Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25147 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25147 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 13/09/2025
ORDINANZA
Sul ricorso n. 10273-2018, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , cf NUMERO_DOCUMENTO, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis –
Ricorrente
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, p.i. P_IVA, in persona del suo legale rappresentante p.t., RAGIONE_SOCIALE , c.f. CODICE_FISCALE, nella qualità di titolare della omonima ditta, elettivamente domiciliate in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME dalla quale, unitamente all’avv. NOME COGNOME sono rappresentati e difesi –
Controricorrenti avverso la sentenza n. 3916/07/2017 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata il 2 ottobre 2017;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere dott. NOME COGNOME nell’ adunanza camerale del 28 maggio 2025;
Accertamento – Spese per sponsorizzazioni – Inerenza
FATTI DI CAUSA
Dalla sentenza impugnata si evince che l’Agenzia delle entrate notificò alla società e alla ditta individuale avvisi d’accertamento relativi agli anni d’imposta 2007/2009 , con i quali, ai fini Ires, Irpef, Irap e Iva rettificò gli imponibili, disconoscendo ad entrambi i contribuenti, esercenti attività di impresa per la pulizia di edifici, i costi di sponsorizzazione, perché ritenuti antieconomici, e così contestando la loro inerenza.
Avverso gli atti impositivi le contribuenti adirono la Commissione tributaria provinciale di Mantova, che, previa riunione dei procedimenti, con sentenza n. 218/02/2014 accolse le ragioni della ditta individuale e rigettò quelle della società.
La società e l’Agenzia delle entrate impugnarono la pronuncia dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, che con sentenza n. 3916/07/2017 accolse l’appello della contribuente e rigettò quello dell’amministrazione finanziaria , promosso nei confronti della ditta RAGIONE_SOCIALE
Per la società il giudice regionale ha ritenuto che, quanto alla contestazione dell ‘ inerenza, premesso che non era in discussione il costo sostenuto e contabilizzato fra le componenti negative del reddito, ma l’utilità della pubblicità del marchio RAGIONE_SOCIALE , sarebbe spettato all’ufficio dimostrare il proprio assunto. Non rilevava poi che il marchio rappresentasse entrambi i soggetti economici (uno costituito in forma societaria e l’altr o in forma individuale), atteso che risultavano sottoscritti distinti contratti di sponsorizzazione. Anche le contestazioni sull’antieconomicità erano prive di fondamento, perché gli effetti benefici delle sponsorizzazioni potevano riverberarsi negli anni successivi al sostenimento dei relativi costi. Inoltre, ha evidenziato che ai sensi dell’art. 90, comma 8, l. 27 dicembre 2002, n. 289, i corrispettivi versati in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche, e di fondazioni costituite da istituti scolastici o enti di promozione sportiva, costituiscono , per l’ente erogante e sino ad un importo di € 200.000,00, spese di pubblicità, collocabili tra quelle inerenti all’attività d’impresa . Ha pertanto rilevato come i costi sostenuti, sotto tale limite,
dovevano qualificarsi come inerenti. Per il ricorso dell ‘Agenzia delle entrate avverso la ditta individuale, ha riconosciuto anche in questa ipotesi l’inerenza dei costi sostenuti, con conseguente rigetto dell’appello erariale.
L ‘Agenzia delle entrate ha chiesto la cassazione della sentenza, affidandosi a due motivi, cui hanno resistito entrambe le contribuenti con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria.
Ne ll’adunanza camerale del 28 maggio 2025 la causa è stata discussa e decisa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate ha denunciato la violazione dell’art. 109, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. Ha sostenuto che la Commissione regionale avrebbe fondato la decisione sulla esegesi dei concetti di inerenza e di antieconomicità, trascurando però che residuava l’incertezza e la indeterminabilità del beneficiario della sponsorizzazione. Dalla sentenza del giudice di primo grado, infatti, era comprensibile che, nell’accogliere l a sola domanda della ditta individuale COGNOME Carla, doveva dedursi che vi fosse incertezza sui presupposti per il riconoscimento dei costi anche a favore della società. Sulla questione la pronuncia d’appello aveva invece taciuto.
Il motivo è infondato.
Intanto è singolare la messa in discussione del ‘beneficiario’ de i costi di sponsorizzazione, quando è in ogni caso pacifico ed incontestato che entrambe le imprese avevano concluso contratti di sponsorizzazione con società sportive dilettantistiche, così che mettere in discussione a quale delle due l’investimento in pubblicità avesse consentito un ‘ritorno’ in termini di vantaggio economico, rappresenta una contraddizione logica oltre che giuridica. Giuridica perché il concetto di inerenza non è un concetto quantitativo ma qualitativo e peraltro, al più, doveva essere onere dell’ Ufficio dimostrare l’assoluta irrilevanza di quei costi rispetto all’attività della società o della ditta individuale. Logica perché, sotto un profilo strettamente logico, se i costi sono stati sostenuti per la sponsorizzazione del marchio ‘RAGIONE_SOCIALE‘, è naturale che i benefici di investimenti in pubblicità si
riflettano su chi di quel marchio ha diritto di utilizzo, risultando dunque indifferente ch e si tratti di una, due, tre o più attività d’impresa (in qualunque forma, individuale o associata), purché vi sia prova della avvenuta sponsorizzazione, ciò che, come già evidenziato, non è stato mai contestato nel presente giudizio. In realtà, rimettere in gioco il rapporto tra il costo di sponsorizzazione sostenuto ed i benefici da esso derivati costituisce un tentativo surrettizio per contestare ancora una volta la presunta antieconomicità dell’investimento pubblicitario.
Ma, ancora più a monte, per un verso non si comprende, perché non riprodotto il passaggio dell’atto d’a ppello, dove la questione sulla identificazione del soggetto beneficiario, tra i due contribuenti, fosse stata sollevata dinanzi alla Commissione regionale. Per altro aspetto, la sentenza impugnata ha esaminato proprio la posizione della società appellante, ma con ragionamento perfettamente calzante ed indirettamente riflesso sulla ditta individuale, riconoscendo, con ragionamento corretto in punto di diritto, la deducibilità dei costi di pubblicità/sponsorizzazione da esse sostenuti. Infine, con il corretto richiamo alla disciplina dell’art. 90, comma 8, d.lgs. n. 289 del 2002, risulta superato ogni dubbio sulla riferibilità dei benefici ad entrambe le organizzazioni imprenditoriali.
Con il secondo motivo si denuncia il vizio di motivazione, per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. Il fatto decisivo sarebbe identificato nella indeterminabilità del beneficiario dell’attività di sponsorizzazione.
Il motivo è inammissibile.
Con la formulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., introdotta dell’art. 54, primo comma, lett. b), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito della legge 7 agosto 2012, n. 134, nel ricorso per cassazione il sindacato di legittimità resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost., individuabile nelle ipotesi che si convertono in violazione dell’art. 132, secondo comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza, e al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso
esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (cfr. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053; 20/11/2015, n. 23828; 12/10/2017, n. 23940).
Dunque, lo specifico vizio denunciabile per cassazione deve essere relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, e che, se esaminato, avrebbe potuto determinare un esito diverso della controversia. Ne deriva che il mancato esame di elementi istruttori non integra di per sé il fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
Nel caso di specie il fatto che, a dire della difesa erariale, non sarebbe stato esaminato è la denuncia di indeterminabilità del beneficiario dei costi di sponsorizzazione.
Sennonché, a parte che, come già chiarito, sulla questione la sentenza ha dato risposta, manca sia la prova che su di essa vi fosse stata una specifica censura formulata in appello e, soprattutto, non si tratta di un ‘fatto storico’ ma di un criterio di valutazione dei fatti avvenuti.
In definitiva il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso . Condanna l’Agenzia delle entrate alla rifusione delle spese sostenute dalle controricorrenti, che si liquidano nella misura di € 7.500,00 per competenze, € 200,00 per esborsi, oltre spese generali, nella misura del 15% delle competenze, e accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 28 maggio 2025