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Costi fideiussione rimborso IVA: la giurisdizione

Una società richiedeva il rimborso dei costi per una fideiussione necessaria a ottenere un credito IVA. La Corte di Cassazione ha confermato la giurisdizione del giudice tributario, definendo tali costi come ‘accessori’ al rapporto fiscale principale. Il ricorso della società è stato respinto perché, dopo un silenzio-rifiuto, non aveva impugnato tempestivamente il successivo diniego esplicito dell’Amministrazione Finanziaria, un atto che sostituisce e supera il precedente silenzio.

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Pubblicato il 24 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Costi fideiussione rimborso IVA: la Cassazione chiarisce la giurisdizione

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su una questione di grande rilevanza pratica per imprese e professionisti: la giurisdizione sulle controversie relative al rimborso dei costi fideiussione rimborso IVA. La decisione conferma un orientamento consolidato, ribadendo che tali controversie rientrano nella competenza delle Corti di giustizia tributaria e sottolineando l’importanza dei corretti passaggi procedurali da parte del contribuente. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa: dalla richiesta di rimborso al ricorso in Cassazione

Una società aveva presentato all’Amministrazione Finanziaria un’istanza per ottenere il rimborso degli oneri sostenuti per una polizza fideiussoria. Tale garanzia era stata richiesta per legge al fine di ottenere il rimborso di un cospicuo credito IVA maturato in un anno d’imposta precedente. Trascorsi novanta giorni senza ricevere alcuna risposta, si era formato il cosiddetto ‘silenzio-rifiuto’, che la società aveva prontamente impugnato dinanzi alla competente Commissione Tributaria Provinciale.

Successivamente, però, l’Amministrazione Finanziaria notificava alla società un provvedimento di diniego esplicito. Nonostante ciò, la società proseguiva il giudizio basato sul silenzio-rifiuto iniziale. Sia la Commissione Provinciale che, in secondo grado, la Commissione Regionale dichiaravano il ricorso inammissibile. Il motivo? La notifica del diniego esplicito aveva superato il silenzio-rifiuto, e la società avrebbe dovuto impugnare quest’ultimo atto entro i termini di legge, cosa che non aveva fatto. La vicenda è quindi approdata in Corte di Cassazione.

La questione della giurisdizione sui costi fideiussione rimborso IVA

Il principale motivo di ricorso della società verteva sul presunto difetto di giurisdizione del giudice tributario. Secondo la difesa, i costi per la fideiussione non avrebbero natura tributaria, né di sanzione, e non sarebbero nemmeno accessori al tributo. Si tratterebbe, quindi, di una questione di natura civilistica.

La Corte di Cassazione ha respinto con forza questa tesi, richiamando una sua recente e chiarificatrice pronuncia (n. 33473/2024). I giudici hanno affermato che la domanda di restituzione dei costi fideiussione rimborso IVA appartiene alla giurisdizione del giudice tributario. La ragione risiede nel fatto che non si discute del rapporto di garanzia in sé (che sarebbe di competenza del giudice ordinario), ma del costo come ‘accessorio’ alla definizione del rapporto di credito tributario. Questo approccio si fonda sul principio di concentrazione delle tutele, secondo cui tutte le controversie collegate a un rapporto fiscale, inclusi gli oneri accessori, devono essere trattate davanti al medesimo giudice specializzato.

Inoltre, la Corte ha dichiarato il motivo inammissibile anche per un’altra ragione: la parte che sceglie di adire un giudice non può, in caso di sconfitta nel merito, contestarne la giurisdizione in appello. Si tratta di un comportamento processuale contraddittorio non ammesso dall’ordinamento.

L’impugnazione del diniego espresso: un onere per il contribuente

La Corte ha anche esaminato e respinto gli altri motivi di ricorso, che miravano a sostenere l’invalidità del diniego esplicito notificato dall’Amministrazione Finanziaria. La società sosteneva che tale comunicazione non fosse un atto autonomamente impugnabile ai sensi dell’art. 19 del D.Lgs. 546/1992.

Anche su questo punto, la Cassazione ha dato torto alla ricorrente. Una volta acclarata la giurisdizione tributaria sulla materia, ne consegue che un provvedimento di espresso diniego relativo al rimborso di tali oneri è a tutti gli effetti un atto che il contribuente ha l’onere di impugnare. Il provvedimento esplicito, infatti, supera e sostituisce il precedente silenzio-rifiuto, cristallizzando le ragioni dell’Amministrazione e diventando l’unico atto contro cui il contribuente può e deve agire in giudizio.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

Le motivazioni della Corte si articolano su due pilastri fondamentali. Il primo è la conferma della giurisdizione tributaria per i costi accessori, in linea con un orientamento volto a garantire una tutela unitaria e concentrata per tutte le questioni derivanti dal rapporto d’imposta. Il secondo pilastro è di natura prettamente procedurale: la Corte ribadisce una regola consolidata secondo cui la sopravvenienza di un atto esplicito fa venir meno l’interesse a proseguire il giudizio contro il silenzio-rifiuto. Il contribuente deve quindi ‘spostare il tiro’ e impugnare il nuovo provvedimento, che contiene le motivazioni definitive dell’ente impositore. Non farlo, come nel caso di specie, porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità del ricorso originario.

Conclusioni: implicazioni pratiche della decisione

L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni. In primo luogo, consolida definitivamente la competenza delle Corti di giustizia tributaria sulle controversie per il rimborso dei costi fideiussione rimborso IVA, chiudendo ogni dibattito sulla natura di tali oneri. Per le imprese, ciò significa che qualsiasi contenzioso su questo tema dovrà essere incardinato davanti al giudice specializzato in materia fiscale. In secondo luogo, evidenzia l’importanza cruciale della strategia processuale: di fronte a un diniego esplicito che segue un silenzio-rifiuto, è fondamentale non insistere sull’impugnazione originaria, ma procedere con un nuovo e tempestivo ricorso contro l’atto esplicito. Un errore procedurale su questo punto può compromettere irrimediabilmente le ragioni del contribuente, a prescindere dalla fondatezza della sua pretesa nel merito.

A chi spetta la giurisdizione per le cause di rimborso dei costi sostenuti per una fideiussione richiesta per un rimborso IVA?
Secondo la sentenza, la giurisdizione per le controversie relative alla restituzione dei costi delle fideiussioni prestate per ottenere rimborsi fiscali appartiene al giudice tributario. Questo perché tali costi sono considerati accessori al rapporto di credito tributario principale, e la loro trattazione rientra nel principio di concentrazione delle tutele presso il giudice specializzato.

Cosa succede se l’Amministrazione Finanziaria, dopo un silenzio-rifiuto, notifica un provvedimento di diniego esplicito?
Il provvedimento di diniego esplicito supera e sostituisce il precedente silenzio-rifiuto. Di conseguenza, il contribuente ha l’onere di impugnare questo nuovo atto entro i termini di legge. Proseguire il giudizio contro il silenzio-rifiuto originario rende il ricorso inammissibile.

Un contribuente che ha scelto un giudice può poi contestarne la giurisdizione in appello se perde la causa nel merito?
No. La Corte di Cassazione conferma il principio secondo cui l’attore che ha incardinato la causa dinanzi a un giudice e sia rimasto soccombente nel merito non è legittimato a interporre appello per denunciare il difetto di giurisdizione del giudice da lui stesso prescelto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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