Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11356 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11356 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato ;
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, sedente in Castelleone, in persona del legale rappresentante, con avv. NOME COGNOME di Vimercate;
– controricorrente –
Avverso la sentenza della CRT della Lombardia-Brescia, n. 548/67/2017 depositata il 13 febbraio 2017.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5 marzo 2025 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.L’Agenzia recuperava a tassazione (anno d’imposta 2008) i costi da reato (ex art. 515 c.p., frode in commercio) per i quali era intervenuta trasmissione di notizia di reato al P.M. La CTP, preso atto della sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato a seguito di decesso del reo NOME COGNOME legale rappresentante della società contribuente. La CTR respingeva il gravame proposto dall’Agenzia ritenendo la sussistenza dei requisiti
Costi da reato e sent. ndp
per l’accoglimento del ricorso della contribuente, appunto in relazione alla sentenza penale suddetta.
Ricorre l’Agenzia in cassazione affidandosi a due motivi, mentre la contribuente resiste a mezzo di controricorso.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 14, comma 4 bis, l. n. 537/93 e 654 cod. proc. pen., ritenendosi che la disposizione citata costituisca deroga al principio del c.d. ‘doppio binario’, e che in essa non fosse contenuto alcun richiamo alla sentenza di non doversi procedere per avvenuto decesso del reo, di cui all’art. 531 cod. proc. pen.
Col secondo motivo si deduce violazione o falsa applicazione della medesima disposizione in combinato disposto con gli artt. 129, 425, 529, 530, 531 e 69, cod. proc. pen., ritenendosi che, oltre a quanto premesso, neppure il richiamo di cui all’art. 425 cod. proc. pen. varrebbe a consentire l’effetto della sentenza in parola sul giudizio tributario.
I motivi, in quanto connessi, possono essere trattati congiuntamente.
3.1. Va anzitutto dato atto del fatto che l’art. 14, comma 4 -bis, l. n. 537/1993 stabilisce che
‘Nella determinazione dei redditi (…) non sono ammessi in deduzione i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attivita’ qualificabili come delitto non colposo per il quale il pubblico ministero abbia esercitato l’azione penale o, comunque, qualora il giudice abbia emesso il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell’articolo 424 del codice di procedura penale ovvero sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell’articolo 425 dello stesso codice fondata sulla sussistenza della causa di estinzione del reato prevista dall’articolo 157 del codice penale. Qualora intervenga una sentenza definitiva di assoluzione ai sensi dell’articolo 530 del
codice di procedura penale ovvero una sentenza definitiva di non luogo a procedere ai sensi dell’articolo 425 dello stesso codice fondata sulla sussistenza di motivi diversi dalla causa di estinzione indicata nel periodo precedente, ovvero una sentenza definitiva di non doversi procedere ai sensi dell’articolo 529 del codice di procedura penale, compete il rimborso delle maggiori imposte versate in relazione alla non ammissibilita’ in deduzione prevista dal periodo precedente e dei relativi interessi’.
La disposizione determina un diretto effetto sul giudizio tributario ed in generale sull’accertamento tributario, ovviamente ricorrendo i relativi presupposti alternativi che sono costituiti da: a) assoluzione a seguito di dibattimento (art. 530 cod. proc. pen.); b) sentenza di non luogo a procedere in udienza preliminare (per estinzione del reato per causa diversa dalla prescrizione; perché l’azione penale non doveva essere iniziata o proseguita; perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso o il fatto non costituisce reato o infine si tratta di persona non punibile), art. 425 cod. proc. pen.; c) sentenza dibattimentale di non doversi procedere (perché l’azione penale non doveva essere iniziata o proseguita, o quando la prova di una condizione di procedibilità è insufficiente o contraddittoria) (art. 529 cod. proc. pen.).
Come si vede da tali ipotesi fuoriescono le sentenze dibattimentali di declaratoria di estinzione del reato, fra cui quella conseguente alla morte del reo, pronunciate in sede dibattimentale (art. 531 cod. proc. pen.).
Ora occorre considerare che, mentre è pacifico che la sentenza di declaratoria di estinzione di cui all’art. 531 cod. proc. pen. non ha nulla a che vedere né con l’assoluzione di cui all’art. 530 cod. proc. pen., né con la sentenza (pur essa dibattimentale) di non doversi procedere di cui all’art. 529 cod. proc. pen, che infatti ha ad oggetto il difetto di condizioni di procedibilità di cui agli artt. 336,
segg. cod. proc. pen. (querela, istanza, richiesta o autorizzazione a procedere), la sentenza di cui all’art. 425 cod. proc. pen. è invece inerente alle cause di estinzione del reato (sempre esclusa la prescrizione), ma la stessa è propria dell’udienza preliminare, mentre nella specie è pacifico che la pronuncia venne resa in sede dibattimentale, e pertanto ex art. 531 cod. proc. pen.
La CTR ha formulato una sostanziale equiparazione, agli effetti dell’art. 14, comma 4 -bis, in esame, fra le due tipologie di sentenze (che, per quanto qui rileva possono entrambe essere basate, fra l’altro, sulla morte del reo) rese rispettivamente ai sensi degli artt. 425 e 531, cod. proc. pen.
Tuttavia da un lato mette conto rilevare che il sistema della cause di diretta rilevanza nel giudizio tributario delle pronunce penali si pone in rapporto di deroga rispetto al principio di loro non automatico rilievo (anche ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 21 bis, l. n. 74/2000, l’effetto automatico della sentenza penale sul processo tributario è circoscritta a quella assolutoria resa in sede dibattimentale), per cui – al di fuori delle ipotesi previste dalla norma in commento oppure in quelle di cui al citato art. 21 bis, l. n. 74/2000, da ritenersi pertanto tassative in quanto appunto costituenti eccezione alla regola -resta in capo al giudice tributario il compito di valutare autonomamente i fatti sulla base delle regole proprie del processo tributario.
Dall’altro lato non può procedersi ad una mera equiparazione fra le due diverse tipologie di pronuncia, posto che nell’un caso (pronuncia di estinzione ex art. 425 cod. proc. pen.) all’estinzione non si accompagna l’esame di fondatezza dell’accusa che invece è presupposto indefettibile della sentenza di estinzione ai sensi dell’art. 531 cod. proc. pen. (come si trova conferma, tra l’altro, nel secondo comma dell’art. 425 stesso), preceduta necessariamente dalle verifiche di fondatezza proprie previste in sede di udienza preliminare ex art. 429 cod. proc. pen.
In altri termini il giudice penale nel primo caso non ha verificato che sussistono i presupposti per sostenere l’accusa in sede dibattimentale, come invece nel secondo, come stabilisce lo stesso art. 531 cit., né è proprio un previo esame circa l’insussistenza del fatto, o che l’imputato non lo abbia commesso, o il fatto non costituisca reato o tale non sia previsto dalla legge, come accade invece ai fini di cui alla pronuncia ex art. 129, terzo comma, cod. proc. pen.
Nel caso dell’art. 531 cod. proc. pen. dunque, la presenza degli elementi fondanti l’azione penale pur analizzata ai fini e nei limiti previsti dal già citato art. 429 cod. proc. pen. – in sé giustifica la differenziata scelta legislativa di conservare al giudice tributario dei suoi poteri di verifica dei presupposti per il disconoscimento dei costi da reato, nel senso che in tal caso esiste già un fumus circa la presenza di elementi di reato che ne giustifica, ai fini fiscali, l’ulteriore esame circa il relativo fondamento, senza che appunto sia di ostacolo una pronuncia di estinzione prescindente da tale ulteriore esame (come invece accade nel caso della pronuncia ai sensi dell’art. 529 cod. proc. pen.).
Va dunque affermato il seguente principio di diritto
‘Anche ai fini della deduzione fiscale di costi derivanti da attività delittuosa, di cui all’art. 14, comma 4 bis, l. n. 537/1993, la rilevanza nel giudizio tributario delle pronunce penali si pone in rapporto di deroga rispetto al principio di loro non automatico rilievo, per cui – al di fuori delle ipotesi ivi previste -resta in capo al giudice tributario il compito di valutare autonomamente i fatti sulla base delle regole proprie del processo tributario. Non può dunque procedersi ad una mera equiparazione a tali fini fra pronuncia di estinzione ex art. 425 cod. proc. pen., cui non si accompagna alcun esame circa l’esame di fondatezza dell’accusa, con quella di cui all’art. 531 cod. proc. pen., per la quale il preventivo vaglio circa la presenza degli elementi fondanti l’azione
penale, effettuato ai fini di cui all’art. 429 cod. proc. pen, è presupposto indefettibile. Da tanto deriva il fondamento della scelta legislativa di conservare in tale ultimo caso al giudice tributario il potere di verificare dei presupposti per il disconoscimento dei costi da reato’.
In conclusione, da quanto precede emerge la fondatezza del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio al giudice d’appello il quale, conformandosi ai principi qui espressi, procederà altresì alla liquidazione delle spese relative al presente giudizio.
P. Q. M.
La Corte in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata, rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, sezione staccata di Brescia, che provvederà altresì alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 5 marzo 2025