, anche per incarico dei propri cessionari o commissionari di questi. L ‘ esportazione deve risultare da documento doganale, o da vidimazione apposta dall’Ufficio doganale su un esemplare della fattura ovvero su
un esemplare della bolla di accompagnamento emessa a norma dell’art. 2 del d.P.R. 6/10/1978, n. 627 o, se questa non è prescritta, sul documento di cui all’articolo 21, comma 4, terzo periodo, lettera a); nonché, alla lett. b), per le cessioni con trasporto o spedizione fuori del territorio della Comunità economica europea entro novanta giorni dalla consegna, a cura del cessionario non residente o per suo conto, l’esportazione deve risultare da vidimazione apposta dall’Ufficio doganale o dall’Ufficio postale su un esemplare della fattura. Tali disposizioni corrispondono alle lettere a) e b) dell’ art. 146 della direttiva CE 2006/112.
4.2. La decisione della CTR, che ha dato rilevanza al manifesto di carico vidimato dalla dogana del paese di uscita, appare conforme alla giurisprudenza di questa Corte che ha evidenziato, da un lato, che, mediante il richiamo alla documentazione doganale, la norma ha rinviato alla disciplina RAGIONE_SOCIALE leggi doganali e dunque agli atti pubblici attestanti l’esportazione formati dagli uffici doganali (e quindi anche al d.P.R. n. 43 del 1973, art. 346, comma 1, lett. a), cd. T.U.L.D., secondo cui il Ministero RAGIONE_SOCIALE Finanze può, in via AVV_NOTAIO consentire che: lett. a) l’uscita RAGIONE_SOCIALE merci dal territorio doganale, possa essere provata, agli effetti doganali, anche per mezzo di attestazioni o certificazioni rilasciate da una dogana o da altre pubbliche amministrazioni estere, ovvero per mezzo di idonei documenti di trasporto internazionale ). Dall’altro lato, tuttavia, in funzione RAGIONE_SOCIALE esigenze di semplificazione burocratica e speditezza dei traffici commerciali, rispondenti al principio di proporzionalità, il d.P.R. n. 633 del 1972, art. 8, individua anche altri documenti commerciali (fattura; bolla di accompagnamento o altro documento di trasporto), formati dagli stessi operatori privati, purchè, però, recanti la vidimazione dell’ufficio doganale (Cass. 06/04/2022, n. 11112).
Va quindi condivisa la costante giurisprudenza di questa Corte che, in tema di esportazioni al di fuori del territorio dell’UE in regime di non imponibilità, richiede che la destinazione dei beni all’esportazione sia documentata con mezzi di prova certi e incontrovertibili, quali le attestazioni di pubbliche amministrazioni del paese di destinazione dell’avvenuta presentazione RAGIONE_SOCIALE merci in dogana (Cass. 12/10/2018, n. 25454), o la vidimazione apposta dall’ufficio doganale sulla fattura (Cass. 11/08/2016, n. 16971), o anche le bolle di accompagnamento, i documenti internazionali di trasporto e gli altri documenti previsti dall’amministrazione finanziaria, purchè risulti la vidimazione dell’ufficio doganale comprovante l’uscita della merce dal territorio doganale o comunque la prova certa ed incontrovertibile, che può provenire anche dalle autorità pubbliche dello Stato estero importatore, dell’uscita della merce dal territorio doganale dell’Unione (Cass. 28/08/2013, n. 19750), o le fatture supportate dai documenti di trasporto internazionale e le fatture supportate dai manifesti di carico sulla nave cui le merci esportate erano destinate (Cass. 30/01/2018, n. 2259), mentre sono inidonei documenti di origine privata, quali le fatture o la documentazione bancaria attestante il pagamento (Cass. 18/02/2015, n. 3193; Cass. 6/09/2013, n. 20487).
Non ha quindi errato la CTR, alla luce di tali principi, laddove ha dato rilevanza al manifesto di carico, attestante il carico della merce a bordo della nave del trasportatore, vidimato dalla dogana di uscita, quale prova dell’uscita della merce dal territorio comunitario.
Concludendo, il ricorso va rigettato con condanna della ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere Amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale Stato, non si applica l’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30/05/2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna l’RAGIONE_SOCIALE a pagare le spese di lite in favore della controricorrente, spese che liquida in euro 7.000,00 per compensi, euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2024.