Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6261 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6261 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13975/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale delle Marche n. 1354/2022, depositata il 20 dicembre 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con ricorso depositato in data 25 maggio 2015, la RAGIONE_SOCIALE si opponeva dell’avviso di accertamento n. TQY03X602555/2014 per l’ anno di imposta 2009 (tributi interessati: euro 19.938,00 per Ires; euro 3.689,00 per Irap ed euro 14.500,00 per Iva). Sosteneva la ricorrente in via preliminare la nullità dell’atto impositivo per mancata instaurazione del contraddittorio, poiché non preceduto da formale processo verbale di contestazione e la nullità dell’avviso di accertamento per carenza di motivazione, mentre nel merito si prospettava l ‘ inesistenza dei presupposti dell’avviso di accertamento, stante la congruità e inerenza dell’operazione di sponsorizzazione.
Nel giudizio di primo grado si costituiva l’Agenzia delle entrate chiedendo il rigetto del ricorso e la conferma dell’avviso di accertamento.
Con sentenza n. 953/16, depositata in data 23 marzo 2016, la Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso e condannava la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
-Avverso tale sentenza, proponeva appello l’odiern a ricorrente.
Si costituiva in giudizio l’Agenzia delle Entrate.
Con sentenza n. 1354/2022, depositata il 20 dicembre 2022, la Commissione tributaria regionale delle Marche ha rigettato l’appello.
–RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
La ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione della legge, errata motivazione sulla questione preliminare della invalidità, nullità e/o annullabilità dell’avviso di accertamento (art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.). Illegittimità dell’accertamento per omessa consegna del verbale di chiusura delle operazioni, in violazione della previsione di cui alla l. n. 212 del 2000, art. 12, comma. Difetto di motivazione del provvedimento impugnato per la mancata instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale, obbligo sussistente per i soli tributi armonizzati per il diritto dell’Unione Europea (art. 41 della carta dei diritti fondamentali). Art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., mancata valutazione di prova documentale favorevole al contribuente. Parte ricorrente evidenzia, che essendo l’accertamento oggetto del presente giudizio scaturito da un accesso presso gli uffici della società appellante nell’anno 2011 e dal successivo invito del 2014 a fornire documentazione – cui non sarebbe seguita alcuna ulteriore richiesta di documenti e/o di chiarimenti veniva fatta pervenire dalla Agenzia delle entrate – sarebbe evidente la violazione da parte dell’Agenzia delle entrate dell’iter endoprocedimentale di cui all’art. 12, comma settimo, l. n. 212/2000.
1.1. -Il motivo è infondato.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, in conformità agli orientamenti della Corte di giustizia dell’Unione europea, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi
in cui risulti specificamente sancito (Cass., Sez. V, 20 dicembre 2022, n. 37234; Cass., Sez. VI-5, 29 ottobre 2018, n. 27421; Cass., Sez. VI-5, 11 maggio 2018, n. 11560; Cass., Sez. Un., 9 dicembre 2015, n. 24823).
Nel caso di specie, contrariamente a quanto sostenuto il ricorso, si verte in tema di verifiche fiscali c.d. a tavolino poiché l’accertamento impugnato in questa sede, relativo all’anno 2009, è stato originato da un invito ad esibire la documentazione contabile ed extracontabile ex art. 32 d.P.R. n. 600/1973 e non da un accesso effettuato anni prima.
Se per i tributi ‘ non armonizzati ‘ -come l’IRPEF e l’IRAP -l’obbligo di contraddittorio endoprocedimentale sussiste solo se previsto dalla norma, che difetta in caso di verifiche fiscali c.d. a tavolino, riguardo all’IVA, imposta ‘armonizzata’, spetta al contribuente fornire la c.d. prova di resistenza, ovvero di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere in sede amministrativa, in modo tale da mutare l’esito dell’accertamento, e che non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa.
Nel caso di specie, tale onere non è stato in alcun modo soddisfatto alla luce di quanto dedotto nel motivo di ricorso, essendosi le censure appuntate sulla natura dell’accertamento e sulla necessità del contraddittorio.
-Con il secondo motivo, articolato in due punti, si deduce la violazione e falsa applicazione della legge in merito all’inerenza e carenza di motivazione sulla inesistenza dei presupposti dell’inerenza (art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.). Mancata valutazione di un fatto favorevole al contribuente e decisivo per il giudizio (circostanza della mancata contestazione dell’esistenza e della effettività oggettiva e soggettiva dell’operazione di sponsorizzazione) (art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ.). Difetto di motivazione del provvedimento impugnato e carenza di motivazione. Nullità della sentenza ex art. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ. per illogicità e
contraddittorietà della motivazione ed art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. (motivazione apparente) in merito alle spese di sponsorizzazione ritenute prive di inerenza e congruità. Parte ricorrente eccepisce come sia l’ufficio finanziario, sia la Commissione tributaria provinciale, sia la Corte di giustizia tributaria di II grado non hanno mai dedotto l’inesistenza dell’operazione fatturata e/o la mancanza assoluta di essa, né tantomeno l’inesistenza soggettiva della stessa. Da ciò conseguirebbe che l ‘ inerenza non potrebbe essere disconosciuta. Si eccepisce, inoltre, che il diritto alla detrazione dell’IVA rappresenta uno degli elementi essenziali dell’imposta, richiamandosi al riguardo la giurisprudenza della Corte di Giustizia. La sentenza risulterebbe inoltre nulla per omissione e/o mancanza di motivazione perché fondata su elementi di prova errati che rendono la motivazione contraddittoria, incomprensibile e solo apparente. Si evidenzia che la società ricorrente non ha mai svolto attività cantieristica per cui la motivazione fondata su tale circostanza renda incomprensibile il ragionamento logico giuridico della decisione e nulla la sentenza per omissione di motivazione. Altrettando assente sarebbe la motivazione nella parte in cui si limita ad affermare la circostanza che la società contribuente non abbia assolto al proprio onere probatorio, senza spiegare le eventuali e ipotetiche carenze presenti nei documenti depositati per provare sia l’inerenza che la congruità. Altrettanto apodittica sarebbe l’affermazione sul mancato adempimento dell’onere della prova per quanto riguarda l’inerenza e la congruità della sponsorizzazione. Per quanto riguarda il ritorno economico, esso sarebbe provato dalla crescita del fatturato estero rispetto a quello italiano dal 2009 al 2013, il quale è passato da una percentuale di incidenza dal 15% nell’anno 2009 al 50,10% nell’anno 2013 sul complessivo. Si evidenzia che solo tali investimenti sul mercato estero (sponsorizzazioni, cataloghi e fiere) hanno consentito all’azienda di continuare la propria attività fino ad oggi, nonostante la crisi
generale della domanda del mercato italiano. La sentenza impugnata violerebbe anche gli indirizzi ermeneutici della Corte di cassazione (Cfr. Sez. V, Sent. 07/04/2022, n. 11324), sulla deducibilità del costo e sulla detraibilità dell’IVA della sponsorizzazione sportiva.
2.1. -Il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.
Al di là del cumulo di più doglianze all’interno del medesimo motivo, che pur rendendo più complesso l’esame delle censure non ne inficia la loro comprensibilità, le censure risultano prive di fondamento.
I costi di sponsorizzazione – come tutti i costi e oneri di cui si chiede la deducibilità (Cass., Sez. V, 18 agosto 2022, n. 24880) sono deducibili dal reddito di impresa ove risultino inerenti all’attività stessa, anche in via indiretta, potenziale o in proiezione futura, esclusa ogni valutazione in termini di utilità, vantaggio o potenziale incremento per l’attività medesima (Cass., Sez. V, 26 ottobre 2021, n. 30024).
Tuttavia, secondo l’apprezzamento di merito compiuto in maniera conforme sia in primo grado che in sede di gravame, nel caso di specie i costi dedotti, tenuto conto dell’oggetto sociale e del target aziendale, non sono stati ritenuti inerenti all’attività di impresa svolta, rivolta ad altri imprenditori piuttosto che a consumatori finali. Se il principio di inerenza dei costi deducibili, esprimendo una correlazione in concreto tra costi ed attività d’impresa, si traduce in un giudizio di carattere qualitativo, che prescinde da considerazioni di natura quantitativa, vi è da osservare che l’antieconomicità di un costo – intesa come sproporzione tra la spesa e l’utilità che ne deriva, avuto riguardo agli ulteriori dati contabili dell’impresa – può, tuttavia, fungere da elemento sintomatico del difetto di inerenza (Cass., Sez. V, 12 luglio 2024, n. 19232; Cass., Sez. V, 15 novembre 2022, n. 33568).
Per quanto concerne il difetto di motivazione, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., disposta
dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, l’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111, sesto comma, Cost. e, nel processo civile, dall’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. (Cass., Sez. VI-3, 25 settembre 2018, n. 22598) per cui il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (Cass., Sez. I, 3 marzo 2022, n. 7090).
Dalla lettura della pronuncia si evince che non sussiste alcun vizio che leda il ‘minimo costituzionale’, avendo i giudici dell’appello confermato che i costi in questione non presentassero i caratteri dell’inerenza perché sganciati dall’attività d’impresa, risultando altresì non ragionevole l’entità della spesa a fronte della situazione concretamente dedotta.
Inammissibili risultano le censure concernenti l ‘ esame delle risultanze istruttorie sull’inerenza dei costi contestati difettando peraltro di specificità -che mirano a una rivalutazione del merito (Cass., Sez. V, 11 maggio 2022, n. 14893), non consentita in sede di legittimità a fronte di una doppia conforme, senza l’indicazione di eventuali differenze tra l’apprezzamento del primo e del secondo grado (Cass., Sez. III, 20 settembre 2023, n. 26934).
-Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.300,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione