Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21713 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21713 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/08/2024
AVVISO DI ACCERTAMENTO -IRPEF-IRAP-IVA 2006.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11688/2016 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO in virtù di procura speciale per AVV_NOTAIO del 16 febbraio 2024, n. 249593 rep.,
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende, -controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio -sezione staccata di Latina n. 867/39/2015, depositata il 16 febbraio 2015;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza in camera di consiglio del 20 febbraio 2024 dal consigliere AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
– Rilevato che:
Con avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, notificato il 17 novembre 2010, l’RAGIONE_SOCIALE Sora rettificava il reddito di impresa dichiarato per l’anno 2006 da COGNOME NOME NOMEimprenditore individuale esercente l’attività di ‘intermediario commercio di vari prod otti senza prevalenza alcuna’), sulla base di movimentazioni bancarie non giustificate, aumentandolo da € 21.167,00 ad € 249.076,46, con conseguente rideterminazione RAGIONE_SOCIALE maggiori imposte IRPEF e relative addizionali, IRAP ed IVA dovute, e con irrogazione RAGIONE_SOCIALE relative sanzioni.
Il contribuente impugnava il suddetto avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Frosinone la quale, con sentenza n. 180/02/2012, depositata l’8 ottobre 2012, rigettava il ricorso .
Interposto gravame da COGNOME NOME, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio -sezione staccata di Latina, con sentenza n. 867/39/2015, pronunciata il 10 dicembre 2014 e depositata in segreteria il 16 febbraio 2015, accoglieva parzialmente l’appello, riducendo il maggior reddito accertato e r iconoscendo come giustificati movimenti bancari per € 116.456,79; con successiva ordinanza depositata il 29 ottobre 2015, la sentenza in questione veniva corretta per errore materiale, indicando i movimenti bancari ritenuti giustificati in € 8.710,30, anziché in € 116.456,79.
Avverso tale sentenza, così come corretta, ricorre per cassazione COGNOME NOME, sulla base di un unico motivo.
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
La discussione del ricorso è stata fissata dinanzi a questa sezione l’adunanza in camera di consiglio del 20 febbraio 2024, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1 cod. proc. civ.
– Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 1 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e 287 cod. proc. civ., nonché dell’art. 324 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4), delo stesso codice.
Rileva che, nel caso di specie, la RAGIONE_SOCIALE aveva utilizzato in maniera impropria il procedimento ed il potere di correzione degli errori materiali, posto che l’errore paventato dall’RAGIONE_SOCIALE nella propria istanza di correzione di errore materiale (e cioè l’indicazione, quali movimenti giustificati, dell’importo di € 116.456,79, anziché di € 8.710,30) non emergeva ictu oculi ad una semplice lettura della sentenza, ma emergeva esclusivamente all’esito del confronto del testo della sentenza con un documento contenuto nel fascicolo di causa, e segnatamente la perizia resa dal C.T.U.
In via preliminare ed assorbente, va rilevato che il ricorrente ha depositato e notificato atto di rinuncia al ricorso.
Tale rinuncia, compatibile con la procedura camerale e tempestivamente formulata con riguardo alle sue scansioni procedimentali, esplica l’effetto estintivo del processo ex art. 391 cod. proc. civ. (Cass. 30 marzo 2015, n. 6418).
L’effettiva esistenza dell’errore materiale censurato giustifica la compensazione RAGIONE_SOCIALE spese processuali.
Non sussistono invece i presupposti per la condanna al versamento di ulteriore importo a titolo di contributo unificato, atteso che l’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, fa riferimento ai soli esiti di rigetto o di declaratoria di inammissibilità, e non anche a quello di estinzione (Cass. 4 febbraio 2016, n. 3688).
P.Q.M.
La Corte dichiara l’estinzione del giudizio. Compensa integralmente le spese di giudizio. Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2024.