Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25090 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25090 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4373/2021 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
ASSOCIAZIONE RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE COGNOME nella persona del presidente e legale rappresentante NOME COGNOME elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE -controricorrenti- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del VENETO n. 257/2020 depositata il 07/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
Sulla base del processo verbale di constatazione notificato in data 22/07/2015, l’ U fficio emetteva nei confronti dell’Associazione sportiva ippica dilettantistica Gondrano e Berta un avviso di accertamento per omesso pagamento dell’IRES, IVA e IRAP dovute per l’anno d’imposta 2013.
L’associazione contribuente e il relativo legale rappresentante sig. COGNOME NOMECOGNOME quale obbligato in solido, presentavano ricorso che veniva respinto, in prime cure, dalla CTP di Padova, con la sentenza n. 50/2019.
Riuniti gli appelli separatamente presentati dai medesimi contribuenti, la CTR del Veneto, con la sentenza oggetto della presente impugnazione, dopo aver rilevato che l’ Ufficio aveva effettivamente dimostrato lo scopo di lucro perseguito dalla associazione e la decadenza dai benefici fiscali previsti per le associazioni dilettantistiche, ha, tuttavia, rideterminato il reddito imponibile a fini IRES, portando in detrazione il costo per IVA e, dopo aver dato atto della buona fede della contribuente, ha conseguentemente annullato le sanzioni applicate.
L’Agenzia delle Entrate ha , quindi, proposto ricorso per cassazione sulla scorta di due motivi di impugnazione, mentre i contribuenti hanno depositato un unico controricorso.
E’ stata, quindi, fissata udienza camerale per il 02.07.2025, in vista della quale i controricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso proposto dall’ Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto, n. 257/2020, depositata il 07.07.2020 e non notificata, si fonda su due motivi di doglianza di seguito schematizzati:
Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 109 e 148 TUIR e dell’ art. 39 d.P.R . 600/1973 e dell’art. 55 del d. P.R. n.633/1972 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., quanto al calcolo dell’imponibile ;
Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 472/1997 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., in ordine alla ritenuta sussistenza della buona fede in capo alla contribuente.
Il primo motivo di ricorso deve ritenersi fondato.
Va in primo luogo considerato che l’accertamento della decadenza dai benefici di legge previsti per le associazioni sportive dilettantistiche, compiuto dalla C.T.R. del Veneto, non è stato oggetto di impugnazione incidentale da parte dei controricorrenti, sì che tale aspetto deve ritenersi ormai non ulteriormente sindacabile ex art. 329, comma 2, c.p.c.
Tanto premesso, risulta evidente l’erronea applicazione degli artt. 55, comma 1, del d.P.R . n. 633/1972 e dell’art. 109 TUIR commessa dai giudici di merito. La prima norma, infatti, consente di computare in detrazione i versamenti eseguiti dal contribuente e le imposte detraibili risultanti dalle liquidazioni periodiche effettuate, quando appare pacifico -invece -che l’associazione semplicemente non abbia mai versato alcun importo a fini IVA, né proceduto alle relative periodiche liquidazioni per l’anno 2013. La seconda disposizione, invece, esclude che gli oneri fiscali di per sé possano essere costi deducibili.
Non è qui in discussione l’astratto principio di neutralità dell’IVA, quanto la circostanza che dal reddito imponibile determinato correttamente computando gli incassi cronologicamente ottenuti nell’anno 2013 dalla contribuente, al netto peraltro dei versamenti per le quote di tesseramento (così come risulta incontestato) siano detratti degli importi per IVA che l’associazione non ha mai applicato sulle remunerazioni percepite, né ha conseguentemente mai ritenuto di versare all’erario.
Del resto, si è anche recentemente osservato che in tema di ricostruzione induttiva dei ricavi in sede di verifica, l’accertamento dell’omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali e della mancata tenuta della contabilità obbligatoria – dando luogo al recupero a tassazione, ai fini delle imposte dirette e dell’IVA, di componenti positivi di reddito non dichiarati – non consente il riconoscimento in via automatica, ai fini della detraibilità dell’IVA, dei costi determinati in base ai dati e alle notizie raccolte nel corso della verifica fiscale per le imposte dirette (per le quali sono deducibili anche in misura forfetaria a seguito delle sentenze della Corte costituzionale n. 225 del 2005 e n. 10 del 2023), poiché sono diversi gli elementi costitutivi delle due imposte ed è onere del contribuente provare, ai fini della loro detrazione, che i costi sono riferibili a operazioni imponibili esistenti (Sez. 5, ord. n. 5486 del 02/03/2025).
Il primo motivo di ricorso deve, in definitiva, essere accolto, non risultando pertinente la giurisprudenza evocata a tal proposito nella memoria illustrativa finale dalla contribuente, la quale, nel richiamare il principio ‘il pagamento dell’IVA all’Erario costituisce un costo deducibile ai sensi dell’art. 99, comma 1, del TUIR’, pretende di estendere tale regola ad un diverso caso di incassi non dichiarati e versamenti IVA mai effettuati, né praticati ai consumatori finali.
Il secondo motivo di ricorso appare invece inammissibile in quanto, pur formulato in termini di violazione di legge, lo stesso tende sostanzialmente a rimettere in discussione gli accertamenti compiuti dai giudici del merito in ordine alla sussistenza della buona fede in capo al contribuente.
Tale conclusione discende da una condivisibile ed assolutamente costante giurisprudenza per la quale ‘deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino
allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme’ (Sez. 2, ord. n. 10927 del 23/04/2024 -Rv. 670888 -01); in precedenza anche Sez. U, sent. n. 34476 del 27/12/2019 (Rv. 656492 03) ha affermato esplicitamente che ‘è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito’.
La pronuncia impugnata va, quindi, cassata con riferimento all’accoglimento del solo primo motivo di impugnazione e con rinvio alla Commissione tributaria regionale, nel frattempo divenuta Corte di Giustizia Tributaria di II grado del Veneto affinché, in diversa composizione, proceda ad una nuova valutazione del caso, tenendo conto dei principi sopra espressi.
Il giudice del rinvio provvederà altresì sulle spese, anche in relazione al presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte,
accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il secondo; cassa, nei limiti del motivo accolto, la sentenza impugnata;
rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di II grado del Veneto, in diversa composizione, per un nuovo esame ed al fine di provvedere alla regolamentazione delle spese, comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2 luglio 2025