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Costi deducibili: fattura generica non basta

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha stabilito che per la deducibilità dei costi non è sufficiente una fattura che, seppur precisa nell’importo, descrive la prestazione in modo generico. Nel caso specifico, una società si vedeva negare la deducibilità di un costo di oltre 600.000 euro per servizi di intermediazione, documentato da una fattura con la dicitura “collaborazione […] nella ricerca di mezzi finanziari”. La Corte ha ribadito che l’onere della prova sui costi deducibili spetta al contribuente, che deve dimostrare non solo l’importo, ma anche l’effettività, l’inerenza e la determinatezza della prestazione. Una descrizione vaga, unita a un accordo quadro altrettanto generico, non soddisfa tali requisiti.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Costi deducibili: la fattura generica non è sufficiente secondo la Cassazione

L’annosa questione dei costi deducibili e della documentazione necessaria a provarli torna al centro di una importante pronuncia della Corte di Cassazione. Con una recente ordinanza, i giudici hanno chiarito che una fattura, anche se precisa nell’importo, non è sufficiente a garantire la deducibilità del costo se la descrizione della prestazione è vaga e generica. Questo principio è fondamentale per ogni imprenditore e professionista che voglia evitare contestazioni da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

I Fatti del Caso

Una società operante nel settore dell’intermediazione creditizia aveva dedotto un costo di circa 645.000 euro, relativo a prestazioni ricevute da un’altra azienda. Tale costo era documentato da una fattura che descriveva l’operazione in termini molto generici: “per la collaborazione prestatavi nella ricerca di mezzi finanziari su Vostra clientela”.

L’Amministrazione Finanziaria aveva contestato la deducibilità, emettendo un avviso di accertamento. A complicare il quadro, vi era un accordo quadro tra le due società che non specificava i criteri per la determinazione del compenso, stabilendo solo che sarebbe stato definito “di volta in volta”. Inoltre, emergeva un legame di parentela tra gli amministratori delle due società coinvolte.

Nonostante ciò, sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione alla società contribuente, ritenendo che il costo fosse sufficientemente provato, in quanto l’importo corrispondeva a una precisa percentuale (0,52%) sul volume di intermediazione (oltre 124 milioni di euro). L’Amministrazione Finanziaria ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Questione Giuridica sui Costi Deducibili

Il nucleo della controversia ruotava attorno a una domanda fondamentale: ai fini della deducibilità di un costo, è sufficiente che il suo ammontare sia certo e determinato, oppure è necessario che anche la prestazione sottostante sia descritta in modo specifico e dettagliato? In altre parole, una fattura generica può legittimare la deduzione di un costo, sebbene significativo?

L’Onere della Prova a Carico del Contribuente

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Fisco, ribaltando le decisioni dei giudici di merito. Il punto di partenza del ragionamento della Corte è il principio consolidato sull’onere della prova, sancito dall’art. 2697 del codice civile. In materia tributaria, spetta all’Amministrazione Finanziaria provare i fatti che costituiscono la pretesa impositiva. Tuttavia, quando la contestazione riguarda la deducibilità di costi, l’onere della prova si inverte: è il contribuente a dover dimostrare l’esistenza dei fatti che danno diritto alla deduzione.

L’Insufficienza della Fattura Generica e i requisiti dei costi deducibili

Secondo la Corte, il contribuente deve provare non solo l’effettiva esistenza e l’ammontare del costo, ma anche il requisito dell’inerenza, ovvero la sua correlazione con l’attività d’impresa. Una fattura costituisce un elemento probatorio a favore dell’impresa solo se è redatta in conformità ai requisiti di legge, tra cui una descrizione chiara di “natura, qualità e quantità delle prestazioni”.

Una descrizione vaga come quella presente nella fattura in esame non permette di comprendere la natura specifica del servizio reso e, di conseguenza, di valutarne l’inerenza. La Corte ha richiamato precedenti in cui fatture per “consulenza tecnico-commerciale” erano state ritenute insufficienti proprio per la loro genericità. La laconicità della fattura e dell’accordo quadro impedisce di verificare se il costo sia stato effettivamente sostenuto per produrre ricavi.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte Suprema ha censurato la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per aver omesso un’indagine approfondita sulla determinatezza e determinabilità del costo. I giudici di merito si erano fermati alla constatazione che l’importo era matematicamente calcolato come percentuale, trascurando però l’elemento più importante: la vaghezza della prestazione descritta. L’errore è stato non considerare che la genericità della fattura e del contratto rendeva impossibile verificare la reale natura del servizio e la sua connessione con l’attività aziendale.

Il principio affermato è che, per essere deducibile, un costo deve soddisfare tutti i requisiti previsti dall’art. 109 del TUIR: effettività, inerenza, competenza, certezza e determinatezza (o determinabilità). La sola certezza dell’importo non basta se la prestazione non è chiaramente identificabile.

Le Conclusioni

La Cassazione ha cassato la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per un nuovo esame che tenga conto dei principi enunciati. Questa decisione rappresenta un monito importante per tutte le imprese: la documentazione a supporto dei costi deve essere impeccabile. Non è sufficiente che un costo sia contabilizzato e pagato; è essenziale che ogni fattura descriva in modo dettagliato e inequivocabile la prestazione o il bene fornito. Accordi quadro e contratti devono definire con chiarezza i criteri di determinazione dei compensi. In assenza di tale specificità, il rischio che i costi deducibili vengano contestati e disconosciuti dal Fisco è estremamente elevato.

Una fattura è sempre sufficiente per dedurre un costo?
No. Secondo la Corte, una fattura è un valido elemento di prova solo se è redatta in conformità ai requisiti di legge, inclusa una descrizione dettagliata e specifica della natura, qualità e quantità delle prestazioni. Una descrizione generica non è sufficiente.

Su chi ricade l’onere di provare la deducibilità di un costo?
L’onere di provare l’esistenza dei presupposti per la deducibilità di un costo (come l’effettività, l’inerenza e la determinatezza) grava sempre sul contribuente. Non spetta all’Amministrazione Finanziaria dimostrare l’assenza di tali requisiti.

Un accordo quadro generico può giustificare la deducibilità di un costo?
No. Se l’accordo quadro che regola le prestazioni è altrettanto generico della fattura e non stabilisce criteri chiari e predeterminati per la determinazione del compenso, esso non è sufficiente a supportare la deducibilità del costo, in quanto non permette di verificare la certezza e la determinabilità della prestazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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