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Costi deducibili studio associato: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4664/2025, si è pronunciata su un caso cruciale per i professionisti, definendo i confini dei costi deducibili per uno studio associato. La controversia riguardava la deducibilità di canoni di locazione ritenuti ‘antieconomici’ dal Fisco, il mancato riaddebito di spese comuni a collaboratori e l’assoggettamento a IRAP. La Corte ha stabilito che le scelte imprenditoriali, come affittare anziché acquistare, non sono sindacabili dall’Agenzia delle Entrate se non in casi di elusione. Ha inoltre chiarito che non vi è obbligo di riaddebitare le spese a collaboratori che operano in via esclusiva per lo studio. Infine, ha confermato la presunzione di assoggettamento a IRAP per gli studi associati, invertendo la decisione di merito.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Costi deducibili studio associato: La Cassazione traccia i confini

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato temi di grande interesse per il mondo professionale, facendo luce sulla corretta gestione dei costi deducibili in uno studio associato. La decisione analizza i limiti del potere di accertamento del Fisco riguardo le scelte economiche del contribuente, la ripartizione delle spese comuni in presenza di collaboratori e la persistente questione dell’assoggettamento a IRAP. Approfondiamo i principi stabiliti dalla Suprema Corte, che offrono importanti spunti pratici.

I Fatti di Causa

Il caso nasce da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di uno studio legale associato e dei suoi singoli soci per l’anno d’imposta 2014. Le contestazioni del Fisco si concentravano su tre punti principali:

1. Indeducibilità dei canoni di locazione: L’Ufficio riteneva il costo per l’affitto dell’immobile, locato da una società terza riconducibile a uno dei soci, eccessivo e antieconomico. Secondo l’Agenzia, lo studio avrebbe dovuto optare per soluzioni contrattuali più vantaggiose come il leasing o l’acquisto diretto.
2. Mancato riaddebito di spese comuni: Lo studio si avvaleva di alcuni collaboratori (praticanti e neolaureati) che operavano in via esclusiva per i soci. Il Fisco sosteneva che una quota delle spese di funzionamento dello studio (elettricità, segreteria, etc.) avrebbe dovuto essere riaddebitata a tali collaboratori, riducendo così i costi deducibili per lo studio.
3. Soggettività passiva IRAP: In contrasto con quanto deciso nei gradi di merito, l’Agenzia delle Entrate riteneva che lo studio associato possedesse i requisiti di autonoma organizzazione necessari per essere soggetto a IRAP.

La Commissione Tributaria di secondo grado aveva dato ragione ai contribuenti su tutti i fronti. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato i diversi motivi di ricorso, accogliendone alcuni e rigettandone altri, fornendo così una chiara interpretazione delle norme applicabili.

Inerenza dei Costi e Libertà di Scelta Imprenditoriale

Sul primo punto, relativo ai canoni di locazione, la Corte ha respinto la tesi del Fisco. Ha ribadito un principio fondamentale sancito dall’art. 41 della Costituzione: la libertà di iniziativa economica. Le scelte imprenditoriali, anche se possono apparire non ottimali o antieconomiche, non possono essere sindacate dall’Amministrazione Finanziaria. Il Fisco non può sostituire la propria valutazione a quella del contribuente, a meno che non dimostri che l’operazione è fittizia o posta in essere al solo scopo di evasione fiscale. La scelta tra locazione, leasing o acquisto rientra pienamente nella discrezionalità dell’imprenditore. Di conseguenza, il costo della locazione è stato considerato pienamente inerente e deducibile.

Analisi sui Costi deducibili dello studio associato e le Spese Comuni

Anche la seconda censura dell’Agenzia è stata respinta. La Cassazione ha operato una distinzione cruciale: un conto è la situazione in cui più professionisti autonomi dividono le spese di uno stesso studio (cost sharing), un altro è il caso in esame. Qui, i collaboratori non erano professionisti alla pari che condividevano una struttura, ma giovani laureati che prestavano la loro attività esclusivamente per lo studio e sotto le direttive dei soci (domini). In questo scenario, la struttura è dello studio e non è comune ai collaboratori. Pertanto, è corretto che tutti i costi di funzionamento siano sostenuti e dedotti interamente dallo studio, senza alcun obbligo di riaddebito.

La questione del Contraddittorio Preventivo

Sul versante procedurale, la Corte ha accolto il motivo di ricorso dell’Agenzia, pur chiarendo un aspetto importante del contraddittorio. I giudici di merito avevano errato nel ritenere violato il diritto di difesa del contribuente. La Corte ha precisato che l’Amministrazione Finanziaria ha l’obbligo di valutare le osservazioni presentate dal contribuente dopo la notifica del PVC, ma non ha l’obbligo di esplicitare le ragioni del loro eventuale rigetto all’interno dell’avviso di accertamento. L’obbligo è di attendere il termine per la presentazione delle osservazioni e di considerarle, non di motivare specificamente sulla loro mancata condivisione.

L’Assoggettamento a IRAP dello Studio Associato

Infine, la Corte ha accolto il ricorso del Fisco sulla questione IRAP. È stato riaffermato il principio consolidato secondo cui l’esercizio di una professione in forma associata costituisce, per legge (ex lege), presupposto per l’applicazione dell’imposta. La forma giuridica dello studio associato porta con sé una presunzione di esistenza di un’autonoma organizzazione. Spetta al contribuente fornire la prova contraria, dimostrando non solo la mancanza di organizzazione, ma l’inesistenza stessa di un vincolo associativo reale e produttivo. Una prova estremamente difficile da fornire. La Corte ha quindi cassato la sentenza impugnata su questo punto, stabilendo che lo studio era soggetto a IRAP.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre preziose indicazioni per gli studi professionali. In primo luogo, conferma la piena libertà nelle scelte gestionali, proteggendole da contestazioni di antieconomicità da parte del Fisco. In secondo luogo, chiarisce la corretta gestione dei costi deducibili dello studio associato in presenza di collaboratori non paritetici. Infine, ribadisce la quasi automatica soggezione a IRAP per chi opera in forma associata, invitando a una attenta valutazione di questa forma giuridica in relazione al carico fiscale complessivo.

L’Agenzia delle Entrate può contestare la deducibilità di un costo perché lo ritiene antieconomico, come un affitto troppo alto?
No. Secondo la Corte di Cassazione, le scelte gestionali del contribuente non sono sindacabili dal Fisco sul piano della loro economicità. A meno che non si provi che l’operazione è elusiva o fittizia, il costo è deducibile se è inerente all’attività svolta.

Uno studio associato deve riaddebitare una parte delle spese comuni (luce, telefono, segreteria) ai praticanti o collaboratori che lavorano al suo interno?
No. Se i collaboratori prestano la loro attività esclusivamente per lo studio e sotto la direzione dei soci, non si tratta di una condivisione di spazi tra pari. L’intera struttura appartiene allo studio, che quindi sostiene legittimamente tutti i costi, deducendoli integralmente senza alcun obbligo di riaddebito.

Uno studio professionale in forma associata è sempre soggetto a IRAP?
Sì, in linea di principio. La Corte di Cassazione ha confermato che la forma dello studio associato crea una presunzione legale di esistenza dell’autonoma organizzazione, che è il presupposto per l’applicazione dell’IRAP. Per evitare l’imposta, il contribuente dovrebbe fornire la difficile prova che il vincolo associativo è solo apparente e che nessuna attività viene svolta in forma associata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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