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Costi black list: la prova per la deducibilità

Una società si è vista negare la deducibilità di costi per l’acquisto di merci da Hong Kong, paese all’epoca in black list. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che per la deducibilità dei costi black list è onere del contribuente fornire una prova rigorosa sia dell’effettiva operatività del fornitore estero, sia del concreto interesse economico dell’operazione, prove che nel caso di specie non sono state fornite.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Costi Black List: La Prova Necessaria per la Deducibilità Fiscale

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 13147/2024 offre un importante chiarimento sulla deducibilità dei costi black list, ovvero quelli derivanti da operazioni commerciali con imprese situate in Paesi a fiscalità privilegiata. La pronuncia ribadisce il rigoroso onere della prova a carico del contribuente, che deve dimostrare non solo la realtà dell’operazione, ma anche la sua sostanza economica. Analizziamo insieme la vicenda e i principi affermati dai giudici.

I Fatti del Caso: Importazioni da un Paese in Black List

Una società italiana operante nel settore calzaturiero si è vista notificare dall’Agenzia delle Entrate alcuni avvisi di accertamento per gli anni d’imposta 2011 e 2012. L’amministrazione finanziaria contestava l’indebita deduzione di costi relativi all’importazione di merci da Hong Kong, all’epoca inserita nella cosiddetta “black list”.

Secondo il Fisco, la società aveva violato la disciplina antielusiva prevista dall’art. 110, commi 10 e 11, del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), all’epoca vigente. Questa normativa prevedeva una presunzione di indeducibilità dei costi derivanti da transazioni con operatori di paradisi fiscali, a meno che il contribuente non fosse in grado di fornire una prova contraria specifica.

Il contenzioso, giunto fino alla Corte di Cassazione, vedeva la società sostenere di aver agito legittimamente, provando sia l’effettività delle operazioni (dimostrata dall’importazione e sdoganamento della merce) sia l’interesse economico (legato al bassissimo costo di acquisto).

La Decisione della Corte sui Costi Black List

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, confermando le sentenze dei precedenti gradi di giudizio. I giudici hanno sottolineato che la normativa sui costi black list impone al contribuente un onere probatorio duplice e particolarmente stringente.

L’Onere della Prova a Carico del Contribuente

Per superare la presunzione di indeducibilità, l’impresa italiana deve dimostrare alternativamente:

1. Che l’impresa estera svolge un’effettiva attività commerciale.
2. Che le operazioni poste in essere rispondono a un effettivo interesse economico e hanno avuto concreta esecuzione.

La Corte ha ritenuto che la società non avesse fornito prove adeguate né su un fronte né sull’altro. La semplice importazione della merce o il suo basso prezzo non sono elementi sufficienti a soddisfare i requisiti di legge.

Le Prove Richieste dalla Giurisprudenza

Per dimostrare l’effettiva attività commerciale del fornitore estero non basta produrre l’atto costitutivo o il certificato di iscrizione al registro delle imprese. È necessario fornire documentazione concreta come:

* Copia del contratto di locazione o di proprietà dell’immobile in cui si svolge l’attività.
* Fatture relative alle utenze (elettriche, telefoniche).
* Contratti di lavoro dei dipendenti.
* Estratti conto bancari e autorizzazioni amministrative.

Per quanto riguarda l’effettivo interesse economico, non è sufficiente indicare il basso costo della merce. Occorre dimostrare l’insieme delle caratteristiche vantaggiose dell’importazione, come la qualità dei prodotti, la tempestività delle consegne e una comparazione concreta con i prodotti offerti da mercati di Paesi non inclusi nella black list.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la sua decisione evidenziando che l’accertamento compiuto dalla Commissione tributaria regionale era un accertamento in fatto, basato sui principi consolidati della giurisprudenza di legittimità. I giudici di merito avevano correttamente valutato gli elementi portati dalla società, ritenendoli inidonei a dimostrare sia l’effettiva operatività dei fornitori di Hong Kong, sia il reale interesse economico dell’operazione. Il ricorso della società, secondo la Cassazione, si traduceva in una richiesta inammissibile di rivalutazione del merito della causa, compito che non spetta alla Corte di legittimità. La decisione del giudice regionale è stata quindi considerata giuridicamente corretta e immune da vizi.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma un orientamento consolidato: le aziende che intrattengono rapporti commerciali con operatori residenti in paradisi fiscali devono prepararsi a un controllo fiscale approfondito. Per poter dedurre i costi black list, è indispensabile raccogliere e conservare una documentazione solida e dettagliata, in grado di provare in modo inequivocabile la sostanza economica e operativa della controparte estera e la convenienza complessiva della transazione, al di là del solo vantaggio di prezzo. Una difesa basata su elementi generici o incompleti è destinata a soccombere di fronte alla presunzione di indeducibilità stabilita dalla legge.

Quali prove deve fornire un’azienda per dedurre i costi di operazioni con fornitori in Paesi “black list”?
L’azienda deve fornire la prova che l’impresa estera svolge un’effettiva attività commerciale (es. contratti di affitto, utenze, dipendenti) oppure che le operazioni rispondono a un concreto interesse economico (es. qualità, tempestività, comparazione con altri mercati) e hanno avuto concreta esecuzione.

È sufficiente dimostrare che il prezzo di acquisto della merce da un Paese “black list” è molto basso per provare l’interesse economico dell’operazione?
No, non è sufficiente. Secondo la Corte, il basso costo è solo uno degli elementi. È necessario dimostrare l’insieme delle caratteristiche dell’importazione, come la qualità, la tempestività nelle consegne e una concreta comparazione con prodotti di altri Stati non considerati paradisi fiscali.

Cosa si intende per “effettiva attività commerciale” di un fornitore estero ai fini della deducibilità dei costi?
Si intende un’attività reale e non di mera facciata. Per provarla non bastano i documenti formali di costituzione della società estera, ma servono prove concrete della sua operatività, come la disponibilità di una sede, utenze attive, contratti di lavoro con dipendenti, estratti conto bancari e autorizzazioni amministrative.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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