Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7227 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7227 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/03/2024
CARTELLA PAGAMENTO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20111/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t., domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende
-ricorrente –
Contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliati presso il di lui indirizzo pec EMAIL
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte, n. 1253/2019, depositata il 20/11/2019
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26 gennaio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
L’RAGIONE_SOCIALE ricorre nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME, che resistono con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe . Con quest’ultima la CTR, in parziale riforma della sentenza della Commissione tributaria provinciale (CTP) di Cuneo che aveva rideterminato gli importi di cui alla cartella impugnata ed escluso le sanzioni, ha annullato integralmente la medesima.
L’Ufficio , a seguito di controllo ai sensi dell’art. 36 -ter d.P.R. 600 del 1973, per gli anni d’imposta compresi tra il 2010 e il 2013 , rettificava la dichiarazione dei contribuenti escludendo la detrazione d ell’Irpef (pari ad euro 16.200,00) prevista a favore dei contribuenti che effettuano spese per interventi finalizzati al risparmio energetico previsti dall’art. 1, commi 344, 345, 346 e 347 legge 29 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007).
I contribuenti hanno depositato memoria.
Considerato che:
Con il primo motivo l’RAGIONE_SOCIALE denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 342, 243 e 346 cod. proc. civ.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che i contribuenti, parzialmente vittoriosi in primo grado, avessero proposto appello incidentale censurando la sentenza della CTP nella parte in cui non aveva accolto il motivo con il quale avevano contestato la legittimità della cartella emessa ai sensi dell’art. 36 -ter d.P.R. n. 600 del 1973 occorrendo, per il disconoscimento del diritto alla detrazione, l’emissione di avviso di accertamento.
Con il secondo motivo l’RAGIONE_SOCIALE denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 36ter d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui afferma che il disconoscimento della detrazione Irpef per interventi di risparmio energetico deve essere effettuato mediante avviso di accertamento, senza che detta contestazione possa essere ricondotta ad un controllo formale ex art. 36ter d.P.R. n. 600 del 1973, in quanto presuppone un’attività amministrativa non ricompresa nella fattispecie teorica della norma richiamata.
Osserva che la sentenza si fonda sull’erronea sovrapposizione d el controllo di cui all’art. 36 -ter d.P.R. n. 600 del 1973 con quello di cui all’art. 36 -bis del d.P.R. citato, atteso che, nel caso di specie, non si era in presenza di un controllo automatizzato ai sensi dell’art. 36 -bis, ma di un controllo, detto anche documentale, ai sensi dell’art. 36 -ter avente ad oggetto la verifica della correttezza degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione, attraverso un esame documentale che deve consentire di riscontrare l’effettiva spettanza di una detrazione. Aggiunge che l’a tto di accertamento ordinario, invece, consegue ad un’attività di controllo sostanziale della complessiva posizione fiscale del contribuente.
Preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilità, per difetto di specificità, sollevata dalla controricorrente sia con riferimento al ricorso nel suo complesso, sia con riferimento ai singoli motivi.
3.1. Nel ricorso per cassazione costituisce essenziale requisito, prescritto dall’art. 366 n. 3 cod. proc. civ., l’esposizione sommaria dei fatti sostanziali e processuali della vicenda, la cui mancanza, impedendo alla Corte di comprendere l’oggetto della pretesa ed il tenore della sentenza impugnata in coordinamento con i motivi di censura, determina l’inammissibilità del ricorso, essendo la suddetta
esposizione funzionale alla verifica dell’ammissibilità, pertinenza e fondatezza RAGIONE_SOCIALE censure proposte (ex plurimis , Cass. sez. 2, 24 24 aprile 2018, n. 10072). In particolare, il requisito della «esposizione sommaria dei fatti della causa» (art. 366, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis ), che deve avere ad oggetto sia i fatti sostanziali che i fatti processuali necessari alla comprensione dei motivi, è in stretto rapporto di complementarità con quello della «esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione» (n. 4 dell’art. 366 cod. proc. civ.), essendo l’esposizione sommaria dei fatti funzionale a rendere intelligibili, da parte della Corte, i motivi di ricorso formulati.
3.2. Nella specie, il ricorso per cassazione consente a questa Corte di avere contezza sia del rapporto giuridico sostanziale originario da cui è scaturita la controversia, sia dello sviluppo della vicenda processuale nei vari gradi di giudizio di merito, in modo da poter procedere poi allo scrutinio dei motivi di ricorso munita RAGIONE_SOCIALE conoscenze necessarie per valutare se essi siano deducibili e pertinenti, cosicché, in ossequio al n. 3 del primo comma dell’art. 366 cod. proc. civ, dalla sua lettura è ben possibile non solo la ricostruzione della vicenda processuale, ma anche la individuazione sia RAGIONE_SOCIALE questioni dibattute tra le parti, sia RAGIONE_SOCIALE censure rivolte alla sentenza impugnata.
Neppure è ravvisabile la violazione del n. 6 dell’art. 366 cod. proc. civ.. Occorre, al riguardo, rammentare che nel processo tributario di cassazione il ricorrente non è tenuto a produrre nuovamente i documenti, in ragione dell’indisponibilità del fascicolo di parte che resta acquisito, ai sensi dell’art. 25, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, al fascicolo d’ufficio del giudizio svoltosi dinanzi alla commissione tributaria – del quale è sufficiente la richiesta di trasmissione ex art. 369, terzo comma, cod. proc. civ. – ma deve rispettare, a pena d’inammissibilità del ricorso, il diverso onere di specifica indicazione
degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonché dei dati necessari all’individuazione della loro collocazione quanto al momento della produzione nei gradi dei giudizi di merito (Cass., sez. 5, ord. 15 gennaio 2019, n. 777; Cass., sez. 5, 18 novembre 2015, n. 23575; Cass., sez. U, 3 novembre 2011, n. 22726).
Inoltre, come è stato chiarito dalle Sezioni Unite (Cass., sez. U, 5 luglio 2013, n. 16887), «non in tutti i motivi, però, si pone la necessità di far capo a documenti di cui faccia difetto la specifica indicazione, essendo questa richiesta solo in relazione alle censure rispetto alle quali uno o più specifici atti o documenti fungano da vero e proprio fondamento: cioè quando senza l’esame di quell’atto o di quel documento -non necessariamente da riprodurre per esteso nel corpo del ricorso, ma che deve essere indicato e poi allegato in modo tale da consentirne l’immediata reperibilità e l’agevole lettura da parte del giudice di legittimità -la comprensione del motivo di doglianza e degli indispensabili presupposti fattuali sui quali esso si basa, nonché la valutazione della sua decisività, risulterebbero impossibili». Nella fattispecie, la questione prospettata con il motivo di ricorso non esige la trascrizione o l’esame di un documento o di un atto processuale, ben potendo dalla lettura del solo ricorso per cassazione evincersi le ragioni che sorreggono la censura.
L’RAGIONE_SOCIALE, come desumibile dalla stessa ricostruzione fatta in controricorso, ha chiaramente individuato l’error in procedendo posto a fondamento del primo motivo e le statuizioni della C.t.r. in merito alla legittimità della cartella emessa i sensi dell’ art. 36 -ter d.P.R. n. 600 del 1973, oggetto di censura ed ha esposto le ragioni sottese alla censure.
Il primo motivo è infondato.
4.1. Non è controverso che con il ricorso originario i contribuenti contestavano la legittimità della cartella emessa ai sensi del l’ art. 36-
ter assumendo che l’Ufficio doveva necessariamente procedere attraverso accertamento sostanziale.
Risulta, altresì, che la CTP decideva la questione nel merito.
La contribuente, parzialmente soccombente, quantunque non avesse dichiarato espressamente di proporre appello incidentale, nelle conclusioni chiedeva l’annullamento della cartella «trattandosi di un controllo che va oltre quelli previsti e possibili nell’ambito dell’art. 36 ter d.P.R. 600/73 e, pertanto, il semplice ruolo non preceduto da un avviso di accertamento, è illegittimo».
4.2. La Corte ha chiarito che anche nel processo tributario (art. 54 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546) come in quello ordinario, per la proposizione dell’appello incidentale ad opera della parte non totalmente vittoriosa in primo grado non occorrono formule sacramentali, essendo sufficiente che dal complesso RAGIONE_SOCIALE deduzioni e RAGIONE_SOCIALE conclusioni formulate dall’appellato nella comparsa di costituzione risulti in modo non equivoco la volontà di ottenere la riforma della decisione del primo giudice nella parte sfavorevole all’appellato (Cass. 30/06/2010, n. 15501).
Inoltre, nel processo tributario, stante il carattere devolutivo pieno dell’appello volto ad ottenere il riesame della causa nel merito, l’onere di impugnazione specifica richiesto dall’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992 non impone all’appellante di porre nuovi argomenti giuridici a sostegno dell’impugnazione rispetto a quelli già respinti dal giudice di primo grado, specie ove le questioni che formano oggetto del giudizio siano di mero diritto.
4.2. Conformandosi a questi principi la CTR ha correttamente ritenuto che sulla questione relativa alla legittimità della cartella emessa ai sensi dell’art. 36 ter d.P.R. n. 600 del 1973 fosse stato proposto appello incidentale e si è pronunciata nel merito della stessa.
Il secondo motivo è fondato.
5.1. Questa Corte ha chiarito che il controllo formale di cui all’art. 36ter , secondo comma, lett. b), d.P.R. n. 600 del 1973, differisce da quella del c.d. controllo automatizzato in sede di liquidazione dell’imposta, di cui all’art. 36bis , secondo comma, d.P.R. n. 600 del 1973, che attribuisce all’amministrazione finanziaria, il potere di provvedere, all’esito di un controllo formale effettuato mediante procedure automatizzate, «sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate e di quelli in possesso dell’anagrafe tributaria» (analogamente a quanto stabilito dall’omologa disposizione dell’art. 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633) e che non prevede lo svolgimento di alcuna attività di ricerca di informazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria, escludendo pertanto la possibilità di una diversa ricostruzione sostanziale dei dati esposti dal contribuente nella dichiarazione, una vera e propria valutazione o stima degli stessi e la risoluzione di questioni giuridiche, fatta salva l’applicazione di norme giuridiche che sia «diretta e immediata» (Cass. sez. 6.5, ord. 15 settembre 2021, n. 24813, Cass., Sez. U., 8 settembre 2016, n. 17758, Cass. sez. 6-5, ord. 20 febbraio 2017, n. 4360; Cass. sez. 5, 8 giugno 2018, n. 14949; Cass. sez. 5, ord. 16 novembre 2018, n. 29582; Cass. sez. 5, 19 novembre 2019, n. 29978, in motivazione; Cass. sez. 5, ord. 23 novembre 2018, n. 30391; Cass. sez. 5, ord. 27 aprile 2018, n. 10204).
Viceversa, il controllo formale di cui all’art. 36ter , secondo comma, lett. b), d.P.R. n. 600 del 1973, che ricorre nel caso di specie, consente all’Ufficio di «escludere in tutto o in parte le detrazioni d’imposta non spettanti in base ai documenti richiesti ai contribuenti»; detto controllo non limita la conoscenza dell’Amministrazione ai dati ed agli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni o già in possesso dell’anagrafe tributaria, ma consente una, sia pur ridotta, attività
istruttoria (Cass. sez. 5, 18 marzo 2015, n. 5373), disciplinata dal terzo comma e seguita, a pena di nullità, dalla comunicazione dell’esito motivato del controllo, che assolve ad una funzione di garanzia e realizza la necessaria interlocuzione tra l’Amministrazione finanziaria ed il contribuente prima dell’iscrizione al ruolo, in ciò differenziandosi dalla comunicazione della liquidazione della maggiore imposta ex art. 36bis dello stesso decreto, che avviene all’esito di un controllo meramente cartolare ed ha il solo scopo di evitare al contribuente la reiterazione di errori e di consentirgli la regolarizzazione di aspetti formali, per cui l’eventuale omissione non incide sull’esercizio del diritto di difesa e non determina alcuna nullità (Cass. sez. 5, 4 luglio 2014, n. 15311, in motivazione, sulla distinzione tra le due fattispecie di controllo), salvo che non sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione controllata.
La CTR, escludendo che il disconoscimento della detrazione potesse avvenire in sede di controllo ex art. 36-ter d.P.R. n. 600 del 1973, non si è attenuta a questi principi.
Ne consegue, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, rigettato il primo, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, la quale provvederà al riesame, fornendo congrua motivazione, e al regolamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, la quale provvederà anche al regolamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26 gennaio 2024