Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32844 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32844 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
AVVISO DI ACCERTAMENTO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28835/2018 R.G. proposto da: Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore e NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, socio, rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME presso il cui studio in Roma alla INDIRIZZO sono elettivamente domiciliati;
-controricorrenti –
e
NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, socio della RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME & C.;
-intimato –
Avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA LIGURIA n. 187, depositata in data 27/2/2018; Udita la relazione della causa svolta dal consigliere dott. NOME
Napolitano nella camera di consiglio del 16 ottobre 2024;
Fatti di causa
La società RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi, anche ‘la contribuente’ ) fu individuata dall’ufficio come utilizzatrice di fatture per operazioni inesistenti, finalizzate alla deduzione di costi fittizi al fine di abbattere i ricavi.
Con una serie di avvisi di accertamento, furono recuperati in capo alla contribuente i costi indeducibili ai fini delle imposte dirette ed indetraibili ai fini iva.
L’ufficio recuperò le imposte sui maggiori redditi in capo ai soci COGNOME e Venzano con vari avvisi di accertamento.
I contribuenti (la società, NOME COGNOME e NOME COGNOME) impugnarono gli avvisi di accertamento dinanzi alla C.T.P. di Genova, che li accolse con separate pronunce.
Su appello dell’ufficio, la C.T.R., previa riunione dei ricorsi, li rigettò, confermando le sentenze di primo grado.
Avverso la sentenza d’appello l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Resistono con controricorso la società e NOME COGNOME.
NOME COGNOME è rimasto intimato.
L’Agenzia delle Entrate ha depositato memoria difensiva in vista dell’adunanza camerale.
Ragioni della decisione
Conviene iniziare con l’esame del secondo motivo di ricorso, il cui potenziale esito negativo priverebbe l’Agenzia ricorrente dell’interesse alla decisione del primo motivo di ricorso.
1.Con il secondo motivo, rubricato ‘ Falsa applicazione degli artt. 108, 109 Tuir e dell’art. 90 della legge n. 289 del 2002. Denunzia ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.’ , l’Agenzia deduce che le spese indicate dall’art. 90 della legge n. 289 del 2002 sostenute a favore di associazioni sportive sono qualificate ex lege come pubblicitarie ma la deducibilità nel limite di euro 200.000 è ammessa solo in presenza di determinati requisiti. Tra tali requisiti vi è l’inerenza e la società contribuente non avrebbe dimostrato l’esistenza di tale requisito.
La società non avrebbe dato la prova della correlazione tra i costi di sponsorizzazione ed il ritorno commerciale di tali costi.
L’esposizione di un cartellone pubblicitario a bordo campo in cui compariva il nome della società, secondo l’Agenzia, non sarebbe prova sufficiente della effettività della prestazione resa a fronte del costo
sostenuto, né sarebbe sufficiente il riferimento alla sentenza penale di assoluzione per ritenere esistenti e reali i costi sostenuti dalla società.
1.1. Il motivo è infondato.
La C.T.R., con motivazione sufficiente e congrua, esaminando anche prove fotografiche prodotte agli atti, ha ritenuto esistente l’operazione economica sottostante ai costi sostenuti, richiamando anche una sentenza penale assolutoria a conforto della decisione assunta.
D’altronde, la stessa sussistenza dei requisiti di fatto della deducibilità del costo è oggetto di un giudizio di fatto che la C.T.R. ha reso e che in questa sede non può essere ripetuto.
2.Con il primo motivo di ricorso, rubricato ‘Falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, L. n. 212 del 2000 e art. 42 d.P.R. n. 600 del 1973. Denunzia ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’ , l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza d’appello nella parte in cui ha annullato gli avvisi di accertamento emessi nei confronti dei soci in quanto non contenenti nemmeno per stralcio il processo verbale di constatazione al quale gli atti impugnati rimandano per motivare la pretesa impositiva.
2.1. Il motivo è inammissibile per carenza di interesse: quand’anche esso fosse fondato, gli avvisi di accertamento, dopo il rigetto del primo motivo di ricorso, resterebbero annullati nel merito della pretesa impositiva.
Il ricorso è complessivamente rigettato.
Le spese, nei confronti delle sole parti che hanno svolto attività difensiva, seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE e di NOME COGNOME, delle spese del giudizio, che si liquidano in euro tremila per compenso, oltre al rimborso delle spese generali, iva e c.p.a. come per legge, ed oltre ad euro duecento per spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 ottobre 2024.