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Costi indeducibili da fatture soggettivamente inesistenti

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7268/2024, ha chiarito i principi relativi ai costi indeducibili derivanti da operazioni soggettivamente inesistenti. Nel caso specifico, i costi per consulenze fatturate da una società estera, rivelatasi fittizia, sono stati ritenuti non deducibili. La Corte ha ribadito che l’onere di dimostrare l’effettività, l’inerenza e la concreta destinazione produttiva del costo grava interamente sul contribuente, non essendo sufficiente la sola prova del pagamento. È stata inoltre respinta la richiesta di cessazione della materia del contendere per un condono fiscale, poiché l’istanza era stata presentata oltre il termine perentorio di legge.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Costi Indeducibili: la Cassazione sull’Onere della Prova per Fatture False

La gestione dei costi indeducibili rappresenta una delle sfide più delicate per le imprese. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 7268 del 19 marzo 2024, ha fornito importanti chiarimenti sul tema delle fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, definendo con precisione i confini dell’onere della prova che grava sul contribuente. La decisione sottolinea come, di fronte a una contestazione dell’Agenzia delle Entrate, non sia sufficiente dimostrare l’avvenuto pagamento per dedurre un costo, ma sia necessario provarne l’effettiva esistenza, la natura e, soprattutto, l’inerenza all’attività d’impresa.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un avviso di accertamento notificato a una società a responsabilità limitata per violazioni in materia di IRES e IRAP relative all’anno d’imposta 2005. L’Agenzia delle Entrate contestava la deducibilità di costi derivanti da tre fatture emesse da una società di consulenza con sede dichiarata negli Stati Uniti e un recapito in Inghilterra. Le indagini, condotte in collaborazione con le autorità fiscali britanniche e statunitensi, avevano rivelato che tale società era in realtà fittizia, con sedi inesistenti. Si configurava, quindi, un’ipotesi di operazioni soggettivamente inesistenti, in cui le prestazioni, seppur forse eseguite, provenivano da un soggetto diverso da quello indicato in fattura.
La società contribuente si è opposta all’accertamento, sostenendo di aver agito in buona fede e di aver documentato la propria posizione. Inoltre, in appello, ha invocato la cessazione della materia del contendere, affermando di aver definito la pendenza tributaria avvalendosi di una normativa agevolativa per le imprese colpite dal sisma del 2002.

La Richiesta di Condono Fiscale e la Decisione della Corte

Uno dei motivi di ricorso verteva sulla presunta estinzione del giudizio per cessata materia del contendere. La società sosteneva di aver aderito a una procedura di definizione agevolata prevista per i contribuenti residenti nelle province colpite dal sisma del 2002.

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha rigettato questa tesi in modo netto. L’analisi dei fatti ha dimostrato che la società aveva presentato la comunicazione per la definizione agevolata il 23 giugno 2009, mentre il termine perentorio, prorogato da un provvedimento direttoriale, era scaduto il 16 giugno 2009. Il mancato rispetto di tale scadenza ha comportato la perdita del diritto al beneficio fiscale, rendendo la pretesa del contribuente infondata. Questo passaggio evidenzia l’importanza cruciale del rispetto dei termini perentori nelle procedure di sanatoria fiscale.

La Gestione dei Costi Indeducibili e l’Onere della Prova

Il cuore della controversia riguarda la deducibilità dei costi attestati da fatture emesse da un soggetto fittizio. La Corte ha colto l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia di onere della prova.

Quando l’amministrazione finanziaria fornisce elementi probatori che fanno dubitare della veridicità delle operazioni fatturate – come in questo caso, dove è stata dimostrata l’inesistenza del fornitore – l’onere di provare la legittimità dei costi indeducibili si sposta interamente sul contribuente.

La società ricorrente aveva prodotto contratti, accordi commerciali e prove dei pagamenti effettuati tramite bonifici bancari. Tuttavia, secondo la Suprema Corte, questi elementi non sono sufficienti. Il contribuente deve dimostrare non solo di aver sostenuto il costo, ma anche:

1. L’esistenza e la natura del costo: Provare che la prestazione è stata effettivamente resa.
2. I fatti giustificativi: Fornire tutti gli elementi a supporto della transazione.
3. La concreta destinazione alla produzione: Dimostrare che il costo è inerente all’attività d’impresa e funzionale alla generazione di ricavi.

In sostanza, di fronte a un fornitore fantasma, la prova del solo pagamento non basta a superare la presunzione di falsità della fattura.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione rigorosa del principio di inerenza e sull’applicazione dell’art. 2697 del codice civile sull’onere della prova. I giudici hanno specificato che la deducibilità di un costo non dipende dall’elemento psicologico dell’imprenditore (la sua buona o mala fede), ma da criteri oggettivi. Il costo deve essere strumentale all’esercizio dell’attività d’impresa. Quando il fornitore indicato in fattura è inesistente, il contribuente deve fornire una prova rafforzata, documentando chi sia stato l’effettivo prestatore e come quel servizio abbia concretamente contribuito all’attività aziendale.

La Corte ha anche richiamato la normativa sopravvenuta (jus superveniens), in particolare l’art. 14, comma 4-bis, della legge n. 537/1993, che consente la deducibilità dei costi relativi a operazioni soggettivamente inesistenti a condizione che non siano stati direttamente utilizzati per commettere un reato. Anche in questo quadro normativo, resta fermo l’obbligo del contribuente di dimostrare la realtà e l’inerenza della spesa, onere che nel caso di specie non è stato assolto.

Conclusioni

La sentenza n. 7268/2024 offre un monito importante per tutte le imprese. La deducibilità dei costi è subordinata a una rigorosa prova della loro effettività e inerenza. In presenza di fatture provenienti da soggetti la cui esistenza è contestata dall’amministrazione finanziaria, è fondamentale che l’azienda sia in grado di fornire una documentazione completa e convincente che vada oltre la semplice prova del pagamento. È essenziale condurre un’adeguata due diligence sui propri fornitori e conservare ogni elemento utile a dimostrare la realtà e la finalità economica di ogni transazione, per evitare di incorrere in rettifiche fiscali che possono avere pesanti conseguenze economiche.

Un costo derivante da una fattura per un’operazione soggettivamente inesistente è deducibile?
Sì, può essere deducibile, ma solo a condizione che il contribuente fornisca la prova rigorosa che il costo è stato effettivamente sostenuto, è inerente all’attività d’impresa e non è stato utilizzato per commettere un delitto non colposo. La prova deve dimostrare la realtà della prestazione e la sua concreta destinazione alla produzione, identificando anche il reale fornitore.

Su chi ricade l’onere di provare la deducibilità di un costo contestato dall’Agenzia delle Entrate perché relativo a un fornitore fittizio?
L’onere della prova ricade interamente sul contribuente. Una volta che l’Amministrazione finanziaria ha fornito prove sufficienti a dimostrare l’inesistenza del fornitore, spetta al contribuente dimostrare non solo l’avvenuto pagamento, ma anche l’esistenza, la natura e l’inerenza del costo all’attività d’impresa.

La semplice prova del pagamento è sufficiente per dimostrare la deducibilità di un costo?
No, la sola esibizione dei mezzi di pagamento (es. bonifici bancari) non è considerata una prova sufficiente quando viene contestata l’esistenza del soggetto emittente della fattura. Il contribuente deve fornire prove ulteriori che attestino la reale esecuzione della prestazione e la sua funzionalità rispetto all’attività aziendale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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