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Costi Indeducibili: la Cassazione sui costi soggettivi

Una società del settore recupero metalli ha contestato un avviso di accertamento che dichiarava costi indeducibili derivanti da fatture emesse da “cartiere”. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 33214/2024, ha cassato la sentenza di merito, stabilendo che il giudice d’appello ha omesso di pronunciarsi sulla deducibilità dei costi per operazioni soggettivamente inesistenti. La Corte ha ribadito che tali costi sono deducibili se non utilizzati per commettere reati e se rispettano i principi di inerenza e certezza, rinviando il caso per un nuovo esame.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Costi Indeducibili e Fatture da “Cartiere”: La Cassazione fa Chiarezza

Nel complesso mondo fiscale, uno dei rischi maggiori per un’impresa è quello di incorrere in costi indeducibili, specialmente quando si ha a che fare con fatture provenienti da fornitori poco trasparenti. Un recente intervento della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 33214 del 2024, getta nuova luce su un tema delicato: la deducibilità dei costi derivanti da operazioni “soggettivamente inesistenti”, ovvero quelle transazioni realmente avvenute ma fatturate da un soggetto diverso dal reale fornitore. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Una Società Sotto la Lente del Fisco

Una società operante nel commercio all’ingrosso di metalli ferrosi e non ferrosi si è vista notificare un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate. L’amministrazione finanziaria contestava l’indeducibilità, ai fini IRES e IRAP, di costi per oltre 13 milioni di euro, documentati da fatture ricevute da tre società considerate “cartiere”, ovvero prive di una reale struttura organizzativa. Secondo il Fisco, le operazioni sottostanti erano da considerarsi inesistenti.

La società contribuente si è difesa sostenendo che le operazioni commerciali fossero reali e che l’Ufficio si fosse limitato a contestare una mera inesistenza soggettiva. Nonostante ciò, sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione all’Agenzia delle Entrate, rigettando i ricorsi della società. La questione è così giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e i costi indeducibili

La Suprema Corte ha ribaltato il verdetto dei giudici di merito, accogliendo due motivi cruciali del ricorso presentato dalla società. In primo luogo, ha rilevato un vizio di “omessa pronuncia” da parte della Corte di giustizia tributaria di secondo grado. Quest’ultima, infatti, non aveva esaminato la specifica doglianza della società relativa alla possibilità di dedurre i costi nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti.

In secondo luogo, la Cassazione ha ritenuto fondato anche il motivo relativo alle sanzioni, giudicando la motivazione della sentenza d’appello sull’aumento del 50% della sanzione come meramente apparente e al di sotto del “minimo costituzionale”. Di conseguenza, la Corte ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per un nuovo esame.

Le Motivazioni: la Differenza tra Inesistenza Oggettiva e Soggettiva

Il cuore della decisione risiede nella distinzione fondamentale tra inesistenza “oggettiva” e “soggettiva” delle operazioni. La Corte di Cassazione ha richiamato un principio consolidato, sancito dall’art. 14, comma 4-bis, della Legge n. 537/1993: i costi relativi a operazioni soggettivamente inesistenti possono essere dedotti.

Un’operazione è oggettivamente inesistente quando la transazione commerciale (cessione di beni o prestazione di servizi) non è mai avvenuta. In questo caso, il costo è sempre indeducibile. Un’operazione è, invece, soggettivamente inesistente quando la transazione è reale, i beni sono stati effettivamente scambiati, ma la fattura è stata emessa da un soggetto (la “cartiera”) diverso da colui che ha realmente venduto il bene.

In quest’ultima ipotesi, la giurisprudenza ammette la deducibilità del costo a condizione che:
1. Il costo non sia stato sostenuto per commettere un reato.
2. Siano rispettati i principi generali di inerenza, certezza, determinatezza o determinabilità del costo, come previsto dall’art. 109 del TUIR.

Nel caso di specie, il giudice d’appello si era limitato a confermare l'”inesistenza sostanziale” dell’operazione, senza affrontare la questione specifica della possibile inesistenza solo soggettiva e della conseguente potenziale deducibilità del costo. Questa omissione ha costituito un vizio procedurale talmente grave da giustificare l’annullamento della sentenza.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Imprese

Questa ordinanza della Cassazione rafforza un importante principio a tutela del contribuente. Per le imprese, le implicazioni sono significative:

* Diritto alla Deducibilità: Anche se un fornitore si rivela essere una “cartiera”, non si perde automaticamente il diritto a dedurre il costo, a patto che la merce sia stata effettivamente acquistata e pagata e che il costo sia inerente all’attività d’impresa.
* Onere della Prova: Resta a carico del contribuente l’onere di provare l’effettività dell’operazione, la sua inerenza e il pagamento del corrispettivo.
* Attenzione ai Fornitori: La sentenza sottolinea, indirettamente, l’importanza di effettuare controlli e verifiche sui propri partner commerciali per ridurre il rischio di essere coinvolti, anche inconsapevolmente, in schemi fraudolenti.

In definitiva, la decisione chiarisce che il Fisco non può negare la deducibilità di un costo reale solo perché documentato da una fattura proveniente da un soggetto fittizio, ma deve valutare la sostanza dell’operazione. Un principio di equità e ragionevolezza fondamentale per la corretta applicazione delle norme tributarie.

Un costo derivante da una fattura emessa da una “cartiera” è sempre indeducibile?
No. Secondo la Corte di Cassazione, se l’operazione commerciale è realmente avvenuta (inesistenza “soggettiva”) e il costo è certo e inerente all’attività d’impresa, esso può essere dedotto, a condizione che non sia stato utilizzato direttamente per commettere un reato.

Qual è la differenza tra inesistenza oggettiva e soggettiva di un’operazione?
L’inesistenza è “oggettiva” quando la cessione del bene o la prestazione del servizio non è mai avvenuta. È “soggettiva” quando la transazione è reale, ma la fattura è emessa da un soggetto diverso da quello che ha effettivamente venduto il bene o prestato il servizio.

Può un giudice confermare un aumento delle sanzioni fiscali con una motivazione generica?
No. La Corte ha stabilito che la motivazione che giustifica un aumento delle sanzioni deve essere effettiva e non apparente. Una motivazione che non illustra il percorso logico seguito dal giudice è considerata al di sotto del “minimo costituzionale” e può portare alla cassazione della sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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