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Costi deducibili: Cassazione sull’onere della prova

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21226/2024, ha riaffermato che l’onere di dimostrare l’inerenza dei costi deducibili grava interamente sul contribuente. La mancanza di una prova concreta e specifica che colleghi il costo all’attività d’impresa rende la spesa indeducibile, legittimando l’atto di accertamento dell’amministrazione finanziaria.

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Pubblicato il 9 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Costi Deducibili: la Cassazione ribadisce l’onere della prova a carico del contribuente

Con la recente sentenza n. 21226 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale per imprese e professionisti: la deducibilità dei costi. La decisione chiarisce in modo inequivocabile che spetta al contribuente, e non al Fisco, dimostrare che una spesa sia effettivamente inerente all’attività d’impresa. Questa pronuncia consolida un orientamento fondamentale in materia di costi deducibili e serve da monito per una corretta gestione contabile e documentale.

La vicenda processuale: una questione di prova

Il caso esaminato dai giudici di legittimità nasce da un avviso di accertamento notificato dall’amministrazione finanziaria a una società. L’ufficio contestava la deduzione di alcune spese, ritenendole non inerenti all’oggetto sociale e, di conseguenza, non idonee a ridurre la base imponibile ai fini delle imposte sui redditi.

La società aveva impugnato l’atto, sostenendo la piena legittimità delle proprie scelte gestionali e la correlazione di tali costi con l’attività produttiva. Dopo un percorso giudiziario nei gradi di merito, la questione è approdata in Cassazione, chiamata a stabilire in via definitiva la corretta ripartizione dell’onere della prova tra Fisco e contribuente.

L’onere della prova per i costi deducibili

Il cuore della controversia, e della decisione della Suprema Corte, ruota attorno al principio dell’inerenza, sancito dall’art. 109, comma 5, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR). Secondo tale norma, sono deducibili le spese e gli altri componenti negativi di reddito se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito.

La Cassazione ha chiarito che non è sufficiente una mera affermazione teorica di collegamento tra costo e attività. Il contribuente deve fornire una prova concreta, specifica e documentale che dimostri non solo l’effettività della spesa, ma anche la sua precisa finalità di generare reddito per l’impresa. In assenza di tale dimostrazione, il costo viene considerato estraneo alla gestione aziendale e, pertanto, indeducibile.

Le motivazioni della Corte

I giudici hanno sottolineato che il principio dell’onere della prova in materia tributaria grava sul contribuente ogni qualvolta egli intenda far valere un diritto, come quello alla deduzione di un costo o alla detrazione di un’imposta. L’amministrazione finanziaria ha il compito di verificare la correttezza delle dichiarazioni, ma spetta al soggetto passivo d’imposta fornire tutti gli elementi necessari a supportare le proprie affermazioni contabili.

Nel caso specifico, la società non era riuscita a produrre documentazione adeguata a dimostrare in che modo le spese contestate avessero concretamente contribuito all’attività d’impresa e alla produzione di ricavi. La Corte ha quindi ritenuto legittimo l’operato dell’ufficio, che aveva recuperato a tassazione i costi ritenuti non provati nella loro inerenza. La sentenza ribadisce che il giudizio sull’inerenza non è una valutazione sull’opportunità economica della spesa, che resta una libera scelta dell’imprenditore, ma un controllo sulla sua effettiva correlazione con l’attività imponibile.

Le conclusioni e le implicazioni pratiche

La decisione della Corte di Cassazione ha importanti implicazioni pratiche per tutte le imprese. Ne emerge la necessità di adottare un approccio rigoroso nella documentazione di ogni spesa, conservando non solo le fatture, ma anche ogni elemento utile a dimostrarne la finalità (contratti, relazioni, studi di mercato, corrispondenza). Affermare che un costo è “strategico” o “utile” non è sufficiente; bisogna essere in grado di provarlo. Questa sentenza, quindi, non introduce nuovi principi, ma rafforza l’idea che, in un contenzioso fiscale sui costi deducibili, una difesa efficace si basa su prove solide e inequivocabili.

Chi deve dimostrare che un costo è deducibile ai fini fiscali?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova grava interamente sul contribuente. È la società o il professionista che deve dimostrare, con documentazione specifica, che la spesa sostenuta è direttamente collegata alla propria attività economica.

Cosa si intende per ‘inerenza’ di un costo?
L’inerenza è il legame funzionale tra una spesa e l’attività d’impresa. Un costo è considerato inerente quando è stato sostenuto allo scopo di produrre ricavi o, più in generale, è correlato all’esercizio dell’attività. Non deve essere necessariamente un costo obbligatorio, ma deve avere una finalità economica per l’impresa.

Cosa succede se il contribuente non riesce a provare l’inerenza di un costo?
Se il contribuente non fornisce prove adeguate a dimostrare l’inerenza di un costo, l’amministrazione finanziaria può legittimamente considerarlo non deducibile. Di conseguenza, il costo viene escluso dal calcolo del reddito imponibile, con un aumento delle imposte dovute, oltre all’applicazione di sanzioni e interessi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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