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COSAP per cavalcavia: quando è dovuto dal gestore?

Una società di gestione autostradale ha contestato l’obbligo di pagare il COSAP per cavalcavia a un ente municipale, sostenendo che lo spazio fosse di proprietà statale e di agire come concessionaria dello Stato. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che il canone è dovuto perché l’occupazione è effettuata da un’impresa privata per il proprio profitto e lo spazio aereo sopra una strada comunale rimane di proprietà comunale se non formalmente espropriato. Lo status di concessionario statale non garantisce l’esenzione dal COSAP per cavalcavia.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

COSAP per cavalcavia: il gestore autostradale deve pagare?

La questione del pagamento del COSAP per cavalcavia da parte delle società concessionarie di autostrade è un tema ricorrente e di grande interesse per gli enti locali e le grandi imprese di gestione infrastrutturale. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul punto, consolidando un orientamento ormai granitico che chiarisce la natura del canone e i soggetti obbligati al suo versamento. Analizziamo nel dettaglio la decisione per comprendere le ragioni giuridiche alla base dell’obbligo di pagamento.

I fatti di causa

Una società concessionaria per la gestione della rete autostradale ha impugnato un atto di accertamento emesso da un’azienda pluriservizi di un Comune, con cui si contestava l’omesso versamento del Canone per l’Occupazione di Spazi ed Aree Pubbliche (COSAP) relativo a un cavalcavia autostradale che attraversava una strada di proprietà del Comune stesso. La società sosteneva di non essere tenuta al pagamento, adducendo principalmente due ordini di ragioni: l’assenza del presupposto impositivo, in quanto l’area occupata non apparterrebbe al demanio comunale ma a quello statale, e la sua natura di mera concessionaria dello Stato, che l’avrebbe resa esente dal canone come se l’occupazione fosse effettuata direttamente dall’Amministrazione statale. Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello hanno respinto le tesi della società, la quale ha quindi proposto ricorso per Cassazione.

La decisione sul COSAP per cavalcavia

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso della società concessionaria, confermando le sentenze dei precedenti gradi di giudizio. Gli Ermellini hanno ribadito, richiamando una vasta e consolidata giurisprudenza, che il COSAP per cavalcavia è dovuto. La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni della ricorrente, chiarendo in modo definitivo la natura del canone e l’irrilevanza dello status di concessionario statale ai fini dell’esenzione.

I motivi del contendere e la posizione della Cassazione

I motivi del ricorso si concentravano su diversi aspetti:
1. Mancata pronuncia sul presupposto del canone: La società lamentava che i giudici di merito si fossero concentrati solo sull’esenzione, senza valutare la presunta assenza della base normativa per l’applicazione del COSAP.
2. Appartenenza dell’area: Secondo la ricorrente, lo spazio soprastante la strada comunale, occupato dal cavalcavia, non appartiene al demanio del Comune ma a quello dello Stato, in quanto parte integrante dell’infrastruttura autostradale.
3. Natura di ‘longa manus’ dello Stato: La concessionaria si considerava un mero braccio operativo dello Stato, e come tale riteneva di dover beneficiare dell’esenzione prevista per le occupazioni effettuate direttamente da quest’ultimo.
4. Assenza di ‘effettiva sottrazione’ di suolo: Si contestava che un cavalcavia costituisse un’effettiva occupazione e sottrazione di suolo pubblico rilevante ai fini del COSAP.

La Corte ha respinto tutte queste censure in blocco, ritenendole infondate.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha fondato la sua decisione su principi giuridici chiari e già affermati in numerose altre pronunce. Innanzitutto, il COSAP è dovuto non in base alla proprietà del bene che occupa il suolo, ma in ragione dell’utilizzazione particolare o eccezionale che un soggetto trae da un bene pubblico. In questo caso, il bene pubblico è lo spazio aereo sovrastante la strada comunale, e l’utilizzazione particolare è quella effettuata dalla società concessionaria per il passaggio della sua infrastruttura.

Cruciale è il passaggio in cui la Corte chiarisce che la società concessionaria non agisce come una longa manus dello Stato, ma come un’impresa che, pur operando in regime di concessione, persegue un proprio fine di lucro in piena autonomia. La condotta occupativa è quindi posta in essere dalla società nel proprio interesse imprenditoriale e non può essere imputata direttamente allo Stato. Di conseguenza, non può beneficiare delle esenzioni fiscali riservate a quest’ultimo.

Inoltre, la Corte ha specificato che la costruzione di un’infrastruttura autostradale, sebbene autorizzata con leggi statali, non comporta un automatico trasferimento della proprietà delle aree attraversate (inclusi soprassuolo e sottosuolo) dal demanio comunale a quello statale. Per tale trasferimento sarebbe necessario un apposito procedimento di espropriazione o un accordo con effetti traslativi, che nel caso di specie non è avvenuto. Pertanto, lo spazio aereo sopra la strada comunale resta di proprietà del Comune, e la sua occupazione è soggetta al pagamento del canone.

Le conclusioni

L’ordinanza in commento consolida un principio fondamentale in materia di tributi locali: la natura di concessionario di un pubblico servizio non esonera un’impresa privata dal pagamento dei canoni dovuti per l’occupazione di suolo pubblico. La Corte di Cassazione ha stabilito che ciò che rileva è l’autonoma attività d’impresa e il beneficio economico che ne deriva. La distinzione tra la proprietà dell’infrastruttura (statale) e la titolarità del suolo occupato (comunale) è netta: finché non interviene un formale atto di trasferimento, il proprietario del suolo ha diritto a percepire il canone per la sua occupazione. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche, confermando il diritto degli enti locali a richiedere il COSAP per cavalcavia e altre infrastrutture simili, garantendo una corretta ripartizione degli oneri legati all’uso del territorio.

Una società di gestione autostradale deve sempre pagare il COSAP per un cavalcavia che attraversa una strada comunale?
Sì, secondo la Corte di Cassazione il canone è dovuto. Il presupposto del pagamento non è la proprietà dell’infrastruttura (il cavalcavia), ma l’occupazione di uno spazio pubblico (l’aria sopra la strada comunale) per un’utilizzazione particolare e a scopo di lucro da parte della società concessionaria.

Il concessionario autostradale può essere considerato un ‘braccio operativo’ dello Stato e quindi essere esentato dal COSAP?
No. La Corte ha stabilito che la società concessionaria, pur operando sulla base di una concessione statale, agisce come un’impresa autonoma che persegue un proprio fine di profitto. Pertanto, non può beneficiare delle esenzioni previste per le occupazioni effettuate direttamente dallo Stato.

La costruzione di un’autostrada trasferisce automaticamente la proprietà del suolo sottostante o sovrastante dal Comune allo Stato?
No. La realizzazione di un’opera pubblica statale non comporta un automatico trasferimento di proprietà delle aree interessate. Affinché la proprietà passi dal demanio comunale a quello statale, è necessario un formale procedimento di espropriazione o un accordo specifico con effetti traslativi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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