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Costi deducibili: libertà di scelta del contribuente

La Corte di Cassazione ha stabilito che le scelte imprenditoriali, come affittare un immobile a un canone elevato anziché acquistarlo, non possono essere sindacate dal Fisco sotto il profilo della convenienza economica. Per la deducibilità dei costi, rileva unicamente il principio di inerenza all’attività. La Corte ha rigettato sia il ricorso del contribuente, basato su vizi procedurali, sia quello dell’Agenzia delle Entrate, che contestava la deducibilità di canoni di locazione e spese comuni.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Costi Deducibili: la Libertà di Scelta del Contribuente è Insindacabile

L’Amministrazione Finanziaria può contestare la deducibilità di un costo perché lo ritiene ‘antieconomico’? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale per imprese e professionisti: la libertà nelle scelte gestionali non può essere messa in discussione dal Fisco. L’unico criterio che conta per la legittimità dei costi deducibili è la loro inerenza all’attività svolta. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa

Il caso nasce da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a uno studio legale associato e ai suoi soci per l’anno d’imposta 2015. L’Ufficio contestava la deducibilità di una parte del canone di locazione dell’immobile adibito a studio e di altre spese professionali, ritenendole eccessive e antieconomiche. In particolare, secondo il Fisco, il costo dell’affitto era sproporzionato rispetto al valore dell’immobile e sarebbe stato più logico acquistarlo. Inoltre, l’Agenzia sosteneva che lo studio avrebbe dovuto riaddebitare una quota delle spese comuni ai collaboratori operanti al suo interno. Infine, veniva contestato l’assoggettamento ad IRAP.

I professionisti impugnavano l’atto, sollevando sia questioni procedurali (come la tardività dell’accertamento e vizi di notifica) sia di merito, difendendo la piena inerenza e deducibilità dei costi sostenuti. Dopo un giudizio altalenante nei primi due gradi, la questione è giunta all’esame della Corte di Cassazione, con ricorsi incrociati sia da parte dei contribuenti sia dell’Agenzia delle Entrate.

L’Analisi della Cassazione sui Costi Deducibili

La Suprema Corte ha rigettato entrambi i ricorsi, fornendo chiarimenti cruciali su diversi aspetti del contenzioso tributario.

Questioni Procedurali: Notifiche e Produzione Documentale

I contribuenti lamentavano la tardività dell’accertamento, sostenendo di non aver ricevuto la notifica degli inviti a comparire che avrebbero giustificato la proroga dei termini per l’azione del Fisco. La Corte ha dichiarato il motivo inammissibile, poiché la corte di merito aveva già accertato in fatto l’avvenuta notifica, e tale valutazione non è sindacabile in sede di legittimità.

Un altro punto riguardava la produzione tardiva, in primo grado, della delega di firma dell’atto di accertamento da parte dell’Ufficio. Anche su questo punto, la Cassazione ha confermato il suo orientamento consolidato: i documenti, seppur depositati irritualmente in primo grado, si considerano ritualmente acquisiti nel giudizio d’appello, poiché i fascicoli di parte vengono trasmessi integralmente e restano a disposizione del giudice.

Questioni di Merito: Libertà di Scelta e Inerenza dei Costi Deducibili

Il cuore della decisione riguarda le contestazioni di merito sollevate dall’Agenzia delle Entrate. La Corte ha respinto la tesi del Fisco sulla presunta antieconomicità del canone di locazione. I giudici hanno affermato che la valutazione sulla congruità o convenienza economica di una spesa spetta unicamente all’imprenditore o al professionista e non può essere oggetto di sindacato da parte dell’Amministrazione Finanziaria. L’unico limite è quello dell’inerenza: il costo deve essere funzionale all’attività. Nel caso di specie, la Corte d’appello aveva correttamente ritenuto il canone giustificato anche in relazione a interventi di ristrutturazione eseguiti dalla società locatrice, rendendo la spesa inerente all’utilizzo del locale per fini professionali.

Anche la censura relativa al mancato riaddebito delle spese comuni ai collaboratori è stata respinta. La Cassazione ha distinto nettamente la situazione in esame da quella di più professionisti che dividono uno stesso studio. Qui, i collaboratori prestavano la loro attività esclusivamente per lo studio e sotto la sua direzione. Pertanto, i costi della struttura (locali, segreteria, utenze) sono integralmente a carico dello studio e, di conseguenza, pienamente deducibili dal suo reddito, senza che sorga alcun obbligo di ripartizione.

Le Motivazioni della Decisione

La ratio decidendi della Corte si fonda sul principio consolidato della libertà di iniziativa economica. Le scelte imprenditoriali sono, per definizione, opinabili e possono comportare un certo grado di rischio. L’ordinamento tributario non può interferire in queste decisioni, pretendendo che il contribuente adotti sempre la soluzione più economica o fiscalmente più vantaggiosa. L’Amministrazione Finanziaria ha il compito di verificare la realtà e l’effettività del costo e la sua correlazione con l’attività produttiva di reddito (il principio di inerenza), ma non può sostituirsi al contribuente nel valutare la convenienza delle sue scelte gestionali.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza la posizione di imprese e professionisti, mettendo un freno alle contestazioni del Fisco basate su mere valutazioni di convenienza economica. La decisione ribadisce che, ai fini della determinazione dei costi deducibili, ciò che conta è il nesso di causalità tra la spesa e l’attività svolta. Finché un costo è inerente, documentato ed effettivo, la scelta del contribuente di sostenerlo è legittima e insindacabile, anche se a posteriori potrebbe apparire più onerosa di altre alternative.

L’Agenzia delle Entrate può contestare un costo perché lo considera ‘antieconomico’ o troppo elevato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il Fisco non può giudicare la convenienza economica delle scelte imprenditoriali. L’unico criterio per la deducibilità di un costo è la sua ‘inerenza’, ovvero il suo collegamento funzionale con l’attività d’impresa o professionale.

Se un documento viene depositato in ritardo nel processo tributario di primo grado, può essere utilizzato in appello?
Sì. La Corte ha confermato il principio secondo cui i documenti, anche se prodotti tardivamente in primo grado, si considerano validamente acquisiti nel giudizio di appello. Questo perché il fascicolo processuale viene trasmesso integralmente, rendendo tutta la documentazione disponibile per la decisione.

Uno studio professionale deve sempre riaddebitare le spese comuni ai suoi collaboratori?
No, dipende dalla natura del rapporto. In questo caso, siccome i collaboratori lavoravano esclusivamente per lo studio e sotto la sua direzione, e non come professionisti indipendenti che condividono uno spazio, la Corte ha stabilito che tutti i costi della struttura sono a carico dello studio e interamente deducibili, senza alcun obbligo di riaddebito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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