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Costi di sponsorizzazione: quando sono indeducibili?

Una società del settore metalmeccanico si è vista negare la deducibilità di ingenti costi di sponsorizzazione sportiva. La Cassazione ha confermato la decisione, ritenendo le spese sproporzionate e anti-economiche, e quindi non inerenti all’attività d’impresa. La Corte ha stabilito che la palese irragionevolezza economica di un costo ne compromette la deducibilità fiscale.

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Pubblicato il 17 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Costi di sponsorizzazione: la Cassazione fissa i limiti alla deducibilità

I costi di sponsorizzazione rappresentano uno strumento fondamentale per molte aziende, ma la loro deducibilità fiscale non è automatica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: se una spesa è palesemente anti-economica e sproporzionata, perde il requisito dell’inerenza e non può essere scaricata. Analizziamo insieme questo caso per capire quali sono i confini tra una legittima scelta imprenditoriale e un costo fiscalmente indeducibile.

I Fatti del Caso: Sponsorizzazioni nel Mondo dei Rally

Una società operante nel settore del trattamento e rivestimento di metalli aveva dedotto, per tre anni consecutivi, ingenti costi per la sponsorizzazione di una scuderia automobilistica impegnata in competizioni di rally. L’Agenzia delle Entrate, al termine di un’indagine, ha contestato la deducibilità di gran parte di queste spese, emettendo avvisi di accertamento.

Secondo l’amministrazione finanziaria, i costi sostenuti erano sproporzionati rispetto ai ricavi della società (incidendo per percentuali tra il 6,5% e il 9,9% del fatturato) e privi di una reale giustificazione economica. In sostanza, l’ente impositore riteneva che non vi fosse una logica connessione tra l’attività di nicchia e a base prevalentemente locale dell’azienda (trattamento metalli) e una sponsorizzazione di vasta portata nel mondo dei rally nazionali ed europei.

La Commissione Tributaria Regionale aveva dato ragione all’Agenzia delle Entrate, riformando la decisione di primo grado che era stata favorevole al contribuente. La società ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

Analisi dei costi di sponsorizzazione e il principio di inerenza

Il cuore della controversia non risiedeva tanto nella qualificazione delle spese come pubblicità o rappresentanza, quanto nel rispetto del principio di inerenza sancito dall’art. 109, comma 5, del TUIR. I giudici di legittimità hanno chiarito che la valutazione dell’inerenza non è solo qualitativa (il costo deve essere collegato all’attività) ma anche quantitativa.

Quando un costo appare manifestamente sproporzionato, irragionevole o macroscopicamente anti-economico, si presume che non sia stato sostenuto nell’effettivo interesse dell’impresa. In questi casi, l’onere di provare la reale utilità e la logica economica dell’operazione ricade interamente sul contribuente.

La valutazione dell’antieconomicità

La Corte ha ritenuto corretto l’operato dei giudici di merito, i quali avevano valorizzato una serie di elementi presuntivi per concludere per l’antieconomicità della spesa:

* Natura dell’attività: L’azienda svolgeva un’attività specializzata (trattamento di metalli) in un’area geografica definita.
* Modalità della sponsorizzazione: La pubblicità consisteva in una fascia bianca apposta sulle auto da rally, poco distinguibile tra i molti altri sponsor.
* Mancanza di prove: La società non aveva fornito prove concrete su quante auto fossero state brandizzate né a quante e quali competizioni avessero partecipato.
* Assenza di un ritorno economico logico: Non era razionalmente pensabile che far sfrecciare il proprio marchio su auto da rally in contesti nazionali o europei potesse incrementare le performance economiche di un’azienda con un business così specifico e localizzato.

La decisione della Cassazione sui costi di sponsorizzazione

La Suprema Corte ha respinto tutti i motivi di ricorso presentati dalla società. Ha affermato che, sebbene le scelte imprenditoriali siano in linea di principio insindacabili, nel diritto tributario vige il limite della razionalità e della legittimità economica. Un’operazione palesemente svantaggiosa e priva di logica economica non può essere considerata inerente all’attività d’impresa ai fini della deducibilità dei costi.

La Corte ha sottolineato che non si trattava di una riqualificazione formale delle spese, ma di una valutazione sostanziale della loro funzione economica. La sproporzione tra il costo sostenuto e i potenziali benefici, unita agli altri indizi, ha costituito una prova sufficiente a sostegno della tesi dell’Agenzia delle Entrate.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sull’interpretazione del principio di inerenza, che deve essere valutato non solo in astratto, ma anche in concreto. L’antieconomicità macroscopica di una spesa è un sintomo della sua possibile mancanza di inerenza. I giudici hanno chiarito che il Fisco non entra nel merito delle scelte imprenditoriali per giudicarne la convenienza, ma per verificare se un costo sia effettivamente riconducibile all’attività produttiva di reddito. La spesa per sponsorizzazione, in questo caso, è stata giudicata talmente irragionevole da non poter essere considerata sostenuta nell’interesse dell’impresa. La decisione si basa su un giudizio supportato da plurimi elementi presuntivi che, nel loro insieme, delineavano un quadro di illogicità economica non superato da prove contrarie fornite dal contribuente.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza conferma un orientamento consolidato: i costi, inclusi quelli di sponsorizzazione, sono deducibili solo se rispettano il principio di inerenza, valutato anche sotto il profilo della ragionevolezza economica. Un’impresa che sostiene costi manifestamente sproporzionati rispetto alla propria attività e ai potenziali ritorni economici corre il rischio di vederseli contestare in sede di accertamento fiscale. È quindi fondamentale documentare e poter dimostrare la logica economica e la potenziale utilità di ogni spesa di pubblicità o sponsorizzazione, specialmente quando l’importo è significativo rispetto al volume d’affari aziendale.

Quando i costi di sponsorizzazione possono essere considerati fiscalmente indeducibili?
I costi di sponsorizzazione possono essere considerati indeducibili quando sono giudicati non inerenti all’attività d’impresa. Secondo la sentenza, ciò avviene quando la spesa è macroscopicamente anti-economica, ovvero palesemente sproporzionata e irragionevole rispetto ai potenziali benefici economici per l’azienda.

La libertà di scelta imprenditoriale è illimitata ai fini fiscali?
No. Sebbene le scelte gestionali dell’imprenditore siano generalmente insindacabili, in ambito tributario esse incontrano il limite della razionalità e della legittimità. Un costo derivante da una scelta palesemente irragionevole e priva di giustificazione economica può essere considerato non inerente e, di conseguenza, non deducibile ai sensi dell’art. 109 del TUIR.

Su chi ricade l’onere della prova in caso di contestazione di un costo per antieconomicità?
Di fronte a una spesa che appare manifestamente anti-economica e sproporzionata, l’onere di dimostrare l’inerenza, ovvero la sua effettiva funzionalità a produrre reddito e la sua logica economica, ricade sul contribuente. L’amministrazione finanziaria può basare la sua contestazione su elementi presuntivi che indicano l’irragionevolezza del costo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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