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Costi acquisto marchio: quando sono deducibili?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società che si era vista negare la deducibilità dei costi per acquisto marchio. Il costo, sostenuto per l’acquisizione di un brand inutilizzato, è stato ritenuto non inerente all’attività d’impresa. La decisione si fonda su motivi procedurali, tra cui l’impossibilità di contestare la valutazione dei fatti a fronte di una ‘doppia conforme’ dei giudizi di merito e una rigida interpretazione del vizio di ‘omesso esame di un fatto decisivo’.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Costi Acquisto Marchio: Inerenza e Limiti alla Deducibilità Fiscale

La deducibilità dei costi per acquisto marchio rappresenta un tema di cruciale importanza per le imprese, poiché incide direttamente sulla determinazione del reddito imponibile. Affinché un costo possa essere sottratto dai ricavi, deve rispettare il principio di inerenza, ovvero deve essere strettamente funzionale all’attività d’impresa. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito la rigidità di questo principio, chiarendo i limiti del sindacato di legittimità sulle valutazioni di merito.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un avviso di accertamento IRES con cui l’Agenzia delle Entrate contestava a una società per azioni la deduzione del costo sostenuto per l’acquisto di un marchio. Secondo l’Ufficio, tale costo non era inerente all’attività d’impresa. L’operazione consisteva nell’acquisto, dalla società controllante, di un vecchio marchio ‘storico’, che però non era mai stato utilizzato dalla società acquirente. Quest’ultima, infatti, operava sul mercato con un marchio ‘di fatto’, non registrato ma già in uso.

La società ha impugnato l’atto, sostenendo che l’acquisto fosse strategico per tutelarsi da possibili contestazioni di terzi in fase di registrazione del marchio di fatto. Tuttavia, sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale hanno respinto i ricorsi, confermando la tesi dell’Agenzia: il costo per un marchio obsoleto e non utilizzato non poteva considerarsi inerente.

La Decisione della Cassazione e i motivi di inammissibilità

La società ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando un ‘omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio’ ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c. A suo dire, la Corte d’Appello non avrebbe considerato la ragione imprenditoriale strategica dietro l’acquisto. La Suprema Corte, tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile per una pluralità di ragioni, prevalentemente di natura processuale, che meritano un’attenta analisi.

Il Vizio di ‘Omesso Esame’ e la sua interpretazione restrittiva

La Cassazione ha chiarito che, a seguito della riforma del 2012, il vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. è circoscritto a un’ipotesi ben precisa: la totale omissione della valutazione di un ‘fatto storico’ controverso e decisivo. Non rientrano in questa categoria le argomentazioni difensive, le valutazioni giuridiche o le critiche alla sufficienza della motivazione. Nel caso di specie, la ragione imprenditoriale addotta dalla società non è stata considerata un mero ‘fatto storico’, ma una ‘valutazione circa l’inerenza’, come tale non censurabile sotto questo profilo.

La ‘Doppia Conforme’ come ostacolo invalicabile

Un altro motivo fondamentale di inammissibilità risiede nella cosiddetta ‘doppia conforme’. Poiché sia la sentenza di primo grado che quella d’appello avevano rigettato la domanda della contribuente basandosi sulla medesima ricostruzione fattuale (ovvero la mancanza di inerenza del costo), si è creata una barriera processuale. In tali casi, il ricorso per omesso esame di un fatto è precluso, a meno che il ricorrente non dimostri che le due decisioni si fondano su ragioni di fatto differenti, onere che la società non ha assolto.

Le Motivazioni

La Corte ha fondato la propria decisione su un’interpretazione rigorosa delle norme processuali che regolano il giudizio di legittimità. I giudici hanno sottolineato che il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito della controversia. Il controllo della Corte è limitato alla violazione di legge e ai vizi procedurali tassativamente previsti.

Nello specifico, la Corte ha ribadito che criticare la decisione del giudice di merito per non aver considerato tutte le circostanze o per aver dato una motivazione ritenuta insufficiente non integra il vizio di ‘omesso esame’. Quest’ultimo si configura solo quando un fatto storico, documentato e discusso in giudizio, viene completamente ignorato dal giudice, al punto che se lo avesse considerato, la decisione sarebbe stata diversa. Nel caso analizzato, il giudice d’appello aveva esaminato la questione del marchio, concludendo che i due segni (quello acquistato e quello usato) erano talmente diversi da escludere qualsiasi confusione sul mercato e, di conseguenza, qualsiasi utilità strategica nell’acquisto.

Le Conclusioni

La pronuncia in esame offre due importanti lezioni. La prima, di carattere sostanziale, è che il principio di inerenza viene applicato con estremo rigore dall’amministrazione finanziaria e dalla giurisprudenza. Per dedurre un costo, non è sufficiente addurre generiche finalità strategiche; è necessario dimostrare un collegamento diretto, attuale e concreto con l’attività produttiva di reddito. L’acquisto di un bene immateriale, come un marchio non utilizzato, difficilmente supera questo vaglio.

La seconda lezione è di natura processuale: l’accesso al giudizio di Cassazione è sempre più difficile, specialmente dopo le riforme che hanno limitato i motivi di ricorso. L’istituto della ‘doppia conforme’ e l’interpretazione restrittiva del vizio di omesso esame rendono fondamentale costruire una solida difesa fin dal primo grado di giudizio, basata su prove concrete e fatti storici inoppugnabili, piuttosto che su mere valutazioni o argomentazioni difensive.

È sempre deducibile il costo sostenuto per l’acquisto di un marchio?
No, la deducibilità è subordinata al rispetto del principio di inerenza. Il costo deve essere direttamente funzionale all’attività d’impresa e alla generazione di utili. Nel caso di specie, l’acquisto di un marchio caduto in disuso e mai utilizzato dalla società acquirente non è stato ritenuto un costo inerente.

Cosa si intende per ‘omesso esame di un fatto decisivo’ nel ricorso in Cassazione?
Si tratta di un vizio che si verifica quando il giudice di merito ha completamente ignorato l’esistenza di un fatto storico, principale o secondario, che è stato oggetto di discussione tra le parti e che, se fosse stato considerato, avrebbe potuto determinare una decisione diversa. Non riguarda le argomentazioni difensive o le critiche alla sufficienza della motivazione.

Qual è l’effetto della ‘doppia conforme’ sul ricorso in Cassazione?
Quando le sentenze di primo e secondo grado giungono alla stessa conclusione basandosi sulla medesima ricostruzione dei fatti, il ricorso in Cassazione per ‘omesso esame di un fatto decisivo’ è inammissibile. Per superare questo ostacolo, il ricorrente deve dimostrare che le ragioni di fatto poste a base delle due decisioni erano in realtà diverse.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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