Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13147 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13147 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/05/2024
ORDINANZA
Sul ricorso n. 30334-2022, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (c.f. CODICE_FISCALE), in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME –
Ricorrente
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE , cf CODICE_FISCALE, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato , che la rappresenta e difende –
Controricorrente
Avverso la sentenza n. 663/05/2022 della Commissione tributaria regionale della Toscana, depositata il 9.05.2022;
udita la relazione della causa svolta nell’ adunanza camerale del 22 novembre 2023 dal AVV_NOTAIO,
Rilevato che
Dalla sentenza impugnata si evince che , all’esito di verifica condotta dalla GdF, l’RAGIONE_SOCIALE notificò alla società gli avvisi d’accertamento, relativ i agli anni d’imposta 201 1 e 2012, con cui, ai fini RAGIONE_SOCIALE,
Accertamento – Black list
Irap ed Iva, recuperò ad imponibile costi ritenuti indeducibili. Le contestazioni principali elevate nei confronti della contribuente erano riconducibili alla violazione della disciplina inerente i rapporti commerciali con Paesi rientranti nella cd. black list . In particolare, per l’importazione di merci da Hong Kong , la società aveva violato l’art. 110, commi 10 e 11 ( ratione temporis vigente), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.
Seguì il contenzioso, esitato, previa riunione dei ricorsi, nel rigetto RAGIONE_SOCIALE ragioni della ricorrente tanto dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Firenze, pronunciatasi con sentenza n. 817/01/2018, quanto dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Toscana, pronunciatasi con sentenza n. 663/05/2022, ora al vaglio RAGIONE_SOCIALE Corte.
Il giudice regionale, per le questioni qui di interesse, dopo aver descritto le finalità antielusive della disciplina all’epoca vigente, ha rilevato come dalla norma si evinceva la necessità di dimostrare l’esistenza effettiva e non formale della società estera fornitrice, mediante il riscontro della sua concreta operatività; occorreva inoltre dimostrare il concreto interesse economico di approvvigionarsi presso operatori di Stati inseriti nella cd black list, rispetto a mercati di Paesi non inclusi nella lista. Ha ritenuto che la società non avesse dato prova né dell’un requisito né dell’altro.
La società ha censurato la sentenza e ne ha chiesto la cassazione, affidandosi a due motivi , cui ha resistito l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
La Procura Generale, nella persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO , ha depositato conclusioni scritte, ai sensi dell’art. 380 bis.1, cod. proc. civ., chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, comunque, rigettato. Parimenti sono state depositate memorie illustrative dalla contribuente, con contestuale richiesta di trattazione in pubblica udienza.
Nell’adunanza camerale del 22 novembre 2023 la causa è stata discussa e decisa.
Considerato che
Preliminarmente si rileva che mancano i presupposti per la rimessione della causa alla trattazione in pubblica udienza, per quanto sarà esplicitato nel corso della motivazione.
La società ha denunciato con il primo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 110, comm i 10 e 11, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, dell’art. 2697 cod. civ., dell’ 115 cod. proc. civ., degli artt. 24, 53 e 111 Cost., dell’art. 63 TDUE, dell’art. 6 CEDU e dell’art. 1 del I Protocollo addizionale CEDU, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. Il giudice d’appello avrebbe errato nel ritenere insussistenti i requisiti per riconoscere l ‘esi stenza RAGIONE_SOCIALE condizioni richieste dal comma 11 cit., per rendere inapplicabile la disciplina di svantaggio prevista per le importazioni provenienti da operatori economici sedenti in Paesi inclusi nella cd. black list .
Con il secondo motivo la società ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 110, commi 10 e 11 del d.lgs. n. 917 del 1986, dell’art. 2697 cod. civ., dell’art. 115 cod. proc. civ., degli artt. 53 e 111 Cost., dell’art. 63 TDUE, dell’art. 6 CEDU e dell’art. 1 del I Protocollo addizionale CEDU, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. La commissione regionale avrebbe violato le norme perché mai nessuno aveva messo in dubbio tanto l’effettivo interesse economico quanto l’effettività dell’esecuzione RAGIONE_SOCIALE operazioni commerciali.
I motivi, che sotto il profilo della denuncia di errori d’interpretazione RAGIONE_SOCIALE norme giuridiche, poste all’epoca a presidio avverso operazioni commerciali con Paesi inseriti nella black list , criticano il processo decisionale della pronuncia impugnata, possono essere trattati congiuntamente perché tra loro connessi.
La difesa della società sostiene che, operando nel settore commerciale calzaturiero, importava a costi molto bassi e competitivi da Paesi come Hong Kong merce regolarmente sdoganata in Italia, per rivenderla all’ingrosso. L’effettività RAGIONE_SOCIALE operazioni era dunque dimostrata dall’ importazione e dallo sdoganamento RAGIONE_SOCIALE scarpe, con adempimento degli obblighi doganali, così come l’interesse concreto era provato dal costo d’acquisto bassissimo RAGIONE_SOCIALE calzature.
Va premesso che la disciplina su cui si controverte, prevista dall’art. 110, commi 10 e 11, del d.P.R. n. 917 del 1986 (disciplina prima in parte modificata dall’art. 1, comma 301, della l. 27 dicembre 2006, n. 296, e poi definitivamente abrogata con l’art. 1, comma 142, lett. a della l. 28 dicembre 2015, n. 208), è stata interpretata dalla giurisprudenza di questa Corte, nel senso che le spese e le altre componenti negative inerenti ad operazioni
commerciali intercorse con fornitori aventi sede in Stati a fiscalità privilegiata sono ammesse in deduzione solo nel caso in cui venga fornita la prova che le imprese estere svolgano attività commerciale effettiva, ovvero che le operazioni poste in essere rispondano ad un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione (cfr. Cass., 24 settembre 2014, n. 20081; 30 ottobre 2018, n. 27613; 2 dicembre 2012, n. 38048). A tal proposito è stato chiarito che « per dimostrare l’effetti vo svolgimento di attività economica non è sufficiente produrre l’atto di costituzione della società estera, il bilancio ed il certificato di iscrizione presso il registro RAGIONE_SOCIALE imprese, ma è necessario produrre, anche in base alla circolare 23-5-2003 n. 29/E dell’RAGIONE_SOCIALE, anche la copia del contratto in virtù del quale l’impresa estera ha la disponibilità dell’immobile, in cui esercita la sua attività, le fatture RAGIONE_SOCIALE utenze elettriche e telefoniche, i contratti di lavoro dei dipendenti, gli estratti conto bancari, le autorizzazioni amministrative inerenti l’esercizio dell’attività svolta» (Cass., 12 dicembre 2019, n. 32634).
Parimenti, quanto all’effettivo interesse economico, è necessario dimostrare non solo il basso costo della merce importata -circostanza che, soprattutto con riferimento all’epoca dei fatti per cui è qui causa , offrivano non solo Paesi rientranti nella black list , ma anche Paesi non considerati tali (a partire dalla stessa Cina)-, ma l’insieme di caratteristiche dell’importazione (qualità, tempestività nelle consegne, la concreta comparazione con i prodotti di altri Stati).
Ebbene, la sentenza della commissione regionale ha vagliato gli elementi addotti dalla società, ritenendoli inidonei a dimostrare l’effettivo svolgimento di una attività commerciale RAGIONE_SOCIALE società fornitrici, ovvero l’effettivo interesse economico sotteso al rapporto commerciale con fornitori di Hong Kong. Si tratta di un accertamento in fatto, il cui percorso logico ha tenuto conto proprio dei principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità, così che esso si rivela giuridicamente corretto, senza pertanto violare le norme richiamate dalla difesa della contribuente nei motivi di censura.
Se poi con le critiche mosse nel ricorso si è inteso sollecitare una rivalutazione degli elementi allegati al processo, si tratterebbe di una richiesta inammissibile, spettando l’accertamento in fatto al solo giudice di merito, che nel caso concreto, ed in entrambi i gradi, ha confermato le statuizioni sfavorevoli alla società.
Il ricorso va dunque rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, nella misura specificata in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di causa in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, che si liquidano nella misura di € 16.500,00 per competenze, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del medesimo articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il giorno 22 novembre 2023