Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15125 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 15125 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/06/2025
AVVISO DI ACCERTAMENTO -IRES 2007.
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 7678/2018 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ,
-ricorrente – contro
CURATELA DEL FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE, in persona del Curatore, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale allegata in calce al controricorso,
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia n. 3141/01/2017, depositata il 1° settembre 2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 6 febbraio 2025 dal consigliere relatore dott. NOME COGNOME
dato atto che il Pubblico Ministero, in persona del sost. proc. gen. dott. NOME COGNOME ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate Direzione regionale della Sicilia notificava, in data 19 dicembre 2012, alla società RAGIONE_SOCIALE (esercente l’attività di commercio di legumi secchi e cereali) avviso di accertamento n. TXB030100028/2012, con il quale veniva accertata, ai sensi dell’art. 41 -bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e degli artt. 19 e 25 d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, per l’anno d’imposta 2007, una maggiore imposta IRES di € 3.419.984,00 ed una maggiore IRAP per € 392.859,00, oltre accessori e sanzioni come per legge.
L’avviso in questione si basava sugli esiti di una verifica fiscale operata dalla Guardia di Finanza di Caltanissetta, all’esito della quale erano state accertate le seguenti violazioni: a ) omessa contabilizzazione della sopravvenienza attiva di € 1.000.000,00 corrispondente alla penale incamerata per la mancata osservanza dell’accordo del 7 marzo 2003 con la società RAGIONE_SOCIALE riguardo alla sottoscrizione di un aumento di capitale; b ) l’indebita deduzione di elementi negativi di reddito non di competenza pe r € 1.969.385,74, di cui € 88.829,20 per costi indebitamente dedotti ed € 1.880.556,54 per sopravvenienza passive per perdite su crediti indeducibili; c) indebita deduzione di costi per nolo
trasporti sostenuti nell’ambito di operazioni commerciali con soggetti residenti in paesi a fiscalità privilegiata per € 7.394.200,00 , per non essere stata data la prova dell’effettivo interesse economico dell’operazione, in termini di compatibilità con soluzioni alternative a quella che vedeva come controparte dell’operazione un soggetto residente in un paese a fiscalità privilegiata.
Nello stesso avviso di accertamento veniva altresì irrogata la sanzione di € 50.000,00, ai sensi dell’art. 8, comma 3 -bis , d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, per inosservanza dell’obbligo di indicare separatamente le spese ed i componenti di reddito negativi di cui all’art. 110, commi 10 e 11, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, relativamente al nolo indicato in precedenza.
Fallito un tentativo di accertamento con adesione, la società contribuente impugnava il suddetto avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Palermo la quale, con sentenza n. 2260/03/2014, depositata il 7 marzo 2014, accoglieva parzialmente il ricorso, dichiarando legittima la detrazione di costi di trasporto per € 7.394.200,00; dichiarando non sussistente la sopravvenienza attivi di € 1.000.000,00; riconoscendo la deducibilità delle perdite su crediti limitatamente al credito di € 1.704,00 vantato nei confronti della RAGIONE_SOCIALE ed il credito di € 5.896,87 nei confronti di NOME COGNOME; confermava nel resto l’accertamento impugnato, compensando le spese.
Interposto gravame dall’Agenzia delle Entrate, la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, con sentenza
3141/01/2017, pronunciata l’8 giugno 2017 e depositata in segreteria il 1° settembre 2017, rigettava l’appello, condannando l’Ufficio al pagamento delle spese di lite.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate , sulla base di un unico motivo (ricorso notificato il notificato il 26 febbraio 2018).
Resiste con controricorso la Curatela del Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (società nelle more dichiarata fallita).
Con decreto del 20 novembre 2024 è stata fissata per la discussione del ricorso l’udienza pubblica del 6 febbraio 2025.
All’udienza suddetta è intervenuto il Pubblico Ministero, in persona del sost. proc. gen. dott. NOME COGNOME che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
E’ altresì comparso l’Avvocato dello Stato NOME COGNOME in rappresentanza dell’Agenzia delle Entrate, che ha concluso come da verbale in atti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 110, commi 10 e 11, d.P.R. n. 917/1986, nonché dell’art. 37 -bis d.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Deduce, in particolare, l’Agenzia ricorrente che erroneamente la C.T.R. aveva ritenuto deducibili i costi delle operazioni commerciali intercorse con i paesi a fiscalità privilegiata, in quanto, nel ritenere sufficiente, a tal fine, la dichiarazione del broker ai fini della dimostrazione dell’interesse della società a contrattare con Paese a fiscalità
privilegiata, aveva di fatto violato la normativa in oggetto, che richiederebbe la rigoroso prova di tale interesse, al fine di contrastare la delocalizzazione di società all’estero per soli vantaggi fiscali.
2. Il motivo è inammissibile.
In base all’art. 110, c ommi 10 e 11 d.P.R. n. 917/1986, nel testo vigente ratione temporis : «10. Non sono ammessi in deduzione le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti ed imprese domiciliate fiscalmente in Stati o territori non appartenenti all’Unione europea aventi regimi fiscali privilegiati. Si considerano privilegiati i regimi fiscali di Stati o territori individuati, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, in ragione del livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia, ovvero della mancanza di un adeguato scambio di informazioni, ovvero di altri criteri equivalenti. 11. Le disposizioni di cui al comma 10 non si applicano quando le imprese residenti in Italia forniscano la prova che le imprese estere svolgono prevalentemente un’attività commerciale effettiva, ovvero che le operazioni poste in essere rispondono ad un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione. Le spese e gli altri componenti negativi deducibili ai sensi del primo periodo sono separatamente indicati nella dichiarazione dei redditi. L’Amministrazione, prima di procedere all’emissione dell’avviso di accertamento d’imposta o di maggiore imposta, deve notificare all’interessato un apposito avviso con il quale viene concessa al medesimo la possibilità di fornire, nel
termine di novanta giorni, le prove predette. Ove l’Amministrazione non ritenga idonee le prove addotte, dovrà darne specifica motivazione nell’avviso di accertamento».
Per effetto delle suddette disposizioni il legislatore ha previsto in via alternativa una duplice esimente per sottrarsi al regime d’indeducibilità stabilito in via di regola generale dalla norma, concernente o la rispondenza delle operazioni effettivamente realizzate ad un effettivo interesse economico dell’imprenditore, ovvero lo svolgimento , prevalente da parte della società estera, di una ‘ attività commerciale effettiva ‘ (Cass. 30 novembre 2021, n. 37373).
Per quanto concerne, in particolare, la sussistenza della prima esimente, ossia la dimostrazione dell’effettivo interesse economico, questa Corte ha di recente affermato che a tal fine «è necessario valutare la bontà del risultato imprenditoriale conseguito, sicché occorre tenere conto di tutti gli elementi e le circostanze che caratterizzano il caso concreto, attribuendo rilevanza alle condizioni complessive dell’operazione, e tenendo co nto del prezzo stabilito negozialmente, della presenza di costi accessori della fornitura, dei tempi di consegna, dell’esistenza di vincoli contrattuali che inducono ad effettuare la transazione con il fornitore inserito nella black list o comunque che renderebbero eccessivamente onerosa la transazione con altro fornitore (in tal senso anche la circolare n. 51/2010 dell’Agenzia delle entrate ) » (Cass. 6 marzo 2024, n. 6101).
Ora, la Corte regionale ha ritenuto che la contribuente abbia dato dimostrazione della concreta esecuzione delle prestazioni ricevute dalle compagnie di navigazione mediante
il deposito di idonea documentazione contabile, bancaria e doganale, rilevando che tale circostanza non è stata messa in dubbio nemmeno dall’Amministrazione Finanziaria.
La C.T.R. ha, inoltre, ritenuto provata anche l’esistenza di un interesse economico concreto a stipulare il contratto con società estere aventi sede in paesi a regime fiscale privilegiato, essendo tale interesse desumibile dal fatto che la contribuente si era rivolta a brokers professionali, affinché individuassero la controparte contrattuale migliore per le particolari esigenze di trasporto di cui alle operazioni oggetto degli accertamenti dell’Ufficio.
La Corte di merito, dunque, ha preso in esame la questione di fatto controversa della sussistenza di un effettivo interesse economico della contribuente all’effettuazione dei trasporti alle condizioni più vantaggiose reperibili sul mercato di riferimento, ed ha spiegato le ragioni per cui la Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto provata tale circostanza.
Trattasi, a tal proposito, di una circostanza di fatto la cui valutazione non è possibile riesaminare in questa sede.
Come è noto, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logicoformale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente
la prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4 novembre 2013, n. 24679; Cass. 16 novembre 2011, n. 27197; Cass. 6 aprile 2011, n. 7921; Cass. 21 settembre 2006, n. 20455). Né il giudice del merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, è tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. 6 marzo 2024, n. 6101).
L e censure dell’Agenzia delle Entrate mirano , nella fattispecie in esame, ad una rivalutazione delle questioni di merito sollevate dalle parti e a una rivalutazione del materiale istruttorio, non consentite con il rimedio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.
Conseguentemente, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza dell’Ufficio ricorrente, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere Amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura dello Stato, non si applica il d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1quater .
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna l’Agenzia delle Entrate alla rifusione, in favore de lla Curatela del RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE in liquidazione, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 22.000,00
per onorari, oltre 15% per rimborso spese generali, C.A.P. ed I.V.A.
Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2025.