Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12587 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 12587 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/05/2025
Oggetto: Avviso di accertamento IRES – Costi per acquisto marchio – Inerenza Omesso esame ex art. 360 1 n. 5 cod. proc. civ.
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 26769/2016 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE a socio unico, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio del secondo;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D;
-intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 2109/09/2016, depositata in data 13 aprile 2016.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 1° aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito per la ricorrente l’Avv. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE impugnava l’avviso di accertamento n. TJB0E0200159/2013, emesso ai sensi degli artt. 39 e ss. d.P.R. n. 600/1973 per l’anno d’imposta 2010, con il quale l’Ufficio disconosceva, in quanto non inerente, il costo sostenuto dalla contribuente per l’acquisto del marchio ‘RAGIONE_SOCIALE dalla controllante RAGIONE_SOCIALE e portato in deduzione ai fini IRES. In particolare, l’Ufficio riteneva il detto costo inidoneo a generare utili, atteso che il marchio non era stato mai utilizzato dalla società acquirente.
La Commissione tributaria provinciale di Roma rigettava il ricorso, rilevando come la contribuente avesse utilizzato un marchio ‘di fatto’, non registrato, dalla medesima prodotto e distribuito; pertanto, doveva escludersi l’inerenza del costo di acquisto di un marchio caduto in disuso.
La contribuente proponeva gravame innanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio, affidato, secondo quanto riportata dalla sentenza di appello, a 4 motivi.
La CTR rigettava l’impugnazione evidenziando come non potesse trovare applicazione, nella fattispecie, la nozione di ‘inerenza allargata’, più volte riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimità, in quanto i due marchi presentavano segni identificativi tanto diversi, al punto da ‘doversi escludere che nel mercato si potesse verificare una reciproca confusione’ (ultima pagina della sentenza).
Avverso la decisione della Commissione tributaria regionale ha proposto ricorso per cassazione la contribuente, affidato ad un motivo.
L ‘Ufficio è rimasto intimato .
All’udienza pubblica del 01/04/2025 il Sostituto Procuratore Generale, nella persona del dr. NOME COGNOME ha chiesto il rigetto
del ricorso. L’avvocato della ricorrente ha chiesto accogliersi il ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso la società lamenta, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., l ‘ «omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. Il giudice del merito ha omesso di considerare che i costi sostenuti dal contribuente in relazione al marchio ‘COGNOME‘ sono inerenti all’impresa in quanto sostenuti per tutelare la società ed evitare contestazioni»; precisamente, la CTR avrebbe omesso di esaminare la perizia di parte (Petraz del 29 giugno 2006, prodotta dalla contribuente in primo grado), nella quale veniva evidenziato il chiaro interesse imprenditoriale all’acquisizione dei vecchi marchi in disuso; i vecchi marchi, infatti, avrebbero potuto essere oggetto di interesse di terzi, anche al solo fine di contrastare la registrazione del marchio di fatto.
In altri termini, secondo la ricorrente, la CTR avrebbe omesso di esaminare la questione fattuale consistente nella ragione imprenditoriale dell’acquisto del vecchio marchio, ovvero evitare possibili contestazioni in sede di registrazione del marchio di fatto.
Il motivo è inammissibile per plurime ragioni, ciascuna idonea ex se a fondarne la relativa responsabilità.
1.1. L’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., nella formulazione introdotta dal legislatore nel 2012 (d.l. 83/2012) ed applicabile ratione temporis , prevede, per quanto qui rilevi, che le sentenze emesse in grado di appello possono essere impugnate con ricorso per cassazione:
…5) per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti .
Nonostante la ratio della riforma fosse chiara, ovvero, da un lato, evitare l’abuso dei ricorsi basati sul vizio di motivazione, dall’altro, limitare il sindacato sul fatto in Cassazione, la formulazione
della norma, molto criticata in dottrina, ha generato numerose questioni interpretative e questa Corte è stata chiamata a delimitare l’ambito di applicazione del motivo de quo .
In termini generali, si è affermato che è denunciabile, ex art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., solo l’anomalia motivazione che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella « mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico », nella « motivazione apparente », nel « contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili » e nella « motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile », esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. Sez. U. 7/4/2014 n. 8053, Cass. Sez. U. 21/12/2022 n. 37406, Cass. n. 12111/2019).
Al di fuori di queste ipotesi, quindi, è censurabile ai sensi del n. 5) soltanto l’omesso esame di un fatto storico controverso , che sia stato oggetto di discussione e che sia decisivo ; di contro, non è più consentito impugnare la sentenza per criticare la sufficienza del discorso argomentativo a giustificazione della decisione adottata sulla base degli elementi fattuali acquisiti e ritenuti dal giudice di merito determinanti ovvero scartati in quanto non pertinenti o recessivi (Cass. n. 2474/2017).
Per fatto decisivo deve intendersi innanzitutto un fatto (inteso nella sua accezione storico-fenomenica e, quindi, non un punto o un profilo giuridico) principale o secondario, che sia processualmente esistente, in quanto allegato in sede di merito dalle parti ed oggetto di discussione tra le parti, che risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali e se preso in considerazione avrebbe determinato una decisione diversa (Cass. n. 9637/2017).
Pertanto, non costituiscono ‘fatti’ suscettibili di fondare il vizio ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., le argomentazioni o
deduzioni difensive, il cui omesso esame non è dunque censurabile in Cassazione ai sensi del n. 5 dell’art. 360 (Cass. n. 9637/2021), né costituiscono ‘fatti storici’ le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative (Cass. n. 10525/2022).
1 .2. Pacifica, poi, l’applicabilità della norma al processo tributario (così Sez. U. n. 8053/2014 cit.), questa Corte, in tema di contenzioso tributario, ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale non si censuri l’omesso esam e di un fatto decisivo ma si evidenzi solo un’insufficiente motivazione per non avere la CTR considerato tutte le circostanze della fattispecie dedotta in giudizio (Cass. 28/6/2016 n. 13366, in materia di idoneità delle dichiarazioni rese da un terzo a fondare la prova, da parte della contribuente, di fatture per operazioni inesistenti).
1.3. Inoltre, il vizio in esame non è denunciabile qualora le sentenze di merito siano fondate sulle medesime ragioni di fatto (cd. doppia conforme), incombendo al ricorrente in cassazione l’onere di allegare che, di contro, le due decisioni si fondino su ragioni diverse.
1.4. Ora, nella specie, a fronte di due decisioni di merito dello stesso tenore (rigetto della inerenza del costo consistente nell’acquisto del marchio ) e fondate sul medesimo accertamento in fatto, la contribuente non ha minimamente precisato, al fine di rendere ammissibile il motivo in parte qua , una eventuale diversità delle ragioni di fatto poste a base delle medesime; di qui l’inammissibilità del motivo.
1.5. Inoltre, alla luce della giurisprudenza di questa Corte sopra richiamata deve osservarsi che nella specie le circostanze delle quali sarebbe stato omesso l’esame da parte della CTR integrano non già meri fatti ma valutazioni circa l’inerenza o meno del costo; di qui l’ulteriore profilo di inammissibilità del motivo.
In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Nulla va disposto in relazione alle spese, essendo l’Ufficio rimasto intimato.
Sussistono, infine, i presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Dà atto della sussistenza dei presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 1° aprile 2025.