Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3960 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3960 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/02/2025
Oggetto: spese carburante – prova inerenza
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25294/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa giusta procura speciale in calce al ricorso per cassazione dall’avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL) e con lui elettivamente domiciliata in Roma al INDIRIZZO presso l’avv. NOME COGNOME;
–
-ricorrente e controricorrente a ricorso incidentale contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (con domicilio digitale all’indirizzo PEC: EMAILavvocaturastatoEMAIL)
– controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale della Campania n. 3872/03/2022 depositata in data 06/05/2022, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 15/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
la società RAGIONE_SOCIALE impugnava dinanzi alla C.T.P. di Caserta l’avviso di accertamento notificatole in virtù del quale era stato recuperato a tassazione, per l’annualità 2003: 1) ai fini IRPEG, IRAP, IVA, costi non inerenti, ossia le spese di manutenzione e riparazione di automezzi di proprietà di altra impresa e le spese di carburante per gli stessi automezzi; 2) ai fini IVA, l’omessa documentazione di operazioni imponibili (prestazioni di autotrasporto), fatturate nel trimestre successivo, anziché al termine di ciascun trimestre, in violazione del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 74, comma 4, sulla scorta di un processo verbale di constatazione del Comando Nucleo Polizia Tributaria Campania;
la C.T.P. accoglieva parzialmente il ricorso della società, ritenendo non dovuta l’IVA recuperata dall’Amministrazione e confermava l’accertamento in punto di ripresa fiscale dei costi indeducibili/indetraibili per difetto d’inerenza;
la società proponeva appello e l’Ufficio appello incidentale che con sentenza n. 266/34/2011 venivano rigettati dalla C.T.R.; detta sentenza era impugnata per revocazione, ai sensi dell’art. 395 n. 4 c.p.c., dalla contribuente, la quale lamentava un errore di fatto, e cioè l’omesso esame delle fatture attive, già in primo grado prodotte dalla società, riepilogative dei trasporti effettuati;
-con sentenza n. 311/39/2012 la C.T.R. Campania dichiarava inammissibile il ricorso per revocazione,
la società proponeva allora ricorso per Cassazione affidato a due motivi, denunziando la violazione dell’art. 395 c.p.c., n. 4 e «motivazione erronea o contraddittoria sul fatto controverso e decisivo»; questa Corte con ordinanza n. 2580 del 4 febbraio 2021, accoglieva il ricorso, cassava la sentenza impugnata e rinviava la causa al giudice del merito;
la società riassumeva il giudizio, e con la pronuncia qui gravata la Commissione Tributaria Regionale, definitivamente pronunziando, nel giudizio di rinvio ex artt. 392 e ss. c.p.c. riassunto da ‘RAGIONE_SOCIALE, su quanto già non coperto da giudicato, disattesa ogni ulteriore eccezione, deduzione ed istanza, accoglieva il ricorso e, per l’effetto, dichiarava illegittimo l’accertamento anche in punto di ripresa fiscale dei costi indeducibili/indetraibili per difetto d’inerenza;
ricorre a questa Corte la società con atto affidato a un motivo;
resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso, contestualmente con il quale propone anche ricorso incidentale affidato a un motivo;
a detto ricorso incidentale resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE la stessa ha anche depositato memoria illustrativa delle proprie eccezioni e difese;
Considerato che:
il motivo di ricorso principale censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 15 del d. Lgs. n. 546 del 1992 in relazione all’art. 92 c.p.c. vigente ratione temporis oltre che per violazione dell’art. 132 c.p.c. per motivazione apparente ed illogica (art. 360, co. 1, nn. 3 e 4 c.p.c.);
la società lamenta la erronea compensazione integrale delle spese di lite di tutti i gradi in base alla ‘ peculiarità del caso e la circostanza che la prova dell’inerenza sia stata tratta dall’effettività della situazione piuttosto che dalle risultanze dei registri dei beni, imponendo così la verifica in sede contenziosa delle opposte posizioni ‘, comunque disposta con motivazione apparente;
-l’unica censura costituente il ricorso incidentale dell’ Amministrazione Finanziaria si incentra sulla violazione e falsa applicazione dell’art. 109 del d.P.R. n. 917 del 1986 (c.d. TUIR) in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.; secondo l’Agenzia delle Entrate i giudici dell’appello si sono limitati ad un puro riscontro cartolare delle fatture esibite, arrivando alla conclusione che tali automezzi erano nella disponibilità e nel godimento della stessa società senza che però sia stata fornita alcuna prova che tali automezzi fossero effettivamente nell’uso esclusivo dell’impresa,
essendo stata ritenuta dalla CTR pacifica la titolarità dei beni in capo a terzi, dalla quale si è tratta la conseguente affermazione del loro utilizzo diretto nell’attività d’impresa ;
va esaminato per primo in quanto dirimente ai fini della decisione, il motivo di ricorso incidentale;
lo stesso si rivela fondato;
la CTR ha posto alla base della decisione che ha riconosciuto l’inerenza dei costi la mera indicazione nelle fatture della ‘ targa identificativa dell’automezzo utilizzato per servizio, evidentemente strumentale all’attività di impresa sebbene non di sua proprietà’; ancora, essa precisa che ‘Quel che solo rileva è che detti automezzi siano stati effettivamente utilizzati nell’esercizio dell’impresa e che le spese di cui trattasi si inseriscono nel suo programma economico, per cui devono ritenersi inerenti la sua attività produttiva in quanto ad essa strumentali’
tale affermazione è effettivamente viziata da errore di diritto;
invero, ai fini della dimostrazione della sussistenza dell’inerenza dell’elemento negativo di reddito non è sufficiente l’utilizzo materiale di detti beni, ma va provato da parte del contribuente il collegamento dei beni in argomento con l’attività d’impresa, collegamento che per essere tale deve vedere il bene essere strumentale all’esercizio di quella determinata attività di impresa, strumentalità che deriva dall’essere lo stesso esclusivamente utilizzato per tale attività la quale richiede la deduzione del costo e la detrazione dell’iva relativa;
ecco allora che la sussistenza del titolo in forza del quale l’impresa dispone del bene diviene essenziale (potendo invero l’impresa disporre del bene non solo, naturalmente, a titolo di proprietà ma in forza di qualsiasi titolo avente rilevanza giuridica: locazione, comodato, o quant’altro) dal momento che il titolo giuridico legittima all’uso e all’uso esclusivo del bene, con ciò escludendosi -ove sussiste il titolo – ogni duplicazione di deduzione di costi che deriverebbe dall’essere il bene di proprietà (o collegato al soggetto in forza del titolo che questi vanta sul bene) al tempo stesso di un soggetto che ne deduce il costo poiché proprietario (o altrimenti munito di titolo) e contestualmente nella
disponibilità di altro soggetto -che pure ne dedurrebbe il costo -con ciò dando luogo a una doppia deduzione sia pure in capo a contribuenti diversi di un medesimo elemento negativo di reddito;
doppia deduzione che configurando una alterazione della autentica capacità contributiva non può essere consentita dall’ordinamento;
in argomento questa Corte ha affermato -con principio in tema di iva, estendibile a ogni relazione di inerenza tra beni e attività dell’impresa -che quanto ai beni strumentali, così come avviene riguardo ai beni strumentali all’esercizio dell’impresa per la determinazione delle imposte sul reddito (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 24779 del 4 dicembre 2015) deve sussistere proprio il requisito della strumentalità, che sorge ove i beni in argomento siano destinati ad essere utilizzati nell’attività dell’impresa e perciò inidonei alla produzione di un reddito autonomo rispetto a quello del complesso aziendale in cui siano inseriti; debbono rientrare in tale novero, in quanto ammortizzabili, i beni costituenti immobilizzazioni materiali o immateriali, da identificarsi con quelli che da un lato siano di uso durevole – la cui vita non si esaurisca quindi nell’arco di un esercizio contabile -e dall’altro siano beni dei quali l’imprenditore possa disporre in quanto titolare del diritto di proprietà o di altro diritto di godimento;
-e ancora più analiticamente, si è chiarito che (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 22139 del 6 agosto 2024) i costi relativi alle immobilizzazioni materiali o immateriali sono ammortizzabili se riguardano beni consumabili che entrano nel patrimonio dell’imprenditore a titolo di proprietà o di altro diritto reale di godimento, non invece se riguardano beni di proprietà di terzi;
pertanto, il ricorso incidentale è accolto, con assorbimento del ricorso principale;
la sentenza va quindi sul punto cassata con rinvio al giudice del merito per nuovo esame del fatto alla luce dei principi sopra enunciati
p.q.m.
accoglie il ricorso incidentale; dichiara assorbito il ricorso principale; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania in diversa composizione che statuirà anche quanto alle spese del presente giudizio di Legittimità.
Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2025.