Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2271 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2271 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 17089-2016 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende assieme agli Avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura speciale estesa a margine del ricorso
-ricorrente-
contro
CITTÀ METROPOLITANA DI GENOVA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende assieme all’AVV_NOTAIO giusta procura speciale estesa in calce al controricorso
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 6/2016 della CORTE DI APPELLO di GENOVA, depositata il 7/1/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/1/2024 dal Consigliere Relatore AVV_NOTAIO NOME COGNOME
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE (di seguito la RAGIONE_SOCIALE) propone ricorso, affidato a cinque motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Corte di Appello di Genova aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. 4192/2010, emessa dal Tribunale di Genova in rigetto della domanda proposta dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti della Provincia di Genova (attuale Città Metropolitana di Genova) per l’accertamento della non debenza delle somme richieste a titolo di Cosap relativamente alle strade provinciali site nel Comune di Moneglia;
la Città Metropolitana di Genova resiste con controricorso ed ha da ultimo depositato memoria difensiva;
CONSIDERATO CHE
1.1. con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), nullità della sentenza impugnata per avere la Corte di merito erroneamente dichiarato inammissibile la produzione, in appello, di documenti da parte della RAGIONE_SOCIALE in violazione dell’art. 345 cod. proc. civ., come modificato dall’art. 54, comma 1, lett. b), d.l. n. 83 del 22 giugno 2012, conv.;
1.2. con il secondo motivo la ricorrente denuncia, in subordine, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., nullità della sentenza impugnata in violazione degli artt. 115, primo comma, cod. proc. civ. e art. 345 cod. proc. civ. (nella versione vigente anteriormente
alle modifiche di cui al d.l. n. 83/2012 cit.) per avere la Corte di merito erroneamente dichiarato inammissibile la produzione di documenti in appello da parte della RAGIONE_SOCIALE;
1.3. con il terzo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., nullità della sentenza impugnata, in violazione degli artt. 115, primo e secondo comma, e 116, primo comma, cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello erroneamente «confermato la debenza del RAGIONE_SOCIALE, affermando la sussistenza della soggettività passiva in capo alla RAGIONE_SOCIALE, in quanto ‘occupante di fatto’, malgrado l’esistenza di fatti non contestati, dalla Provincia di Genova da cui risulta(va)… che l’occupazione …(era)… primariamente posta in essere dallo Stato»;
1.4. con il quarto motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione dell’art. 2697, primo comma, cod. proc. civ. per avere la Corte d’appello erroneamente affermato la debenza del RAGIONE_SOCIALE «sulla base di una erronea inversione dell’onere probatorio, avendo ritenuto che fosse la RAGIONE_SOCIALE a dovere dimostrare di non essere equiparabile ad un ‘occupante di fatto’»;
1.5. con il quinto motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione dell’art. 63, comma 2, lett. c) e f), d.lgs. 15 dicembre 1997 n. 446, e delle disposizioni regolamentari RAGIONE_SOCIALE relative all’oggetto del canone, ai soggetti passivi e ai casi di esenzione per avere la Corte d’appello erroneamente «confermato la debenza del RAGIONE_SOCIALE affermando la sussistenza della soggettività passiva in capo alla RAGIONE_SOCIALE, in quanto ‘occupante di fatto’»;
2.1. il terzo, il quarto ed il quinto motivo -che ben si prestano ad esame unitario per il comune riferimento alla medesima questione giuridica e che vanno trattati con priorità per il carattere assorbente rispetto alle altre censure – sono infondati;
2.2. le questioni oggetto del contendere sono state decise più volte da questa Corte con l’affermazione di principi condivisi integralmente dal Collegio e ormai consolidati (cfr. ex multis Cass.16395/2021 e da ultimo Cass. 709/2022), e le articolate censure svolte in ricorso non offrono argomentazioni idonee a supportare un mutamento di indirizzo sulla tematica;
2.3. riepilogando in sintesi il quadro normativo di riferimento e i principi affermati da questa Corte, occorre premettere che il RAGIONE_SOCIALE è stato istituito con il d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, che ha previsto all’art. 63, primo comma, come modificato dalla legge 23 dicembre 1998, n. 448, art. 31, quanto segue: «I comuni e le province possono, con regolamento adottato a norma dell’art. 52, escludere l’applicazione, nel proprio territorio, della tassa per occupazione di spazi ed aree pubbliche, di cui al capo 2^ del d.lgs. 15 novembre 1993, n.507. I comuni e le province possono, con regolamento adottato a norma dell’art. 52, prevedere che l’occupazione, sia permanente che temporanea, di strade, aree e relativi spazi soprastanti e sottostanti appartenenti al proprio demanio o patrimonio indisponibile, comprese le aree destinate a mercati anche attrezzati, sia assoggetta in sostituzione della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, al pagamento di un canone da parte del titolare della concessione, determinato nel medesimo atto di concessione in base a tariffa»;
2.4. quest’ultimo articolo ha attribuito, dunque, a Comuni e Province la facoltà di escludere, nell’ambito dei rispettivi territori, l’applicazione della RAGIONE_SOCIALE e di prevedere e disciplinare con specifico regolamento che – in sostituzione di detta tassa – l’occupazione di spazi ed aree pubbliche sia soggetta al pagamento di un canone da parte del titolare della concessione, determinato nel medesimo atto di concessione in base a tariffa RAGIONE_SOCIALE;
2.5. questa Corte ha ripetutamente chiarito che la RAGIONE_SOCIALE ed il RAGIONE_SOCIALE «hanno natura e presupposti impositivi differenti in quanto la prima è un tributo, che trova la propria giustificazione nell’espressione di capacità contributiva rappresentata dal godimento di tipo esclusivo o speciale di
spazi ed aree altrimenti compresi nel sistema di viabilità pubblica, mentre il secondo costituisce il corrispettivo di una concessione, reale o presunta, per l’occupazione di suolo pubblico, con la conseguenza che la legittima pretesa del canone da parte dell’ente locale non è circoscritta alle stesse ipotesi per le quali poteva essere pretesa la tassa, ma richiede la sola sussistenza del presupposto individuato dalla legge nella occupazione di suolo pubblico» (cfr. Cass. n. 16395/2021 sul richiamo a Cass. n. 24541/2019 e a Cass.Sez.U.n.12167/2003);
2.6. il RAGIONE_SOCIALE risulta dunque configurato come corrispettivo di una concessione, reale o presunta (nel caso di occupazione abusiva), dell’uso esclusivo o speciale di beni pubblici ed è dovuto non in base alla limitazione o sottrazione all’uso normale o collettivo di parte del suolo, ma in relazione all’utilizzazione particolare o eccezionale che ne trae il singolo;
2.7. il presupposto applicativo del RAGIONE_SOCIALE è costituito dall’uso particolare del bene di proprietà pubblica ed è irrilevante la mancanza di una formale concessione quando vi sia un’occupazione di fatto del suolo pubblico (cfr. ex multis Cass. n. 16395/2021; Cass. 17296/2019; Cass. 10733/2018);
2.8. è stato altresì precisato che il soggetto obbligato a corrispondere il RAGIONE_SOCIALE è chi pone in essere l’«occupazione», titolata su atto di concessione o abusiva (cfr. Cass. n. 12167/2003), degli spazi e delle aree del demanio, mentre l’esenzione postula che l’occupazione, quale presupposto del tributo, sia ascrivibile al soggetto esente, sicché, nel caso di occupazione di spazi rientranti nel demanio o nel patrimonio indisponibile dello Stato, o nel demanio comunale e provinciale, da parte di una società concessionaria per la realizzazione e la gestione di un’opera pubblica, alla stessa non spetta l’esenzione in quanto è questa ad eseguire la costruzione dell’opera e la sua gestione economica e funzionale, a nulla rilevando che l’opera sia di proprietà dello Stato, al quale ritornerà la gestione al termine della concessione (cfr. Cass. n. 19693/2018; Cass. n. 11886/2017);
2.9. è stato anche condivisibilmente aggiunto che tale quadro giurisprudenziale – in relazione alla fattispecie di occupazione abusiva (effettuata, cioè, in assenza del titolo concessorio rilasciato dalla provincia)- non è mutato a seguito della sentenza a Sezioni Unite n. 8628 del 07/05/2020 che, affrontando l’antitetico tema della legittimazione passiva in presenza di un atto di concessione o di autorizzazione rilasciato dall’ente locale, ha affermato che «in tema di tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (RAGIONE_SOCIALE), la legittimazione passiva del rapporto tributario, in presenza di un atto di concessione o di autorizzazione rilasciato dall’ente locale, spetta, ai sensi dell’art. 39 del d.lgs. n. 507 del 1993, esclusivamente al soggetto titolare di tale atto, e solo in mancanza di questo, all’occupante di fatto, rimanendo irrilevante, ai fini passivi di imposta, l’utilizzazione del suolo pubblico consentita a soggetti terzi in virtù di atto di natura privatistica»;
2.10. è dirimente rimarcare, nelle ipotesi, come quella che si sta scrutinando, in cui l’occupazione non sia assistita da un atto concessorio della Provincia, l’attività di gestione economica e funzionale del bene, effettuata dalla società concessionaria del soggetto esente, e le finalità lucrative proprie dell’attività d’impresa svolte dalla prima, ciò determinando l’effetto di escludere l’estensione dell’esenzione alle occupazioni connesse e conseguenti a tali attività e finalità: questo principio risulta evidentemente applicabile anche al RAGIONE_SOCIALE – ove il regolamento abbia previsto l’esenzione a favore dell’ente concedente;
2.11. la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei suesposti principi e risulta immune dai vizi denunciati;
2.12. nel caso in esame, la Provincia di Genova si è avvalsa della facoltà di cui si è detto ed ha istituito il RAGIONE_SOCIALE con Regolamento, prevedendo, all’art. 12 l’esenzione per le occupazioni effettuate dallo Stato, in applicazione di quanto già previsto dall’art. 49, comma 1, del d.lgs. n.507/1993;
2.13. in primo luogo, l’occupazione del demanio provinciale di cui si tratta – come da accertamento di fatto del Tribunale non specificamente impugnato -concerne l’occupazione di suolo pubblico relativamente alla
«insistenza dei viadotti autostradali in questione su aree della Provincia di Genova», che costituisce idoneo presupposto per l’applicazione del RAGIONE_SOCIALE;
2.14. corretta, inoltre, è l’affermazione della Corte d’appello circa la natura abusiva dell’occupazione, atteso che quest’ultima pacificamente è attuata in assenza di titolo concessorio della Provincia e «di fatto» effettuata dalla società ricorrente, quale società concessionaria dell’infrastruttura autostradale, circostanza, anche questa, incontroversa;
2.15. l’occupazione derivante dall’infrastruttura autostradale sarebbe, dipendente, invero, secondo la ricorrente, da un titolo rilasciato da un diverso ente (RAGIONE_SOCIALE) e ciò la esonererebbe dall’applicazione del RAGIONE_SOCIALE in quanto non realizzata mediante concessione provinciale né realizzata abusivamente sine titulo ;
2.16. richiamando, come dianzi illustrato, la sentenza n.19693/2018 di questa Corte sulla ratio legis dell’istituto in esame, va ribadito che la normativa RAGIONE_SOCIALE deve infatti essere letta in combinato disposto alla Legge delega 421/1992 che all’art. 4 co. 4 lettera b. intitolata «in materia di tasse per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche di pertinenza dei comuni e delle province» dove si delega il governo al n. 1 alla «rideterminazione delle tariffe al fine di una più adeguata rispondenza al beneficio economico ritraibile» confermando che il principale criterio per la determinazione dei soggetti sottoposti al canone è l’elemento dello sfruttamento economico dei terreni occupati;
2.17. in assenza di applicazione delle esenzioni concesse allo Stato ed in assenza di specifica concessione all’occupazione da parte dell’ente che la subisce, il canone RAGIONE_SOCIALE è quindi dovuto dall’occupante di fatto che trae beneficio dallo sfruttamento delle aree occupate indipendentemente dalla concessione dell’infrastruttura, inidonea a modificare l’abusività dell’occupazione.
2.18. tali rilievi sono stati recentemente confermati dalle pronunce della Cassazione n. 16395/2021 e n.708/2022 dove si afferma la decisività ai fini dell’abusività dell’occupazione dell’assenza di un titolo concessorio della Provincia;
2.19. parimenti corretto è il rilievo dirimente conferito dalla Corte di merito al fatto che l’occupazione della concessionaria per la gestione dell’infrastruttura autostradale, destinata a protrarsi per un lungo periodo di tempo, è finalizzata al conseguimento di un utile economico da parte della stessa, esclusa la devoluzione dei manufatti con cui è stato occupato il suolo pubblico della Provincia di Genova a quest’ultima o al Comune di Genova, il che ulteriormente avvalora, alla luce dei ricordati principi, l’inapplicabilità dell’esenzione prevista in favore dello Stato;
2.20. come si è detto, secondo il regolamento RAGIONE_SOCIALE ora in esame e alla stregua dei suesposti principi, l’elemento scriminante, che consente di escludere l’assoggettamento al RAGIONE_SOCIALE, è l’occupazione dello spazio dell’ente locale posta in essere direttamente dal soggetto esente (cfr. Cass. 17296/2019, in una fattispecie relativa all’occupazione permanente di spazi pubblici ad opera delle aziende di erogazione di servizi pubblici o di quelle che svolgono attività ad essi strumentali);
2.21. occorre, pertanto, che l’occupazione sia direttamente ascrivibile ad uno degli enti indicati nell’art.12 del regolamento, sicché non è ipotizzabile la violazione del suddetto principio nel senso invocato, dovendo ribadirsi che l’esenzione non opera ove l’occupazione sia invece ascrivibile ad una società concessionaria per la realizzazione e la gestione di un’opera pubblica «in quanto è detta società ad eseguire la costruzione dell’opera e la sua gestione economica e funzionale, a nulla rilevando che l’opera sia di proprietà dello Stato, al quale ritornerà la gestione al termine della concessione» (cfr. ex multis Cass. 16395/2021 citata);
2.22. in relazione alla fattispecie in esame, l’attività di gestione economica e funzionale del pontone autostradale da parte dalla ricorrente, integra, come correttamente affermato dalla Corte di merito, una «occupazione abusiva» dello spazio sovrastante alla INDIRIZZO, realizzata dalla società ricorrente in forza di concessione dell’RAGIONE_SOCIALE e in assenza del titolo concessorio rilasciato dalla provincia di Genova;
2.23. infine, inconferente è anche il riferimento, alla asserita appartenenza dell’autostrada al demanio statale ex art. 822 c.c. ed è
altresì marginale e priva di decisività l’indagine sull’ effettiva proprietà dell’infrastruttura autostradale e del pontone che occupa, per proiezione, la strada provinciale sottostante, poiché la dedotta proprietà statale dell’autostrada e così del viadotto non interferisce con la circostanza integrativa del presupposto di applicazione del RAGIONE_SOCIALE da parte della provincia di Genova -secondo cui, nel periodo di durata della concessione, la società disponeva del viadotto, per la relativa gestione quale concessionaria, ed in tal modo essa realizzava la condotta di «occupazione» del sottostante suolo provinciale;
2.24 . le considerazioni sin qui illustrate determinano l’assorbimento dei primi due motivi, con cui si lamenta l’erronea dichiarazione di inammissibilità della documentazione (atto di concessione tra RAGIONE_SOCIALE e l’odierna ricorrente per la costruzione ed esercizio dell’RAGIONE_SOCIALE A12 Livorno -Sestri Levante) prodotta in appello dalla RAGIONE_SOCIALE;
per quanto fin qui osservato il ricorso va integralmente rigettato;
la stabilizzazione della giurisprudenza in epoca successiva all’introduzione della lite giustifica la compensazione delle spese processuali;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese di lite.
Ai sensi dell’art.13, comma 1quater, del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da