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Costi da reato: la Cassazione rinvia per nuova legge

Un gruppo bancario ha contestato un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate che negava la deducibilità di ingenti costi, qualificandoli come “costi da reato”. La controversia è giunta in Cassazione, la quale, anziché decidere nel merito, ha emesso un’ordinanza interlocutoria. La Corte ha sospeso il giudizio a causa dell’entrata in vigore di una nuova legge (ius superveniens) che modifica le sanzioni fiscali, assegnando alle parti e al Pubblico Ministero un termine per presentare osservazioni sulla sua applicabilità al caso.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Costi da Reato: la Cassazione Sospende la Decisione per una Nuova Legge

La recente ordinanza della Corte di Cassazione sul tema dei costi da reato ha introdotto un’importante pausa di riflessione in una complessa vicenda tributaria. Un noto gruppo bancario si è visto recapitare un avviso di accertamento per maggiori imposte IRES e IRAP, basato sulla non deducibilità di oneri legati a un’operazione finanziaria. La Corte, tuttavia, ha deciso di non pronunciarsi nel merito, sospendendo il giudizio a causa di una novità legislativa (ius superveniens) che potrebbe cambiare le carte in tavola, soprattutto sul fronte sanzionatorio.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un controllo fiscale su un’operazione di acquisizione societaria avvenuta nel 2005. L’Agenzia delle Entrate, a seguito di indagini che avevano evidenziato profili di rilevanza penale, ha contestato al gruppo bancario la deducibilità di una serie di costi sostenuti nell’ambito di tale operazione. Questi costi, per un valore di oltre 158 milioni di euro, includevano svalutazioni di crediti, commissioni passive, costi di destrutturazione e consulenze legali.

Secondo l’amministrazione finanziaria, tali oneri erano da considerarsi costi da reato, ovvero costi non deducibili in quanto collegati ad attività illecite, ai sensi della normativa allora vigente. Di conseguenza, l’Agenzia ha accertato un maggiore imponibile, con un conseguente debito IRES e IRAP per decine di milioni di euro, oltre a sanzioni pecuniarie calcolate nella misura massima del 200%.

Le Questioni Giuridiche e i Motivi del Ricorso

Il gruppo bancario ha impugnato gli atti impositivi, ma sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale hanno confermato la legittimità dell’operato dell’Agenzia. La società ha quindi presentato ricorso in Cassazione, basandolo su quattro motivi principali.

L’Applicabilità del Raddoppio dei Termini e i Costi da Reato

Il primo motivo di ricorso contestava l’illegittimità del raddoppio dei termini di accertamento. La difesa sosteneva che tale raddoppio è previsto solo in presenza di un obbligo di denuncia per reati fiscali. Secondo la società, i costi contestati non erano “fittizi” (come richiesto per la configurazione del reato di dichiarazione fraudolenta), ma costi reali ed effettivamente sostenuti, sebbene ritenuti indeducibili dal Fisco. In assenza del presupposto del reato, verrebbe meno la base per il raddoppio dei termini.

La Definizione di Costi da Reato

Con il secondo motivo, la ricorrente ha proposto un’interpretazione restrittiva della nozione di costi da reato. A suo avviso, dovrebbero essere considerati indeducibili solo i costi che hanno un rapporto causale diretto con la commissione del delitto, e non anche quelli, come nel caso di specie, che sono funzionali a un’operazione di per sé lecita (l’acquisizione di una banca) e che si collocano “a valle” di eventuali reati.

Incertezza Normativa e Sanzioni

Gli ultimi due motivi si concentravano sulle sanzioni. La società ha invocato l’esimente dell’oggettiva incertezza normativa, data la vaghezza della definizione di costi da reato all’epoca dei fatti. Inoltre, ha criticato l’applicazione delle sanzioni in misura superiore al minimo edittale senza un’adeguata motivazione sulla gravità della violazione.

Le Motivazioni della Sospensione

La Corte di Cassazione, con un’ordinanza interlocutoria, ha deciso di non affrontare direttamente le questioni sollevate. La ragione di tale scelta risiede in uno ius superveniens, ovvero l’entrata in vigore, dopo l’udienza di discussione, del D.Lgs. n. 87/2024. Questa nuova normativa ha modificato, tra le altre cose, il regime sanzionatorio per l’infedele dichiarazione.

La Corte ha evidenziato un potenziale conflitto interpretativo. Da un lato, la nuova legge prevede che le sue disposizioni in materia di sanzioni si applichino alle violazioni commesse dal 1° settembre 2024. Dall’altro, vige nel nostro ordinamento il principio generale del favor rei, secondo cui, in caso di successione di leggi nel tempo, si applica sempre la legge più favorevole al contribuente, a meno che il provvedimento sanzionatorio non sia già definitivo. Appare quindi opportuno, secondo la Corte, chiarire il rapporto tra queste due norme e la rilevanza dello ius superveniens nel caso specifico. Per questo motivo, ha assegnato alle parti e al Pubblico Ministero un termine di 60 giorni per depositare osservazioni sulla questione.

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione lascia in sospeso una delle più importanti controversie fiscali degli ultimi anni in materia di costi da reato. La decisione di rinviare la pronuncia per approfondire gli effetti di una nuova legge dimostra la complessità della materia e la volontà della Corte di giungere a una soluzione ponderata. L’esito delle osservazioni delle parti sarà cruciale per determinare se il nuovo e più mite regime sanzionatorio potrà trovare applicazione retroattiva, con possibili impatti significativi non solo per questo caso, ma per l’intero sistema del contenzioso tributario.

Cosa si intende per “costi da reato” e perché sono importanti fiscalmente?
I “costi da reato” sono spese o oneri che, pur essendo stati effettivamente sostenuti da un’impresa, non possono essere scaricati (dedotti) dal reddito imponibile perché sono collegati alla commissione di attività illecite. La loro indeducibilità comporta un aumento del reddito tassabile e, di conseguenza, un maggiore versamento di imposte come IRES e IRAP.

Perché la Corte di Cassazione non ha emesso una decisione definitiva in questo caso?
La Corte ha sospeso il giudizio perché, dopo l’udienza di discussione, è entrata in vigore una nuova legge (D.Lgs. n. 87/2024) che modifica il sistema delle sanzioni tributarie. La Corte ha ritenuto necessario chiarire se questa nuova normativa, potenzialmente più favorevole al contribuente, possa essere applicata al caso in esame, nonostante la legge stessa preveda la sua applicazione per violazioni future. Ha quindi chiesto alle parti di esprimersi su questo punto prima di decidere.

Qual è la differenza tra costi “fittizi” e costi “indeducibili” secondo la tesi del ricorrente?
Secondo la tesi del ricorrente, i costi “fittizi” sono costi inesistenti o simulati, la cui indicazione in dichiarazione integra un reato fiscale. I costi “indeducibili”, invece, sono costi realmente sostenuti ma che la legge fiscale non permette di sottrarre dal reddito imponibile (come i “costi da reato”). La distinzione è cruciale perché, secondo la difesa, solo la presenza di costi fittizi giustificherebbe il raddoppio dei termini di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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