Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7407 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 7407 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/03/2024
ha emesso la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 2416/2017 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, nella persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, giusta procura speciale in calce al controricorso.
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del MOLISE n. 401/3/15, depositata in data 17 dicembre 2015, non notificata; udita la relazione della causa udita svolta nella pubblica udienza del 29 febbraio 2024, dal Consigliere NOME COGNOME; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore RAGIONE_SOCIALE, AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, aveva proposto due ricorsi separati avverso gli avvisi di accertamento relativi agli anni d’imposta 2002 e 2003, con i quali erano state accertate maggiori imposte ai fini Irpeg, Iva e Irap, oltre interessi e sanzioni, a seguito di verifica eseguita nei confronti della stessa società, dalla quale era emerso per l’anno 2002 l’indeducibilità di costi in relazione a fatture per attività di assistenza tecnica e RAGIONE_SOCIALEe emesse dalla società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, con sede nell’Isola di Man e l’omessa autofatturazione in relazione a due fatture per assistenza e consulenza della società RAGIONE_SOCIALE, con sede in Londra, e della società RAGIONE_SOCIALE e per l’anno 2003 costi indeducibili, fatturati dalla società RAGIONE_SOCIALE e costi inesistenti, fatturati dalle società angloamericane RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, sempre per consulenze riguardanti i lavori del gasdotto Sicilia-Libia.
La Commissione tributaria provinciale di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 140/2/09, accoglieva i ricorsi riuniti, annullando gli atti impugnati.
La Commissione tributaria regionale , adita dall’RAGIONE_SOCIALE, sulla premessa che l’o ggetto del contendere concerneva per entrambe le annualità in contestazione (2002 e 2003) recuperi Iva su operazioni extradoganali e costi indeducibili per fatture emesse da società non operanti nella U.E. e che l’Ufficio, aveva accertato la
presunta violazione dell’Iva per non aver assoggettato alla medesima imposta le prestazioni di servizio per assistenza RAGIONE_SOCIALEe e tecnica ricevute da due società estere e, precisamente, la RAGIONE_SOCIALE con sede a Londra e la RAGIONE_SOCIALE con sede a Londra e succursale a Lugano nella ritenuta convinzione che le prestazioni fossero «illocalizzabili» e, quindi, soggette ad Iva, ha rigettato l’appello sulla base RAGIONE_SOCIALE seguenti considerazioni:
-) nella fattispecie non ricorreva il presupposto della territorialità in quanto le operazioni non erano state poste in essere nell’ambito del territorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE italiano ma in zona extradoganale ove le operazioni erano fuori campo Iva;
-) le prestazioni ricevute dalla società RAGIONE_SOCIALE erano da considerarsi localizzabili perché effettuate presso la base operativa extradoganale di Trapani e, pertanto, non imponibili ai fini Iva, come provato dalla autorizzazione (allegata) rilasciata in data 8 aprile 2002 dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Dogane di Palermo, ai sensi degli artt. 2 e 132 del T.U.L.D., con la quale si autorizzava la richiedente RAGIONE_SOCIALE ad istituire e gestire la base operativa extradoganale di Trapani nella quale aveva operato anche la società RAGIONE_SOCIALE quale contrattista, nell’ambito del progetto di realizzazione del gasdotto Libia-Italia della lunghezza di 500 Km;
-) in tale sede extraterritoriale la società RAGIONE_SOCIALE aveva istituito un’unità locale costituita da uno stabilimento per il rivestimento interno ed esterno di tubi in acciaio utilizzabili per l’opera menzionata avvalendosi della consulenza tecnica e RAGIONE_SOCIALEe di società estere specializzate nel settore petrolifero che emettevano le fatture per prestazioni di servizio contestate nell’odierno contendere;
-) che la società operasse anche con stabilimento in Trapani dall’1 novembre 1998 era dimostrato anche dall’allegato certificato della RAGIONE_SOCIALE datato 4 luglio 2003.
4. I giudici di secondo grado, inoltre, sul recupero per costi indeducibili, ai fini Irpeg e Irap, derivanti da fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE, hanno precisato che l’assunto che tali società operassero in territorio a fiscalità privilegiata non aveva trovato conferma alla luce della documentazione probatoria allegata e, specificamente, dal contratto del 25 settembre 2001, da cui risultava che la società RAGIONE_SOCIALE aveva la sua sede legale a Londra -169/173 INDIRIZZO – INDIRIZZO Kingdom, con succursale a Lugano ove era stato stipulato il contratto, e dal contratto del 16 ottobre 2001 stipulato con la società RAGIONE_SOCIALE, da cui risultava che la stessa aveva la sede a Londra – INDIRIZZO; inoltre, erano presenti copie di bonifici per prestazioni rese dalle società commissionarie presso banche di Londra e di Lugano ed anche conti bancari intestati alla società RAGIONE_SOCIALE ed estratto conto al 21 settembre 2009, con indicazione di bonifici effettuati negli anni in contestazione presso la banca di Lugano.
5. La Commissione tributaria regionale, infine, quanto ai costi ritenuti inesistenti riferiti a fatture del 2003 emesse dalle società statunitensi RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, ha rilevato che la ritenuta loro inesistenza era smentita oltre che dagli atti costitutivi, dai codici fiscali e di registrazione, anche dalle modalità di pagamento RAGIONE_SOCIALE fatture effettuate a mezzo di bonifici bancari sui conti intestati alle società, documentazione prodotta dalla società RAGIONE_SOCIALE e che, nell’ ipotesi, come nel caso in esame, di fatture che l’Amministrazione riteneva relative ad operazioni inesistenti (in tale nozione dovendo essere ricondotte, non soltanto, le ipotesi di mancanza assoluta dell’operazione fatturata, ma anche ogni tipo di divergenza tra la realtà RAGIONE_SOCIALEe e la sua espressione documentale, ivi compresa l’ipotesi di inesistenza soggettiva) e tenuto conto che il diritto alla detrazione IVA e il diritto alla deducibilità dal reddito d’impresa dei costi inerenti ex art. 75 del d.P.R. n. 917 del 1986 (vecchio) TUIR non poteva prescindere dalla regolarità
RAGIONE_SOCIALE scritture contabili e dalla fattura che in materia di IVA era documento idoneo a rappresentare un costo dell’impresa , non spettava al contribuente provare che l’operazione era effettiva, ma spettava all’Amministrazione finanziaria, che adduceva la falsità del documento, provare che l’operazione RAGIONE_SOCIALEe, oggetto della fattura, in realtà non era mai stata posta in essere, mentre l’Ufficio, a sostegno del proprio operato, aveva invocato l’utilizzo di mutua assistenza amministrativa in materia fiscale e dalla documentazione prodotta non si rinvenivano elementi certi atti ad escludere i rapporti intercorsi con le ditte statunitensi; di contro, la documentazione prodotta dalla società RAGIONE_SOCIALE escludeva la possibilità che potesse trattarsi di operazioni inesistenti per prestazioni di servizio rese da società statunitensi presenti solo sulla carta, giusta la indicazione degli Organi Collaterali; le società statunitensi risultavano gestite da una società avente sede legale a Londra ove erano state effettuate le operazioni contabili in applicazione del diritto anglosassone e da questo scaturiva il raggiungimento della prova che le operazioni erano realmente avvenute e, conseguentemente, erano ammissibili i costi sostenuti dalla società RAGIONE_SOCIALE; agli atti era presente, pur nella consapevolezza dell’autonomia dei due giudizi penale e tributario, copia della sentenza n. 70/10 del Tribunale di Larino, Sez. Penale, emessa il 27 maggio 2010, che assolveva l’amministratore pro tempore dei reati ascritti in materia IVA 2003 (contestata nell’odierno contendere in campo tributario) per insussistenza del fatto.
L’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a quattro motivi.
La società RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo deduce la violazione dell’art. 36, secondo comma, n. 4, del decreto legislativo n. 546 del 1992 e la violazione dell’art.
2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, nn. 3 e 4, cod. proc. civ.. La sentenza era gravemente immotivata, vuoi perché, in alcune parti, del tutto carente di motivazione vuoi perché, in altre parti, fornita di motivazione meramente apparente ma in realtà inesistente perché totalmente illogica ed irragionevole, e dunque priva di effettivo contenuto. Sotto il primo profilo, essa dava per scontato quanto era in realtà controverso, definendo l’oggetto del giudizio nei termini voluti da controparte come se ciò fosse pacifico, mentre tale non era affatto. In particolare, la definizione di «extradoganalità per le operazioni non era una caratteristica obiettiva dell’oggetto del giudizio, ma esprimeva la soluzione della controversia prospettata dalla parte e supinamente recepita dalla Commissione tributaria regionale, mentre il fatto che le società emittenti non operassero nella U.E. era sostanzialmente irrilevante, ove non unito (come qui) alla precisazione del loro operare in un Paese «black list»; pure immotivata era la definizione, ai fini della contestazione sull’Iva 2003, della società RAGIONE_SOCIALE, come avente sede a Londra e succursale a Lugano, così semplicemente sposando le tesi di controparte, che la fattura intercorresse in realtà con la società RAGIONE_SOCIALE con sede a Londra e Lugano, anziché con la società RAGIONE_SOCIALE, ivi indicata e con sede all’Isola di Man; invece di pervenirvi attraverso un percorso logico argomentato, dato che si trattava non certo di fatto assodato (visto che il documento fiscale era espressamente intestato alla società con sede nell’Isola di Man), bensì di questione controversa. Sotto il profilo della motivazione assolutamente illogica, perchè il fatto che vi fosse la base extradoganale di Trapani e che la società RAGIONE_SOCIALE vi avesse un’unità produttiva non significava affatto che qui fossero state rese le prestazioni di consulenza; al contrario, e tanto più nell’assenza di ogni indicazione in tal senso sulle fatture, era ben più plausibile che tali consulenze (peraltro
dichiaratamente attinenti anche al settore RAGIONE_SOCIALEe, verosimilmente estraneo alla produzione in senso stretto) fossero state rese presso la sede legale della società, quale luogo dove si assumevano le decisioni sia sull’attività produttiva da eseguire poi presso la base extradoganale che sull’attività RAGIONE_SOCIALEe, la quale nulla aveva a che vedere con l’unità ivi sita. Non vi era, dunque, alcun nesso di necessità logica tra l’esistenza della base, nonché dell’unità produttiva ivi localizzata e la prestazione in quel luogo dei servizi fatturati, sicché la motivazione così fondata era priva di senso. Anche il certificato della RAGIONE_SOCIALE datato 4 luglio 2003 e le indicazioni contenute nel contratto non scalfivano il fatto che le fatture dimostrative dei costi indicavano come sede dell’emittente proprio l’Isola di Man, e che in quanto tali e solo per questo, in assenza di prove di operatività a carico della parte e di separata dichiarazione dei costi stessi, esse restavano indeducibili e parimenti era la circostanza che la società operasse su banche di Londra e Lugano, essendo pacifico che la scelta della banca, specie per importanti operazioni con partners internazionali, non aveva alcuna necessaria connessione con la sede del cliente. Quanto poi alle operazioni inesistenti era noto che l’esibizione di mezzi di pagamento non dimostrava l’esistenza del fatturante ed anche l’assoluzione penale dai fatti costituenti reato ex decreto legislativo n. 74 del 2000 non poteva escludere la responsabilità fiscale. L’esistenza RAGIONE_SOCIALE società statunitensi non era nemmeno provata dal fatto che esse fossero gestite da una società avente sede legale a Londra ove erano state effettuate le operazioni contabili, in quanto le «cartiere», di regola, erano utilizzate da un’altra società. La sentenza, dunque, non solo era priva di motivazione, ma aveva accolto la pretesa avversaria senza alcuna prova concreta, in aperta violazione dell’art. 2697 cod. civ..
1.1 In disparte il difetto di specificità della censura, nella parte in cui lamenta il difetto di motivazione sulla «extradoganalità» RAGIONE_SOCIALE operazioni in quanto era irrilevante il fatto che le società emittenti non operassero nella U.E., non essendo stato riportato nel ricorso il contenuto dell’avviso di accertamento , il motivo è infondato.
1.2 La Commissione tributaria regionale, per quanto già esposto, ha rigettato l’appello dell’Ufficio, ritenendo che: 1) con riguardo ai recuperi Iva su operazioni extradoganali non ricorreva il presupposto della territorialità in quanto le operazioni non erano state poste in essere nell’ambito del territorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE italiano ma in zona extradoganale ove le operazioni erano fuori campo IVA; 2) le prestazioni ricevute dalla società RAGIONE_SOCIALE erano da considerarsi localizzabili perché effettuate presso la base operativa extradoganale di Trapani e, pertanto, non imponibili ai fini IVA, come provato dalla autorizzazione rilasciata in data 8 aprile 2002 dall’RAGIONE_SOCIALE Dogane RAGIONE_SOCIALE Palermo, ai sensi degli artt. 2 e 132 del T.U.L.D., con la quale si autorizzava la richiedente RAGIONE_SOCIALE ad istituire e gestire la base operativa extradoganale di Trapani nella quale aveva operato anche la società RAGIONE_SOCIALE quale contrattista, nell’ambito del progetto di realizzazione del gasdotto Libia-Italia e dall’allegato certificato della RAGIONE_SOCIALE datato 4 luglio 2003; 3) in relazione al recupero per costi indeducibili, ai fini Irpeg e Irap, derivanti da fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE, l’assunto che tali società operassero in territorio a fiscalità privilegiata non aveva trovato conferma alla luce della documentazione probatoria allegata e, specificamente, dal contratto del 25 settembre 2001 e dal contratto del 16 ottobre 2001; dalle copie di bonifici per prestazioni rese dalle società commissionarie presso banche di Londra e di Lugano, dai conti bancari intestati alla società RAGIONE_SOCIALE e dall’estratto conto al 21 settembre 2009 con indicazione di bonifici effettuati negli anni in contestazione presso la banca
di Lugano; 4) quanto ai costi ritenuti inesistenti riferiti a fatture del 2003 emesse dalle società statunitensi RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, la loro inesistenza era smentita oltre che dagli atti costitutivi, dai codici fiscali e di registrazione, anche dalle modalità di pagamento RAGIONE_SOCIALE fatture effettuate a mezzo di bonifici bancari sui conti intestati alle società, documentazione prodotta dalla società RAGIONE_SOCIALE e che, nel caso in esame, in presenza di fatture che l’Amministrazione riteneva relative ad operazioni inesistenti, non spettava al contribuente provare che l’operazione era effettiva, ma era onere dell’Amministrazione finanziaria, che adduceva la falsità del documento, provare che l’operazione RAGIONE_SOCIALEe, oggetto della fattura, in realtà non fosse stata posta in essere; 5) l’Ufficio, a sostegno del proprio operato, aveva invocato l’utilizzo di mutua assistenza amministrativa in materia fiscale, ma, di contro, la documentazione prodotta dalla società RAGIONE_SOCIALE escludeva la possibilità che potesse trattarsi di operazioni inesistenti per prestazioni di servizio rese da società statunitensi presenti solo sulla carta, giusta la indicazione degli Organi Collaterali; 6) le società statunitensi risultavano gestite da una società avente sede legale a Londra ove erano state effettuate le operazioni contabili in applicazione del diritto anglosassone e da questo scaturiva il raggiungimento della prova che le operazioni erano realmente avvenute e, conseguentemente, erano ammissibili i costi sostenuti dalla società RAGIONE_SOCIALE; 7) pur nella consapevolezza dell’autonomia dei due giudizi penale e tributario, era agli atti copia della sentenza n. 70/10 del Tribunale di Larino-Sez. Penale emessa il 27 maggio 2010 che assolveva l’amministratore pro tempore dei reati ascritti in materia IVA 2003 per insussistenza del fatto (cfr. pagine 4 -7 della sentenza impugnata).
1.3 Risulta, pertanto, evidente che la decisione impugnata assolve in misura adeguata al requisito di contenuto richiesto dalle disposizioni di legge di cui il ricorso lamenta la violazione, attesa l’esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto della decisione, sufficiente ad evidenziare il
percorso argomentativo della pronuncia giudiziale, funzionale alla sua comprensione e alla sua eventuale verifica in sede di impugnazione 1.4 Va osservato, con la giurisprudenza di questa Corte, che, dovendo l’obbligo motivazionale ritenersi compiutamente adempiuto allorché per mezzo della concisa esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto della decisione venga ad essere illustrato il percorso motivazionale che ha indotto il giudice a regolare la fattispecie al suo esame mediante la norma di diritto applicata, viene al contrario meno all’obbligo in parola – e si mostra perciò viziata dal difetto di motivazione apparente o di mancanza della motivazione – la decisione nella quale « il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento » (Cass., 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., 5 agosto 2019, n. 20921; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105).
1.5 Più specificamente in base alla costante giurisprudenza di legittimità, la «motivazione apparente» ricorre allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente – come parte del documento in cui consiste la sentenza (o altro provvedimento giudiziale) – non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché esibisce argomentazioni obiettivamente inidonee a far riconoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento e, pertanto, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento del giudice (Cass., Sez. U. 22 settembre 2014, n. 19881).
1.6 Così delineati i principi statuiti da questa Corte, la censura svolta dal motivo non appare fondata, dal momento che dalla lettura della sentenza impugnata risultano chiaramente esposte le ragioni della decisione.
1.7 Il motivo è pure infondato nella parte in cui lamenta la violazione dell’art. 2697 cod. civ., in quanto il certificato della RAGIONE_SOCIALE, datato 4 luglio 2003, non provava che nella sede operativa di Trapani fossero state ricevute le prestazioni di consulenza è inammissibile, perché la violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ. si configura nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione RAGIONE_SOCIALE acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere, poiché in questo caso vi è un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (cfr. Cass., 19 agosto 2020, n. 17313).
2. Il secondo motivo deduce la violazione degli artt. 19 e 21 del d.P.R. n. 633 del 1972 e degli artt. 2697 e 2700 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. Era vero che la prova che l’operazione RAGIONE_SOCIALEe, oggetto della fattura, in realtà non fosse stata mai posta in essere doveva essere data con ogni mezzo, anche per presunzioni e, nella specie, vi erano le attestazioni fidefacienti dei verbalizzanti per cui la stessa autorità britannica relativamente alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva comunicato che non sembrava esserci traccia nel Regno Unito tranne che un indirizzo per la corrispondenza (fg. 24, righe 79-30 e 32-33, PVC, dove si leggeva: «L’Organo collaterale statunitense ha comunicato testualmente quanto segue: <abbiamo verificato che le due LCC statunitensi sembrano essere solo il recapito del loro agente residente. Sia l'indirizzo della RAGIONE_SOCIALE che della RAGIONE_SOCIALE corrispondono a quelli dei loro costitutari. Nessuna di tali società ha mai ricevuto un numero fiscale identificativo, né hanno mai presentato dichiarazioni fiscali. Le fatture a suo tempo trasmesse con la lettera a riferimento relative alle due società sono quasi identiche e sembrano generate dallo stesso computer…» (fg. 24 punto c) ed ancora «…effettuato un sopralluogo presso il presunto indirizzo… Possiamo ora
confermare che le società in argomento non esistono se non sulla carta. L'amministratore dell'edificio ha dichiarato di non aver mai sentito parlare RAGIONE_SOCIALE società e l'Ufficio postale non disponeva di un recapito per l'inoltro. Non esiste un numero di partita IVA per nessuna RAGIONE_SOCIALE società, queste non figurano nella nostra banca dati RAGIONE_SOCIALE aziende e nemmeno quando in internet si cerca… attraverso un motore di ricerca». Tali affermazioni erano pienamente idonee a rendere certi i fatti riferiti, con la conseguenza che l'onere probatorio dell'Ufficio ben poteva dirsi assolto ed incombeva alla parte la prova contraria, peraltro, mai fornita. La sentenza, poi, aveva svalutato l'attestazione dei verbalizzanti che la società RAGIONE_SOCIALE operava in territorio a fiscalità privilegiata (f. 17, righe 1-7, PVC: « dalla disamina dei documenti acquisiti alla verifica, relativamente ai rapporti… tra la RAGIONE_SOCIALE e la società RAGIONE_SOCIALE, Anglo RAGIONE_SOCIALE House, Bank Hill, Douglas, Isle RAGIONE_SOCIALE, è stato rilevato che la sede di quest'ultima è ubicata- in un Paese con fiscalità privilegiata… come precisato anche dal collaterale organo inglese». Pertanto, che tale sede fosse attestata dalla stessa autorità fiscale competente per quel fornitore doveva ritenersi accertato con valore di pubblica fede e tale elemento probatorio non poteva essere privato di ogni valore come ha fatto la sentenza.
2.1 Il motivo è fondato.
2.2 Deve premettersi che, con il motivo in esame, vengono in rilievo i costi inesistenti, accertati per l'anno 2003, per euro 350.000,00 ed euro 770.405,00, fatturati dalla società angloamericane RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, per consulenze relative ai lavori del gasdotto Sicilia-Libia e oggetto dei relativi contratti, ritenute inesistenti dall'Ufficio perché, come era stato affermato dall'autorità fiscale USA, le predette società non esistevano se non sulla carta, né esisteva un numero di partita Iva, né figuravano nella banca dati RAGIONE_SOCIALE aziende.
2.3 Ciò posto, con specifico riferimento all'ipotesi, di cui alla presente controversia, in cui l'amministrazione finanziaria contesti l'inesistenza
di operazioni assunte a presupposto della deducibilità dei relativi costi e di detraibilità della relativa imposta, questa Corte ha espresso il consolidato orientamento secondo cui la stessa ha l'onere di provare che l'operazione RAGIONE_SOCIALEe documentata dalla fattura non è stata in realtà mai posta in essere, indicando gli elementi presuntivi o indiziari sui quali fonda la contestazione, mentre è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili, non essendo sufficiente, a tal fine, la regolarità formale RAGIONE_SOCIALE scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, strumenti che vengono di solito adoperati proprio allo scopo di far apparire reale un'operazione fittizia. Più in particolare, la dimostrazione a carico dell'amministrazione finanziaria è raggiunta qualora siano forniti validi elementi che, alla stregua dell'art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 600/1973, e dell'art. art. 54, comma 2, d.P.R. n. 633/1972, possono anche assumere la consistenza di attendibili indizi, per affermare che le fatture sono state emesse per operazioni fittizie, ovvero che dimostrino in modo certo e diretto la inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati ovvero la inesattezza RAGIONE_SOCIALE indicazioni relative alle operazioni che danno diritto alla detrazione. Infatti, nell'ordinamento tributario, gli elementi indiziari, ove rivestano i caratteri di gravità, precisione e concordanza, danno luogo a presunzioni semplici le quali, proprio a mente degli univoci precetti dettati dalle sopra indicate previsioni normative, sono idonee, di per sé sole considerate, a fondare il convincimento del giudice. Assolto in tal guisa l'onere della prova incombente sull'amministrazione finanziaria, grava poi sul contribuente la dimostrazione dell'effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate. Pertanto, il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell'atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall'amministrazione finanziaria, estrinsecando in
motivazione i risultati del proprio giudizio; solo in un secondo momento, qualora ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, a tanto onerato dall'art. 2697, comma secondo, cod. civ. (Cass., 18 ottobre 2021, n. 28628). In particolare, in tema di IVA, una volta che l'Amministrazione finanziaria dimostri, anche mediante presunzioni semplici, l'oggettiva inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell'IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l'effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate, non potendo tale onere ritenersi assolto con l'esibizione della fattura, ovvero in ragione della regolarità formale RAGIONE_SOCIALE scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un'operazione fittizia (Cass., 18 ottobre 2021, n. 28628, in motivazione, citata; Cass., 5 luglio 2018, n. 17619).
2.4 Al fine di individuare, poi, quali elementi presuntivi possono essere forniti dall'amministrazione finanziaria per assolvere al proprio onere di prova in caso di operazioni ritenute oggettivamente inesistenti, gli stessi devono condurre a ritenere, mediante procedimento inferenziale, che l'operazione non sia mai stata posta in essere e, sotto tale profilo, costituisce valido elemento indiziario la circostanza che il soggetto che ha emesso la fattura era privo di idonea struttura organizzativa (locali, mezzi, personale, utenze), posto che è ragionevole inferire che dalla suddetta mancanza degli elementi essenziali per potere operare quale operatore RAGIONE_SOCIALEe possa farsi discendere la considerazione conclusiva della mancata realizzazione dell'operazione indicata in fattura (Cass. civ., 20 aprile 2018, n. 9851).
2.5 Tanto premesso, nella vicenda in esame, la Commissione tributaria regionale non ha fatto piena e corretta applicazione dei
principi di diritto espressi in tali arresti giurisprudenziali, avendo rilevato che la inesistenza RAGIONE_SOCIALE società statunitensi RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE era smentita, oltre che dagli atti costitutivi, dai codici fiscali e di registrazione, anche dalle modalità di pagamento RAGIONE_SOCIALE fatture effettuate a mezzo di bonifici bancari sui conti intestati alle società, così ancorando la propria valutazione ad elementi privi di rilievo, quali la formale regolarità della documentazione e RAGIONE_SOCIALE annotazioni di contabilità, omettendo, per contro, di considerare una ulteriore varietà di elementi, introdotti dall'RAGIONE_SOCIALE in sede di accertamento, quali, per l'appunto, gli esiti dell e attestazioni fidefacienti dei verbalizzanti per cui la stessa Autorità britannica relativamente alla RAGIONE_SOCIALE aveva comunicato che non sembrava esserci traccia RAGIONE_SOCIALE stesse nel Regno Unito e, in particolare, che le due società sembravano essere solo il recapito del loro agente residente; sia l'indirizzo della RAGIONE_SOCIALE che della RAGIONE_SOCIALE corrispondevano a quelli dei loro costitutari; nessuna di tali società aveva mai ricevuto un numero fiscale identificativo, né avevano mai presentato dichiarazioni fiscali; le fatture trasmesse erano quasi identiche e sembravano generate dallo stesso computer; effettuato un sopralluogo presso il presunto indirizzo le società non esistevano se non sulla carta; l'amministratore dell'edificio aveva dichiarato di non aver mai sentito parlare RAGIONE_SOCIALE società e l'Ufficio postale non disponeva di un recapito per l'inoltro; non esisteva un numero di partita IVA per nessuna RAGIONE_SOCIALE società; le stesse non figuravano nella banca dati RAGIONE_SOCIALE aziende e nemmeno su Internet.
2.6 La sentenza impugnata, sul punto, va, pertanto, cassata.
Il terzo motivo deduce la violazione degli artt. 19 e 21 del d.P.R. n. 633 del 1972 e la violazione dell'art. 76, comma 7 ter , TUIR (?), in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. La sentenza era errata avendo ritenuto che la fattura intestata alla società RAGIONE_SOCIALE con sede sull'isola di Man fosse da riferire alla società RAGIONE_SOCIALE con sede
a Londra e a Lugano, per il fatto che « Dal contratto del 25 settembre 2001 sottoscritto dalla RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE società di cui si era avvalsa la società committente per prestazioni tecniche e RAGIONE_SOCIALEi, risulta che la RAGIONE_SOCIALE ha la sua sede legale a Londra…, con succursale a Lugano » e che « Sono presenti altresì copie di bonifici per prestazioni rese dalle società commissionarie …». Ed invero, la fattura era documento dai rigorosi requisiti formali, e non poteva essere considerata regolare, né utilizzata come se lo fosse, quando il soggetto cui era intestata non corrispondeva all'esecutore RAGIONE_SOCIALE prestazioni e percettore della somma ivi indicata e l'indicazione che il pagamento dovesse effettuarsi alla società londinese del gruppo aveva un significato di mera delega di quest'ultima a riscuoterlo per conto della prima, visto che a questa era intestata la fattura e, dunque, indeducibile secondo la normativa RAGIONE_SOCIALE società con sede in Paesi «black list»; né vi erano elementi per derogarvi, posto che mancavano nella specie, ai fini della rivendicata deducibilità in via derogatoria, le condizioni richieste dalla norma di riferimento.
3.1 Anche il terzo motivo è fondato.
3.2 L'art. 7 bis del d.P.R. n. 917 del 1986, nel testo anteriore alle modificazioni apportate a tale decreto dall'art. 1 del decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, prevede che « Non sono ammesse in deduzione le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti e società domiciliate fiscalmente in Stati o territori non appartenenti alla Comunità economica europea aventi un regime fiscale privilegiato, le quali direttamente o indirettamente controllano l'impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile. Si considera privilegiato il regime fiscale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE o del territorio estero che esclude da imposte sul reddito o che sottopone i redditi conseguiti dalle
predette società ad imposizione. Con decreti del Ministro RAGIONE_SOCIALE finanze, sono indicati gli Stati o i territori esteri aventi un regime fiscale privilegiato ».
3.3 L'art. 7 ter del d.P.R. n. 917 del 1986, sempre nella versione in vigore sino al 31 dicembre 2003, prevede che « Le disposizioni di cui al comma 7 bis non si applicano quando le imprese residenti in Italia forniscano la prova che le società estere svolgono prevalentemente un'attività RAGIONE_SOCIALEe effettiva ovvero che le operazioni poste in essere rispondono ad un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione. L'Amministrazione, prima di procedere all'emissione dell'avviso di accertamento di imposta o di maggiore imposta, deve notificare all'interessato un apposito avviso con il quale viene concessa al medesimo la possibilità di fornire, nel termine di novanta giorni, le prove predette. Ove l'Amministrazione non ritenga idonee le prove addotte, dovrà darne specifica motivazione nell'avviso di accertamento . La deduzione RAGIONE_SOCIALE spese e degli altri componenti negativi di cui al comma 7 bis è comunque subordinata alla separata indicazione nella dichiarazione dei redditi dei relativi ammontari dedotti».
3.4 In termini perfettamente identici si esprime, ai commi 10 e 11, l'art. 110 del d.P.R. 917/1986, nel testo in vigore dall'1 gennaio 2004 all' 1 gennaio 2007.
3.5 Con decorrenza dall'1 gennaio 2007, l'art. 1, comma 301, della legge n. 226 del 2006 (finanziaria 2007) ha modificato il testo dell'art. 110 del d.P.R. n. 917 del 1986, nei termini seguenti: « 10. Non sono ammessi in deduzione le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti ed imprese domiciliate fiscalmente in Stati o territori non appartenenti all'Unione europea aventi regimi fiscali privilegiati. 11. Le disposizioni di cui al comma 10 non si applicano quando le imprese residenti in Italia forniscano la prova che le imprese estere svolgono prevalentemente un'attività
RAGIONE_SOCIALEe effettiva, ovvero che le operazioni poste in essere rispondono ad un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione. Le spese e gli altri componenti negativi deducibili ai sensi del primo periodo sono separatamente indicati nella dichiarazione del redditi …» e il contestuale art. 1, comma 302, della legge n. 226 del 2006 ha, poi, sancito: « All'articolo 8 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente: «3-bis. Quando l'omissione o incompletezza riguarda l'indicazione RAGIONE_SOCIALE spese e degli altri componenti negativi di cui all'articolo 110, comma 11, del testo unico RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, si applica una sanzione amministrativa pari al 10 per cento dell'importo complessivo RAGIONE_SOCIALE spese e dei componenti negativi non indicati nella dichiarazione dei redditi, con un minimo di euro 500 ed un massimo di euro 50.000 ».
3.6 Le norme vigenti sino al 31 dicembre 2006, dunque (applicabili nella vicenda in esame) sancivano l'indeducibilità dei costi scaturenti da operazioni intercorse con soggetti residenti in Stati o territori a finalità privilegiata (cd. Paesi black list), ove non risultasse provato che le società estere svolgevano una effettiva attività RAGIONE_SOCIALEe ovvero che le operazioni poste in essere rispondevano ad un effettivo interesse economico ed avevano avuto concreta esecuzione e, in ogni caso, ove i costi non fossero stati separatamente indicati in dichiarazione. Per la normativa entrata in vigore l'1 gennaio 2007, invece, la deducibilità dei costi scaturenti da operazioni intercorse con soggetti residenti in Paesi Black list risulta subordinata solo alla prova dell'operatività dell'impresa estera contraente e dell'effettività della transazione RAGIONE_SOCIALEe. La separata indicazione in dichiarazione dei costi suddetti è degradata, invece, da presupposto sostanziale di relativa deducibilità ad obbligo di carattere formale (a garanzia,
evidentemente, RAGIONE_SOCIALE esigenze di controllo degli uffici finanziari), passibile di corrispondente sanzione amministrativa.
3.7 Come, poi, è stato precisato da questa Corte, « In tema di reddito d'impresa, l'abolizione del previgente regime di indeducibilità dei costi relativi ad operazioni RAGIONE_SOCIALEi intercorse con soggetti domiciliati in Paesi a fiscalità privilegiata (cd. black list), prevista dall'art. 1, commi 301, 302 e 303 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ha carattere retroattivo » (Cass. 27 marzo 2015, n. 6205; Cass., 27 febbraio 2015, n. 4030).
3.8 A decorrere dall'anno 2015, in ultimo, il decreto legislativo n. 417 del 2015 ha eliminato il requisito RAGIONE_SOCIALE svolgimento di una attività RAGIONE_SOCIALEe effettiva. Si legge, infatti, nell'art. 110, commi 10 e 11, che « Le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni, che hanno avuto concreta esecuzione, intercorse con imprese residenti ovvero localizzate in Stati o territori aventi regimi fiscali privilegiati sono ammessi in deduzione nei limiti del loro valore normale… .Le disposizioni di cui al comma 10 non si applicano quando le imprese residenti in Italia forniscano la prova che…le operazioni poste in essere rispondono ad un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione ». E l'art. 5, comma 4, del decreto legislativo n. 147 del 2015 prevede che « Le modifiche ai commi 10, 11 e 12 bis del presente articolo si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del citato decreto ». Non si rinviene più, quindi, il riferimento allo svolgimento effettivo di attività RAGIONE_SOCIALEe, ma solo a decorrere dal 2015.
3.9 Ciò posto in punto di ricostruzione normativa, con riferimento all'epoca dei fatti in contestazione (anni 2002 e 2003), i giudici di merito dovevano valutare se la presunzione di indeducibilità dei costi era superata dal contribuente, sul quale incombeva l'onere di dimostrare alternativamente: lo svolgimento di un'attività RAGIONE_SOCIALEe effettiva da parte della struttura organizzativa estera e la
sussistenza di un effettivo interesse economico sottostante alle operazioni. Ciò sul presupposto, affermato a pag. 4 della sentenza impugnata, che l'oggetto del contendere concerneva costi indeducibili per fatture emesse da società non operanti nella U.E.. In particolare, quel che rileva con specifico riferimento alla censura in esame è il recupero a tassazione, per l'anno 2002, ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette dei costi ritenuti indeducibili ai fini Irpeg e Irap per euro 207.225,00 scaturenti dalla contabilizzazione di tre fatture per prestazioni RAGIONE_SOCIALEi ricevute dalla RAGIONE_SOCIALE, con sede nell'isola di Man, paese a fiscalità privilegiata, e il recupero a tassazione, per l'anno 2003, ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette dei costi ritenuti indeducibili ai fini Irpeg e Irap per euro 341.837,00, scaturenti dalla contabilizzazione di fatture emesse dalla società RAGIONE_SOCIALE (cfr. pag. 2 e 5 della sentenza impugnata). La società contribuente, quindi, doveva dare la prova che la società RAGIONE_SOCIALE svolgesse un'attività RAGIONE_SOCIALEe ai sensi dell'art. 2195 cod. civ. e fosse caratterizzata da una struttura organizzativa idonea allo svolgimento di tale attività, nonché la sussistenza di un effettivo interesse economico sottostante alle operazioni oggetto RAGIONE_SOCIALE fatture in contestazione.
3.9.1 Tale esame, in ordine allo svolgimento di una attività RAGIONE_SOCIALEe effettiva da parte della società estera o la sussistenza di un effettivo interesse economico sottostante alle operazioni, non è stato effettuato in modo conforme alle norme sopra riportate dalla Commissione tributaria regionale che si è, invece, limitata a rilevare che, in relazione al recupero per costi indeducibili, ai fini Irpeg e Irap, derivanti da fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, l'assunto che tali società operassero in territorio a fiscalità privilegiata non aveva trovato conferma alla luce della documentazione probatoria allegata e, specificamente, dei contratti del 25 settembre 2001 e del 16 ottobre 2001, RAGIONE_SOCIALE copie di
bonifici per prestazioni rese dalle società commissionarie presso banche di Londra e di Lugano, dei conti bancari intestati alla società RAGIONE_SOCIALE e dell'estratto conto al 21 settembre 2009 con indicazione di bonifici effettuati negli anni in contestazione presso la banca di Lugano. Sulla base di tali elementi, i giudici di secondo grado hanno ritenuto che le operazioni tra le società non erano state poste in essere in territori a fiscalità privilegiata, come sostenuto dall'Ufficio, e, conseguentemente, le somme di euro 207.224,98 e di euro 341.837,00 dovevano considerarsi costi ammessi in deduzione tra le componenti negative del reddito e non già come maggiore incremento tassabile ai fini Irap (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata).
3.9.2 Ed invero, come è stato affermato da questa Corte, per dimostrare l'effettivo svolgimento di attività economica non è sufficiente produrre l'atto di costituzione della società estera, il bilancio ed il certificato di iscrizione presso il registro RAGIONE_SOCIALE imprese, ma è necessario produrre, la copia del contratto in virtù del quale l'impresa estera ha la disponibilità dell'immobile, in cui esercita la sua attività, le fatture RAGIONE_SOCIALE utenze elettriche e telefoniche, i contratti di lavoro dei dipendenti, gli estratti conto bancari, le autorizzazioni amministrative inerenti l'esercizio dell'attività svolta. Non è sufficiente, quindi, indicare «il numero di registrazione dell'apposito ufficio, attestante lo svolgimento dell'attività RAGIONE_SOCIALEe», essendo questo un mero dato formale, che non impinge sull'effettivo e concreto svolgimento dell'attività RAGIONE_SOCIALEe. Quanto alla seconda esimente, ossia la dimostrazione dell'effettivo interesse economico, prevista in alternativa alla prima, è necessario valutare la «bontà» del risultato imprenditoriale conseguito, sicché occorre tenere conto di tutti gli elementi e le circostanze che caratterizzano il caso concreto, attribuendo rilevanza alle condizioni complessive dell'operazione, e tenendo conto del prezzo stabilito negozialmente, della presenza di costi accessori della fornitura, dei tempi di consegna, dell'esistenza di
vincoli contrattuali che inducono ad effettuare la transazione con il fornitore inserito nella «black list» o che, comunque, rendano eccessivamente onerosa la transazione con altro fornitore (in tal senso anche la circolare n. 51/2010 dell'RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE entrate) (Cass., 22 febbraio 2019, n. 5264, in motivazione).
3.9.3 La sentenza impugnata, anche sotto questo aspetto, non è conforme ai principi suesposti, non essendo stati in alcun modo richiamati il prezzo, i costi accessori, i tempi di consegna, i vincoli contrattuali che hanno indotto la società ad effettuare la transazione con la società estera inserita nella «black list», né le ragioni della maggiore convenienza RAGIONE_SOCIALE operazioni poste in essere.
4. Il quarto motivo deduce la violazione degli artt. 7, lett. d), e 21 del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. Nessuna concreta prova era stata fornita in ordine all'effettuazione RAGIONE_SOCIALE prestazioni nell'area extradoganale di Trapani dove la RAGIONE_SOCIALE aveva istituito una sede operativa ed erroneamente la sentenza aveva dato per scontato che le prestazioni di consulenza fossero state rese in tale area, fondandosi solo sull'autorizzazione rilasciata all'RAGIONE_SOCIALE ad istituirla e gestirla, invece di considerare anzitutto l'insufficienza RAGIONE_SOCIALE fatture a provare tale localizzazione e la non soggezione ad imposta. I documenti fiscali, infatti, in questo caso erano totalmente generici (recando per la società RAGIONE_SOCIALE come oggetto solo «As per our agreement signed on the 16th October 2001», e per la RAGIONE_SOCIALE «RAGIONE_SOCIALE for the above mentioned project», quello cioè pure genericamente relativo al «RAGIONE_SOCIALE Project…Agreement signed on 25 th September 2001» ). In tale situazione non vi era alcuno spazio per presumere la non imponibilità RAGIONE_SOCIALE prestazioni e la loro extraterritorialità, che al contrario in difetto RAGIONE_SOCIALE dovute e specifiche indicazioni non potevano ritenersi presenti, dovendo farsi luogo al regime fiscale ordinario.
4.1 Il quarto motivo è inammissibile, perché si tratta di una doglianza diretta, con evidenza, a censurare una erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie di causa, che non costituiscono vizio di violazione di legge (Cass., 19 agosto 2020, n. 17313).
4.2 In proposito, questa Corte ha affermato il principio secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l'apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., 7 dicembre 2017, n. 29404; Cass., 4 agosto 2017, n. 19547; Cass., 4 aprile2017, n. 8758; Cass., 2 agosto 2016, n. 16056; Cass., Sez. U., 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass., 4 marzo 2021, n. 5987) e che, con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l'apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall'analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l'apprezzamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell'ambito di quest'ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all'uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass., 26 ottobre 2021, n. 30042).
4.3 Ed invero, nel caso di specie, non viene in rilievo la violazione RAGIONE_SOCIALE regole di diritto che l'RAGIONE_SOCIALE ricorrente assume essere state violate e le doglianze mirano a contestare l'accertamento in fatto operato dalla Commissione tributaria regionale, che ha ritenuto che, nella fattispecie
in esame, non ricorreva il presupposto della territorialità in quanto le operazioni non erano state poste in essere nel territorio italiano, ma in zona extradoganale; che le operazioni erano localizzabili, perchè effettuate presso la base operativa extradoganale di Trapani; che tale circostanza era provata in ragione dell'autorizzazione rilasciata dall'RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Dogane di Palermo in data 8 aprile 2002 (con la quale la richiedente RAGIONE_SOCIALE era stata autorizzata a istituire la base operativa extradoganale di Trapani, dove aveva operato anche la RAGIONE_SOCIALE quale contrattista, unitamente ad altre imprese, nell'ambito del progetto di realizzazione del gasdotto Libia Italia e dove la società RAGIONE_SOCIALE aveva istituito un'unità locale costituita da uno stabilimento per il rivestimento interno ed esterno di tubi in acciaio utilizzabili per l'opera menzionata avvalendosi della consulenza tecnica e RAGIONE_SOCIALEe di società estere specializzate nel settore petrolifero che avevano emesso anche le fatture per prestazioni di servizio contestate nel caso in esame) e dal certificato della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 4 luglio 2003, che dimostrava che la società RAGIONE_SOCIALE operava con stabilimento in Trapani dall'1 novembre 1998 (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata).
Per quanto esposto, vanno accolti il secondo e il terzo motivo, va rigettato il primo e va dichiarato inammissibile il quarto; la sentenza impugnata va cassata, in relazione ai motivi accolti, e la causa va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Molise, in diversa composizione, anche per la determinazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo; rigetta il primo e dichiara inammissibile il quarto; cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado
del Molise, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 29 febbraio 2024.