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Costi di sponsorizzazione: deducibilità e prova

La Corte di Cassazione interviene sulla deducibilità dei costi di sponsorizzazione a favore di associazioni sportive dilettantistiche (ASD). Con l’ordinanza n. 8704/2025, ha stabilito che la presunzione legale di inerenza di tali spese non opera se l’Amministrazione Finanziaria fornisce prove, anche indiziarie, della non esistenza dell’operazione. In tal caso, l’onere di dimostrare l’effettiva prestazione pubblicitaria ricade sul contribuente. La Corte ha cassato la decisione di merito che si era basata solo su elementi formali (contratto e foto) senza una valutazione complessiva degli indizi contrari.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Deducibilità dei costi di sponsorizzazione: la Cassazione detta le regole sulla prova

I costi di sponsorizzazione rappresentano una voce di spesa comune per molte aziende che desiderano promuovere la propria immagine. Quando il beneficiario è un’associazione sportiva dilettantistica (ASD), la legge prevede un’agevolazione importante, ma non incondizionata. Con l’ordinanza n. 8704 del 2 aprile 2025, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sui limiti della presunzione di deducibilità e sull’onere della prova in caso di contestazione da parte del Fisco.

I Fatti del Caso

Una società si era vista notificare un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate contestava la detrazione dell’IVA relativa a una fattura per spese di pubblicità. Tali spese erano state sostenute a favore di un’associazione sportiva dilettantistica. Secondo l’Amministrazione Finanziaria, i costi erano privi del requisito di inerenza e si riferivano a operazioni oggettivamente inesistenti.

La Commissione Tributaria di primo grado aveva dato ragione all’Agenzia, ma la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado aveva ribaltato la decisione, accogliendo l’appello della società. I giudici di appello avevano ritenuto che le spese fossero inerenti e che la loro realtà non potesse essere negata, invocando la presunzione legale prevista per le sponsorizzazioni a favore di ASD.

La questione dei costi di sponsorizzazione e l’onere della prova

La controversia è giunta dinanzi alla Corte di Cassazione, che ha dovuto affrontare due temi centrali del diritto tributario: il principio di inerenza e la ripartizione dell’onere della prova in caso di contestazione di operazioni inesistenti.

L’inerenza, come ribadito dalla Corte, è la relazione tra il costo sostenuto e l’attività d’impresa. Un costo è inerente se è funzionale, anche solo potenzialmente, a produrre utili. Sebbene l’antieconomicità o l’incongruità di una spesa non ne determinino automaticamente la non inerenza, possono costituire importanti ‘indici rivelativi’ che l’Amministrazione può usare per contestarne la deducibilità. Spetta poi al contribuente dimostrare la coerenza economica della spesa.

Per quanto riguarda le operazioni inesistenti, l’onere di provare la fittizietà dell’operazione grava sull’Amministrazione, la quale può avvalersi anche di prove indiziarie (o presunzioni semplici). Una volta che il Fisco ha fornito un quadro indiziario grave, preciso e concordante, la palla passa al contribuente, che deve fornire la prova contraria dell’effettiva esistenza dell’operazione. La sola esibizione della fattura non è sufficiente.

La presunzione per le sponsorizzazioni sportive e i suoi limiti

L’articolo 90, comma 8, della Legge n. 289/2002 stabilisce che le spese per sponsorizzazioni a favore di ASD, fino a un certo importo, si considerano spese di pubblicità e godono di una presunzione legale di inerenza. Questo significa che, in linea di principio, l’azienda non deve provare l’utilità economica dell’investimento.

Tuttavia, la Cassazione ha chiarito un punto fondamentale: questa presunzione opera a condizione che la prestazione pubblicitaria sia stata effettivamente eseguita. Se l’Amministrazione Finanziaria contesta l’esistenza stessa dell’operazione, la presunzione viene meno. La norma agevola la prova dell’inerenza, ma non può ‘sanare’ un’operazione mai avvenuta.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ritenendo che i giudici di secondo grado avessero errato nel loro ragionamento. L’Agenzia aveva portato diversi elementi indiziari a sostegno della propria tesi: l’ASD non aveva partecipato ai campionati di eccellenza come previsto, mancava la prova che gli striscioni pubblicitari fossero stati esposti durante eventi sportivi con un pubblico, e altre irregolarità.

Di fronte a questo quadro, la Corte di merito si era limitata a valorizzare elementi puramente formali, come il contratto di sponsorizzazione e una foto non contestualizzata di uno striscione, senza compiere una valutazione complessiva e sintetica di tutti gli indizi. Questo approccio, secondo la Cassazione, è errato. Il giudice deve analizzare ogni indizio e poi valutarli tutti insieme per verificare se, nel loro complesso, supportano la pretesa del Fisco.

La sentenza di appello è stata quindi cassata con rinvio, e il nuovo giudice dovrà riesaminare il caso tenendo conto dei principi espressi dalla Suprema Corte, ovvero valutando correttamente l’intero quadro indiziario e l’onere della prova.

Le conclusioni

Questa pronuncia offre importanti indicazioni per le imprese. La presunzione legale per i costi di sponsorizzazione a favore delle ASD è un’agevolazione significativa, ma non una ‘zona franca’. È indispensabile che la prestazione pubblicitaria sia reale, effettiva e documentabile. Le aziende devono conservare non solo il contratto e le fatture, ma anche prove concrete dell’avvenuta promozione (foto datate e contestualizzate, materiale pubblicitario, rassegne stampa, etc.). In caso di accertamento, di fronte a indizi di non esistenza dell’operazione sollevati dal Fisco, sarà l’impresa a dover dimostrare, senza ombra di dubbio, di aver effettivamente ricevuto il servizio di pubblicità per cui ha pagato.

Quando un costo di sponsorizzazione è considerato deducibile dal reddito d’impresa?
Un costo di sponsorizzazione è deducibile quando rispetta il principio di inerenza, ovvero quando è correlato all’attività d’impresa e potenzialmente idoneo a produrre utili. Per le sponsorizzazioni a favore di associazioni sportive dilettantistiche (ASD), la legge prevede una presunzione di inerenza, a condizione che l’operazione sia effettivamente esistita.

La presunzione legale di deducibilità per le sponsorizzazioni a favore di ASD è sempre valida?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la presunzione di inerenza non opera se l’Amministrazione Finanziaria fornisce elementi probatori, anche indiziari, che dimostrino la non esistenza dell’operazione pubblicitaria. La presunzione agevola la prova dell’inerenza, ma non può coprire operazioni fittizie.

Chi deve provare che una spesa di sponsorizzazione è reale e inerente all’attività d’impresa?
L’onere della prova è ripartito: l’Amministrazione Finanziaria deve provare, anche tramite indizi gravi, precisi e concordanti, che l’operazione è inesistente. Una volta fornita tale prova, l’onere si sposta sul contribuente, il quale deve dimostrare con prove concrete l’effettiva esecuzione della prestazione pubblicitaria ricevuta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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