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Costi black list: prova dell’interesse economico

Una società si è vista negare la deducibilità di costi per operazioni con partner in paradisi fiscali. La Corte di Cassazione ha parzialmente accolto il suo ricorso, stabilendo che per dedurre i costi black list non basta provare che l’operazione sia avvenuta, ma è necessario dimostrare un effettivo interesse economico a scegliere quel partner specifico. La sentenza ha rinviato il caso al giudice di appello per una nuova valutazione delle prove fornite dalla società in merito ai contratti di trasporto, confermando invece la decisione su altri punti come il principio di competenza e la deducibilità delle perdite su crediti.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Costi Black List: la Cassazione fissa i paletti per la deducibilità

La deducibilità dei costi black list, ovvero quelli sostenuti in operazioni con imprese residenti in paradisi fiscali, è da sempre un terreno scivoloso per le aziende. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sui requisiti probatori che il contribuente deve soddisfare, distinguendo nettamente tra la prova dell’effettività dell’operazione e quella dell’interesse economico sottostante. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dai giudici.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da due avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate per l’anno d’imposta 2005. Il primo, notificato a una società per azioni, contestava la deducibilità di costi per operazioni con imprese situate in Paesi a fiscalità privilegiata, la deduzione di sopravvenienze passive per perdite su crediti e l’errata applicazione del principio di competenza per alcuni costi. Il secondo avviso, invece, era rivolto a uno dei soci, al quale venivano imputati, per presunzione, gli utili extra-bilancio derivanti proprio dall’indeducibilità dei suddetti costi.

La società si opponeva, sostenendo di aver avuto un effettivo interesse economico a intrattenere tali relazioni commerciali e di aver correttamente imputato i costi all’esercizio di competenza. Dopo un iter giudiziario nei gradi di merito con esiti altalenanti, la questione è giunta all’esame della Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha deciso di riunire i due ricorsi, data la loro evidente connessione. L’esito finale è stato un parziale accoglimento del ricorso della società, con conseguente rinvio alla Commissione Tributaria Regionale per una nuova valutazione, e un rigetto sostanziale del ricorso del socio.

Nello specifico, i giudici hanno:
1. Accolto parzialmente il motivo sui costi black list, ritenendo che il giudice di merito non avesse adeguatamente valutato le prove fornite dalla società riguardo ai contratti di trasporto.
2. Rigettato il motivo sul principio di competenza, affermando che l’onere di provare l’incertezza del costo in un dato anno gravava sulla società.
3. Rigettato il motivo sulla deducibilità delle perdite su crediti, poiché la società non aveva dimostrato di aver attivato le necessarie procedure di recupero.
4. Accolto il motivo sull’omessa pronuncia in merito all’aumento delle sanzioni IVA.

Di conseguenza, la posizione del socio è stata considerata assorbita o rigettata, in quanto direttamente dipendente dall’accertamento principale nei confronti della società.

Le Motivazioni: la prova rafforzata per i costi black list

Il cuore della sentenza risiede nelle motivazioni relative al primo motivo di ricorso. La Corte ha ribadito che, per dedurre i costi black list, non è sufficiente dimostrare la mera effettività e congruità dell’operazione. L’articolo 110 del TUIR (nella versione applicabile all’epoca) richiede una prova più stringente: il contribuente deve dimostrare che l’operazione risponde a un effettivo interesse economico o che l’impresa estera svolge prevalentemente un’attività commerciale effettiva.

L’interesse economico non può risolversi nella semplice convenienza economica dell’operazione, che caratterizza qualsiasi transazione commerciale. Deve, invece, consistere in un interesse specifico che giustifichi la scelta di un partner commerciale in un paradiso fiscale anziché in un altro Paese. Questo può includere, ad esempio, la necessità di un intermediario specifico, condizioni contrattuali particolarmente vantaggiose non reperibili altrove, o l’impossibilità di trovare fornitori alternativi.

Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la Commissione Tributaria Regionale avesse errato nel non esaminare gli elementi concreti portati dalla società per dimostrare questo interesse specifico in relazione ai contratti di nolo (trasporto marittimo), come le dichiarazioni dei broker e la documentazione relativa alle navi. Per questo motivo, ha cassato la sentenza su questo punto, rinviando a un nuovo esame.

Il Principio di Competenza e l’Onere della Prova

Per quanto riguarda i costi di fumigazione, resi nel 2004 ma fatturati nel 2005, la Corte ha chiarito che l’onere di dimostrare che il costo non era determinabile nel 2004 spettava interamente al contribuente. La sola presentazione di una fattura nell’anno successivo non è sufficiente a vincere la presunzione di competenza dell’esercizio in cui la prestazione è stata ultimata.

Conclusioni

Questa sentenza rafforza un principio fondamentale per le imprese che operano a livello internazionale: la necessità di una documentazione non solo formale ma anche sostanziale a supporto delle proprie scelte commerciali, specialmente quando coinvolgono partner in Paesi a fiscalità privilegiata. Per dedurre i costi black list, è indispensabile poter dimostrare con prove concrete la logica economica e strategica che ha portato a quella specifica operazione, andando oltre la mera convenienza del prezzo. Una lezione importante per una corretta pianificazione fiscale e per prevenire contenziosi con l’Amministrazione Finanziaria.

Quando è possibile dedurre i costi derivanti da operazioni con imprese in Paesi a fiscalità privilegiata (costi black list)?
La deduzione è ammessa a condizione che l’impresa residente in Italia fornisca la prova che tali operazioni rispondano a un effettivo interesse economico, oppure che l’impresa estera svolga prevalentemente un’attività commerciale effettiva. Non è sufficiente dimostrare solo la concretezza dell’operazione, ma occorre provare la ragione economica per cui si è scelto quel partner specifico in un Paese a fiscalità privilegiata.

Chi deve provare in quale anno un costo diventa certo e determinabile ai fini del principio di competenza?
L’onere della prova grava sul contribuente. Se un servizio viene reso in un anno ma fatturato in quello successivo, è il contribuente che deve dimostrare, con fatti positivi e documenti, che il costo non era certo e determinabile nel suo ammontare già nell’anno in cui la prestazione è stata ultimata.

È sufficiente la rinuncia a un credito per dedurre la relativa perdita fiscale?
No. Per dedurre una perdita su crediti, anche se derivante da una rinuncia, è necessario che questa sia giustificata da una effettiva e oggettiva irrecuperabilità del credito. Il contribuente deve dimostrare di aver attivato le opportune procedure di recupero e che il credito è diventato definitivamente inesigibile, altrimenti l’atto di rinuncia potrebbe essere considerato una liberalità indeducibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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